Ad Haiti non succede niente

16 maggio 2020

 

La lotta di Haiti per la libertà: l'imperialismo degli Stati Uniti ...

 

Il mare di informazioni non copre Haiti. Di questa nazione caraibica, solo notizie sporadiche o vecchie di mesi. Il flusso globale di news, costante e pervasivo, la lambisce appena. Ma come capita nella comunicazione orale e nella musica il silenzio significa pur qualcosa, a volte più di quanto riescano a fare parole e suoni.

 

Quello che gli indigeni precolombiani chiamavano “paese delle montagne”, oggi non è una meta turistica e nemmeno una realtà politica che susciti attenzione. Ottiene la ribalta mediatica solo in occasione di calamità naturali, altrimenti dimora in una specie di limbo. L’immaginario collettivo lo ricorda come la patria del “wudu”, la pratica magico-religiosa di origine africana che evoca figure tenebrose. Invece di ricordarlo per essere stato il primo paese di uomini liberi al mondo, la prima nazione che ha abolito la schiavitù, la terra di un popolo di neri che ha messo in rotta le truppe mandate da Napoleone, dalla Gran Bretagna e persino dagli Stati Uniti da poco costituiti, lo si ricorda per le grottesche narrazioni sugli zombies.

Quando inizia l’epopea della deconolizzazione latinoamericana sotto la guida del libertador Simon Bolivar Haiti è già una Repubblica! Il popolo negro haitiano pur straziato da rivoluzione e guerra si è già liberato, da solo.

Noi non lo ricordiamo mai colonialisti schiavisti presi a pedate lo ricordarono bene, perché da quel lontano 1804 attivarono un embargo che mise in moto una perversa deriva storica, tuttora attiva.  Si erano presi la soddisfazione di catturare vilmente il leader haitiano Toussant Louverture facendolo morire in carcere ma ciò non era bastato a colmare lo smacco e i danni subiti, perché la Francia isolò Haiti impedendole l’accesso al mercato mondiale fino a quando ne ottenne il dominio finanziario. Gli Stati Uniti, invece, fecero di più; fra il 1849 e il 1913 mandarono le loro navi da guerra per decine di volte, arrivando ad invaderla ed occuparla militarmente. Era il 1915, ci sarebbero rimasti per 34 anni. Fu la volta del ripristino del razzismo de facto, della sconfitta dei ribelli haitiani detti “cacos”, e poi di un girone infernale fatto di indipendenza solo formale, governi corrotti, progressivo indebitamento, miseria, violenze e soprusi che non si è ancora fermato.

 

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Charlemagne Péralt, capo dei Cacos, assassinato nel 1919 ed esposto per demoralizzare i ribelli haitiani. La foto venne fatta circolare appositamente suscitando però l’effetto opposto.

 

Si dirà: “Una vecchia tragedia, ma qual’è la notizia?”. Faceva notizia la dittatura di Francoise Duvalier (detto “Papa Doc”) per la bizzarra parabola di un medico filantropo che diventa feroce dittatore anticomunista e arriva al punto di presentarsi in pubblico travestito da “Baron Samedi”, il Caronte del culto vudu, per generare timore reverenziale. Ruggenti anni 60.  Faceva notizia anche la brutalità criminale dei miliziani di “Papa Doc” e poi di suo figlio, Jean Claude Duvalier (detto “Baby Doc”), i famigerati “Ton Ton Macoute”. Anni 70/80. Poi faceva davvero notizia la speranza nel governo di Jean Bertrand Aristide (affettuosamente chiamato “Titid”), un sacerdote populista e democratico che negli anni 90’ tenta lo sviluppo indipendente haitiano. Non un golpe, ma ben due, infine lo costringono all’esilio (2004).

Haiti è finalmente al centro dell’attenzione mediatica in occasione del devastante terremoto del 2010, il secondo nella storia per forza distruttiva; più di 200.000 morti! Lampi di riflettori mediatici per l’uragano Jeanne (2004) e per l’uragano Matthews (2016). Ancora riflettori puntati quando parte la famigerata “Missione di Stabilizzazione” dell’ONU (MINUSTAH) di circa 8.000 caschi blu guidati dal Brasile. La gestione militare ONU deve consentire la transizione democratica a seguito del golpe che ha destituito J. B. Arisitide, dura 14 anni. Nel 2010 una base di caschi blu nepalesi causa un’epidemia di colera che fa più di 10.000 vittime haitiane e nello stesso anno scoppia lo scandalo OXFAM. Questa ONG internazionale giunta ad Haiti per prestare soccorso in seguito al terremoto risulta responsabile di sfruttamento sessuale, specialmente minorile. Lo scandalo generato dal quotidiano britannico Times porta brevemente alla luce una ripugnante realtà più ampia, diffusa ad altre organizzazioni “umanitarie”, ma il polverone mediatico in breve finisce. Nel dicembre 2019 grazie alle denunce di due differenti ricerche universitarie, una britannica e l’altra canadese, si scopre che centinaia di bambini haitiani (si inizia col definire la cifra di 265 bimbi per arrivare a circa 2.000) sono nati da abusi sessuali eseguiti da militari dell’ONU. 

Si dirà: “Nel recente passato qualcuno ha già definito la situazione di Haiti come la tragedia infinita, ma la notizia?”

 

 

I governi democratici che si sono avvicendati, quelli di B. Alexandre, R. Prèval, M. Martelly e quello dell’attuale Jovenel Moise hanno applicato diligentemente le ricette di Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e politica estera voluta dagli USA con “brillanti” risultati.

Haiti oggi è il paese più povero delle Americhe; secondo la FAO quasi il 50% della popolazione non riesce a mangiare tutti i giorni e la massa vive con meno di due dollari al dì, il 41% è disoccupato e la maggioranza vive di lavori saltuari. Ma è anche l’unico paese caraibico a tradire il governo venezuelano. Prima votando a favore del TIAR (Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca), spaccando l’unità regionale (CARICOM) ed ignorando la solidarietà di Chavez e Maduro nell’erogare aiuti attraverso Petrocaribe, l’alleanza energetica del Venezuela con paesi caraibici e centroamericani. Poi riconoscendo Juan Guaidò, il pupazzo manovrato da Washington per destabilizzare la patria bolivariana.

La marcia élite politica di Haiti si è pure macchiata del furto di milioni di dollari appartenenti proprio a quei fondi pubblici di solidarietà internazionale, uno scandalo che insieme al tentativo governativo di aumentare il prezzo del carburante nell’estate del 2018 scatena imponenti manifestazioni popolari. Le proteste culminano nelle barricate dell’anno scorso, e nonostante decine e decine di morti fra i manifestanti la nazione resta bloccata più di due mesi. La reazione poliziesca però non risulta abbastanza efficace, allora sono le azioni di paramilitari e pandillas criminali a mantenere il paese nella insicurezza e nella paralisi politica. Il caso più eclatante è il massacro di La Saline, un quartiere popolare della capitale Port-au-Prince; 73 morti (donne e bambini compresi) sono assassinati da criminali che incendiano anche circa 400 case.

 

 

Le lotte di questi ultimi due anni hanno mostrato la capacità di mobilitazione delle forze popolari riunite nel Foro Patriottico e la necessità di una alternativa ad un governo manovrato dall’estro e completamente screditato. Permane uno stallo politico la cui radice sta nel fatto che a Washington, come denunciato dai manifestanti, non trovano un sostituto credibile a Moise, sono tutti improponibili perché coinvolti nello scandalo delle malversazioni dei fondi di Petrocaribe.

Le fonti missionarie (Agenzia Fides) denunciano raffiche di rapimenti a fine di estorsione alla settimana e a fronte della minaccia pandemica COVID-19 il rischio di una catastrofe per la già grave insicurezza alimentare.

Ma sulla realtà di Haiti è calato un silenzio mediatico più assordante del solito, ben poco casuale. Quell’embargo scattato nel XIX secolo come una maledizione per la rivoluzione vincente di Jean Jacques Dessalines e T. Louverture perpetua la negazione della verità anche oggi.

Si dirà; “Insomma, allora la notizia? Che succede ad Haiti?”

Ebbene, la notizia è proprio questa, evidentemente, ad Haiti “non succede niente”.

 

Flavio Rossi, Patria Grande / CIVG