Bolivia: denuncia di incidenti contro media e giornalisti del settore popolare

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INVOLUZIONE IN BOLIVIA: QUANDO PENSARE DIVERSAMENTE E' SINONIMO DI "SEDIZIONE E TERRORISMO"
L'autoproclamato governo di "transizione", dopo solo due mesi al potere, ha scatenato una feroce persecuzione non solo contro i leader politici e sindacali, ma anche contro i giornalisti e gli addetti alla comunicazione che hanno osato mostrare il volto sanguinario della repressione, specialmente a Senkata e Huayllani, con un preoccupante bilancio di 36 morti, più di 1000 feriti e altrettanti arresti.

Il 13 novembre, Roxana Lizárraga ha assunto il ruolo di "Ministro della Comunicazione" e ha immediatamente minacciato i giornalisti affermando che "alcuni giornalisti boliviani o stranieri che fomentano la sedizione nel nostro paese dovranno alla legge boliviana. Questi operatori sono già stati identificati e il Ministro del governo prenderà le adeguate misure”.
L'attacco ai giornalisti e agli operatori della comunicazione è stato un elemento centrale nella politica del colpo di stato che ha prodotto disinformazione, intimidazioni, minacce e persino assassinii, generando un clima di terrore nel quale nessuno ha il coraggio di denunciare ciò che sta accadendo, e in questo modo si legittima la dittatura. Pensare diversamente è diventato sinonimo di "sedizione e terrorismo", ed è quindi soggetto a rappresaglie "legali", un argomento perfetto per intimidire e mettere a tacere i media e perseguitare i giornalisti che appartengono al settore popolare.

I casi sono numerosi e meriteranno un'indagine imparziale al ritorno dello stato di diritto. Gli attacchi alla comunità e/o ai media alternativi, nonché l'aggressione contro i loro giornalisti risalgono ai giorni dello sconvolgimento sociale in cui gruppi organizzati di giovani incappucciati di ideologia fascista, collegati alle "piattaforme", alla "resistenza civile" e ai gruppi i criminali organizzati in motocicletta, non hanno solamente istigato ma hanno cercato lo scontro fisico e incendiato gli apparecchi delle radio comunitarie in una vera caccia all'uomo sfruttando l'"ammutinamento della polizia", in realtà in totale complicità.

 

NEI GIORNI PRECEDENTI IL COLPO DI STATO

Radio Kawsachun Coca e Radio Soberania: vittime di intolleranze e incendio delle apparecchiature.

Nella città di Cochabamba, due emittenti della comunità, entrambe del settore cocalero, hanno subito l'incendio delle loro apparecchiature situate nella sede centrale delle sei Federaciones del Trópico. Questa sede era già stata vittima di attacchi e incendi due giorni dopo le elezioni, il 22 ottobre. Il 6 novembre è stato nuovamente incendiata nella parte inferiore dell'edificio, e tra la notte dell'8 novembre e la mattina del 9 novembre, i vandali criminali hanno raggiunto l'obiettivo di ridurre in cenere tutti i cinque piani dell'edificio dove erano in funzione i ripetitori delle due  stazioni: Radio Kawsachun Coca e Radio Soberanía.
C'è stata la più totale impunità per questi attacchi in cui erano coinvolti gruppi di scontro fascisti sotto il manto di "cittadini in guardia" per la libertà e la democrazia.

 

 

Incidente a Radio Comunidad (stazione della CSUTCB) e al suo direttore José Aramayo
Il 9 novembre 2019, un giorno prima delle dimissioni forzate di Evo Morales, questa volta nella città di La Paz, ancora orde incappucciate hanno attaccato le stazioni della CSUTCB e hanno picchiato, preso in ostaggio e legato a un albero il Direttore di Radio Comunidad, il giornalista José Aramayo. Radio Comunidad è l'emittente comunitaria della CSUTCB (Confederazione dei Sindacati Unici dei Lavoratori Rurali della Bolivia). Lungi dal proteggerla dagli abusi, la FELCC (Forze Speciali di Lotta Contro il Narcotraffico) ha successivamente arrestato la vittima dell'aggressione, accusata senza prove di "trasporto di dinamite" e "fabbricazione di bombe molotov".

 

 

José Aramayo Cruz, direttore della radio comunitaria, preso in ostaggio da orde fasciste

Altre emittenti comunitarie di organizzazioni sociali intimidite e minacciate, che hanno dovuto interrompere le trasmissioni o cambiare programmazione per proteggere le apparecchiature e le loro vite, sono state Radio Bartolina Sisa del CNMCIOB-BS e Radio Unión de los Interculturales.
Questa situazione si è verificata in molti dipartimenti del paese, dove sia i media della comunità che quelli statali hanno subito persecuzioni, attacchi e aggressioni.

 

Media statali sotto assedio

I media statali sono il canale televisivo della Bolivia, la stazione radio Patria Nueva nelle città e le radio degli originari della RPO nelle province. Oltre all'agenzia di informazione boliviana ABI e al giornale "CAMBIO", ribattezzato "Bolivia" con la presa del governo.
30 ottobre 2019
Attacco "pacifico" a Bolivia TV a Santa Cruz da parte del "gruppo giovanile del movimento cittadino Rios de Pie".
Lo stesso giorno, il giornalista Samuel Iporre della RPO, Radio de Pueblos Originarios Mamoré di Trinidad, è stato attaccato da manifestanti, il suo cellulare confiscato e distrutto e la sua moto è stata danneggiata alle 5:30 del mattino, quando stava andando alla stazione radio per iniziare la trasmissione del programma.

Molti degli operatori della comunicazione dell'RPO (Sistema Nazionale de Radios de Pueblos Originarios) dislocati in oltre 80 località in tutto il Paese hanno subito persecuzioni e intimidazioni, e molti hanno dovuto passare alla clandestinità o spegnere le antenne per proteggere la propria vita.

9 novembre 2019
I manifestanti hanno accerchiato BTV e Radio Patria Nueva a La Paz e hanno minacciato l'interruzione delle trasmissioni bloccando gli accessi e impedendo l'ingresso e l'uscita di chiunque.

In precedenza, il corrispondente di Rete Patria Nueva a Trinidad, JhonYana, aveva denunciato che nella notte aveva subito un'aggressione da due soggetti in motocicletta che hanno cercato di investirlo mentre tornava a casa.

 

Morte in circostanze oscure di Sebastián Moro, giornalista argentino, 16 novembre 2019
Dopo una settimana di agonia, Sebastián Moro, collaboratore di Radio Comunidad dalla quale conduceva un programma di approfondimento e redattore della rivista Prensa Rural, entrambe appartenenti alla CSUTCB. Il suo ultimo contatto è stato il 9 novembre con Pagina 12 dell'Argentina, quando denunciò ciò che era accaduto a Radio Comunidad e al suo collega José Aramayo.
Riportiamo il comunicato di COMUNA (Communicadores Argentinos) che fu pubblicato il 19 novembre sulla rivista ALAI:
“Comunicadores de Argentina (COMUNA) rende pubblico il suo profondo rammarico per la morte a La Paz del giornalista argentino Sebastián Moro, noto per il suo lavoro a favore dell'informazione popolare e della lotta per i diritti umani. Il ricordo della sua persona e del suo lavoro nel campo della comunicazione da parte delle organizzazioni per i diritti umani, dei giornalisti che hanno lavorato con lui, di amici e parenti, testimoniano il rispetto e l'affetto che ha raccolto”.

Sebastián Moro risiedeva a La Paz, dove lavorava come direttore della rivista Prensa Rural della CSUTCB che si identificava con il governo del presidente Evo Morales, e nella emittente della comunità rurale. In questa radio aveva organizzato una trasmissione settimanale per COMUNA, in connessione con Buenos Aires, per riportare i risultati del lavoro dell'organizzazione sulla linea editoriale dei media in posizione dominante, sia in Argentina che in Bolivia.
Fino al 2015 aveva lavorato presso Radio Nacional Mendoza, dove si era concentrato in particolare sulla copertura dei processi per violazioni dei diritti umani commessi dal Terrorismo di Stato. Le cause della morte di Sebastián Moro, avvenuta sabato 16 quando fu ricoverato in ospedale, non sono chiare e, all'inizio, fu diffusa l'ipotesi che avesse avuto un ictus in casa, ma l'ipotesi non è mai stata confermata.

Quando dopo le elezioni del 20 ottobre in Bolivia furono lanciate le manovre di preparazione del colpo di Stato, Sebastián Moro iniziò anche a collaborare con Página 12 di Buenos Aires.

I settori di estrema destra che si sono dispiegati in varie parti del paese dopo il rovesciamento di Evo Morales hanno commesso diversi atti di violenza. Questo modo di operare è peggiorato con il passare dei giorni, quando polizia ed esercito, piegati al piano del colpo di stato, hanno liberato le strade per dare spazio alle azioni dei gruppi di opposizione più radicalizzati.
Questo ha consentito gli attacchi ai media statali e popolari. Sabato 9, alla vigilia del colpo di stato, alcuni di questi media sono stati occupati con la forza, i giornalisti espulsi e le trasmissioni sospese o stravolte per non dar conto degli eventi in atto nel Paese.
Anche prima della conclusione del colpo di Stato, domenica 10, ci sono state denunce di giornalisti e operatori aggrediti nelle strade da gruppi violenti che avevano agito con totale impunità, così come minacce a chiunque potesse essere considerato a favore del presidente Morales o al MAS (Movimento al Socialismo) o che non avesse assecondato il piano per rovesciarlo.
Questo è ciò che è successo alla conclusione del colpo di stato: azioni ostili contro i giornalisti boliviani e stranieri, minacce da parte del regime dittatoriale di perseguitarli con l'accusa di "sedizione".

 https://www.comunanet.com.ar/bolivia-la-muerte-de-sebastian-moro/

 

Come se non bastasse, registriamo anche la Denuncia del Rapporto della Delegazione Argentina in Solidarietà con il Popolo della Bolivia: “Sono stati rilevati sul corpo di Sebastian segni che non coincidono con un ictus: lesioni interne ed esterne, contusioni e traumi multipli su tutto il corpo, gli stessi contemplati nella "Storia clinica" oggi nelle mani di avvocati e medici legali competenti. Da lì si ricava, secondo gli specialisti, che la morte del giornalista Sebastián Moro nel quadro del colpo di stato, è “estremamente incerta”, indizi che indicano chiaramente un'aggressione prima della lunga agonia conclusa una settimana dopo con la morte. Oltre a ciò, non sono stati ritrovati oggetti o appunti del lavoro che Sebastian dai quali lui non si sarebbe mai distaccato: la sua casacca identificativa di giornalista CSUTCB, il suo registratore da giornalista e la sua agenda.

 

Sebastian Moro, giornalista argentino che viveva a La Paz, dove lavorava per i media popolari

 

DURANTE IL GOVERNO DI FATTO DI JANINE ANEZ
Una volta installato al potere il governo di fatto, le aggressioni si sono intensificate prendendosela anche contro la stampa nazionale e internazionale. Il delitto? Riportare la situazione di repressione che ha lasciato sulle strade decine di morti e oltre un migliaio di feriti oltre agli arresti e omettere l'avvertimento del ministro del governo Arturo Murillo e del ministro della comunicazione Roxana Lizárraga sulle conseguenze della diffusione di opinioni etichettate come “sedizione e terrorismo”.

 

Espulsione di giornalisti argentini da Canales A24, TN, TELEFE e CRONICA TV, 14 novembre 2019
Nel bel mezzo della escalation di violenza, un gruppo di giornalisti argentini ha subito aggressioni in Bolivia. Si tratta del gruppo di lavoro (giornalisti e operatori) guidato da Rolando Graña e dei cronisti dei canali TV A24, TN, Telefé e Crónica. Molti di essi sono stati evacuati da un gruppo speciale della gendarmeria nell'ambasciata argentina dopo essere stati vittime di attacchi in strada in scenari di tensione e repressione, e successivamente espulsi.

 

Corrispondente della catena Al Jazeera aggredita dalla polizia in Bolivia, 15 novembre 2016
Nello stesso giorno del massacro di Senkata il cui bilancio fu di 10 morti e centinaia di feriti, una brutale aggressione è stata perpetrata alla giornalista argentina Teresa Bo, corrispondente della catena Al Jazeera, attaccata da una squadra di polizia che le ha lanciato del gas negli occhi. “La polizia fa quello che vuole”, stava dicendo la cronista. Tutto è accaduto davanti alle telecamere e durante la diretta di uno dei media più importanti al mondo. La giornalista argentina stava coprendo la mobilitazione popolare a La Paz e ha pubblicato il video sui suoi account dei social network. Nel messaggio che accompagnava le immagini ha scritto: “Eravamo soli in strada a per mostrare ciò che stava accadendo e la polizia boliviana ha risposto in questo modo”. Prima dell'episodio con la polizia, Bo aveva raccontato di aver avuto problemi, mentre copriva la notizia di una conferenza stampa della presidente ad interim Jeanine Añez, a causa della sua nazionalità.

 

Facundo Molares Schoenfeld, fotoreporter argentino della rivista Centenario
Accusato di essere un narco-guerrigliero delle FARC, il cittadino argentino Facundo Molares, che lavora come fotoreporter per la rivista Centenario, stava coprendo la situazione di grande convulsione successivo alle elezioni. L'11 novembre è stato ricoverato per un grave disturbo renale in un ospedale di Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia ed è entrato in coma.

La polizia boliviana e, con particolare accanimento, il ministro del governo Arturo Murillo, hanno organizzato una campagna per criminalizzarlo riuscendo a farlo arrestare e rinchiudere nel carcere di massima sicurezza di Chonchocoro.
I media di destra hanno riferito dell'arresto di cinque persone accusate di aver collaborato con Facundo Molares Schoenfeld, “un ex membro delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC), di nazionalità argentina, che è stato curato a casa di uno degli imputati dopo essere stato gravemente ferito nello scontro che ha avuto luogo il 30 ottobre a Montero ”.

Riportiamo di seguito il chiarimento dei suoi compagni di lavoro di Centenario Magazine, orientato a sinistra:

“I fatti sono di pubblico dominio: in relazione al cittadino Facundo Molares Schoenfeld, di nazionalità argentina, DNI 24904415, ricoverato nell'Ospedale Giapponese di Santa Cruz de la Sierra in Bolivia, è necessario chiarire le seguenti questioni:

Facundo Molares: prigioniero per aver mostrato la dittatura in Bolivia
- Vogliamo rendere noto che Facundo milita nel nostro spazio politico e che stava svolgendo il suo lavoro di fotoreporter per la rivista digitale Centenario;
- Durante la sua permanenza in Bolivia, ha sofferto un grave disturbo renale, ed è attualmente in terapia intensiva con un delicato quadro clinico. Si è risvegliato dal coma il 21 novembre, è stato arrestato il 29 novembre e incarcerato a Palmasola il 2 dicembre 2019 e poi, da venerdì 6 dicembre, nel carcere di massima sicurezza di Chonchocoro, a 4000 metri sul livello del mare, in esercizio di totale arbitrarietà e senza ordinanza del tribunale;
- Sottolineiamo che Facundo è un cittadino argentino sul quale non pende alcun tipo di ordine di cattura e non ha commesso nulla di quanto la polizia boliviana lo accusa senza prove e che gli attribuisce pubblicamente.
Chiediamo di preservare la sua salute e la sua integrità fisica e mentale, e respingiamo le false accuse che i media fanno a gara nel rilanciare per criminalizzare chiunque la pensi diversamente, in un quadro di escalation di violenza e crimini contro le persone più umili.

 

 

Libertà di espressione imbavagliata: trasmissioni di TeleSur e RT interrotte
Non sono trascorse nemmeno due settimane dal colpo di stato, da quando il 20 novembre 2019 TeleSur e RT sono state silenziate, non solo dall'intervento della società statale ENTEL, e poi tutte le cooperative private via cavo sono state vittima di atti di censura. Timoroso delle opinioni diverse dalle sue, il governo di "transizione" di Jeanine Añez ha agito come i suoi simili Macri e Bolsonaro, minacciando la libertà di espressione e la pluralità di opinioni.

 

 

Radios de Pueblos Originarios (RPO)
Da novembre, molte stazioni radio comunitarie sono state assaltate o occupate da manifestanti. Più di 50 emittenti hanno smesso di trasmettere le notizie in assenza di garanzie.

Dal primo giorno della sua funzione di Ministro della Comunicazione, Roxana Lizárraga ha lanciato minacce pubbliche contro le radio della comunità, fino a quando il 7 gennaio 2020 il Ministero della comunicazione ha sequestrato le apparecchiature di uno dei ripetitori di Radio KawsachunCoca situato a San Ignacio de Moxos (Beni).

In questo senso, siamo ancora una volta solidali con Radio Kawsachun Coca, a cui il Ministero della Comunicazione ha sequestrato il ripetitore a San Ignacio de Moxos, la comunità permanentemente molestata e intimidita dalle attuali autorità con l'accusa di "disinformare" e di fomentare "sedizione e terrorismo" per giustificare quest'azione di repressione alla libertà di espressione.
Denunciamo anche la pretesa di questo governo di "transizione" il cui unico compito è di garantire le elezioni il più presto possibile, che con la scusa della "riassegnazione" prepara l'espropriazione delle apparecchiature radio delle organizzazioni sociali che sono il pilastro del cambiamento, che continuano a resistere all'attuale governo di fatto.

Sulla sua pagina Facebook, Radio Kawsachun Coca denuncia:

“RKC-7-01-2020. Una commissione di tecnici del Ministero della Comunicazione ha sequestrato le apparecchiature di trasmissione di Radio Coca Kawsachun installate nella città di San Ignacio de Moxos col pretesto di eseguire lavori di manutenzione, come è stato riferito dai residenti locali.
Si tratta di un'apparecchiatura di trasmissione FM da 5 KW che serviva principalmente la regione indigena del dipartimento di Beni. Il dispositivo era stato fornito dal Ministero della comunicazione a Radio Kawsachun Coca nel quadro del progetto “Riduzione delle disuguaglianze nell'accesso ai servizi di informazione nelle aree rurali nel dipartimento di Beni” nella gestione del 2015.
CI VOGLIONO SILENZIARE!!
In questo modo, il governo di Jeanine Añez, attraverso il Ministero della Comunicazione, intende mettere a tacere le trasmissioni di Radio Kawsachun Coca colpendo ancora una volta la libertà di espressione e di comunicazione di centinaia di persone che la gestivano attraverso la stazione nelle città indigene di San Ignacio de Moxos a Beni e CONISUR nel dipartimento di Cochabamba.

CHIEDIAMO AIUTO!!
Dalla direzione dell'emittente esprimiamo il totale rifiuto di questo oltraggio e chiediamo alle istituzioni che difendono i diritti umani in Bolivia e all'estero, alle nostre organizzazioni dei lavoratori della stampa nazionali e internazionali e al difensore civico della Bolivia, ai nostri leader e ai leader delle organizzazioni sociali del paese, di partecipare alla nostra richiesta di protesta a sostegno dell'immediata sostituzione delle attrezzature confiscate".

 

Aggressioni e intimidazioni ai media privati
L'assenza di tolleranza e il tentativo di mettere a tacere in tutti i modi non sono rivolti solo ai media della comunità e di proprietà delle organizzazioni sociali, ma si estende anche ai media privati con un grossolano travisamento in cui il Ministero della Comunicazione (Roxana Lizárraga) e il SIN (Servicio delle Imposte Nazionali) "riscontrano un debito fiscale milionario da parte delle reti ATB, PAT, AbyaYala e del quotidiano La Razón", con la scusa della preoccupazione per la situazione dei lavoratori dei media menzionati. Va notato che il nuovo presidente esecutivo ad interim del SIN è Mario Renato Nava Morales, vicedirettore delle Finanze delle società del Grupo Empresarial de Inversión Nacional Vida SA, presieduto da Luis Fernando Camacho (che deve diversi milioni di tasse) come compensazione per il favore politico di gestire le quote statali.

Allo stesso tempo, è iniziata una atroce persecuzione contro l'ex direttore della rete televisiva ATB, Marcelo Hurtado, che senza processo né rispetto dei diritti fondamentali è stato arrestato per la seconda volta tra arbitrarietà e abusi di potere.
Qualcosa di simile si verifica con le accuse infondate contro Amanda Dávila, che per il semplice fatto di essere ex Ministro della Comunicazione del governo di Evo Morales è vittima di molestie politiche e giudiziarie.

 

Il caso di AbyaYala TV, un continente di culture
AbyaYala Televisión è nell'occhio del ciclone, accusata falsamente di essere illegale. Chiariamo che AbyaYala è una fondazione, cioè un ente privato i cui scopi sono la comunicazione, l'informazione e l'educazione. Smentiamo categoricamente che sia di proprietà di Evo Morales Ayma. Come ente di diritto privato ha uno status giuridico e, in linea di principio, in ino stato di diritto dovrebbe essere protetto dalla legge.

Ha come filosofia la promozione della solidarietà tra i popoli e di una  comunicazione per l'integrazione della Patria Grande, praticata fin dall'inizio delle sue trasmissioni, più di 5 anni fa. Riprendere e rilanciare le trasmissioni di TeleSur, ad esempio, non può essere considerata un'azione che fomenta la "sedizione e il terrorismo", ma è un'opzione comunicativa nel quadro della libertà di espressione e della differenza di opinioni come diritto costituzionale. AbyaYala assegna priorità alla programmazione educativa, culturale e alternativa in cui vengano privilegiati film e programmi che contribuiscono alla riflessione e alla consapevolezza critica, a differenza della maggior parte dei canali commerciali.

In così tanti anni di presunta “dittatura”, il governo di Evo Morales non ha mai censurato la CNN né i canali privati nazionali, ma adesso si pretende invece di mettere a tacere un canale perché ha una visione e un approccio diversi. Dov'è il diritto alla libertà di pensiero e alla differenza di opinione? Sono diritti protetti non solo dalla nostra Costituzione, ma anche dalla Convenzione Internazionale.

In risposta alla falsa accusa del ministro delle comunicazioni Roxana Lizarraga, AbyaYala conta su una licenza operativa concessa dall'ATT con un atto del 17 aprile 2015 per l'uso di frequenze formalizzato con la firma dell'accordo di licenza di trasmissione per la gestione di una rete di telecomunicazioni. Tra il 2016 e il 2017, allo stesso modo furono date le concessioni per Oruro, Trinidad, Cobija, Cochabamba e Tarija.

Come AbyaYala ci dichiariamo vittime di persecuzioni e intimidazioni con la chiara intenzione di procedere illegalmente contro una Fondazione - che è un ente privato - per occuparla. LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E PENSIERO NON SONO SINONIMO DI SEDIZIONE.
Le aggressioni all'emittente come quella del 4 novembre 2019, quando intorno alle 15:30 un gruppo di giovani con il viso coperto hanno lanciato oggetti e vernice sulla facciata degli uffici, non sono stati indagate dagli organi competenti e hanno lasciato l'impunità di agire in modo codardo e violento contro il diritto al lavoro e il diritto alla libertà di informazione.

Simili aggressioni e intimidazioni si sono verificate con uffici e corrispondenti nazionali senza nessuna risposta di protezione che sarebbe stata dovuta. Solo nel mese di gennaio la giornalista Karen Ramírez de AbyaYala ha subìto la minaccia di morte di essere bruciata viva se avesse continuato a coprire le notizie.

Per quanto riguarda la criminalizzazione delle ex autorità del governo di Evo Morales, non esiste alcun supporto legale per sostenerla, e non è che una volta decadute le cariche possano perdere i loro diritti a una difesa legale, che denota ancora una volta la totale mancanza di tolleranza per le opinioni contrarie all'attuale regime.

In termini di debiti fiscali, AbyaYala ha fatto il massimo sforzo per rispettare gli impegni prevedendo pagamenti mensili appropriati e utilizzando un piano di pagamento come molte altre società. Nel rispetto della trasparenza, il SIN (Servizio Fiscale Nazionale) dovrebbe pubblicare i conti non di un media in particolare ma di tutti i media, consentendoci così di contestualizzare le accuse, senza dimenticare le grandi compagnie aeronautiche (come ad esempio Amaszonas, che nonostante il suo elevato debito con il SIN, ha beneficiato di rotte e perfino della gestione dell'Aviazione Statale Boliviana.

Chiaramente, il tentativo di occupare illegalmente un canale privato è un oltraggio alla libertà di espressione che riflette l'assoluta intolleranza del pluralismo.


Persecuzione e intimidazione di attivisti e operatori da parte di "pattuglie informatiche"
La repressione delle idee arriva all'estremo in cui ci sono persone perseguitate e detenute per essersi espresse nei social network o sui media digitali, un esempio di pratica dittatoriale e incompatibili con uno stato di diritto. Il crimine: pensare diversamente, come se automaticamente fosse sedizione, come se dire la verità fosse sinonimo di terrorismo.
Il 31 dicembre sono stati arrestati Alejandra Salinas (ora agli arresti domiciliari) e Oreste Sotomayor, entrambi membri di La Resistencia Bolivia, nonché un collega di AGETIC ora rilasciato. La loro detenzione ha origine da una sanzione fiscale emessa il 27 dicembre per poi avviare le indagini per sedizione. I ragazzi conducono il programma radiofonico "La Resistencia Radio", trasmesso fino ad agosto 2019. La sanzione ordina la consegna di un rapporto con i dati dei responsabili del programma radio, i termini in base ai quali il programma è stato diffuso e le persone che lo hanno finanziato.

 

 

Il crimine di solidarietà con le vittime di Senkata
Il 16 dicembre, quasi un mese dopo il massacro di Senkata, il giovane Carlos Cornejo (corrispondente di La Izquierda Diario de Argentina/Brasile), Leonel Jurado (artista plastico) e Andrea Mamani (studente universitario) sono stati arrestati illegalmente, accusati di sedizione e istigazione alla violenza per aver attaccato manifesti in solidarietà con le vittime di Senkata. In precedenza avevano organizzato un sit-in: anche l'atto più innocente è sedizione per golpisti.

"Domenica scorsa abbiamo fatto un atto di solidarietà con un un sit-in per raccogliere cibo per i parenti dei caduti a Senkata, e ne abbiamo fatto un altro giovedì all'UPEA (Università di El Alto), e oggi ci siamo trovati fra noi per pubblicizzare quell'evento. Gli unici materiali che ci hanno trovato e sequestrato erano carta e colori riciclabili, perché il nostro unico obiettivo era pubblicizzare l'evento. Non abbiamo fatto nulla ma ci hanno accusati di sedizione ma oggi è stato dimostrato dinanzi al pubblico ministero che non ci sono prove al riguardo. Domani avremo l'udienza alle 8 del mattino e oggi dormiremo in cella, ma voglio chiarire che si tratta di un arresto illegale ".

Sebbene il giorno successivo siano stati rilasciati, la situazione rispecchia l'arbitrarietà e di un governo insensibile al dolore umano dei fratelli impunemente assassinati in conseguenza di un decreto che autorizzava a uccidere.

 

Spedito in prigione per aver fotografato attivisti davanti all'ambasciata messicana
Il 1 ° gennaio 2020, Luis A.H. è stato arrestato e poi incarcerato vicino all'ambasciata messicana che, dal 26 dicembre 2019, è circondata da "attivisti". Il suo crimine? Sorpreso a scattare fotografie.

Consegna alla polizia e cellulare sequestrato, sul quale “sono stati trovati audio compromettenti" (chiamate e audio inviati ad altri gruppi nel tentativo di concentrare le persone nelle vicinanze della residenza). Sembra uno scherzo ma non lo è: se scattare foto e inviare audio fossero atti criminali, sarebbero necessarie un'infinità di prigioni. In uno stato di diritto, il sequestro di un telefono cellulare richiede un requisito giudiziario, la privacy è uno dei diritti civili costituzionali.

Il povero cittadino, dopo l'udienza delle misure precauzionali, è stato spedito nella prigione di San Pedro accusato di sedizione e di favorire l'evasione dell'ex ministro Juan Ramón Quintana che si trovava all'interno della residenza...

 

Dopo i primi due mesi di un governo di transizione autoproclamato è stato avviato un procedimento contro 592 ex rappresentanti del MAS (Movimento al Socialismo)
Il 7 gennaio 2019, il Ministro della Giustizia Álvaro Coímbra annuncia l'avvio di un processo contro tutti gli ex ministri, vice ministri, direttori dei ministeri, nonché dirigenti di società strategiche e i loro familiari. Di fatto, è stata attuata una sorta di presunzione di colpevolezza nei confronti di chi ha rivestito ruoli pubblici tra il 2006 e il 2019, estendendo le "indagini" ai familiari con sfrontatezza, senza giusto processo e con la macabra intenzione di diffamare i possibili candidati del MAS nelle prossime future elezioni. È la massima espressione di intolleranza e persecuzione politica, una vera caccia alle streghe che merita una condanna nazionale e internazionale. Sarebbe utile rivedere quanti processi contro le ex autorità abbia promosso il governo del MAS in 14 anni per scoprire che non c'è ragione di questa sete di vendetta che se va avanti così sicuramente supererà i 1000 processi.

 

Protezione e complicità con "pititas", motociclisti e "resistenti civici"
Mentre si attua questa persecuzione a leader, potenziali candidati, ex autorità e persino semplici sostenitori del MAS, ci sono gruppi di scontro parapolitici e persino paramilitari, chiamati "resistenti civici", motociclisti organizzati e altri, che godono della protezione e della complicità della polizia e del governo di fatto. Se nei giorni di maggior convulsione questi umiliavano le donne e i cittadini sospettati di essere "MAS", ora continuano con le intimidazioni, ronde che non sono altro che violenze in stile fascista, liste nere, impedimento dell'esercizio delle ai Defensori del Popolo e si installano nelle case di ex autorità o nelle ambasciate. Stiamo assistendo a un pericoloso fenomeno di un movimento che pretende di rappresentare la legge, “bravi” che grazie alla complicità delle autorità e dei media si fanno passare come eroi...

 

CONCLUDENDO

Nel campo della comunicazione:
Molti dei nostri giornalisti hanno subito intimidazioni, aggressioni verbali e anche minacce di morte da parte di cittadini "anti-MAS" infuriati. Spetta alle autorità nazionali e ai sindacati giornalistici difendere i diritti umani così come il diritto al lavoro, come principio assoluto al di là della presunta affinità politica.
Denunciamo questi abusi e facciamo appello all'unione e alle istanze sindacali e giornalistiche sia a livello nazionale che internazionale affinché sostengano la solidarietà e ne assumano la difesa, per evitare l'estrema intolleranza contro la pluralità dell'informazione. La persecuzione dei giornalisti e la chiusura dei media non dovrebbe rientrare nell'azione di nessun governo, tanto meno di un governo di transizione, il cui unico compito dovrebbe essere dirigere le elezioni il più velocemente possibile.

 

Da telegra.ph

14 gennaio 2020

 

Traduzione a cura del Gruppo di lavoro “Patria Grande/AmericaLatina”/CIVG