Le Chiese Evangeliche in America Latina

13 dicembre 2019

 

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Si assiste perplessi alle vicende latinoamericane contemporanee, addolorati per i colpi assestati sui traguardi raggiunti e le prospettive tracciate nell’esperienza socialista dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA), un progetto geopolitico di solidarietà e collaborazione fra Paesi sudamericani impegnati nel migliorare le condizioni di vita delle masse facendo leva sulle risorse economiche e l’indipendenza dall’egemonia nordamericana. Una offensiva reazionaria minaccia quanto ne rimane e mentre un golpe si è appena divorato l’efficiente ed originale esperienza boliviana, l’onda reazionaria percorre società che si erano avvicinate alle politiche dei paesi aderenti all’ALBA (Cuba, Venezuela, Nicaragua, Bolivia, Ecuador) esprimendo governi progressisti di varie sfumature.

Urge capire meglio, cercare di comprendere anche attraverso una chiave di lettura dei fenomeni in corso ancora poco nota, eppure, di grande importanza.

La Dottrina Monroe riassunta nel celebre slogan: “L’America agli Americani!” trovava una elaborazione concettuale sofisticata negli anni 60’, quando si indicava la necessità di dominare il Sudamerica attraverso la cooptazione delle élite locali. Si perfezionava poi nei documenti di Santa Fe degli anni 80, quando si concepiva addirittura una assimilazione culturale di massa, intesa come presupposto per una completa egemonia politica sul continente. Cinematografia e catene mediatiche, istituti e fondazioni culturali sembravano strumenti già abbastanza efficienti e pervasivi, ma restava sotto traccia il vero “cavallo di Troia” depositato alle porte del Cono Sud: la religione neo-ortodossa delle Chiese Evangeliche. Aggressive e disinvolte nel loro proselitismo mediatico, sfacciatamente anticattoliche ed anticomuniste, propagatrici di una “teologia della prosperità” individuale, si prestavano a realizzare un piano ardito, eliminare la preminenza culturale cattolica infiltrando la società latinoamericana col miglior propagatore dei valori yankee: individualismo, benessere economico, identificazione formale con valori veterotestamentari.

I dati dell’istituto di ricerca Pew Research Center di Washington ci dicono che nel 2014 in America Latina i cattolici sono scesi al 69% mentre i protestanti evangelici sono saliti al 19%. I dati del cileno Corporation Latinobarometro indicano che in Nicaragua i cattolici sono calati del 30%, in Costa Rica del 19% e in Honduras del 47%. In quest’ultimo paese dove la povertà è la più grave del Centroamerica, fonti cattoliche denunciano allarmate la presenza di circa 4.000 chiese evangeliche. Nel piccolo Belize gli evangelici hanno raggiunto il 26,5%.

In Guatemala fra il 1980 e il 2010 i cattolici si sono dimezzati e a San Cristobal esiste un tempio evangelico che può contenere fino a 12.000 persone. Lo gestisce la Casa di Dio, la chiesa evangelica del telepredicatore Carlos Enrique Luna Arango, meglio noto come “Cash Luna”.

 

Culto en megaiglesia Casa de Dios en Guatemala

Immagine interna del Tempio Evangelico di San Criustobal (Guatemala)

 

I dati dell’Istituto di ricerche brasiliano Datafolha dimostrano la drastica riduzione dei cattolici in Brasile; nelpaese più cattolico del mondo fra il 1970 e il 2016 i cattolici sono calati del 40%, gli evangelici sono invece cresciuti al 29%, la metà si dichiarano ex cattolici.

La Chiesa Universale del Reno di Dio, cristiana protestante pentecostale (altrimenti nota con lo slogan: ”Smetti di soffrire!”) fondata in Brasile nel 1977 da Edir Macedo a San Paolo dispone del Tempio di Salomone che può contenere 10.000 persone e sta diventando un attrazione turistica. Macedo ha goduto di “misteriosi” aiuti economici con cui ha creato un possente network mediatico (emittenti televisive, radiofoniche, case editrici, giornali) che gli ha permesso di ramificare la su Chiesa in 168 paesi (Italia compresa) con oltre 2.000 luoghi di culto. I suoi fedeli sono valutati fra i 6 e gli 8 milioni, ma ci sono stime ben superiori. “Bispo Macedo”, come lo chiamano i suoi, è oggi uno degli uomini più ricchi del mondo. Pluri-indagatro, formatosi negli Stati Uniti in tecniche di marketing e tele-predicazione negli anni 80’, gestisce un impero commerciale intrecciato con il potere politico. Fra l’altro, possiede il 90% di Record TV, la più antica emittente brasiliana, il suo direttore, il pastore Douglas Tavolaro, è diventato quest’anno dirigente della CNN Brasile.

 

Ricostruito in Brasile

Immagine esterna del Tempio di Salomone  (Brasile)

 

L’evangelismo pentecostale non fa mistero della ricerca di protagonismo politico e la miscela di influenza mediatica e capillare presenza sul territorio sta dando i suoi frutti, tanto sulla scena nazionale che su quella internazionale.

Vediamo nello specifico, a partire dal gigante amazzonico, il caso più esposto.

I deputati del fronte parlamentare evangelico brasiliano (“Bancada Evangelica”) sono 90 e appartengono a 14 partiti differenti, ma salgono a più di 100 (1/5 del Parlamento) sommando quelli affini su temi condivisi. I loro voti nel 2016 sono stati determinanti nello impeachment di Dilma Roussef (una specie di golpe parlamentare) e l’imprevista elezione di Jair Bolsonaro nasce dal pieno sostegno fornito dal network di Macedo. L’ex capitano della riserva è comparso l’anno scorso nell’agone elettorale a capo di un’alleanza chiamata “Il Brasile prima di tutto, Dio sopra tutti!”, rafforzata dall’immagine di questo ex cattolico che abbraccia platealmente la chiesa evangelica convertendosi in Israele, con tanto di suggestiva cerimonia immerso nel fiume Giordano. Una campagna elettorale ben confezionata, capace di intercettare il favore degli evangelici al punto da orientarli in modo netto e diverso dal solito. I neo-ortodossi in precedenza costituivano la basa elettorale del Partito Repubblicano, col quale avevano già eletto un loro vescovo, Marcelo Crivella (nipote di Macedo) nientemeno che sindaco di Rio de Janeiro.

 

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J. Bolsonaro durante la cerimonia del battesimo nel fiume Giordano, in Israele

 

In Colombianel 2016 il peso elettorale degli evangelici ha deciso l’esito negativo del referendum sugli accordi di pace fra il governo di J. M. Santos e le FARC, ribaltando le previsioni ed impedendo la fine definitiva di un conflitto cominciato nel lontano 1964. Gli analisti stimano in circa due milioni di voti l’aiuto fornito dal movimento evangelico al NO. Probabile che valga lo stesso per la vittoria dell’erede politico di Alvaro Uribe, Ivan Duque (Centro Democratico), eletto alle presidenziali dell’estate scorsa sconfiggendo l’ex guerrigliero Gustavo Petro (Colombia Umana).

Il generale ex dittatore Rios Montt, i presidenti Jorge Serrano Elias e Jmmy Morales (attualmente in carica), sono tutti guatemaltechi evangelici.

In Costa Rica (sede della potentissima e statunitense TBN, Trinity Broadcasting Network) il candidato del movimento pentecostale Fabricio Alvarado (pastore)l’anno scorsoha sfiorato la vittoria col 39,41% alla guida del PRN (Partido Restauracion Nacional).

In Cile nel 2000 l’evangelismo è stato posto allo stesso livello del cattolicesimo mediante un accordo governativo in virtù del radicamento degli evangelici nelle istituzioni, in particolare nella gendarmeria e nelle carceri.

In Argentina nel 2018 gli stessi hanno prodotto accese mobilitazioni contro l’aborto impedendone la legalizzazione.

In Bolivia, prima delle elezioni di ottobre, il movimento pentecostale negoziava col governo l’astensione in cambio di una nuova legge sulla libertà religiosa che sul modello cileno avrebbe equiparato la chiesa protestante a quella cattolica. In occasione del colpo di stato si sono poi visti vari golpisti impugnare trionfanti le bibbie.

Sul piano internazionale,il Guatemala di Jimmy Morales (ex attore comico, evangelista, del Fronte di Convergenza Nazionale) e l’Honduras di Juan Orlando Hernandez (del Partito Nazionale dell’Honduras)sono fra i pochissimi paesi nel mondo che hanno riconosciuto Gerusalemme capitale di Israele su iniziativa statunitense. Gli altri sono Togo, Micronesia, Palau, Nauru e Isole Marshall (la Repubblica di Nauru, ex colonia tedesca, è uno “Stato” di circa 20 km quadrati). Che si tratti del risultato di una condizione di vassallaggio a Washington da parte di queste nazioni è ancor più chiaro se si ricorda che in Honduras il presidente Hernandez è stato riconfermato al potere con le elezioni fraudolente dell’anno scorso, al punto che l’ONU considera legittimo presidente Manuel Zelaya, deposto dal golpe nel 2009, proprio a causa del suo avvicinamento all’ALBA.

 

Che il movimento religioso neo-ortodosso pentecostale puzzi di strategia imperiale nordamericana era già emerso nel mondo arabo alla fine degli anni 90’, ma in America Latina ora sta riuscendo ad ottenere dei risultati clamorosi. Un successo reso eclatante dalla simultanea crisi cattolica dovuta alla contiguità dell’alta gerarchia clericale con le oligarchie nazionali, la lotta alla “teologia della liberazione” condotta dal Vaticano (specie durante la reggenza Wojtyla) e il perdurare di problemi cronici (scandali finanziari e sessuali). Quanto basta per delegittimare la base cattolica fra le masse. Ma c’è dell’altro. Se dopo più di quattro secoli di egemonia il cattolicesimo arretra, bisogna cercare cosa interrompe la sintonia con la sensibilità popolare. Figure come il prete guerrigliero colombiano Camilo Torres e il vescovo martire guatemalteco Oscar Romero in passatoavevano alle loro spalle una moltitudine di militanti vicini ai movimenti progressisti, infatti, la dottrina sociale della Chiesa di Roma promuove e condivide una prospettiva di benessere collettivo, in cui i valori di solidarietà, compassione ed altruismo sono addirittura compatibili con il socialismo.

Le chiese dei telepredicatori, al contrario, cancellano ogni prospettiva collettiva e sociale, interpretano il Vangelo come un perverso “american dream” in cui l’opulenza e la salute fisica di ciascun credente sono al centro del messaggio religioso. I contenuti del successo evangelico stanno proprio qui oltre che in efficaci azioni di marketing.

 

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Il telepredicatore Benny Hinn, icona dell’evangelismo pentecostale televisivo statunitense

 

Costruite intorno a carismatici istrioni prorompenti da autentici show musical-televisivi, le chiese evangeliche promettono un “regno di Dio in terra” per chi sa vivere con fervore una dimensione magico-religiosa in grado di controllare la realtà e modificarla a piacimento attraverso una fede miracolistica in cui tutto dipende dalla volontà individuale, sicché il successo o il fallimento restano una dimensione privata. Questo vangelo da supermarket esalta il benessere materiale quale dimostrazione della forza della fede del credente, che verrebbe in tal modo ricompensato da Dio e fa vivere agli infelici il senso di colpa per la loro debolezza. I predicatori show-man, agli occhi dei credenti divengono un modello in cui identificarsi, una particolare specie di “uomini d’affari” dotati pure di poteri paranormali oltre ad (apparente) integrità morale. Costoro divulgano una idea del “male” che coincide con i problemi sociali e chiunque li voglia affrontare. Ne consegue una “giustificazione teologica” del neoliberismo e il riconoscimento degli USA come il paese predestinato al dominio, perché sempre dedito all’esaltazione dell’opulenza piuttosto che della povertà, come invece insegnato dal cattolicesimo in Sudamerica per secoli.

Il Vaticano non sta a guardare. L’elezione dell’argentino Jorge Mario Bergoglio è già di per sé una risposta. Papa Francesco è impegnato in un’intensa attività politico-diplomatica che ha raggiunto dei risultati importanti: l’alleanza con il mondo ortodosso, l’intesa con il mondo islamico attraverso la tessitura di incessanti colloqui e la conciliazione con la Chiesa Patriottica cinese per l’elezione dei vescovi. Egli sta realizzando una efficace promozione del cattolicesimo come riferimento religioso per tutti i popoli del Sud del mondo, ecumenico, pacifista e dialogante.

Fonti cattoliche riferiscono di segnali di ripresa in Argentina ma nel continente la nuova politica vaticana non sembra in grado di fermare l’avanzata evangelico-pentecostale.

E se la lezione gramsciana sul ruolo della sovrastruttura culturale circa il condizionamento delle dinamiche socio-politiche è corretta, il quadro complessivo è fosco.

Tuttavia, la situazione latinoamericana è molto instabile e non può essere decifrata solo mediante una lettura univoca. L’evangelismo pentecostale costituisce un evidente supporto ideologico alla politica liberale ultra-reazionaria, funzionale agli interessi egemonici statunitensi, ciononostante, esistono fenomeni contradditori che impediscono una visione schematica.

In Messico il partito evangelico PES (Partido Encuentro Social) è alleato di Lopez Obrador; nelle elezioni del 2018 è stato determinante per la vittoria del suo fronte populista e conta attualmente 29 deputati e 5 senatori.

In Nicaragua la lega delle chiese evangeliche (FAENIC) si è tenuta lontano dalle violenze del tentato golpe che l’anno scorso ha fatto più di 200 morti, ed ha invece partecipato al tentativo di dialogo fra governo sandinista e società civile. Le chiese evangeliche sono le uniche a non aver sabotato i colloqui alla ricerca di una conciliazione in vista delle elezioni del 2021, saltati in primavera su pretestuosa decisione della Conferenza Episcopale, dell’Alleanza Civica (l’opposizione) e degli imprenditori.

In Venezuela le chiese evangeliche appoggiano il governo chavista di Nicolàs Maduro.

Il 30/31 gennaio di quest’anno 120 pastori evangelici hanno pregato insieme in una cerimonia a sostegno del governo con lo slogan: “Vogliamo pace e giustizia”. Da parte sua, l’erede politico di Hugo Chavez ha decretato il 15 novembre “Giornata del Pastore Evangelico” in memoria della nascita del pastore battista Martin Luther King (15 gennaio 1929). A Caracas esiste anche una combattiva chiesa evangelica contraria a Maduro, quella di Samuel Olson, già sostenitore del golpe contro Chavez nel 2002, quando la sua chiesa evangelica (“Las Acacias”) si profuse in cerimonie festanti. Olson ha fondato la “Action Consciousness” insieme al rabbino Pinchas Bremer e al lama Tenzin Gyatso. Molto attivo nel web, ha denunciato la notizia del sostegno evangelico al governo definendola una fake news.

Se a questi elementi aggiungiamo la vittoria del peronista Alberto Fernandez in Argentina (Frente de Todos) e la recente ondata di violente proteste scoppiate in Cile, Perù, Colombia, Ecuador e Haiti che fanno pensare ad una ripresa della lotta di classe su larga scala, diventa chiara la irriducibile complessità della realtà continentale.

Va anche ricordato che fra i dati statistici circa le confessioni religiose, Uruguay e Cile condividono un’eccezione; la netta ascesa di chi si dichiara estraneo a qualunque confessione religiosa, un orientamento che potrebbe diventare tendenza in futuro.

 

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Resta comunque inequivocabile l’azione politica ultrareazionaria che il movimento religioso evangelico può assumere là dove Stato e Chiesa lasciano ampi spazi, come accaduto in Brasile. Questa realtà merita una ulteriore messa a fuoco, poiché la dinamica brasiliana assume grande rilevanza, vuoi per il peso dell’evangelismo in questo paese vuoi per l’influenza del gigante sudamericano in tutta l’area.

Il quotidiano “O Globo” ci informa che nel luglio di quest’anno Bolsonaro ha posto fine all’obbligo per le chiese minori di iscrizione al registro nazionale delle persone giuridiche, rendendo così le chiese evangeliche di fatto esentasse. Ha reso il favore. Il presidente brasiliano, che si autodefinisce “terribilmente cristiano”, ha però incontrato molte resistenze in merito alla sua intenzione di riconoscere Gerusalemme capitale israeliana (il mondo arabo è troppo importante per l’export carioca) e lo scoppio della questione ecologica seguita agli incendi in Amazzonia di questa estate sembrano (sondaggi giornalistici) aver incrinato la fiducia dei suoi elettori, fatto che se confermato induce alla riflessione.

La rapida diffusione dell’evangelismo brasiliano ha compiuto una ibridazione fra la cultura cattolica e quella pentecostale, impedendo la completa anestesia dei credenti circa la questione ambientale. La percezione degli eco-crimini come un peccato contro il Creato non è in sintonia con la visione pentecostale tradizionale, che nega l’emergenza climatica o addirittura la interpreta in senso apocalittico, quale armageddon inevitabile ed auspicabile. La “latinizzazione” dell’evangelismo forse contiene elementi che potrebbero avere conseguenze importanti, specie nella prospettiva di una emergenza climatica sempre più centrale.

J. Bolsonaro, intanto, non sta fermo; lo scorso novembre ha lasciato il suo Partito Social-Liberale (PSL) per fondare l’Alleanza per il Brasile. E’ la decima volta che cambia casacca. Un funambolo della politica che cerca di stare sulla cresta di un’onda che rischia d’infrangersi.

Se poi la messa a fuoco diventa planetaria, scopriamo che il movimento evangelico ha proseguito il suo cammino ottenendo grandi successi in altri continenti. Largamente diffusosi in Nigeria, Kenya, Sudafrica, Uganda (a Kampala esiste il Miracle Center Cathedral, un megatempio costato 7 milioni di dollari), e da tempo radicatosi in Corea del Sud, dove si trova la congregazione evangelica più grande del mondo (la Yoido Full Gospel Church conta circa un milione di fedeli registrati).

Nella Repubblica Popolare Cinese, invece, subisce una battuta d’arresto. Le Chiese di Wenzhou, un grande porto nello Zhejiang, imponenti croci rosse sormontavano i templi evangelici creati da imprenditori locali. Tale fenomeno è stato represso dalle autorità a partire dal 2015. Le croci rimosse e le mega chiese smantellate. Le fonti evangeliche denunciano distruzioni sistematiche.

 

Zhejiang, rimozione di una croce Persecuzione religiosa in Cina

 

Rimozione delle croci rosse sulle chieve evangeliche di Wenzhou

 

Purtroppo, a prescindere dall’evangelismo pentecostale, l’America Latina sembra inevitabilmente condannata a vivere tensioni fintantoché perdurino la gravissima sperequazione sociale (pur essendo un continente ricchissimo) e l’invadente presenza degli Stati Uniti, che nel loro complesso militare-industriale mantengono il peggior nemico dell’umanità.

Del resto, “In God we trust!”  (“Noi crediamo in Dio!”) è il motto degli USA stampato dal 1956 su ogni dollaro cartaceo, una promessa e una minaccia insieme…

Di certo, una inquietante miscela di religione e di economia.

 

A cura di Flavio Rossi, CIVG