CIVG Informa N°14 - Iraq Notizie: Aprile 2013

Aprile  2013

   IRAQ NOTIZIE  

a cura del Centro Iniziative Verità e Giustizia

 

 

    Iracheni caduti     ….FINO al dicembre 2012

 

 

 

Caduti della Coalizione militare di occupazione

Anno

USA

Gran Bretagna

Altri

Totale

2003

486

53

41

580

2004

849

22

35

906

2005

846

23

28

897

2006

823

29

21

873

2007

904

47

10

961

2008

314

4

4

322

2009

149

1

0

150

2010

60

0

0

60

2011

54

0

0

54

Totale

4485

179

139

4803             

 


SOMMARIO

 

 

 Sostenere le proteste in Iraq contro l'altra faccia dell'occupazione.

 


 

APPELLO URGENTE PER LA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE A FAVORE DELLA "THAWRA" (RIVOLUZIONE) IRACHENA. 

Proteste di massa hanno avuto luogo ogni giorno a Ramadi sin dal 25 dicembre 2012, quando più di 200,000 persone hanno dimostrato. Queste proteste, cui hanno partecipato centinaia di migliaia di persone,  si sono estese alle città di tutto il Paese.

Delle proteste hanno avuto luogo fin dall'invasione e della conseguente occupazione. Queste dimostrazioni hanno raggiunto l'apice durante la Primavera araba nel Gennaio e Febbraio 2011. La richiesta di dignità e giustizia non era diversa da quella sorta in Egitto e Tunisia.

Un elemento chiave delle attuali proteste è stato lo slogan dell'unità nazionale e della fine del settarismo, così come la denuncia dell'incapacità del regime di Al Maliki di venire incontro a queste richieste della popolazione. Un cambiamento è inevitabile!

Le proteste sono state sostenute a livello nazionale. Molte città irachene hanno inviato delegazioni ad unirsi ai dimostranti a Ramadi. I religiosi sciiti hanno incoraggiato i fedeli ad appoggiare le proteste e c'è una forte presenza di delegazioni curde di Mosul, Tikrit e Anbar. I simboli partitici sono vietati, in modo da rinforzare lo spirito di unità nazionale. Tutti i movimenti iracheni anti-occupazione hanno  dichiarato  legittime le richieste dei dimostranti, definendo le loro azioni un passo avanti nella resistenza contro l'occupazione USA e la dominazione iraniana.

Il ritiro delle truppe USA dall'Iraq non significa la fine dell'occupazione. L'influenza degli USA è ancora pesante. Di conseguenza, i movimenti anti-occuazione si oppongono a quella che chiamano "la seconda faccia dell'occupazione". Ciò comporta la prosecuzione della resistenza contro tutte le strutture imposte dagli USA, incluse non solo le infrastruttture e le ideologie alla base dell'ingerenza delle corporation, ma anche il governo settario e la sua Costituzione, redatta da Bremer e foriera di divisioni.

A dispetto della violenta repressione delle forze di sicurezza e delle milizie dei partiti politici settari, il popolo iracheno ha superato la paura. Non c'è la possibilità di tornare indietro.

La Rete internazionale contro l'occupazione (IAON) avverte la comunità internazionale, incluse le Nazioni Unite e l'Unione Europea, che vi sono indizi seri che il regime si stia preparando ad attaccare Anbar. I confini verso la Siria, la Giordania e l'Arabia Saudita sono stati chiusi; due brigate si sono spostate da Baghdad; posto di blocchi e cecchini sono stati posizionati sulle strade! Il rischio di un bagno di sangue è imminente,  una situazione nella quale Al Maliki e gli occupanti americani sono stati avvertiti che, se i dimostranti verranno colpiti, la responsabilità sarà interamente loro.

In una simile situazione è della più grande importanza che la comunità internazionale denunci la vera natura della dittatura di al Maliki e si schieri con questo vasto movimento per la dignità umana e contro la repressione e la violazione dei diritti umani. E' dunque di importanza vitale che tutte le forze amanti della pace supportino ciò che sta avvenendo sulle strade dell'Iraq.

I manifestanti stanno chiedendo:

1- il rilascio immediato di manifestanti detenuti e di dissidenti politici

2- la fine della pena di morte

3- l'approvazione di una legge di amnistia per i detenuti innocenti

4- l'abolizione della legge anti-terrorismo

5- l'abrogazione dei regolamenti contro i dissidenti

6- opportunità eque per i mestieri basati sulla professionalità

7- la fine di tutti i comandi militari su base regionale

8- la fornitura di servizi essenziali a tutte le aree dell'Iraq neglette dallo Stato

9- l'arresto di tutti i membri degli uffici governativi, dell'esercito e delle unità di sicurezza  che hanno commesso crimini contro dissidenti, specialmente quelli che hanno abusato di donne in carcere

10- un censimento sponsorizzato dall'ONU

11- la fine dell'emarginazione, e la fine delle divisioni tra gruppi etnici e religiosi, e la fine delle irruzioni domestiche senza giustificazioni legali ma basate sulle indicazioni di informatori segreti

12- la fine della corruzione finanziaria. amministrativa e legale

13- la lotta contro il settarismo in tutte le sue forme, restutuendo gli edifici di culto e le proprietà religiose ai loro legittimi proprietari e l'abolizione della legge No. 19 del 2005

La Rete internazionale contro l'occupazione (IAON) dà il benvenuto al diffondersi di queste proteste non settarie e appoggia lo sforzo del popolo iracheno di riconquistare la piena indipendenza e sovranità nazionale. 10 anni di occupazione straniera sono abbastanza! 10 anni di massicce violazioni dei diritti umani sono abbastanza! 10 anni di corruzione e di sottrazione dei servizi fondamentali per l'intera popolazione sono abbastanza!

La Rete internazionale anti-occupazione (IAON).

La Rete Internazionale contro l'occupazione (IAON) include, tra gli altri, il Tribunale BRussel, la Campagna spagnola contro l'occupazione e a favore della sovranità dell'Iraq (CEOSI), il Centro Internazionale di Azione (IAC), la Solidarietà femminile per un Iraq indipendente e unito (WSIUI), la Sezione portoghese del Tribunale Mondiale sull'Iraq e l'Associazione  per la solidarietà con l'Iraq di Stoccolma.

da IAON, 12-01-2013

Traduzione di Andrea B. per CIVG.IT

 


Appello alle Nazioni Unite e agli organismi umanitari.

Intervenite prima che il primo ministro Maliki metta in pratica le sue minacce: massacrare i manifestanti iracheni pacifici

 

Alle Loro Eccellenze,

Segretario Generale delle Nazioni Unite -  New York

Alto Commissario per i Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite – Ginevra

Presidente del Parlamento Europeo – Bruxelles

Segretario Generale della Lega degli Stati Arabi – Il Cairo

Presidente dell’Unione degli Avvocati Arabi – Il Cairo

Presidente dell’Unione dei Giuristi Arabi – Amman

Presidenti delle organizzazioni della società civile

A nome del Comitato Centrale di Coordinamento (CCC) per il sostegno alla sollevazione irachena, che comprende un’élite colta e responsabile appartenente a diverse componenti del popolo iracheno e che rappresenta la diaspora irachena nei paesi esteri, ed a nome del popolo iracheno oppresso dal giogo dell’aggressione, dell’ingiustizia e della miseria, noi ci rivolgiamo a voi per lanciare un appello, nella speranza di portare alla vostra attenzione ciò che realmente accade in Iraq, crimini orrendi e spaventosi, per chiedervi d’intervenire e d’intraprendere le misure necessarie che i vostri obblighi giuridici e le vostre responsabilità impongono.

Infatti il popolo iracheno, che non ne può più della sofferenza di vedere il sangue dei propri figli scorrere a fiotti, o di vederli gettati nelle prigioni segrete e pubbliche, dove donne e vecchi vengono sistematicamente violati, ha deciso di agire con manifestazioni e proteste pacifiche, per esigere che il governo attuale di Bagdad rispetti i diritti umani riconosciuti dalle convenzioni e dalle istanze internazionali, la cui tutela e messa in pratica gli sono state affidate.                                  Quindi il popolo iracheno ha iniziato a manifestare in misura crescente dalla fine di dicembre 2012. Le manifestazioni continuano a mantenere un carattere pacifico fino ad oggi, cioè dopo più di 60 giorni.

Le richieste dei manifestanti consistono nell’essenza stessa dei più fondamentali diritti umani: diritto alla libertà e alla dignità, diritto al lavoro, all’educazione e alla salute, fine delle violenze e delle sistematiche torture e persecuzione giuridica dei responsabili; fine delle esecuzioni sommarie ed extragiudiziarie e delle pratiche che calpestano la giustizia… Una delle principali rivendicazioni riguarda la soppressione dell’articolo 4 della legge cosiddetta antiterrorismo, in quanto esso viene usato come pretesto contro chiunque si opponga al regime, ed in base alle cui disposizioni  vengono rinchiuse decine di migliaia d’innocenti in campi di concentramento, a causa delle loro opinioni politiche e per essere sospettati d’avere opinioni dissenzienti. I manifestanti esigono anche che l’esercito resti fuori dalle città e che venga nominato un osservatore speciale sui diritti dell’uomo in Iraq.

Poiché le autorità hanno fatto orecchie da mercante rispetto a queste legittime rivendicazioni, i manifestanti hanno invocato le dimissioni del governo e l’abrogazione della Costituzione imposta agli iracheni durante l’occupazione del paese da parte degli Stati Uniti, condizione che la rende nulla.

Gli insopportabili ed inaccettabili crimini perpetrati contro il popolo iracheno dall’attuale governo di Nouri Maliki hanno superato ogni limite immaginabile. E’ la continuazione degli orrori dell’invasione straniera dell’Iraq nel 2003, che non ha mai smesso di minacciare la dignità degli uomini e di violare il loro diritto fondamentale di vivere in libertà e dignità.

Infatti questo governo corrotto ha gettato in prigione e nei centri concentrazionari decine di migliaia d’iracheni, giovani, donne e vecchi, senza che abbiamo commesso alcun crimine. Queste pratiche di detenzione avvengono al di fuori dell’ambito legale e a volte addirittura gli ordini d’arresto sono emessi quando i cittadini già si trovano dietro le sbarre.

Nelle carceri del governo di Bagdad i prigionieri sono sottoposti alle più atroci torture, come i cavi elettrici, le mutilazioni, le botte e i trattamenti più disumani; le violenze su donne, uomini e vecchi nelle prigioni sono state ufficialmente riconosciute e documentate.

Le Vostre Eccellenze possono rendersi conto dell’atrocità di questi crimini e delle loro conseguenze, insopportabili ed irrimediabili, per una società quale quella irachena.

Inoltre non è pensabile che voi non abbiate preso atto dei rapporti e dei comunicati redatti dalle organizzazioni dei diritti umani, che hanno documentato questi crimini e queste pratiche inumane. Non ci è nemmeno possibile immaginare che voi non stiate seguendo ciò che accade oggi in Iraq, date le responsabilità che voi avete.

Facciamo appello alle vostre anime e alle vostre coscienze che certo rifiutano la continuazione di questi crimini, della corruzione e del terrorismo, perché si rompa il vostro silenzio, perche si condannino e si denuncino i crimini commessi dal governo del primo ministro Nouri Maliki nei confronti del nostro popolo iracheno.

Eccellenze,

noi siamo altresì stupefatti del vostro atteggiamento d’indifferenza che passa sotto silenzio le minacce dell’attuale primo ministro di assassinare e decimare i manifestanti pacifici che rivendicano i propri legittimi diritti. Le sue dichiarazioni sono video documentate. E’ lo stesso Nouri Maliki che scatena le proprie milizie per mettere in pratica le minacce e per provocare i manifestanti, ordinando di massacrare 8 cittadini pacifici nella città di Falluja il 25 gennaio 2013.

La persistenza delle pratiche criminali di Maliki condurrà l’Iraq ad una spaventosa carneficina che comporterà la morte di centinaia di migliaia d’innocenti. Per questo vi rivolgiamo un appello perché facciate sentire la vostra voce per condannare e denunciare le pratiche del governo in Iraq, poiché spetta alle organizzazioni ed ai comitati internazionali e regionali che voi presiedete il compito d’assumere piena responsabilità, sul piano umano e morale, e d’onorare gli obblighi di tutela e protezione dei diritti dell’uomo e soprattutto della dignità e della vita.

Eccellenze,

il popolo iracheno non vi chiede di schierarvi in suo favore nella prova che sta affrontando, bensì di prendere posizione relativamente ai vostri obblighi, alle vostre responsabilità e alle vostre coscienze. La storia si ricorderà della vostra posizione con rispetto e benevolenza.

Vi lanciamo un appello perché assumiate le vostre responsabilità legali e morali e vi chiediamo d’intervenire immediatamente per evitare la carneficina a cui il capo di governo attuale ed i suoi agenti vorrebbero dare inizio.

Vi rivolgiamo, Eccellenze, i nostri rispettosi saluti ed il nostro profondo rispetto.

Il Comitato Centrale di Coordinamento a sostegno della sollevazione irachena.

Da Albasrah

Traduzione di Cristiana C. per CIVG.IT

 


IRAQ: DONNE in SOLIDARIETA’


                                           Per un Iraq indipendente ed unito

Siamo un gruppo di donne irachene residenti in Inghilterra che vedono il loro ruolo come un contributo alla costruzione di un ponte fra la giustizia e la pace che le persone cercano nel mondo e in particolare che la nostra gente cerca nell’Iraq occupato.

Consce del fatto che non c’è pace senza giustizia, supportiamo la lotta del nostro popolo per porre fine all’occupazione anglo-americana e alla sua nuova fase, il neo-colonialismo; una lotta che noi crediamo essere un diritto fondamentale appoggiato dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Risoluzione 33/24 del dicembre 1978;

“..riaffermare la legittimità della lotta delle popolazioni per l’indipendenza, l’integrità territoriale, l’unità nazionale e la liberazione dalla dominazione coloniale e dall’occupazione straniera con ogni mezzo possibile e in particolare con la lotta armata”

Per quanto riguarda i diritti delle donne irachene sotto l’occupazione, concordiamo con il CEDAW nel: “sottolineare che lo sradicamento di … colonialismo, neo-colonialismo, aggressione, occupazione straniera, dominazione e interferenza negli affari interni degli Stati è essenziale perché gli uomini e le donne possano godere appieno dei loro diritti”.

CHIEDIAMO:

  • la fine immediata dell’occupazione in tutte le sue forme
  • l’annullamento di ogni accordo di tipo militare o economico e dei patti stretti sotto l’occupazione, inclusi quelli relativi al petrolio iracheno. Il petrolio è una risorsa nazionale che appartiene a tutti gli iracheni e alle loro generazioni future. Solamente un governo eletto democraticamente dopo la fine dell’occupazione dovrebbe occuparsene.
  • Il ritorno di tutti gli iracheni rifugiati nel e fuori dal Paese.
  • Gli Stati Uniti e tutti gli altri poteri occupanti dovranno risarcire l’Iraq e gli Iracheni per le perdite umane e materiali avvenute durante questa occupazione illecita.

COSA FACCIAMO:

  • Facciamo conoscere la situazione critica di donne e bambini sotto l’occupazione. Le donne sono state stuprate, torturate ed uccise. I bambini sono costantemente sottoalimentati, un quarto di loro soffre di ritardi della crescita. Viene loro negata un’educazione decente. Di quelli che non frequentano la scuola il 74% sono femmine.
  • Ci impegniamo in attività media allo scopo di portare alla luce le atrocità individuali e collettive commesse dalle forze dell’occupazione o dalle forze irachene addestrate dagli USA e a mantenere la questione irachena in primo piano.
  • Coordiniamo e supportiamo le attività delle organizzazioni inglese e internazionali per la pace che lavorano per fermare l’occupazione in Iraq. Esercitiamo pressioni sui membri del Parlamento Inglese per quanto riguarda le questioni irachene
  • Siamo attive nel contrastare le concezioni e le rappresentazioni errate da parte dei media inglesi e cerchiamo di supplire alla carenza di informazioni dall’Iraq.

COME PUOI AIUTARCI:

Ci sono molti modi di supportare il nostro lavoro. Puoi unirti a noi. Puoi invitare uno dei nostri speaker a un tuo evento. Puoi supportare i gruppi di donne che lavorano sul territorio iracheno.

Per maggiori informazioni puoi contattarci a

e-mail: siui_iraqsolidarity@yahoo.co.uk           http://solidarityiraq.blogspot.com

da solidarityiraq

Traduzione di Giovanna P. per CIVG.it

 


 

Il crimine contro Tareq Aziz continua, mentre la comunità internazionale guarda dall'altra parte

Nota informativa del CEOSI, 4 aprile 2013

Sono passati dieci anni da che Tariq Aziz, ex vice presidente del governo iracheno legittimo, fu arrestato  dalle forze statunitensi. Oggi sono anche 33 anni dal primo attentato alla sua vita. Questo attacco, da cui sfuggì  fu effettuato  presso l'Università di Al-Munstansiriya (Baghdad), nel 1980, e fu  perpetrato dagli stessi che ora guidano l'Iraq e costò la vita di cinque studenti iracheni che si trovavano nelle vicinanze.

Ciò che non riuscì in quell’atto criminale è stato poi perpetrato con questi dieci anni di trattamenti disumani inflitti a Tareq Aziz, come varie organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno denunciato, Amnesty International e CEOSI  tra le prime, 

In omaggio alla figura di Tareq Aziz ed alla verità,  è stato prodotto e diretto da padre  Jean Marie Benjamin il documentario: “Tareq Aziz, l'altra verità”.

Secondo le ultime informazioni dirette, delle quali Ceosi ha avuto notizia, Tareq Aziz, che rimane in carcere a Baghdad, è stato visitato da sua moglie e alcuni dei loro figli (ricordiamo che lo scorso Natale era stato privato non solo di ricevere visite dai suoi familiari, ma gli era stata negata anche la possibilità di ricevere una telefonata da essi.

In questa visita, la famiglia Aziz ha appreso che l'ex vice presidente iracheno aveva subito il suo quarto attacco di cuore dal 2003. La delicata salute dell'ex leader iracheno è stato una costante fonte di preoccupazione e denunce dall'inizio della sua prigionia, come denunciato costantemente anche dal Ceosi.

Questa volta l'attacco, a cui è miracolosamente sopravvissuto, è successo di notte e non ha ricevuto cure mediche di qualsiasi tipo, ad eccezione di quelle del suo compagno di cella che lo ha assistito, come meglio poteva;  è sopravvissuto mentre le guardie si erano limitate a lasciarlo nella sua cella. La mattina dopo, visto che era sopravvissuto, le autorità carcerarie non hanno prestato alcuna attenzione medica necessaria, e  un medico è andato a visitarlo in cella, senza portarlo in nessun ospedale come sarebbe stato normale fare.

La vita terribile che ha passato negli ultimi anni ha deteriorato fino all’estremo  la sua situazione precaria di  salute. E 'ormai quasi incapace di parlare in modo coerente e difficilmente lo si riesce a capire. Egli soffre di ulcere alle gambe e ai piedi che non sono curate e la famiglia teme che posano andare in cancrena.

Qui sotto con Kofi Annan, ex segretario generale dell'Onu, nell'ottobre 1998, alla sede delle Nazioni Unite a New York.

Questo trattamento disumano, inflitto a questo patriota  iracheno con la benedizione della comunità internazionale,  è in contrasto con il trattamento che quella stessa comunità internazionale dà a quei criminali di guerra che hanno causato la distruzione dello Stato iracheno.                                                                           Chiediamo ai rappresentanti politici delle organizzazioni per i Diritti Umani e dei media di agire per liberare Tariq Aziz e gli altri prigionieri politici iracheni.

Non possiamo guardare dall'altra parte mentre si stanno violando i più elementari diritti umani.

 

Da IraqSolidaridad

Traduzione di Renato S. per CIVG.it

 


 

Tareq Aziz: Appello di un figlio

di Ziad Tareq Aziz

"Non abbiamo bisogno di spettatori per testimoniare la nostra sofferenza e ci dicano che sono vicini a noi. Abbiamo bisogno di aiuto per porre fine ad essa "(Raja Shehadeh, 1951 -:"Quando gli uccelli smisero di cantare").

"Signora Felicity, quando avevo dieci anni, distribuivo volantini per le strade di Baghdad, mettendoli tra le porte, per fermare gli inglesi che si appropriavano del nostro petrolio. Adesso non sono pronto a rinunciare all'Iraq. "(Tareq Aziz in una intervista, 1999.)

L'ex ministro degli Esteri iracheno e vice primo ministro, Tareq Aziz (76), che ha in buona parte ignorato i suoi problemi di salute prima dell’invasione illegale del suo paese del 2003 per poter viaggiare e protestare efficacemente contro il peso paralizzante dell'embargo sulla popolazione, e più tardi per tentare di scongiurare l'invasione, ora è stato imprigionato - nel paese che ama e per cui ha lottato, con passione e tenacia - per nove anni.

Suo figlio Ziad, che con la sua famiglia, oltre al dolore per la pena inflitta al padre, ora sopporta il peso dell’esilio, ha combattuto tenacemente per la liberazione del padre, ma molto raramente parla pubblicamente del dolore della famiglia per la sua situazione.

I suoi timori per Tareq Aziz sono testimoniati in una lettera che esprime profonda paura e preoccupazione per il padre, dopo la visita della sua famiglia in Iraq per vederlo, lettera indirizzata a un gruppo affiliato con il Tribunale di Bruxelles (i), che comprende il rispetto dei diritti umani, organizzazioni legali e mediche per chiedere tutta l'assistenza possibile per risolvere la situazione.

Le sue parole vengono citate dietro autorizzazione:

"Voglio solo aggiornarvi sulle condizioni di salute di mio padre. Mia madre e le mie sorelle lo hanno visitato Venerdì scorso (25 maggio) nella prigione irachena in cui è detenuto a Khadimiyah. "(Khadimiyah fa parte della città vecchia di Baghdad, sul lato orientale del Tigri.).

"Pensano che la sua salute sia peggiorata dalla loro ultima visita, ha una strana tosse e non è ancora in grado di camminare da solo. Ha chiesto di essere visitato da un medico per la tosse, ma è in attesa della decisione dei funzionari del carcere“.

"Non è facile per lui sopportare Il caldo, peggiora molto il suo stato di salute e contribuisce ad abbassare il morale." (Adesso è maggio, in agosto la temperatura soffocante di Baghdad può arrivare a 140 Fahrenheit - 60 gradi Celsius)

"... Il tempo non è dalla nostra parte (ii), temo che il deteriorarsi delle sue condizioni di salute non gli permetterà di arrivare all'estate con il caldo soffocante e la mancanza di cure mediche.

"Il tempo è l’essenza" e una rapida soluzione. "Mi rendo conto che queste cose richiedono tempo, ma come ho detto prima, il tempo non è dalla nostra parte. La mia famiglia ed io siamo pronti ad aiutare in ogni modo possibile, se c'è qualcosa che possiamo fare.

"Distinti saluti,

Ziad Tareq Aziz ".

Rappresenta la misura della salute precaria di un uomo orgoglioso, proveniente da una famiglia orgogliosa della più orgogliosa delle nazioni e suo figlio dovrebbe supplicare quelli di noi provenienti da nazioni responsabili della distruzione del suo Paese.

La lettera terminava gentilmente: "Infine, vorrei ringraziarvi ancora per tutti i vostri sforzi."

Tareq Aziz ei suoi colleghi incarcerati non si sono mai arresi sull'Iraq, non sono mai fuggiti come avrebbero potuto, prima dell’invasione imminente. Essi stanno pagando un prezzo terribile, inflitto da tribunali illegali.

La vendetta e l’illegalità dei “salvatori” e del loro governo fantoccio, è uguale - e anzi supera in gran parte - quelli che essi denunciano come tiranni e dittatori. Purtroppo l’inconsistenza dell’Occidente e le finte democrazie, tuttavia rendono tutti i loro cittadini di coscienza ugualmente colpevoli.

 

Da Pravda.ru

Traduzione di  Giovanna P. per CIVG.IT

 


Il Programma Politico del Partito Baath e della Resistenza Patriottica

Nel nome di Dio misericordioso,

“Nostro signore, conferisci a noi pazienza e perseveranza, rendi il nostro cammino sicuro e dona a noi la vittoria nei confronti dei non-credenti”. Corano: 2:250

Come il Partito Baath ed i credenti ed eroici patrioti della Resistenza espandono le loro operazioni e le basi della loro attività, le forze patriottiche che rigettano l'occupazione ed i suoi lacchè ed accordi politici, supportano il Baath e la sua Resistenza. Un grande popolo combattente abbraccia queste forze, e dinnanzi a loro le sostiene come gli onorabili figli e figlie della Nazione Araba, della Comunità Islamica Mondiale, e tutti i popoli liberi del mondo. Il Baath e la Resistenza presentano il programma politico finalizzato alla liberazione dell'Iraq e al raggiungimento dell'indipendenza nazionale e dell'unità del suo popolo e del suo territorio, in conformità con le proprie istanze che sono pubblicate in questo documento come segue:

Primo: completa indipendenza nazionale, che richiede l'accettazione da parte delle forze di occupazione dei seguenti principi e richieste:                                                                                                                                    

Il riconoscimento totale da parte dei Paesi occupanti della Resistenza Patriottica Irachena in tutte le sue componenti, armate e disarmate, come i soli legittimi rappresentanti del grande Iraq.

Una delibera concernente l'impegno a ritirasi completamente ed incondizionatamente dall'Iraq entro un determinato periodo di tempo, da concordarsi attraverso il coordinamento tra l'eroica Resistenza Irachena e l'occupante.

Accettazione assoluta della sovranità statale e nazionale e dell'indipendenza dell'Iraq, nonché della salvaguardia dell'unità nazionale del suo popolo, del territorio, dei luoghi sacri, delle risorse, rigettando tutti le proposte e le leggi tese al frazionamento ed alla divisione dell'Iraq.

Il raggiungimento di un accordo sulla base di negoziati seri, propositivi e costruttivi, con il Comando della Resistenza o dei suoi rappresentanti, sulla base dei diritti e dei principi fondativi della patria, e la sua liberazione come presentata in questo documento, con l'obiettivo di giungere alla formulazione di un accordo sulla completa liberazione e indipendenza del Paese.

Una dichiarazione da parte degli Stati Uniti d'America e dei loro alleati in cui si assumono la responsabilità per la guerra e per l'occupazione, riconoscendo che l'operazione che ha condotto all'occupazione dell'Iraq costituisce un atto di aggressione che non trova fondamento nella legalità internazionale, e nemmeno giustificazioni di natura legale o morale, ma che ha avuto luogo al di fuori dei limiti imposti dalla legalità internazionale.

Una dichiarazione di disponibilità da parte dell'America e dei suoi alleati di presentare scuse formali al popolo iracheno per i crimini, le trasgressioni e le violazioni da essi commesse, nonché le scuse alla leadership politica irachena per le misure ingiuste, oppressive e distruttive intraprese contro di essa e contro l'Iraq.

Nel caso in cui l'occupante dichiari di accettare i principi di cui sopra, la direzione del Baath e la sua eroica resistenza dichiarano la disponibilità ad avviare seri e propositivi negoziati in conformità con quanto segue:

In secondo luogo, i negoziati esigono dall'occupante e dai suoi alleati di accettare tutti i diritti nazionali del popolo iracheno e dei principi cardine della loro lotta di liberazione, che rappresentano i supremi interessi e la volontà nazionale del popolo iracheno, e sono i seguenti:

 

1)     Completo ritiro da tutto il territorio dell'Iraq, dallo spazio aereo e marittimo, senza limite o condizione.

2)     Il rilascio di tutti i prigionieri, detenuti e catturati, senza eccezioni, e l'accordo concernente la considerazione dell'attuale attività dei tribunali ad hoc contro gli iracheni come non valida, illegittima ed illegale, annullando perciò tutte le misure da essi adottate in quanto emanate in virtù di un'occupazione illegale, basata sulla menzogna... E anche un accordo per la legittimità di tutte le istituzioni dello Stato – sia governative che non governative – e di tutte le leggi e le convenzioni in vigore prima dell'odiosa occupazione.

3)     La rimozione del sistema politico attuale, che opera sotto l'egida dell'occupazione, e così pure la cancellazione di tutti i decreti, le leggi, e le misure politiche ed economiche che esso ha varato in violazione delle leggi e della pratiche internazionali, che richiedono che le leggi del Paese occupato restino in funzione ed in effetti, quando si realizza un'occupazione, secondo il diritto internazionale è inammissibile, da parte dell'occupante, varare leggi o decreti finalizzati al raggiungimento degli interessi suoi e dei suoi lacchè.

4)     Il ripristino in servizio dell'Esercito iracheno e delle altre forze armate nazionali, secondo le proprie leggi, regolamenti e tradizioni operative prima dell'occupazione, così come la cancellazione della messa al bando del Baath ed il riconoscimento del suo ruolo, iracheno, pan-arabo ed internazionale, nella costruzione dell'Iraq, come movimento politico, sociale ed intellettuale con un grande missione umanitaria, e la fine di tutti i raid, le persecuzioni e gli arresti di militanti del partito e dei mujahidden appartenenti ai vari gruppi della Resistenza.

5)     Un impegno per fornire il pieno risarcimento per tutte le perdite, materiali e morali, subite dall'Iraq – e dal suo popolo come dalle sue istituzioni – dall'anno 1990 ad oggi. Ciò dovrebbe essere effettuato mediante un fondo che verrebbe finanziato dai Paesi che hanno occupato l'Iraq, in primo luogo gli Stati Uniti d'America, la Gran Bretagna e gli altri Paesi partecipanti e complici alla strategia dell'occupazione, oltre ai danni materiali enormi che lo Stato iracheno ha riportato a causa della distruzione sistematica e del saccheggio, nonché la depredazione di denaro, fabbriche, banche, reperti archeologici ecc. Ciò dovrebbe essere effettuato tramite commissioni legali appositamente designate, formate da iracheni e da altri Paesi neutrali nominati dal Comando della Resistenza Irachena. Il fondo dovrà poi essere gestito da un governo patriottico formato dalla Resistenza e poi eletto dal popolo.

6)     Cancellazione di tutte le risoluzioni internazionali in vigore, approvate contro l'Iraq a partire dal 1990 e fino ad oggi.

7)     Consegna di lacchè, spie e traditori che hanno commesso il reato di alto tradimento contro il popolo e la patria di modo che possano essere processati secondo la legge e ricevere la giusta punizione per aver collaborato con l'occupante nella distruzione dell'Iraq, ammazzando la sua gente, saccheggiando la sua ricchezza nazionale, e profanando i suoi luoghi santi. 

 

Quando i punti di cui sopra avranno trovato applicazione, la direzione del Baath e la sua resistenza patriottica dichiareranno la loro iniziativa patriottica dopo la liberazione in conformità con la procedura qui indicata, e in base al coordinamento con, e la partecipazione di, tutti i distaccamenti del Jihad e della Resistenza, come segue:

In terzo luogo, le lezioni ed il perseguimento degli affari di Stato dopo l'indipendenza.

Il Comando della Resistenza Irachena formerà un Consiglio consultivo provvisorio composto da 50 a 100 personalità patriottiche scelte tra la resistenza armata, i partiti politici e le correnti, e le personalità resistenti patriottiche che rigettano l'occupazione e i suoi lacchè.

 

Il Consiglio consultivo provvisorio, che comprenderà le formazioni della Resistenza, formerà un governo di unità nazionale composto da personalità patriottiche irachene note per il loro rifiuto e la resistenza all'occupazione, che resterà in carica due anni. Questo governo, sotto il controllo totale della Resistenza e del Consiglio consultivo provvisorio, svolgerà le seguenti funzioni:

A. Controllo completo sulla gestione degli affari di Stato in tutte le sfere ad essi concernenti.

B. Il raggiungimento di ciò che è stato concordato dai vertici della Resistenza con l'occupante nel corso dei negoziati ed in particolare la messa in atto del ritiro totale ed incondizionato delle forze che hanno invaso l'Iraq, ed il perseguimento delle disposizioni riguardanti l'accordo sulla liberazione nazionale e l'indipendenza.

C. Disarmo e dissoluzione delle milizie costituite dall'occupante e dell'Esercito attuale, della Polizia e del Servizio di sicurezza formati sotto l'egida dell'occupante in difesa delle sue attività e dei suoi interessi; lavorare al fine di bloccare il traffico d'armi in tutto l'Iraq.

D. La ricostituzione dell'ex-Esercito nazionale iracheno in tutte le sue formazioni, così come di tutte le forze di sicurezza nazionali in tutte le loro articolazioni, la riesumazione di tutte le istituzioni statali disciolte per decisione dell'occupante, l'eliminazione degli effetti distruttivi di quegli ordini, ed il risarcimento per i soggetti da essi danneggiati, materialmente o moralmente.

E. Preparazione di una bozza di Costituzione permanente per il Paese, che dovrà essere discussa dal Consiglio consultivo e proposta per l'approvazione ad un plebiscito popolare generale, che sarà determinante per organizzare la vita pubblica in Iraq per un periodo di cinque anni dopo l'indipendenza. Per mezzo della Costituzione saranno eletti un presidente ed un Parlamento, i diritti nazionali e patriottici per i curdi e per le altre minoranze saranno garantiti, e sotto di essa tutte le persone, nelle loro diverse nazionalità, religioni e sette, dovrebbero coesistere con il paradigma di persistente unità nazionale che ha caratterizzato l'Iraq in tutta la sua gloriosa storia. Il Parlamento eletto avrà il potere di cambiare la Costituzione in accordo con lo sviluppo e la stabilità della situazione politica, economica e della sicurezza in Iraq.

F. Libere, democratiche ed imparziali elezioni si terranno in conformità con la Costituzione dopo la fine del periodo di transizione, garantendo la libera partecipazione ad esse di tutti i movimenti, i partiti politici e le correnti, al fine di ottenere la nascita di un sistema nazionale pluralista e democratico, che rispetti i diritti umani, tuteli le libertà pubbliche e preservi l'unità dell'Iraq e del suo popolo, affermi la propria indipendenza e custodisca il suoi beni materiali e le sue risorse umane.

G. Intraprendere uno sforzo globale di riconciliazione nazionale sulla base dei diritti e dei principi nazionali che compaiono in questo documento. Tali incontri, dialogo, accordi, saranno aperti a tutti gli iracheni, i partiti politici, i movimenti e gli individui che dichiarino la propria accettazione di questi principi e la loro disponibilità a collaborare per la loro proficua attuazione. Questa riconciliazione sarà preceduta da da una revisione e dall'esame di tutte le forze politiche di ispirazione patriottica operanti sullo scenario iracheno, in base alla pratica della critica e dell'autocritica su ampia scala, nonché l'adozione del “principio che Dio perdona quello che è accaduto nel passato”, rifiutando di dispensare una politica di rivincita e vendetta fine a sé stessa, eliminando la pratica della resa dei conti ed evitando di puntare le armi a chiunque non sia il rapace occupante, al fine di liberare la patria ed i suoi luoghi santi. Tutto ciò è necessario per creare uno spirito di reciproca fiducia e per diffondere questo spirito nel cuore di tutti gli iracheni, quale fondamentale garanzia della loro partecipazione alla costruzione dell'Iraq dopo la liberazione, lontano da ogni monopolizzazione del potere, interesse personale, autoritarismo, estorsione o prepotenze di taluni su altri.

In quarto luogo, le relazioni con gli Stati Uniti d'America e gli altri Stati del mondo.

La Resistenza Patriottica Irachena e i suoi governi stabiliranno le migliori relazioni possibili, sia dal punto di vista politico che economico, con tutti i Paesi del mondo, fuorché la rapace entità sionista in terra araba di Palestina, in modo da garantire gli interessi reciproci tra l'Iraq ed il resto degli Stati, e così da ottenere la partecipazione ad obiettivi reciproci fondati sul comune rispetto, con nessuna interferenza reciproca nei rispettivi affari interni.

Il Comando della Resistenza Irachena comprende la natura degli interessi vitali degli Stati Uniti d'America come quelli di un grande Paese ed è pronto a stabilire buone e permanenti relazioni con  gli Usa, sulla base del rispetto reciproco e della non interferenza nei reciproci affari interni, a norma degli accordi, dei trattati e delle convenzioni internazionali che garantiscono tali interessi e preservano la sovranità e l'indipendenza degli Stati e dei popoli ed il rispetto della volo volontà, garantendo loro anche il diritto di servirsi delle proprie risorse naturali ed energetiche per gli scopi che meglio credono.

La Resistenza Irachena stabilirà la migliore delle relazioni basate sul rispetto reciproco e su interessi condivisi con tutti i Paesi che, direttamente confinanti con l'Iraq, in particolare i Paesi fratelli arabi, rispettando tutti gli accordi e i trattati internazionali, e l'assoluto non-uso della forza per risolvere le controversie bilaterali, eccezion fatta per il caso relativo alla difesa della patria e del popolo nei confronti di qualsivoglia aggressione portata dall'esterno.

In quinto luogo, questo programma è considerato dal Baath e dalla sua Resistenza Patriottica come un adeguato e complessivo inizio del percorso di soluzione globale della situazione in Iraq, con la fine dell'occupazione e dei suoi effetti e conseguenze. La resistenza irachena non accetterà mai un compromesso al ribasso od un accordo parziale con l'occupante, in quanto non è possibile accettare un cessate il fuoco e la fine della lotta qua e là nella terra dell'Iraq, perché questa è la politica elaborata dall'occupante e dai suoi lacchè per raggiungere i propri obiettivi. La direzione del Baath e la Resistenza rifiuta assolutamente l'eventualità di prendere parte a qualsiasi attività politica sotto l'egida dell'occupante o in conformità con la sua volontà.

La direzione del Baath e la sua Resistenza Patriottica, come fa presente il suo programma nazionale per la liberazione nazionale e l'indipendenza, è determinata a continuare a combattere ed a condurre la lotta contro gli occupanti, in modo da conquistare l'indipendenza dell'Iraq e la sua costituzione votata in senso democratico e patriottico. Il Baath e la Resistenza, stabiliti questi principi, i punti fondanti e le basi che rappresentano i diritti del popolo e della patria, che non possono essere ceduti o abbandonati a prescindere da quanto possa essere pesante il sacrificio, la speranza che l'occupante ritornerà in sé impegnandosi ad intraprendere il cammino della verità, basandosi sulla razionalità, la logica e la storia, riconoscendo questi diritti ed impegnandosi a realizzarli. Le forze di liberazione e di resistenza dei popoli, per il fine del raggiungimento della loro libertà non possono essere sconfitte o spezzate, perché Dio, il popolo ed i popoli liberi di tutto il mondo sono a loro fianco. Si vincerà, per la grazia di Dio, per quanto a lungo la battaglia contro gli invasori e gli occupanti possa durare. L'occupante non ha altra scelta che accettare i principi inamovibili di liberazione totale e completa indipendenza da ogni forma di egemonia, dominio e sfruttamento, e sedersi al tavolo delle trattative per fermare lo spargimento di sangue e salvare ciò che resta della sua faccia, oppure deve prepararsi ad affrontare la sconfitta certa e ignominiosa della sue forze di invasione e la fine del suo regime imperiale per l'egemonia e il dominio. La Vittoria viene solo da Dio, l'Elevato, l'Eccelso.

Viva l'Iraq!

Vittoria per la sua eroica resistenza!

Salute ai martiri e ai mujaheddin!

Viva la Palestina, libera e araba!

Con Dio,  che porta alla vittoria!

 

Il Comando del Partito Baath e la Resistenza Patriottica.

 

Da Albasrah

Traduzione di Paolo B. per CIVG.it

 


 

La resistenza irachena, le priorità e il futuro dell' Iraq

Imad al-Din al-Yabury*  - 8 Gennaio 2013                     

Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso

La resistenza irachena tra il 2003 e il 2008 è sempre andata crescendo, a tal punto da favorire la sconfitta dell’esercito degli occupatori statunitensi e la fine della loro strategia di imposizione militare. Tuttavia questo percorso positivo si è progressivamente invertito, soprattutto dopo la supposta ritirata formale delle truppe nordamericane dall’Iraq avvenuta il 31 dicembre del 2011, fino a ridursi ad una serie di attacchi missilistici ai centri e alle sedi delle forze statunitensi rimaste sul territorio.

E’ in questo momento che si comincia ad osservare una paralisi della lotta armata  e al tempo stesso anche una carenza di attacchi significativi. Non solo: la resistenza è praticamente scomparsa da alcune zone particolarmente problematiche del paese e dalle principali strade che collegano le province.

Trattamento riservato ai detenuti da parte dell’esercito statunitense nelle strade irachene.

Nel frattempo il quinto governo successivo all’occupazione ha dimostrato una crudeltà ingiustificata e se possibile ancor più grande, con arresti indiscriminati che hanno trascinato 700.000 cittadini nell’oscurità delle carceri e dei centri di detenzione – sia clandestini che pubblici -oltre a dilapidare le ricchezze del paese e rubare denaro pubblico. Inoltre durante i mesi successivi alla ritirata statunitense si è esteso con una velocità notevole il cancro safavita iraniano, passando dall’ambito politico a quello economico e per ultimo all’ambito militare.

Alla luce di tutto ciò, ci chiediamo legittimamente: qual è la strategia della resistenza irachena in questa fase? Scarseggiano le armi, gli uomini e i finanziamenti? Perché non si lavora in modo chiaro e diretto come dovrebbe essere?

La strategia attuale

Il fatto che le diverse correnti continuino a concentrarsi unicamente sul bombardamento delle installazioni militari statunitensi e irachene senza affrontare le forze di al-Maliki, eccetto quelle legate ai Ministeri della Difesa e dell’Interno  — cioè il gruppo principale  —, significa che la strategia della resistenza non ha perso il ritmo del confronto, in cui la priorità è colpire le posizioni degli Statunitensi. Anche se il crollo della struttura portante militare degli Stati Uniti grazie agli eroi della resistenza irachena ha ottenuto in buona misura la ritirata del grosso delle forze di occupazione, il governo nordamericano continua ad appoggiare e favorire il processo politico sia nei centri militari d’aria e di terra, sia con il silenzio dei mezzi di comunicazione rispetto ai crimini atroci e alle manifeste violazioni dei diritti umani che vengono perpetrati dal governo di occupazione insieme ad altri atti di terrore. Per questi motivi è essenziale continuare la lotta contro il protettorato statunitense.

Così come hanno dovuto ritirare ufficialmente la maggior parte delle loro truppe anticipando la loro sconfitta, altrettanto gli Stati Uniti dovranno ritirare pubblicamente la loro protezione verso il fallito processo politico. E’ qui che si colloca il confronto decisivo tra le diverse fazioni della resistenza, fortemente radicate nel popolo, e il governo conseguente all’occupazione, carente di valori patriottici.                                                                                                                                                   In altre parole, il confronto inevitabile tra coloro che credono di poter ottenere la vittoria o il martirio e quelli che sono arrivati al potere grazie agli occupatori, che uccidono,  rubano, reprimono e che non causano al popolo altro che devastazione e regresso in tutti i campi. I risultati di questo confronto andranno a beneficio della resistenza,  che possiede tutte le credenziali patriottiche.

Di cosa hanno bisogno l’Iraq e il popolo iracheno

Supponendo che la riduzione delle operazioni militari sia dovuta a motivi di stanziamento di fondi e di rifornimento di armi e uomini, potremmo appellarci al detto del Profeta “La necessità è virtù”. I governi successivi all’occupazione hanno dimostrato di essere corrotti, colpevoli di malversazione delle ricchezze e delle risorse degli Iracheni, ladri di denaro pubblico e dei mezzi di sostentamento delle persone. Pertanto sarebbe anche accettabile che le fazioni della resistenza facessero fronte a questa grave situazione requisendo il denaro dalle banche pubbliche o da quelle che collaborano e appoggiano l’economia iraniana a spese di quella irachena, considerando che la resistenza deve da un lato salvaguardare il denaro del popolo e dall’altro autofinanziarsi. E’ nel suo pieno diritto.Se si tratta di mancanza di armi e munizioni, a questo punto i centri militari di al-Maliki o delle milizie salafite entrate a far parte delle forze militari, causa delle uccisioni e degli arresti, sono il legittimo bersaglio per ottenere ciò di cui si ha bisogno, risarcendo così in parte le necessità logistiche della resistenza e al tempo stesso lottando contro coloro che uccidono la gente e che combattono contro la resistenza armata patriottica.

Gli arresti sistematici e arbitrari che avvengono da anni non anno altro obiettivo che svuotare le strade. I diritti di qualsiasi combattente e di qualsiasi persona innocente si basano sulla resistenza, per farla finita con la tortura, la sofferenza e l’oppressione. Con questa lotta la resistenza otterrà più di un obiettivo: il ritorno dei combattenti nelle file della resistenza, una spinta verso la liberazione dei cittadini innocenti e la dimostrazione al popolo e al mondo intero che la resistenza esiste e che affronta i suoi nemici.

Il futuro

Nonostante gli eventi abbiano reso evidente la sconfitta degli occupanti e la vittoria dei figli della patria con la loro resistenza, il fattore tempo ha il suo peso sulle previsioni future, soprattutto perché fin dall’inizio la resistenza irachena ha potuto contare solo con la propria capacità di autofinanziamento e di equipaggiamento.                                                                                           Le variabili che ostacolano o ritardano la meta ci obbligano a cercare dei modi per affrontarle proseguendo verso il nostro obiettivo finale di liberazione. Rimanere all’opposizione lottando in prima linea è il fattore più importante della resistenza per riuscire a conquistare il futuro. La sconfitta militare dell’occupazione statunitense ha reso possibile l’estendersi dell’occupazione iraniana in Iraq, motivo per cui, in assenza di un fronte unito dei gruppi di resistenza, la situazione potrebbe in futuro evolversi a favore del programma safavita, nordamericano e sionista; ciò significa che ottenere la vittoria e la libertà è un obiettivo che può richiedere molto tempo, un tempo in cui gli avvenimenti possono prendere diverse pieghe e quindi si può prospettare un futuro sconosciuto per la resistenza; un futuro in cui la resistenza potrebbe anche rimanere circoscritta ad una cerchia senza più possibilità di seguire la linea degli avvenimenti. Pertanto i leader della resistenza devono pensare seriamente al modo in cui conquistare il futuro e far sì che il tempo vada a favore dell’obiettivo finale: la vittoria e la liberazione dell’Iraq.

*Imad al-Din al-Yabury è dottore in Filosofia, noto analista politico nei media arabi ed esperto sulla resistenza irachena.

Da Shabakat al-Basra (La Rete di Bassora)

 


Affinché il Baas iracheno clandestino possa unirsi al fronte della resistenza deve prima riconoscere l’errore della guerra contro l’Iran

Alcune settimane fa un quotidiano egiziano ha pubblicato ampie dichiarazioni del capo della resistenza irachena e segretario del Baas clandestino, ex vicepresidente della Repubblica, Izzat Ibrahim al Duri. La cosa notevole che è emersa dalle sue parole – che supponiamo veritiere – è stata il riconoscimento del fatto che la dirigenza irachena nel 1990 è caduta nell’inganno teso dall’imperialismo per invadere, occupare e distruggere quello Stato traditore e artificiale chiamato Kuwait, creato da Londra per rompere l’unità irachena e mettere facilmente mano alle sue riserve petrolifere.

Per diverso tempo si era parlato del fatto che l’ambasciatrice nordamericana a Bagdad aveva assicurato al presidente Hussein che una eventuale invasione del Kuwait era una “questione interna”. In realtà nel momento in cui è avvenuta l’invasione, il governo nordamericano organizzò immediatamente una gigantesca operazione di punizione che indebolì strategicamente l’Iraq, grande potenza araba emergente del momento, che finì per essere invaso e distrutto nel 2003 e che oggi è un paese in rovina, affossato, ferito e debilitato per molti anni ancora.

Sarebbe bene che gli iracheni del Baas sostenitori di Saddam riconoscessero con un po’ più di autocritica che l’aggressione contro l’Iran del 1980, che portò a una spaventosa guerra civile fra i due paesi, fu un altro loro gigantesco errore. Sappiamo dell’esistenza di discordie di frontiera e di provocazioni da parte della nascente rivoluzione islamica, ma niente giustificava la decisione di Saddam di colpire Teheran per soddisfare morbosamente l’imperialismo e i suoi servitori arabi.

Gli orrori di quella guerra hanno portato il regime iraniano a vendicarsi crudelmente dei piloti, militari e dirigenti politici iracheni. Ma la cosa peggiore è l’avversione, l’odio che esiste fra due paesi che si suppone condividano lo stesso nemico imperialista: i baasisti e nazionalisti iracheni da una parte e il regime religioso iraniano dall’altra. Più sensata e azzeccata è stata la posizione del presidente siriano Hafez al Assad, anch’egli baasista, che rifiutò la guerra lanciata da Baghdad. Grazie a questa posizione sicuramente indovinata, oggi la Siria gode del pieno appoggio politico e militare dell’Iran, così decisivo per sopravvivere e resistere alla guerra scatenata dall’imperialismo contro il suo paese.

Crediamo che il Baas clandestino iracheno, così agguerrito dagli anni della resistenza clandestina, dovrebbe unirsi al fronte della resistenza. Ma prima deve riappacificarsi con i suoi antichi nemici iraniani, per marciare insieme contro il vero nemico dei popoli della regione: l’imperialismo e i suoi servi.                                        

 

da Iraq Solidaridad

Traduzione di Isabella C. per CIVG.it

 


Un documento di alleanza. Il testo integrale dell'accordo per formare la Jihad, tra Jiahd liberazione e Fronte di Salvezza Nazionale, come dichiarato dallo sceicco Mujahid Abdul Nasir al Janabi.

In nome di Dio, il  più Compassionevole il più Misericordioso

L'Alto Comando della Jihad e Liberazione e la Jihad e il Fronte di Salvezza Nazionale, hanno deciso di formare la Jihad  Fronte di Liberazione e Salvezza Nazionale.

Il Fronte avrà il compito di comandare la Jihad nei campi militari, politico e dei media e in ogni altro dominio secondo le seguenti basi:

I: Per stabilire un documento di promessa solenne per la Jihad che sarà alla base dei principi e dei valori patriottici, nazionali e islamici.

 

II: La leadership del Fronte sarà composta di sette membri, quattro appartenenti all'Alto Comando della Jihad e Liberazione e due della Jihad e Fronte Nationale di Salvezza. Un membro appartenente al Comando Generale delle Forze Armate sarà il  comandante preposto per gli affari militari.

 

III: Il Mujahid, Izzat Ibrahim Al Duri, l'Alto Comandante per la Jihad e Liberazione sarà il leader del Fronte. Uno dei due membri della Jihad e Fronte di Salvezza Nazionale sarà il suo vice.

 

Izzat Ibrahim Al Duri

IV: Le decisioni di carattere strategico verranno prese o per consenso o all'unanimità.

 

V: un ufficio informazioni, sarà stabilito sulla base di un discorso responsabile e obiettivo dei Media per soddisfare le informazioni richieste riguardo la battaglia e l'unione definitiva e completa della Jihad.

 

VI: entrambi i fronti manterranno le loro strutture e le loro istituzioni finchè completeranno la loro futura fusione secondo la volontà del Signore.

 

VII: Le operazioni congiunte saranno annunciate  con il nome del Fronte, mentre le operazioni effettuate da ciascun Fronte in quanto tale saranno annunciate ciascuna sotto il proprio nome.

 

VIII: La firma di un alleanza con qualunque delle parti della Resistenza, deve essere concordato sia per consenso o all'unanimità.

 

IX: La leadership del Fronte avrà il compito di fissare i pannelli, i programmi e le istruzioni che dirigeranno le azioni del Fronte, i suoi uffici e le sue attività in ogni settore militare, politico e Media, e così via.

 

Sulla base dei principi di cui sopra, un accordo è stato firmato pubblicamente e secondo volontà di Dio imploriamo il suo successo e la realizzazione, la preghiera e la pace siano con di Mohammad e con tutti i suoi compagni.

 

La rappresentativa della Jihad e del Fronte di Salvezza Nazionale.

Traduzione di Paola M. per CIVG.IT

 


 

Sommario delle manifestazioni della Resistenza Popolare Irachena, Aprile 2013

Non ci arrenderemo…o avremo i nostri diritti o sarà martirio

 

Manifestazioni principali:

-        Le forze governative hanno bloccato  le strade che portano a zone di Preghiere di massa a Baghdad.

-        Esplosione di grandi dimensioni nella zona del Mafraq Baquba, un chilometro di distanza dal luogo di preghiera del venerdì  mentre i cittadini accusano le forze governative di averle provocate loro.

-        Due fedeli uccisi da un'esplosione vicino alla Moschea di Al Zughul in Ali Al Salih a Baghdad, al momento di lasciare la preghiera, nonostante la presenza dell'esercito e della polizia.

-        Morti e feriti di decine di cittadini innocenti dopo la detonazione di due bombe  che avevano l’obiettivo i fedeli che uscivano dalla Moschea Omar bin Abdul Azeez nella zona Kana'an a Diyala.

-        Le forze governative hanno bloccato le strade che conducono al concentramento delle preghiere unitarie  del venerdì  alla Moschea di Al Imam Al A'adham in Al A'adhamiya, incluso il Ponte Ramadhan 14°.

-        Un gran numero di truppe governative hanno circondato la Moschea Burhaneldeen e provocato i manifestanti .

-        Gli oratori del Venerdì  Al Shaikh Qusay Al Zain e Shaikh Saeed, hanno esortato la folla di fine settimana con le parole: non ci arrenderemo .... o avremo i nostri diritti o sarà MARTIRIO .

-         A   Falluja l’Oratore del  Venerdì , ha affermato che l'Iraq è sotto occupazione..... e accusa il governo di aver rubato il denaro dei  fondi pubblici.

-        L’Oratore del Venerdì  di  Sammarra: "…Qualora il governo crede che la tortura e le esecuzioni  spaventeranno  queste folle, allora si sbaglia di grosso…noi non vogliamo tornare indietro e ritirarci fino a che non otterremo  tutti i nostri diritti. "

-         Il fronte di Ramadi con Orgoglio e Dignità, saluta la Resistenza Irachena e afferma la natura pacifica della rivoluzione, ma senza alcuna debolezza.

-         La rabbia e il malcontento si sono diffusi  tra i fedeli e i manifestanti a seguito delle esplosioni che hanno colpito degli innocenti, mentre le truppe governative intensificano  l’oppressione dei retti e proteggono i criminali, consentendo loro di colpire fedeli innocenti.

-        Una grande parata delle tribù di Al Anbar schierate per l’ Orgoglio e la Dignità del popolo iracheno.

-        Altre numerose preghiere unitarie del Venerdì si sono svolte a Baghdad e in diverse province irachene, la maggior parte di queste preghiere/manifestazioni  sono documentate attraverso una rete di contatti in tutto l'Iraq e sono stati i seguenti:

Fallujah - 12 APRILE 2013

 

Da Al-moharer

Traduzione Renato S. per CIVG.IT

 

 

A cura del Centro Iniziative Verità  e Giustizia