Lentamente ma inesorabilmente, la Cina entra in Afghanistan

 

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Mentre la guerra in Afghanistan diminuisce d’intensità, la Cina tende a fare dell’Afghanistan una componente importante delle sue ambizioni regionali.

Nel 2013 il Presidente cinese Xi Jinping inaugurò la “Belt and Road Initiative” (BRI), una vasta rete di progetti infrastrutturali interessante più di  60 Paesi. Ma il BRI esclude in gran parte l’Afghanistan, dato che per converso copre l’Asia centrale ed il Pakistan.

Questo forse sta per cambiare. La Cina ha costantemente accresciuto il proprio ruolo in Afghanistan negli ultimi anni, e un incipiente processo di pace fornisce qualche speranza che una certa stabilità potrebbe ritornare nel Paese, portando con sé la possibilità di più cospicui commerci ed investimenti.

Tale cambiamento è riportato in un importante nuovo rapporto sull’espansione del BRI in Afghanistan redatto dall’Organizzazione per gli Studi sulla Ricerca nel campo politico e sullo Sviluppo (DROPS), un centro di ricerca operante a Kabul.

Il progetto di ricerca durato 15 mesi ha raccolto una rilevante massa di materiale tratto da molteplici fonti, inclusi documenti governativi precedentemente classificati ed interviste con altolocati funzionari afgani, rendendo a tutt’oggi tale lavoro l’analisi di gran lunga più completa di quel che potrebbe essere il ruolo dell’Afghanistan nel BRI.

 “Guardando alla mappa del BRI, era apparso che esso stesse scavalcando l’Afghanistan” secondo quanto sostenuto da Mariam Safi, Direttore del DROPS e una degli autori del rapporto. “Così volevamo sapere se esiste una qualche riflessione in seno al governo afgano e tra coloro qui interessati al BRI in merito al potenziale coinvolgimento dell’Afghanistan.

L'Afghanistan dovrebbe inserirsi bene nel BRI. Il Paese patisce di serie carenze infrastrutturali, rendendolo dunque un candidato ideale agli investimenti cinesi.  Esso è anche il passaggio più breve tra l’Asia centrale e l’Asia del Sud, e tra la Cina ed il Medio Oriente, servendo altresì come una via di transito verso il Mare Arabico.

Ma il ruolo della Cina in Afghanistan nell’ultimo ventennio si è rivelato limitato. Non ha dato supporto militare alla guerra orchestrata dagli USA nel 2001, e Pechino si è astenuta finora dal tipo di massicci investimenti previsti a favore di altri Paesi vicini come il Pakistan ed il Kazakhstan.

Ma la sua impronta in chiave economica si è allargata. La Cina è la più importante fonte di investimenti in Afghanistan, ha impegnato volumi crescenti di aiuto a quel Paese e le società cinesi sono molto attive nelle infrastrutture civili.

Pechino ha altresì mostrato interesse verso l’abbondanza delle risorse naturali afgane, che comprendono vasti depositi di minerali essenziali come il litio (utilizzato per le batterie dei cellulari).

Le carenze della rete logistica del Paese e la sua precaria situazione in termini di sicurezza rendono problematico procedere all’estrazione ed al trasporto di tali risorse. Ma la Cina ha comunque il piede sull’uscio della porta, se è vero che Pechino ha acquisito diritti sul petrolio del bacino dell’Amu Darya nelle regioni del nord nonché sull’imponente miniera di rame di Mes Aynak nei pressi di Kabul.

Inoltre Pechino ha intrapreso alcuni passi volti ad includere l’Afghanistan nel BRI. Nel 2016 Pechino e Kabul hanno firmato un Memorandum d’Intesa. La Cina ha impegnato finanziamenti per almeno $100 milioni. Peraltro questo è un ammontare modesto ove lo si confronti alle ingenti somme proposte per altri Paesi come il Pakistan. E a parere di Raffaello Pantucci, direttore del dipartimento sicurezza internazionale presso il Royal United Services Institute. “Noi non vediamo ancora grossi progetti decollare velocemente sul terreno”.

Ma v’è da registrare qualche progresso. Nel settembre 2016 ad esempio il primo diretto treno merci ha raggiunto Hairatan, città di frontiera afgana con la Cina. Un corridoio aereo collegante Kabul e la città cinese di Urumqi è stato inaugurato nell’ambito del BRI. In seguito nel maggio 2017 funzionari afgani hanno partecipato all’imponente Belt and Road Forum in Cina e nell’ottobre l’Afghanistan ha aderito alla Banca asiatica per gli investimenti nel comparto infrastrutturale, la quale finanzia i progetti del BRI.

Kabul ha fatto delle reti di connessioni un punto basilare della sua politica estera. Dando il via a diversi progetti infrastrutturali che potrebbero “finire sotto il cappello del BRI”, come affermato da Mariam Safi a TRT World.

Partner riluttanti

Un’iniziativa del genere è la rotta ferroviaria interessante cinque Paesi che dalla Cina arriva in Iran passando dall’Afghanistan, tuttora non oltre lo stadio della fattibilità. Essa nondimeno è in armonia con le priorità di Pechino in ambito BRI. Un’altra è il previsto corridoio nord-sud collegante Kunduz con Torkham alla frontiera pakistana.

L’Afghanistan ha piani coraggiosi volti ad espandere la sua pressoché inesistente rete ferroviaria. Secondo documenti governativi afgani rivisti da DROPS, la Cina si è impegnata a fornire un “enorme sostegno” a tali sforzi. IL progetto ferroviario nord-sud potrebbe facilitare il trasporto di risorse naturali assicurando un collegamento col Pakistan

Inoltre vi sono diversi progetti nel campo energetico che potrebbero ben inserirsi nella strategia del BRI come CASA-1000 e TAP-500 tramite la quale si esporterebbe l’eccedenza di elettricità dall’Asia centrale attraverso l’Afghanistan all’Asia meridionale, affamata di energia, o il gasdotto TAPI il cui segmento afgano ha cominciato ad essere costruito lo scorso anno (sebbene vi siano forti dubbi sul suo concreto stadio di avanzamento).

Un altro progetto che potrebbe essere incluso nel BRI è la rete digitale di fibra ottica della Via della Seta, finanziata dalla Cina, gli USA ed altri partner, che ha già messo in connessione almeno 25 province afgane nel mentre mira a collegarsi con la Cina, l’Asia centrale e meridionale, il Medio Oriente e l’Europa, secondo DROPS.

La Cina ha generalmente tenuto un atteggiamento defilato in Afghanistan, preferendo di interagire con partner stranieri. Alcuni progetti, inclusi la Ferrovia delle Cinque Nazioni ed il Corridoio del Lapis Lazuli, sono congiuntamente finanziati dalla Cina e dalle istituzioni finanziarie multilaterali come l’ADB (Banca asiatica di Sviluppo).

“Vi è stata un’intensa attività di interazione sul terreno”, come fatto presente da Raffaello Pantucci a TRT World, e Pechino dà l’idea di considerare l’Afghanistan un luogo dove poter testare problematiche relazioni. La Cina ha collaborato colà con gli USA nonostante le tensioni tra i due Paesi e recentemente ha accettato di collaborare con la Potenza rivale, l’India.

Gli sforzi congiunti tra Cina ed India in Afghanistan si scontrano però con un ostacolo rappresentato dalla stretta relazione di Pechino con la nemesi di New Delhi, il Pakistan. Il 2015 ha visto l’inaugurazione del Corridoio Economico Cina-Pakistan (CPEC), un vasto progetto vertente sull’energia e le infrastrutture comportante più di $60 miliardi di potenziali investimenti. Il CPEC è stato visto come la punta di diamante della “Belt and Road” e, in quanto tale, si colloca già ad uno stadio più avanzato rispetto ad altre componenti del BRI.

Secondo quanto risulta, il CPEC è “una  delle opzioni più facilmente realizzabili” al fine di integrare l’Afghanistan nel BRI. Esistono alcuni collegamenti transfrontalieri ferroviari e stradali a vari stadi di sviluppo. Se è vero che nessuno di questi è prossimo al completamento, la Cina in ogni caso intende chiaramente sostenere il disegno.

Nel 2017 Pechino ha dato avvio ad un dialogo trilaterale con Pakistan e Afghanistan non solo per  allargare il CPEC ma anche per migliorare la difficile relazione tra i due vicini caratterizzata da scontri di frontiera e blocco dei confini. Questi sforzi hanno prodotto i risultati sperati, come dimostrato dal miglioramento delle relazioni tra Kabul ed Islamabad culminato con la firma di un accordo di cooperazione a maggio.

Funzionari afgani intervistati da DROPS si sono mostrati generalmente “positivi” a proposito del CPEC, come ufficialmente confermato, anche se taluni hanno messo in guardia contro un’eccessiva dipendenza dal Pakistan. In verità mentre le relazioni con Islamabad si sono raffreddate negli ultimi anni, Kabul per converso ha diversificato i propri scambi commerciali, spostando il focus dal Pakistan all’Iran.

Comunque gli stessi parlando in termini generali sono stati chiari significando che l’Afghanistan non può fare a meno del Pakistan dato che assicura la rotta più rapida verso il mare, come sottolineato da Mariam Safi. E viceversa il Pakistan spera che l’Afghanistan possa alla fine assicurare il desiderato accesso ai mercati dell’Asia centrale.

“Alla fin fine ci si è resi conto che entrambi i Paesi hanno bisogno l’un dell’altro”, come evidenziato da Safi a TRT World. Nessuno dei due governi ha risposto a richieste di commenti in proposito.

 Accresciuta impronta cinese

Mentre il ruolo economico della Cina in Afghanistan è cresciuto, la sua presenza in tema di sicurezza è cresciuta ancora di più. Mentre gli USA hanno iniziato il ritiro delle proprie forze dall’Afghanistan nel 2011, il Paese è divenuto sempre più instabile, aumentando il rischio che l’insicurezza si sarebbe espansa in Asia centrale ed in Pakistan, mettendo in pericolo le iniziative del BRI nell’area.

Pechino si è mostrata altresì preoccupata a proposito della minaccia posta dagli Uighur ed altri terroristi in grado di utilizzare l’Afghanistan come base per attacchi all’interno della Cina. Come risposta la Cina ha intensificato la propria sicurezza alla frontiera, dando avvio a pattugliamenti congiunti con le forze afgane ed edificando una base militare nella provincia di Badakhshan, avviando contestualmente il Meccanismo Quadrilaterale di Coordinamento e Cooperazione (QCCM) con Afghanistan, Pakistan e Tadjikistan.

Per contrastare l’instabilità in Afghanistan, la Cina ha accresciuto il proprio coinvolgimento nel negoziato di pace per porre fine al conflitto afgano. Dal 2015 Pechino ha preso parte ad un certo numero di iniziative compreso il Gruppo di Coordinamento Quadrilaterale e più recentemente il Formato di Mosca. In tale contesto i cinesi hanno coltivato buoni rapporti con i talebani avendo diverse sedute di incontri con loro nel corso del 2018.

La pace sembra ora profilarsi all’orizzonte. L’amministrazione Trump ha fatto progressi finora mai visti negli sforzi negoziali con i talebani, raggiungendo un accordo provvisorio a gennaio. Peraltro il governo afgano deve ancora unirsi ai colloqui di pace e questo fa capire come vi sia ancora una lunga strada da percorrere.

Per Pechino la pace non solo ridurrebbe il pericolo della minaccia terrorista emanante dall’Afghanistan, ma allo stesso tempo potrebbe anche favorire la penetrazione economica cinese.

“L’Afghanistan si è rivelato periferico alla BRI per la semplice ragione che non è stato possibile perseguire colà un serio programma di iniziative economiche”, secondo il parere espresso da Andrew Small, ricercatore presso il German Marshall Fund degli USA e autore della pubblicazione The China-Pakistan Axis: Asia’s New Geopolitics.

 “Se si pervenisse ad una soluzione politica, tale negativo quadro potrebbe cambiare – sebbene la Cina farebbe molta attenzione ai propri passi fino al momento in cui fosse chiaro che qualsiasi soluzione si rivelasse duratura.”.

Alla presentazione a gennaio del rapporto DROPS, il nuovo ambasciatore cinese a Kabul, Liu Jinsong ha affermato che la Cina stava facilitando i colloqui di pace per permettere l’integrazione dell’Afghanistan nel BRI, definendo quest’ultimo Paese come un “partner vitale” nel contesto dell’iniziativa-

La nomina di Jinsong, ex-direttore del Fondo Rotta della Seta, “mostra che Pechino considera ora l’Afghanistan una priorità ed intende includerlo concretamente nel BRI”, secondo il thinktank MERICS, operante a Berlino.

Mentre la strada da percorrere è ancora lunga, Pechino sta entrando in una nuova fase di contatto col suo vicino. “E’ certamente vero che la Cina sta giocando un ruolo molto più importante e di più alto profilo in Afghanistan”, afferma Peter Frankopan, docente di storia globale all’Università di Oxford il cui ultimo libro Le nuove Vie della Seta, esamina forme emergenti di interconnessione in Asia. “La mia previsione è che si sia in una situazione in cui si inizia un nuovo capitolo”, ha sostenuto Frankopan al TRT World.

L’Ambasciata cinese a Kabul non si è resa disponibile per commenti in proposito. Richiesto di esprimere un commento sull’allargamento del CPEC all’Afghanistan, il vice-capo missione ad Islamabad Zhao Lijian ha invitato il TRT World a far riferimento ad una sua recente intervista nella quale descriveva i piani cinesi volti a facilitare il commercio ed alleggerire le tensioni tra Afghanistan e Pakistan.

 

Rupert Stone è un giornalista freelance operante a Berlino, specializzata in Pakistan, Afghanistan, and Iran   -   Da trtworld     -    18/02/2019

Traduzione di Angelo T. per CIVG