Latinoamerica Notizie (maggio 2018)

Le elezioni  in Venezuela confermano

la fiducia del popolo nel sistema politico bolivariano

Granma, 20 maggio 2018

 

CARACAS. Attraverso una chiamata elettorale pacifica e ad altissima partecipazione, i venezuelani hanno dato una chiara risposta alle aggressioni esterne, ai tentativi di non riconoscere il sistema politico bolivariano e al boicottaggio delle destre.

Il presidente Nicolás Maduro è stato tra i primi a votare e ha atteso nel seggio del liceo bolivariano Miguel Antonio Caro, a ovest della capitale venezuelana, lo squillo di tromba di Carabobo, che ha dato inizio alla giornata elettorale.

Il mandatario bolivariano ha definito la giornata elettorale del 20 maggio "una data storica" e ha sottolineato la "campagna esemplare" realizzata dalle forze rivoluzionarie "per la difesa del modello indipendente, sovrano e inclusivo".

Il cancelliere della Repubblica, Jorge Arreaza, ha sottolineato la forza del popolo venezuelano sottoposto ad una guerra economica imposta da attori della destra nazionale e internazionale: "Nonostante tutto, il popolo è qui, a compiere il suo dovere di votare per la patria", ha detto.

La presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente Delcy Rodríguez, ha affermato che: "Attraverso il voto, i venezuelani mostrano al mondo la loro autodeterminazione e la capacità di unirsi per il futuro della loro patria".

Gli elettori sono stati chiamati alle urne per scegliere tra due candidati. Da un lato l’attuale presidente, Nicolás Maduro, che scommette sulla continuità dei progetti sociali e sulla sovranità nazionale di fronte alle aggressioni esterne. Dall’altro, il candidato Henri Falcón propone di “dollarizzare” l’economia e applicare terapie d'urto con l’aiuto di organismi finanziari internazionali.

Gli altri due aspiranti, Javier Bertucci di “Esperanza por el Cambio” e Reinaldo Quijada di “Unidad Política Popular”, non avevano possibilità di vittoria.

La destra è arrivata all'appuntamento elettorale divisa perché una parte della cosiddetta Mesa de la Unidad Democrática voleva continuare la via della violenza e non andare alle urne, unico metodo per realizzare i suoi obiettivi politici. Nonostante le minacce di boicottaggio, nella giornata elettorale i settori

più reazionari dell’opposizione non sono in strada e la giornata è trascorsa in pace.

Voto all'estero. Il CNE, Consiglio Nazionale Elettorale, ha installato 276 seggi in ambasciate e consolati di 90 paesi, dove sono stati convocati 108.623 elettori.

Nell’Ambasciata del Venezuela a Cuba è stato abilitato un seggio dove centinaia di studenti e collaboratori che risiedono nell’Isola sono andati ad esercitare il loro diritto di voto. Le autorità del seggio nella capitale cubana hanno informato  che erano 589 i cittadini venezuelani residenti a Cuba con diritto di voto, 234 di essi sono studenti. Francisco Guedes, medico residente e rappresentante della Residenza Studentesca dei venezuelani a Cuba, ha dichiarato alla stampa che "votare è un impegno con la Patria e soprattutto un impegno con la democrazia e con il paese".

Washington senza scuse. Nonostante le infinite mobilitazioni popolari e la fiducia della maggioranza dei venezuelani nel loro sistema politico, gli Stati Uniti e un gruppo di paesi alleati mantengono la posizione di non accettare i risultati delle votazioni. Facendo un bilancio della giornata dal palazzo di Miraflores, Maduro ha respinto le dichiarazioni che violano la sovranità venezuelana espresse dalla portavoce dell’amministrazione statunitense di Donald Trump. In una dichiarazione rilasciata al quotidiano locale El Universal, Heather Nauert ha riferito ancora una volta che le elezioni presidenziali e dei Consigli Legislativi Regionali in Venezuela mancano di legittimità. Di fronte alla forte affluenza degli elettori alle urne, Maduro ha definito “azioni disperate” le manovre delle autorità di  Washington che ricevono il rifiuto della comunità internazionale e del popolo del Venezuela.

Gli osservatori internazionali hanno confermato la trasparenza del sistema elettorale della nazione bolivariana: "Siamo venuti ad accompagnare una festa di democrazia", ha riferito l’ex

mandatario ecuadoriano Rafael Correa sottolineando la forte affluenza alle urne. Correa è uno dei 150 accompagnatori internazionali che hanno presenziato il processo elettorale, nella capitale come all’interno del Venezuela.

 


 

 

Dieci azioni  di destabilizzazione

contro il rieletto governo venezuelano

Iramsy Peraza Forte, Granma, 22 maggio 2018

 

Mentre migliaia di persone giungevano al Palazzo di Miraflores per salutare la rielezione di Nicolás Maduro, l’opposizione, gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la destra latinoamericana hanno messo in marcia un piano di destabilizzazione - preparato da tempo - contro le recenti elezioni.

Il popolo venezuelano, vittima di una delle più dure guerre economiche degli ultimi tempi paragonabile solo al blocco imposto a Cuba da più di 50 anni, ha riaffermato Nicolás Maduro come Presidente legittimo con più di sei milioni di voti. I “portatori della democrazia” della regione e del mondo, intanto, hanno attivato la loro agenda di ostilità contro la nazione di Bolívar ignorando il chiaro messaggio della cittadinanza nelle urne.

Caracas, abituata a questo tipo di azioni da quando nel 1998 ha intrapreso un nuovo cammino diverso da quello dettato da Washington, si trova nuovamente sotto l’assedio di un mare di ingerenze.

Granma racconta dieci esempi di azioni di destabilizzazione compiute nei giorni successivi alle elezioni.

1- Le nuove sanzioni degli Stati Uniti

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato la stessa domenica delle elezioni nuove sanzioni  unilaterali contro il Venezuela. Queste violano i principi della Carta delle Nazioni Unite e le norme del diritto internazionale.

Con un ordine esecutivo, Trump ha proibito a qualsiasi cittadino, istituzione o impresa statunitense di acquistare debiti venezuelani o attivi o proprietà che appartengano all’esecutivo venezuelano, negli Stati Uniti, compresi gli investimenti derivati dall’impresa Petróleos de Venezuela S.A. (Pdvsa).

Le autorità venezuelane condannano queste illecite e illegittime misure, che tentano d’espandere l’assedio economico e finanziario contro la loro 

Patria, pretendono d’eliminare il diritto alla autodeterminazione del loro popolo e attentano contro il modello di sviluppo socio-economico.

2- Tentativi di ignorare la volontà popolare

Quattordici governi dell’America Latina, noti come il Gruppo di Lima, hanno affermato di non riconoscere il risultato delle elezioni in Venezuela. Tra gli argomenti per sostenere questa posizione, c’è la presunta astensione dei venezuelani nella giornata elettorale. Si dà il caso che i presidenti del Cile e della Colombia, membri del blocco, sono stati eletti con una partecipazione più bassa di quella registrata per Nicolás Maduro e non hanno sofferto alcun tipo di "monito" per questo motivo.

Il Gruppo di Lima anche comprende il Brasile, dove un colpo di Stato parlamentare ha rimosso la presidente Dilma Rousseff dalla guida del paese e Luiz Inácio Lula Da Silva, il candidato più popolare alle elezioni, è mantenuto ingiustamente in carcere.

Altri esempi, in Perù il presidente ha dovuto dimettersi per le accuse di corruzione, e in Honduras le elezioni del 2017 sono state segnate da scandali di frode e corruzione.

3- Aggressioni diplomatiche

I governi di Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica,

Guatemala, Guyana, Honduras, Messico, Panama, Paraguay, Perù e Santa

Lucía che fanno parte del Gruppo di Lima, hanno accettato di «ridurre» le loro relazioni diplomatiche con il Venezuela e hanno chiamato a consultazione i loro ambasciatori a Caracas.

Il gruppo  ha affermato che presenterà una risoluzione nella 48.a Sessione dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani  (OSA) sulla situazione in Venezuela.

4- Attacchi dalla OSA

Nel mese di febbraio, la OSA ha approvato una risoluzione che esigeva che il governo del Venezuela cancellasse le sue elezioni presidenziali. Chi promuove l’aggressione internazionale per isolare i processi di cambiamento iniziati in tutta la Patria Grande - e la cui punta di lancia è rappresentata proprio dal Venezuela - insiste con le ingerenze mentre loda altre situazioni in altri paesi che sono invece davvero scandalose. Il Segretario Generale della OSA Luis Almagro ha ignorato la risposta che il popolo bolivariano ha dato attraverso il voto e ha ribadito che l’OSA non riconosce Nicolás Maduro come presidente legittimo del Venezuela. Inoltre, ha assicurato che continueranno a lavorare per “la fine della dittatura” e ha nuovamente richiesto “un governo di transizione”.

5- Ampliamento dell'assedio economico

Seguendo gli orientamenti degli Stati Uniti, diversi paesi latinoamericani hanno affermato si coordineranno con organismi finanziari internazionali per non concedere prestiti al Governo del Venezuela che si trova in mezzo a una importante crisi economica. Hanno inoltre affermato che intensificheranno lo scambio di informazioni finanziarie per perfezionare le sanzioni con il fine di stringere l’assedio economico su Caracas.

6- Incentivare i conflitti alle frontiere

Come parte delle conseguenze della guerra economica e della crisi che sta attraversando il  Venezuela, sostenuta dall’estero, i flussi migratori verso le nazioni vicine sono aumentati. Anche se questo è un fenomeno ricorrente nella storia dell’America Latina (nel passato lo stesso Venezuela  ha ricevuto milioni di colombiani e altri migranti), si manipola il tema per avvalorare la tesi del conflitto interno. Colombia e Brasile sono punte di lancia delle truppe degli Stati Uniti il cui governo ha assicurato che “nel caso del Venezuela non scarterà l’opzione militare”.

7- L’Unione Europea si aggiunge agli attacchi

Contro i tentativi di adottare una politica estera indipendente dagli Stati Uniti, l’Unione Europea si è aggiunta agli attacchi contro il governo venezuelano. Il blocco ha annunciato che ha allo studio l’adozione di misure per le presunte irregolarità nelle elezioni in Venezuela. Per la UE e per la Spagna in particolare, le elezioni in Venezuela sono viziate da “deficit democratici fondamentali” e “gravi irregolarità”, anche se ben 150 osservatori internazionali hanno messo in risalto la validità e la trasparenza dei risultati emersi dalle urne.

8- Boicottaggio dell'opposizione

Ancor prima di conoscere i risultati ufficiali emessi dal Consiglio Nazionale Elettorale, l’ex candidato presidenziale Henri Falcón aveva già dichiarato che non avrebbe riconosciuto l'esito delle urne. Falcón, che ha ottenuto un milione 820.552 voti (21,01%), ha ripreso una formula già ampiamente utilizzata dalla destra venezuelana di non accettare la voce delle urne quando è sfavorevole.

Javier Bertucci, portabandiera di Esperanza para el Cambio che ha avuto solo il  10,82% dei voti, si è aggiunto a sua volta alla campagna per non riconoscere le elezioni, sostenendo presunte violazioni alla legge elettorale anche se poi ha accettato il risultato criticandone il processo.

9- Il cammino della violenza

Dopo la conferma, Maduro ha chiamato al dialogo e alla riconciliazione, una proposta immediatamente respinta dalla Mesa de la Unidad Democrática (MUD) e da altri attori dell’opposizione. La MUD, che non ha partecipato a queste elezioni presidenziali, ha sacrificato mesi fa il suo spazio politico e si è unita a un’agenda di violenze, ha parlato di frodi molto prima di conoscere il risultato, e l’opposizione che ha partecipato, invece alle elezioni, invece, ha scartato qualsiasi possibilità di sedersi a un tavolo di confronto con l’esecutivo di Maduro.

Senza alcun prestigio e divisa, la MUD, che non ha un’agenda di governo propria, segue una serie di orientamenti indicati dall’estero e tenta ora di fabbricare uno scenario per togliere legittimità alle elezioni alle quali loro stessi non hanno partecipato vista l’impossibilità di confrontarsi con il chavismo.

10-Manipolazione mediatica

Le fotografie usate dai media internazionali e i titoli scelti per la copertura stampa sulle elezioni in Venezuela, sono state disegnate per cercare di minimizzare la partecipazione dei cittadini e il loro appoggio. Inoltre, la maggior parte dei media occidentali continua a fare eco a termini come “prigionieri politici” anche se il governo ha presentato prove decisive sulle figure sotto processo in quanto colpevoli di azioni illegali e richiami alla violenza con centinaia di morti.

 

 



Evo Morales denuncia

una nuova strategia imperialista contri  popoli

Granma, 27 maggio 2018

 

Il presidente della Bolivia Evo Morales ha messo in guardia sulla nuova strategia  imperialista contro i governi progressisti e i loro popoli, basata sulla proliferazione delle menzogne per denigrarli e destabilizzarli, informa Prensa Latina. La destra imperialista cerca lo scontro e i conflitti per incolpare lo Stato, boicottarne la gestione e propiziare mobilitazioni popolari che minacciano l’ordine del paese.

Morales ha citato uno strano incidente avvenuto pochi giorni fa nel quale uno studente dell’Università Pubblica del Alto ha perso la vita colpito da una biglia di vetro durante una manifestazione degli studenti e dei professori.

Anche se le investigazioni della polizia indicano che la biglia proveniva da un manifestante, l’opposizione sostiene che la morte del giovane è stata causata dalla repressione della polizia, e che “lo stesso accade in paesi come Cuba e Venezuela”.

Morales ha segnalato che si tratta di un imbroglio per screditare il paese e le sue “nazioni fraterne”, e che è in atto un tentativo di distruggere tutte le conquiste a favore dello sviluppo dei popoli e a beneficio dei più umili.

Nel suo intervento durante la consegna di infrastrutture per l’educazione nella provincia di Shinahota nel dipartimento di Cochabamba, il  capo di Stato ha fatto i suoi complimenti alle madri boliviane in occasione del recente Giorno della Madre. Morales ha anche segnalato il ruolo della donna nell’impulso dell’economia casalinga e nei piani nazionali per lo sviluppo della nazione.