Aumento della povertà: in Italia i poveri sono 10,5

 

Nel mese di dicembre 2017 l'Ufficio Statistico dell'Unione Europea (Eurostat) ha comunicato i dati sulla povertà in Europa, confermando un dato che vediamo spesso anche a Niguarda e nel IX Municipio del Comune di Milano. Basta percorrere nel  pomeriggio le strade in cui si tengono i mercati del nostro quartiere per vedere persone che passano prima degli addetti dell’Amsa, con un coltellino in mano, a raccogliere e mondare parti di frutta e verdura scartata dai commercianti. Ancor più evidente è la povertà se si passa da Viale Monza (MM Villa San Giovanni) dove c’è l’Associazione Pane Quotidiano che ogni giorno offre, gratuitamente, cibo alle fasce più povere della popolazione, distribuendo generi alimentari e beni di conforto a chiunque si presenti presso le proprie sedi e versi in stato di bisogno e vulnerabilità, senza alcun tipo di distinzione, alla sede della Caritas o di altri enti.

Contrariamente a quello che molti pensavano, gli italiani sono sempre più numerosi e ora anche i dati EUROSTAT lo confermano.

L’Italia è il Paese europeo in cui vivono più poveri. Sono 10,5 milioni, su un totale a livello Ue di 75 milioni, i cittadini che hanno difficoltà a fare un pasto proteico ogni due giorni, a sostenere spese impreviste, a riscaldare a sufficienza la casa, a pagare in tempo l’affitto e a comprarsi un paio di scarpe per stagione o abiti decorosi.

La classifica Eurostat vede l'Italia davanti a Romania e Francia, e i poveri assoluti nella Penisola sono triplicati in 10 anni

I 10 milioni e mezzo di italiani in questa condizione rappresentano il 14% del totale europeo e sono più dei 9,8 milioni di abitanti della Romania nella stessa situazione, anche se in termini percentuali l’Italia è undicesima tra i 28 Stati membri, con un 17,2% di indigenti sul totale.

 

Povertà triplicata in dieci anni

La povertà in Italia è aumentata dopo la crisi economica, la cassa integrazione massiccia e i licenziamenti: tra il 2007 e il 2008 i poveri assoluti – chi non è in grado di acquistare nemmeno beni e servizi essenziali – sono triplicati, sono saliti di 400mila unità, arrivando a 2,1 milioni, e i poveri “relativi” sono aumentati altrettanto, a 6,5 milioni.

I poveri assoluti sono aumentati costantemente, diventati 2,3 milioni nel 2009,2,47 milioni nel 2010, 2,65 nel 2011, addirittura 3,5 nel 2012 e 4,4 nel 2013.

L’incidenza della povertà assoluta sulla popolazione italiana è passata, di conseguenza, dal 2,9% del 2006 al 7,9% del 2016.

Per fronteggiare questa situazione il governo ha istituito il nuovo Reddito di inclusione, un assegno variabile tra 187 e 485 euro che può essere richiesto ai Comuni dai nuclei in difficoltà,  una piccola boccata d’ossigeno per pochi: i fondi stanziati dal governo bastano per meno di 2 milioni di persone, un terzo di chi ne avrebbe bisogno.

In ogni caso le richieste del Reddito di Inclusione possono essere avanzate a partire dal 1° dicembre 2017, con il Rei che sarà erogato a partire dal primo gennaio del 2018. Le risorse vengono dal Fondo povertà, che avrà una dotazione di 1,76 miliardi per il 2018 e di 1,85 miliardi per il 2019 (di cui larga parte sarà spesa sotto forma di beneficio economico diretto).

 

Sempre stando ai dati Istat, ben 18 milioni di italiani si sono ritrovati “a rischio povertà o esclusione”. Si tratta del 30% della popolazione, in salita rispetto al 2015, mentre a livello UE la percentuale è diminuita dal 23,8 al 23,5%.

E’ l’effetto, secondo l’istituto di statistica, di un aumento della disuguaglianza: il quinto più ricco della popolazione ha visto crescere i propri redditi molto più di quelli della parte più povera.

Secondo il Rapporto Oxfam, una ong britannica, diffuso alla vigilia del World Economic Forum di Davos, in Svizzera, nel dicembre 2017, “nel mondo 8 uomini, da soli, posseggono 426 miliardi di dollari, la stessa ricchezza della metà più povera del pianeta, ossia 3,6 miliardi di persone. Ed è dal 2015 che l’1% più ricco dell’umanità possiede più del restante 99%. L’attuale sistema economico favorisce l’accumulo di risorse nelle mani di una élite super privilegiata ai danni dei più poveri (in maggioranza donne). E l’Italia non fa eccezione se, stando ai dati del 2016, l’1% più facoltoso della popolazione ha nelle mani il 25% della ricchezza nazionale netta.

I dati italiani – Stando ai dati del 2016 i primi 7 miliardari italiani posseggono una ricchezza superiore a quella del 30% più povero dei nostri connazionali. L’1% più ricco del Belpaese può contare su oltre 30 volte le risorse del 30% più povero e 415 volte quella del 20% più povero della popolazione. Per quanto riguarda il reddito tra il 1988 e il 2011, il 10% più facoltoso ha accumulato un incremento di reddito superiore a quello della metà più povera degli italiani.

Cause e conseguenze – Alla logica della massimizzazione dei profitti, si contrappone una realtà di salari stagnanti e inadeguati, mentre chi è al vertice viene gratificato con bonus miliardari; mentre  “i servizi pubblici essenziali come sanità e istruzione subiscono tagli, ma a multinazionali e super ricchi è permesso di eludere impunemente il fisco”.

Inoltre, è leggenda metropolitana che i miliardari si siano fatti tutti da sé: Oxfam ha calcolato che un terzo della ricchezza dei miliardari è dovuta ad eredità, mentre il 43% è dovuta a relazioni clientelari. “Poi c’è l’uso di denaro e relazioni da parte dei ricchissimi – spiega il rapporto – per influenzare le decisioni politiche a loro favore”.

Un esempio viene dal Brasile, dove i cittadini più facoltosi sono riusciti a ottenere dal governo cospicui tagli fiscali in una fase in cui il governo inaugurava un piano ventennale di congelamento della spesa pubblica in sanità e istruzione.

Le conseguenze? Nei prossimi 20 anni, 500 persone trasmetteranno ai propri eredi 2.100 miliardi di dollari: una somma superiore al Pil dell’India, paese in cui vivono 1,3 miliardi di persone

“I mega Paperoni dei nostri giorni si arricchiscono a un ritmo così spaventosamente veloce che potremmo veder nascere il primo trillionaire  (ovvero un individuo con risorse superiori ai mille miliardi di dollari) nei prossimi 25 anni”.

Davanti a questa realtà in cui il profitto viene prima della salute e della vita degli esseri umani, in cui i ricchi diventano sempre più ricchi a scapito dei più poveri, rimanere indifferenti e non ribellarsi rasenta la complicità.

 

Michele Michelino, Comitato Difesa Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio