Il segreto della rinascita irachena: le milizie pluriconfessionali del popolo sostenute dall’Iran

29/11/2017

 

 

Introduzione di Zohra Credy

Hach al-Chaabi, unità di mobilitazione popolare (UMP), è una coalizione di più milizie che si costituì all’indomani della presa di Mosul da parte dell’Isis, in risposta all’appello lanciato dal capo religioso sciita l’ayattolah Ali Sistani ai cittadini iracheni perché prendessero le armi e si mobilitassero contro il pericolo per la sicurezza dell’Iraq rappresentato dall’Isis.

Contrariamente all’idea propagata in Occidente, le unità di mobilitazione popolare non sono esclusivamente sciite. Queste unità, 12 per la precisione, comprendono più divisioni appartenenti a confessioni o etnie differenti: sciiti, sunniti, cristiani, yezidi, shabak e kurdi.

È importante notare che queste unità Hach al-Chaabi, spesso chiamate milizie, sono state integrate alle forze armate irachene con un voto del parlamento iracheno e poste sotto la diretta autorità del Primo Ministro. Sebbene queste unità Hach al-Shaabi siano diventate parte dell’esercito iracheno, gli Stati Uniti le classificano come terroriste. Questo articolo ha il merito di spiegarci le vere ragioni della posizione americana e ci consente di decifrare il perché della propaganda di demonizzazione delle Ump da parte di media bugiardi. 

La risposta allo Stato islamico, la sua sconfitta e, infine, la vittoria militare sui curdi secessionisti sarebbero state inimmaginabili senza le milizie irachene che hanno fornito la maggior parte dello sforzo umano.

Fu un momento di rimessa in gioco per più di una ragione. E’ la prima intervista dettagliata accordata da Muhandis dopo la fatwa emessa dal Grande Ayatollah al-Sistani – la marja, fonte di emulazione e l’autorità ‘clericale piu’ rispettata in Iraq – nel giugno 2014 quando l’Isis attraversò il confine siriano. La fatwa, tradotta liberamente, recita come segue: “Appartiene a qualsiasi iracheno, in grado di portare armi, aiutare volontariamente le forze armate irachene a difendere i santuari della nazione”.

Muhandis ha preso tempo, fuori dal campo di battaglia, soprattutto per l’incontro, poi è partito direttamente per al-Qaim. Era sicuro che “al-Qaim sarebbe stata presa in pochi giorni” – un riferimento alla città di confine irachena tenuta dall’Isis e collegata alla roccaforte dell’Isis Abu Kamal in Siria.

Questo è esattamente quello che è successo solo quattro giorni dopo. Le forze irachene hanno immediatamente avviato un’operazione di pulizia e si sono preparate a incontrare le forze siriane avanzate alla frontiera – ulteriore prova che il ripristino dell’integrità territoriale dell’Iraq e della Siria è un (rapido) lavoro in corso.

L’incontro con Muhandis è avvenuto in un edificio all’interno della Zona Verde massicciamente fortificata – una specie di bolla in stile americano totalmente isolata dalla zona rossa ultravolatile di Baghdad, con molti checkpoint e cani da fiuto tenuti da società private statunitensi.

Per aumentare la drammatizzazione, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ha dato la qualifica di “terrorista” a Muhandis. Ciò equivale in pratica a criminalizzare il governo iracheno a Baghdad – che ha debitamente rilasciato una dichiarazione ufficiale che respinge con ira questa qualifica.

Le PMU (Popular Mobilization Units) sono un corpo ufficiale che raggruppa decine di migliaia di volontari legati all’ufficio del comandante in capo delle forze armate irachene. Il Parlamento iracheno ha pienamente legalizzato le PMU nel novembre 2016 attraverso la risoluzione 91. Il punto 4, ad esempio, specifica che “le PMU e le loro affiliate sono soggette a regolamenti militari che sono applicati sotto tutti i loro aspetti”.

Le sue venticinque brigate da combattimento – tra cui sciiti, sunniti, cristiani, yazidi, turcomanni, shabak e curdi – sono state assolutamente determinanti nella lotta contro l’Isis a Samarra, Amirri, Jalawla, Balad, Salahuddin, Falluja (trentacinque differenti battaglie), Shirqat e Mosul (specialmente sull’asse occidentale della base di Qayara sul confine iracheno-siriano, che tagliano le catene di approvvigionamento e bloccano le uscite di Mosul per evitare tentativi di fuga dell’Isis in Siria).

Riprendere Kirkuk “in poche ore”

Muhandis presenta le PMU come “una forza militare ufficiale” che gioca un “ruolo complementare” a quello dell’esercito iracheno. Il piano iniziale era che le PMU diventassero una guardia nazionale, cosa che sono ora: “Abbiamo droni da ricognizione e unità del genio che l’esercito non ha. Non ci dispiace essere chiamati gendarmi”. È orgoglioso del fatto che le PMU stiano combattendo in una “guerra non convenzionale” mantenendo un alto livello “militare e morale” con “vittorie ottenute in tempi record “. E, “a differenza della Siria”, senza il sostegno diretto della Russia.

Muhandis dice chiaramente che l’Iran è l’unica nazione a sostenere la lotta dell’Iraq contro l’Isis. L’Iraq ha restituito la palla chiedendo alla Siria di “facilitare i voli degli aerei iraniani”. Senza un accordo sullo status delle forze (SOFA) tra Washington e Baghdad, “gli americani hanno ritirato le compagnie che mantenevano i carri armati Abrams”. Nel 2014 “non avevamo nemmeno Kalashnikov AK-47. L’Iran ce li ha dati. L’ambasciata degli Stati Uniti aveva dodici elicotteri Apache pronti a evacuare i diplomatici se Baghdad fosse caduta in mano all’Isis.”

Un anno dopo, “Baghdad sarebbe stato occupata” se non ci fossero state le PMU. “È come se tu fossi in un ospedale e avessi bisogno di sangue. Gli americani arrivano con la trasfusione quando è troppo tardi.” È categorico, “gli Stati Uniti non hanno fornito un solo proiettile “nella lotta globale contro l’Isis. Eppure, Muhandis precisa che “gli Stati Uniti possono rimanere in Iraq se il governo iracheno lo decide. La mia opinione personale è ben nota.”

Muhandis considera la “guerra mediatica occidentale” condotta contro le PMU come “normale sin dall’inizio… I paesi che sostenevano il terrorismo non hanno visto l’emergere di una forza popolare e non riconoscono il nuovo sistema politico in Iraq”. In questa nota, aggiunge tristemente, “puoi sentire odore di petrolio”.

Muhandis è stato personalmente ferito ad Halabja e nelle operazioni anti-curde di Saddam Hussein ad Anfal. E’ stato “felice di vedere il Kurdistan salvato dopo il 1991”, sottolineando che “abbiamo dei martiri che sono caduti in Kurdistan nella sua difesa”. Si considera un amico dei curdi, intrattenendo buoni rapporti con i loro leader. I consiglieri iraniani, accanto all’esercito iracheno e alle PMU, hanno anche “impedito all’Isis di conquistare Erbil”. Peraltro, dopo un “referendum unilaterale, l’Iraq ha dovuto affermare l’autorità dello stato”.

La ripresa di Kirkuk, in gran parte un’operazione delle PMU, è stata “questione di qualche ora”. Le PMU “hanno evitato di combattere e sono rimaste nei sobborghi di Kirkuk”. Muhandis aveva discusso in precedenza i dettagli operativi con i peshmerga e c’è stato un completo coordinamento con Iran e Turchia. “E’ un’idea sbagliata che i leader kurdi non potessero fare affidamento sulla Turchia”.

Fallujah, finalmente al sicuro

 

 

Iraqi forces advance towards the city of Kirkuk during an operation against Kurdish fighters on October 16, 2017.

Iraqi forces clashed with Kurdish fighters near the disputed city of Kirkuk, seizing a key military base and other territory in a major operation sparked by a controversial independence referendum. / AFP PHOTO / AHMAD AL-RUBAYE (Photo credit should read AHMAD AL-RUBAYE/AFP/Getty Images)

I leader del Kurdistan insistono sulla protezione delle minoranze etniche, riferendosi a migliaia di Sabak, Yazidi e turkmeni – almeno 120.000 famiglie – costretti dalla legge dell’Isis a diventare profughi interni. Dopo la vittoria e la liberazione, le PMU hanno fornito a queste famiglie cibo, vestiti, giocattoli, generatori e carburante. Posso confermare che molti di questi doni provenivano da famiglie di combattenti delle PMU in tutto il paese.

Le priorità delle PMU riguardano squadre di combattimento del genio che riportano le famiglie nelle loro case, dopo avere ripulito mine ed esplosivi e l’apertura di ospedali e scuole. Ad esempio, 67.000 famiglie sono state reinsediate nelle loro case a Salahuddin e 35.000 famiglie a Diyala.

Muhandis sottolinea che “nella lotta contro Daesh a Salahuddin e Hawija, i comandanti delle brigate erano sunniti”. Le PMU includono una brigata cristiana di Babilonia, una brigata Yazida e una brigata turkmena. “Quando gli yazidi erano assediati a Sinjar liberammo almeno 300.000 persone.” Complessivamente, le PMU totalizzano oltre 20.000 combattenti sunniti. Metti a confronto questo con il fatto che il 50% degli attentatori suicidi dell’Isis in Iraq erano cittadini sauditi. Ho la conferma dello sheikh Muhammad al-Nouri, leader degli universitari sunniti di Falluja: “E’ una battaglia contro l’ideologia wahabita. Dobbiamo allontanarci dalla scuola wahhabita e reindirizzare le nostre conoscenze verso altre scuole sunnite.” Ha spiegato come ha funzionato sul terreno ad Haditha, a 30 minuti da qui: “Siamo stati in grado di controllare le moschee”, e questo ha motivato la gente a Falluja. “Falluja è una città irachena. Crediamo nella coesistenza”.

Dopo 14 anni di insicurezza a Falluja e con la rapida espansione di Haditha, Sheikh Muhammad è convinto che “l’Iraq dichiarerà una guerra diversa contro il terrorismo”. L’approccio pluriconfessionale è stato confermato anche da Yezen Meshaan Jebouri, il capo della brigata delle PMU a Salahuddin. E’ fondamentale perché è un membro dell’importantissima famiglia sunnita Jebouri, storicamente ostile a Saddam Hussein. Suo padre è l’attuale governatore di Tikrit. Al-Jebouri denuncia “la corruzione dello stato nelle regioni sunnite”, “un’impressione di ingiustizia” e il fatto che per l’Isis “i sunniti che non li hanno seguiti dovrebbero essere uccisi”. Si preoccupa per “l’accumulo saudita di armi sviluppate. Chi garantisce che non saranno usate contro la regione?” E rifiuta l’idea che “siamo considerati dall’Occidente come parte del progetto iraniano”.

La vittoria militare incontra la vittoria politica

Lontano dal terrorista stereotipato, Muhandis è disarmante, intelligente, arguto e schietto. E un purosangue patriota iracheno: “L’Iraq sta ora ristabilendo la sua posizione grazie al sangue dei suoi figli. Avevamo bisogno di una forza militare in grado di combattere una minaccia interna. Adempiamo a un dovere religioso nazionale e umanitario “.

Questi sono soldati a parte, le migliaia di volontari supplementari delle PMU non ricevono uno stipendio. Parlamentari e persino ministri erano in azione sul campo di battaglia. Muhandis è orgoglioso: “Abbiamo una catena di comando come l’esercito. Le PMU ospitano migliaia di persone con diplomi universitari, gestiscono dozzine di ospedali da campo, unità di terapia intensiva e dispongono del servizio di intelligence più forte in Iraq”.

A Baghdad, ho potuto personalmente constatare che la storia che accusa i PMU di essere l’esercito privato del primo ministro Nuri al-Maliki è un’assurdità. Se così fosse, dovrebbe essere accusato il grande ayatollah al-Sistani, dal momento che è concettualmente il padre delle PMU. Hadi al-Amiri, segretario generale della potente organizzazione Badr, anch’egli estremamente attivo nella lotta contro l’Isis, mi ha sottolineato che le PMU fanno “parte del sistema di sicurezza, integrato al Ministero della Difesa”. Ma ora “abbiamo bisogno di università e ci concentriamo sull’educazione”.

Il professore pakistano Hassan Abbas, del College of International Security Affairs della National Defence University di Washington, si è spinto oltre, perché abbiamo discusso a lungo non solo su Iraq e Siria, ma anche su Afghanistan e Pakistan. “L’Iraq è ora in una posizione unica per muoversi verso una società democratica e pluralista”, dimostrando che “la migliore risposta al settarismo è l’armonia religiosa”. Questa “crociata pluriconfessionale contro il takfirismo” deve ritrovarsi ora nelle strade “con la supremazia del diritto e un sistema di giustizia equa”. Abbas sottolinea che la base da costruire per l’Iraq è il rispetto della legge attraverso un’indagine scientifica: “Mantenere l’ordine è la prima linea di difesa”.

Baghdad è stato in grado, quasi simultaneamente, di cambiare doppiamente la situazione con una vittoria militare a Mosul e una vittoria politica a Kirkuk. Se l’Iraq si stabilizza, cancellando il culto della morte dell’Isis, anche la Siria lo farà. Come osserva al-Jebouri, “ora ogni comunità deve avere un pezzo di torta”. Almeno 7 milioni di posti di lavoro e pensioni sono pagati da Baghdad. La gente vuole il ritorno degli stipendi pagati regolarmente. Questo inizia da una sicurezza decente in tutto il paese. Muhandis è stato l’ingegnere – la sua attuale professione – di battaglie chiave contro l’Isis. C’è un ampio consenso a Baghdad sul fatto che senza di lui l’Isis sarebbe saldamente installato nella Zona Verde.

Hashd al-Shaabi (PMU) è già un fenomeno pop iracheno, ripreso in questo enorme video clip della superstar Ali Aldelfi. Passare dal pop alla politica è tutta un’altra cosa. Muhandis è categorico: le PMU non si coinvolgeranno nella politica “e non si opporranno direttamente alle elezioni. Se qualcuno lo fa, e molte persone sono ora molto popolari, deve lasciare Hashd”.

Dalla guerra ibrida al rinnovamento nazionale

Dopo giorni passati a parlare con il personale di Hashd al-Shaabi e ad osservare il loro modus operandi su un complesso campo di battaglia ibrido, associato a un processo di reclutamento attivo e a una presenza massiccia nei social media, è chiaro che le PMU sono ora saldamente costituite come spina dorsale a sostegno della sicurezza dello stato iracheno, assicurando una serie di programmi di stabilizzazione – compresi servizi medici indispensabili – e in particolare l’introduzione di misure di efficienza di cui l’Iraq è stato del tutto carente per tre decenni circa.

È un tipo di meccanismo di costruzione dello Stato che nasce da un’etica della resistenza. Come se l’inquietante minaccia dell’Isis, che ha potuto dislocare fino a 3,1 milioni di persone, avesse scosso il subconscio collettivo iracheno, risvegliato il proletariato sciita iracheno – masse private dei loro diritti – e accelerato la decolonizzazione culturale. E questo complesso sviluppo non potrebbe essere più lontano dal bigottismo religioso.

In mezzo a lodi wilsoniane e riferimenti al piano Marshall, il ministro degli esteri Ibrahim al-Jaafari è anche un ardente sostenitore delle PMU, con l’insistere su “un’esperienza da studiare”, “un nuovo fenomeno con una base umanitaria che opera in un quadro legale” e “in grado di rompere l’assedio della solitudine di cui l’Iraq ha sofferto per anni”.

Riferendosi all’offensiva dell’Isis, Jaafari ha insistito: primo “l’Iraq non ha commesso un crimine” e, per fortuna, “una nuova generazione di giovani è in grado di valorizzare l’esperienza.” L’attenzione è ora rivolta su “un periodo di partecipazione nazionale” dopo la riconciliazione. Insiste sul fatto che “le famiglie dei membri dell’Isis non dovrebbero pagare per i loro errori”. I collaboratori dell’Isis saranno debitamente giudicati.

Ho chiesto al ministro degli Esteri se Baghdad non avesse paura di essere coinvolta in uno scambio di colpi mortali tra Washington e Teheran. La sua risposta è stata accuratamente misurata. Ha detto di avere abbastanza esperienza dei neocon “radicali” di Washington DC. Allo stesso tempo, egli è pienamente consapevole del ruolo delle PMU così come di quello dell’Iran nella riaffermazione della sovranità dell’Iraq. Il suo caldo sorriso ha sottolineato la convinzione che, sulle ceneri di una macabra nera setta, la rinascita irachena è vigorosamente in marcia.

Zohra Credy, è una storica. Ha insegnato la storia del mondo arabo presso l’Università Denis Diderot di Parigi VI. Ha animato numerosi corsi di formazione per la International League of Education e per il servizio accademico di formazione amministrativa SAFA.

Pepe Escobar è un giornalista brasiliano. È nato nel 1954. È corrispondente per Asia Times e per The Real News. Dopo l’11 settembre 2001 si è dedicato al Medio Oriente, all’Asia Centrale e alla Cina. In Italia ha contribuito al volume Tutto in vendita. Ogni cosa ha un prezzo. Anche noi (Nuovi Mondi Media, 2005). Vive tra São Paulo, Parigi e Bangkok.

Fonte: https://www.mondialisation.ca/le-secret-de-la-renaissance-irakienne-les-milices-multi-confessionnelles-du-peuple-soutenues-par-liran/5619548

Traduzione Simonetta Lambertini – da invictapalestina