AIUTATECI A RESTARE! AIUTATECI A TORNARE !

UNA PROGETTUALITA’ DI SOLIDARIETA’ CONCRETA

“AIUTATECI A RESTARE! AIUTATECI A TORNARE !”

 

 

La riflessione che proponiamo si fonda su un ventennale intervento solidale con le vittime delle guerre contro l’umanità, e muove da dati rilevati dalle organizzazioni internazionali riconosciute:

in ogni situazione di conflitto mediamente il 65% della popolazione-vittima diviene “profugo interno” nel proprio paese, un altro 30% è profugo in paesi confinanti al proprio, con l’intima speranza di tornare a casa nella propria terra, un 5-8 % raggiunge i paesi occidentali rinunciando

almeno tendenzialmente al “ritorno a casa”.

 

 

AIUTATECI A RESTARE! AIUTATECI A TORNARE ! Quante volte in questi vent’anni di SOLIDARIETA’ CONCRETA sul campo, tra le sofferenze della gente investita da guerre di aggressione, sono risuonate nelle nostre orecchie e nelle nostre coscienze queste disperate parole, espresse anche in conferenze, iniziative pubbliche, da esponenti dei popoli aggrediti.

 

Alcune volte pronunciate con rabbia, altre con tristezza e dolore.

Alcune volte come rivendicazione, altre come invocazione; alcune volte urlate e legittimamente pretese, altre sussurrate tra lacrime silenziose e angoscia.

Ma sempre con fierezza e dignità perché i popoli che non si piegano e resistono sono alimentati

da radici millenarie e nella dignità e nella fierezza esprimono la coscienza della propria storia,

un arma imprescindibile per difendere con la propria anima” il diritto al futuro”. 

AIUTATECI A RESTARE! AIUTATECI A TORNARE!…nella nostra terra, nelle nostre case, con le nostre radici, tradizioni e culture, nella nostra patria.

Lo chiedono/rivendicano come fondamento irrinunciabile dei “diritti umani”, milioni di voci di profughi palestinesi sparsi intorno alla Palestina, che da oltre 70 anni cercano/aspettano di tornare nella propria terra e che sosteniamo con alcuni Progetti solidali.

 

 

Lo chiedono/rivendicano le donne del devastato popolo afgano, le nostre amiche/sorelle dell’AAWU con cui si è stabilito un gemellaggio solidale.

 

 

Lo chiedevano/rivendicavano i giovani iracheni che abbiamo sostenuto e appoggiato durante l’aggressione al loro paese.

 

 

Lo chiedono/rivendicano dal 1995,i 250.000 profughi serbi delle Krajine in Jugoslavia, protagonisti del più grande esodo di massa in Europa dal 1945, con cui siamo gemellati solidarmente.

 

 

Lo chiedono/rivendicano le donne profughe o vedove di guerra e le madri di figli rapiti del Kosovo Methoija, i resistenti e i giovani delle enclavi del Kosovo, i giovani e i disoccupati della Zastava in Serbia, i Padri ortodossi del Kosmet, tutte realtà che da oltre 18 anni sosteniamo con Progetti solidali concreti.

 

 

 

Lo chiedono/rivendicano i giovani siriani di Aleppo, Damasco, Lattakia con cui stiamo costruendo un gemellaggio solidale, i Padri di tutte le fedi presenti in Siria, con cui sosteniamo un Progetto di solidarietà per un ambulatorio per bambini in una zona contesa dai mercenari jihadisti che sta per essere liberata e restituita al popolo siriano, un altro Progetto è previsto in Aleppo liberata. 

 

 

 

Lo chiedono/rivendicano i giovani, le donne e i patrioti libici che non hanno accettato l’occupazione della propria terra e nella parte meridionale e orientale della Libia stanno cercando un percorso di liberazione e di riscatto dai soprusi e brutalità subite e con cui ci proponiamo di

avviare un gemellaggio di solidarietà concreta.

 

 

Lo chiedono/rivendicano le donne, i giovani, i veterani del Donbass, i Padri ortodossi, le vedove di guerra, i mutilati della guerra nel Donbass, con cui abbiamo da tre anni Progetti di solidarietà concreti.

 

 

Lo chiedono/rivendicano le vedove di guerra, i licenziati, i militanti e le donne contro la guerra e per la pace, i progressisti, i democratici, i veterani, gli antifascisti vessati e perseguitati dell’Ucraina, con cui siamo gemellati e abbiamo Progetti solidali concreti da tre anni.

 

Lo chiedono/rivendicano i giovani resistenti dello Yemen con cui apriremo una solidarietà concreta nel prossimo futuro.

 

 

Nella nostra esperienza di solidarietà concreta degli ultimi venticinque anni, abbiamo fondato il nostro impegno sulla base di un chiaro orientamento etico che, prescindendo da prossimità ideologiche e da finalità umanitarie circoscritte a una pur rispettabile dimensione caritatevole / assistenziale già attuata da enti morali e religiosi, intende affermare il dovere di schierarsi dalla parte degli aggrediti contro gli aggressori, dalla parte degli occupati contro gli occupanti, dalla parte degli oppressi contro gli oppressori! In coerenza non con valutazioni politico-ideologiche sulla prossimità di chi è aggredito ai nostri canoni ideali e politici ma con il principio che la guerra di aggressione è il principale crimine contro l’umanità e che ogni popolo ha il diritto, in ragione del principio di autodeterminazione, di scegliere il proprio modello di sviluppo sociale, economico, politico senza subire diktat imperiali!

 

Nella concretezza del nostro impegno, abbiamo sempre seguito una prassi consolidata che si articola su due presupposti:

1)      affidare ai nostri referenti di fiducia sul posto (mai espressioni di partiti, fazioni , ma sempre indicatici da comunità civili o religiose), il compito di indicare i bisogni e le necessità più urgenti delle loro comunità.

Un esempio chiarificatore di questa prassi: tra le migliaia di adozioni a distanza di questi anni, parte dei nostri Progetti, negli incontri e valutazioni sugli obiettivi del sostegno con educatrici, maestre, sindacaliste e psicologhe, una condizione imprescindibile da loro subito affermata fu che, tranne in casi di malattie o interventi medici di emergenza, le adozioni dovevano essere rigorosamente “ a distanza”, cioè i bambini non dovevano essere inviati in vacanze fuori dal loro paese giacché tali contesti sono suscettibili di produrre traumi e instabilità emotive significative in bambini che vivono nelle “stalle” per 350 giorni all’anno e si trovano per 15 giorni tra le “stelle”. Ci avevano giustamente richiesto che i bambini fossero aiutati, ma a casa loro, nella loro terra, per non stravolgerne la crescita e il loro equilibrio psicologico. Poteva sembrare una misura severa che smorzava il desiderio di molti adottanti, ma il tempo ha poi dimostrato che avevano ragione loro.

2)      Il secondo criterio di riferimento è stata quello, in tutte le realtà in cui siamo presenti, di

aiutare/sostenere/ le popolazioni che restano, poiché quelli che restano in ogni situazione di conflitto corrispondono generalmente al gradino più basso della società, rispetto a chi sceglie o è costretto a partire, giovandosi di sia pur limitate risorse.

 

 

Per noi sostenere chi resta e chi vuole tornare, significa rispettare la dignità dei popoli aggrediti e la loro resistenza a ingiustizie e brutalità, senza interferire nelle loro scelte, riconoscendone il diritto alla piena sovranità e indipendenza.

                                       

 Per noi sostenere chi resta e chi vuole tornare, in particolare bambini e giovani, significa investire nel futuro di quel popolo e di quella società, perché essi rappresentano concretamente le energie vitali di un futuro possibile e il seme di un mondo più giusto e umano per tutti.

 

 

 Per noi sostenere chi resta e chi vuole tornare, significa pratica una solidarietà concreta che raggiunge il livello più alto di “democrazia”, ovvero restituire a quelle genti la possibilità di SCEGLIERE il proprio destino e di affermare la propria concezione dei diritti umani:  (individuali-collettivi-comunitari-civili-sociali economici –politici, senza farsela imporre da arroganze e imposizioni esterne.      

 

 

Per noi sostenere chi resta e chi vuole tornare, significa opporsi nel concreto a quei poteri che hanno fatto della guerra uno strumento ordinario di dominio e distruzione, delle emigrazioni e dello svuotamento dei paesi aggrediti una scelta politica e strategica per piegare e annichilire le resistenze di paesi, popoli e comunità renitenti. Sono gli aggressori dei popoli che vogliono costringere all’emigrazione, soprattutto le generazioni più giovani, per annientare spietatamente il futuro di quelle società.

 

 

Per noi sostenere chi resta e chi vuole tornare, significa non elemosinare ma rispettare profondamente la dignità di ciascun popolo e società, identificare questo atto contingente di contrasto alla violenza della guerra e all’ingiustizia dell’oppressione come parte di una scelta di campo complessiva: etica, politica, culturale, spirituale. Una condivisione di umanità, che si esprime su un piano di eguaglianza, di amicizia, fratellanza e “interesse” reciproco per un futuro di pace e sviluppo fra i popoli.    

 

 

 

 

 

Perché per noi sostenere chi resta e chi vuole tornare, significa non solo aiutare ma riconoscere paritariamente il diritto di scegliere e di difendere le proprie identità nazionali, politiche, culturali e spirituali. Significa dire no ai carnefici dell’umanità.Significa individuare e denunciare i FAUTORI  delle guerre, chi finanzia, arma e sobilla l’odio per interessi politici, militari o economici.

 

 

Un simbolo di tutto questo è la storia documentata dal fotografo dell’AFP, J. Eid in Homs, Siria, appena liberata dai terroristi, dove Nada Mehri di 18 anni e Hassan Youssef, soldato delle Esercito Arabo Siriano, si sono sposati tra le rovine della loro città, rivendicando che “ LA VITA E’ PIU’ FORTE DELLA MORTE”.

 

 

Ma oggi tutto questo viene “proposto” all’opinione pubblica occidentale “credulona” (termine usato da J. Shea, portavoce della NATO, durante l’aggressione alla Jugoslavia), dai media ufficiali come “bombardamenti umanitari, difesa dei diritti umani, necessità di abbattere regimi o dittatori, difendere i civili”, e le centinaia di migliaia di morti e mutilati come dolorose necessità, i tristemente noti “effetti collaterali”.

 

Perché gli aggressori, tra cui figurano anche i governi europei degli ultimi decenni , devono occultare con la manipolazione mediatica la verità sui crimini compiuti: i milioni di profughi di questi decenni, fuggono in minima parte da persecuzioni di regimi oppressivi mentre la stragrande maggioranza ha lasciato la propria terra a causa delle guerre scatenate da USA - NATO e da mercenari “pseudo-islamici”da loro finanziati, sostenuti e armati.

A conferma di questo, il dato riportato dagli organismi internazionali come l’ONU e l’UNHCR, relativo al fatto che oltre il 90% delle popolazioni che subiscono le guerre “importate” vorrebbe restare nel proprio paese, magari sperando di cambiarlo o migliorarlo, sacrosanto diritto e obiettivo di ogni popolo!

 

QUESTA E’ LA RADICE DEL PROBLEMA.

 

 

Con questa riflessione non pensiamo certo di aver “scoperto l’acqua calda”, in fondo questi sono i valori e fondamenti che hanno ispirato i  “Principi di Bandung” che furono le basi su cui si fondò il movimento dei Paesi non allineati ( che comprendeva i 3/4 dell’umanità), un patrimonio ed una esperienza storica, purtroppo oggi obliata e in agonia.

 

In questa prospettiva generale, intendiamo ribadire che il nostro orientamento non ha nulla a che spartire con derive xenofobe o razziste, e le nostre scelte non negano certo il diritto all’assistenza e alla protezione umanitaria per chi ha scelto o è stato costretto a venire qui: gli ultimi sono tutti nostri fratelli e sorelle.

Insieme alla solidarietà concreta va sviluppata una informazione puntuale e onesta che focalizzi

l’attenzione sulla drammaticità dei rischi connessi alle dinamiche belliciste in atto che minacciano di porre in discussione la stessa sopravvivenza della specie umana.

Proprio la coscienza di appartenere alla comune specie umana oggi dovrebbe stimolare le forze disperse della solidarietà internazionale a denunciare il rischio di catastrofe bellica globale con

le potenti elite finanziarie che hanno scatenato la guerra contro l’umanità!

 

Su questo lavoriamo e su questo chiediamo di “aiutarci ad aiutarli”, chi condivide questa impostazione di fondo…non eccessivamente di moda in questi nostri tempi, forse perché non è “politicamente corretta”.

 

 

SOS YUGOSLAVIA – SOS KOSOVO METHOIJA, SOS SIRIA, SOS DONBASS, SOS UCRAINA Resistente, SOS AFGHANISTAN, SOS Palestina SOS LIBIA E SOS YEMEN in fase di realizzazione. 

 

 

S.O.S. Yugoslavia S.O.S. KOSOVO METOHIJA  

S.O.S. SIRIACon i bambini siriani    

S.O.S. DONBASS 

S.O.S.Ucraina Resistente    

S.O.S. Afghanistan        

SOS PALESTINA:   

 

Per INFO, collaborazioni: info@civg.it