La storia del giovane Maksim. Ucciso per aver gridato “Gloria ai minatori”. Una delle tante storie tragiche del Donbass aggredito

novembre 2016

Maksim, era solo un giovane minatore di 29 anni

 

Una storia di “ordinaria” violenza e ferocia nel Donbass: un giovane minatore di 29 anni, Maksim Gladkih, è stato assassinato dalle bande neonaziste del battaglione Aydar, nella cittadina mineraria di Ugledar, a soli 50 km da Donetsk.

Una pagina di ordinaria cronaca, relativa all’operato delle bande armate neonaziste al soldo del regime golpista di Kiev e finanziate e addestrate dalla NATO.

L’assassinio è avvenuto nella cittadina di Ugledar, che è sotto il controllo dell’esercito ucraino e militarmente gestita dai volontari dei Battaglioni neonazisti; questa è una area situata al confine con la Repubblica Popolare di Donetsk e di fatto nella prima linea del fronte dove si confrontano i due eserciti in guerra.

 

 

In questa regione, storicamente, una delle feste più popolari e più sentita dagli abitanti è quella della “Giornata del minatore”, e proprio la sera prima della festa, fuori dal locale "Marsiglia" il destino ha fatto incontrare Dmitry Soroka, un "aydarista" (combattente volontario del Battaglione Aydar) di la vittima ha 21 anni, è nativa di Khmelnitsky, nell’Ucraina occidentale, ed è un giovane abitante del posto. Secondo testimoni presenti, tutto è cominciato con un diverbio verbale; il culmine della discussione è diventato quando un aydarovista ha urlato: "Gloria all’Ucraina", ordinando ai presenti di ripeterlo ad alta voce, e a questo punto il giovane minatore ha risposto ironicamente: "Gloria ai minatori". Forse se Maksim avesse immaginato di trovarsi di fronte a un fanatico e invasato neonazista, avrebbe avuto un atteggiamento sottomesso, o forse no, questo lo sa solo il destino. Ciò che si sa è che l’aydarista ubriaco o drogato l’ha ritenuta un’offesa imperdonabile e lo ha attaccato e colpito con un coltello. Il giovane minatore all’arrivo della polizia è stato portato all’ospedale, ma la coltellata ha provocato una emorragia e la forte perdita di sangue l’ha portato alla morte.

L' assassino di Maksim, fermato sul luogo dell’uccisione, è stato preso in custodia dalla polizia, e incriminato per "intenzionali gravi danni fisici con conseguente morte della vittima"; ciò potrebbe far pensare che, in qualsiasi paese dove vige una legalità e uno stato di diritto, l’imputato finirebbe in una prigione. Ma non nel caso della legislazione ucraina. Come indicato in un documento ufficiale del Tribunale locale, Dmitry Soroka è rilasciato sotto garanzia personale del suo comandante del Battaglione Aydar, a sua volta noto fanatico nazista. Così è finita l'indagine e questa è stata la punizione per un assassino.

 

Dmitry Soroka, volontario del Battaglione Aydar e assassino di Maksim Gladkih 

                                           

Ma oltre a questo, c’è dell’altro in questa nuova Ucraina liberata e democratizzata dalla NATO. Sui social network nazifascisti, Soroka è esaltato come un vero patriota ucraino e alcuni vogliono proporre al Parlamento e al Ministero della Difesa ucraino, di conferirgli il titolo di "Eroe dell'Ucraina", come è già successo ad un altro neonazista dei Battaglioni, per aver ucciso la bambina di nove anni a Konstantinovka, a cui addirittura è stato anche assegnato il premio presidenziale con relativa ricompensa economica.

La festa del minatore il giorno dopo, per gli abitanti di Ugledar è stata una giornata buia e tragica, tutta vissuta in modo sommesso, e l’indignazione e la rabbia sono stati vissuti sottovoce, per timore di scatenare altra violenza di questi fanatici, spesso drogati o ubriachi ma comunque sufficientemente pericolosi , anche senza narcotici. La paura soè no la realtà quotidiana in queste terre, ma la rabbia che cova nella popolazione è presagio di prospettive non facili per i golpisti di Kiev, con cui dovranno presto fare i conti. Spesso essa si esprime e osserva sui social network, che sono pieni di commenti, ma molti di loro, per timore di rappresaglie personali si nascondono dietro l’anonimato.

Due anni fa anche gli abitanti di Ugledar, indignati come quelli del Donbass, parteciparono al referendum per l’autonomia della regione e contro la presa armata del potere a Kiev. Molti uomini, minatori e non solo, formarono la milizia locale di autodifesa, poi la cittadina fu occupata dalle forze golpiste ed ora gli tocca anche piangere in silenzio l’omicidio di un proprio concittadino e vedere ogni giorno  i bar e i ristoranti pieni di questi “guerrieri” dei Battaglioni punitivi ATO, che allegramente mangiano e bevono, mentre la maggior parte di essi faticano nelle miniere.

 

 

Ora gli abitanti di  Ugledar hanno la certezza che pronunciando sulla propria terra le parole "Gloria ai minatori", è possibile ottenere una coltellata, o una pallottola. Sì, questo è possibile, ma l’Ucraina adesso è civile e democratica.

Leggendo queste tragiche cronache, non vi sovvengono due pensieri? Il primo è che non può essere vero, e che quindi avete letto delle falsità.  L’altro è che è questa cronaca suggerisce un paese surreale. Per chiarirvi le idee, basta andare sulle fonti qui in fondo o sui siti dei nazifascisti ucraini e digitare il nome dell’“eroe”. La realtà allucinante dell’odierna Ucraina vi investirà con tutta la sua follia. Forse si può capire perché la popolazione del Donbass si rifiuta di essere governata da simili eroi e perchè gli abitanti della Crimea abbiano scelto la Russia.

Sul luogo dell’omicidio vengono lasciati fiori, elmetti da minatore e candele

 

Fonti:  Redaaktsija, DNI, Antifashist, serbianreporter

 


 

Maksim fratello nostro del Donbass…CHE TI SIA LIEVE LA TERRA.

 

Scriveva un grande scrittore della Jugoslavia, che la guerra, gli odi e la morte le conosceva bene:

 

“ll nostro magnifico paese fu d’un colpo rimosso come una sottile e ingannevole cortina, e lì davanti stava il lupo con gli occhi lampeggianti, con la coda arrotolata, e i suoi denti erano atteggiati ad un sorriso amaro, più pauroso di quanto la madre avesse mai immaginato.

 Ad Aska si gelò il sangue e le gambe divennero dure come legno. Le venne in mente che avrebbe dovuto chiamare i suoi in soccorso, aprì pure la bocca, ma nessuna voce ne venne fuori.

La morte le stava dinanzi, invisibile e unica e pesante, crudele  e incredibile nella sua crudeltà”.      (Tratto da Aska e i lupi)

 

Nessuno dimentica. Nulla sarà dimenticato!

 

Enrico Vigna, novembre 2016