La Geopolitica delle relazioni russo-egiziane

27.10.2016  

 

Le relazioni in via di rapido sviluppo tra la Russia e l’Egitto sono state sovrastate in termini d’importanza dalle relazioni più impattanti tra la Russia e la Siria, come quelle d’altronde tra la Russia e l’Iran. Nondimeno il rapporto tra l’Egitto e la Russia merita un più attento esame perché, a differenza delle relazioni con le altre due Potenze medio-orientali, queste riguardano un Paese che fino a un tempo recente appariva essere saldamente ancorato al campo occidentale. Il brusco spostamento  in termini geopolitici verso lo spazio eurasiatico costituisce quindi un mutamento molto più significativo  per la regione di quanto possa rappresentare l’efficace sostegno russo del legittimo governo siriano.  Le ragioni a base di questo cambiamento sono di duplice natura. Esse hanno a che vedere sia con la maniera con la quale le Potenze occidentali interagiscono con le entità medio-orientali  nel contesto di una crisi economica a carattere sistemico sia  con l’attrazione esercitata dalla Russia in quanto Paese alleato.

La crisi sistemica dell’Occidente ha chiaramente trasformato il modo con cui le Potenze occidentali si approcciano con quelle che non lo sono. Mentre la retorica globalista della “fine della storia” lasciava prevedere un’utopia, caratterizzata da un superamento della dimensione di sovranità, nella quale Potenze minuscole e più solide avrebbero interagito in termini paritari in un mondo senza confini, in effetti quel tipo di retorica non era altro che uno stratagemma mirato a persuadere le Potenze non occidentali ad abbassare la guardia, permettendo in tal modo una penetrazione da parte delle multinazionali occidentali e delle istituzioni finanziarie,  perdendo conseguentemente ogni possibilità di tracciare una loro propria indipendente prospettiva di sviluppo. Ahimé, dal punto di vista occidentale l’assimilazione dei  “mercati emergenti”  rappresenta  tuttora l’obiettivo essenziale di politica economica, l’unico esclusivo programma di crescita economica. Mentre durante gli anni ’90 questo processo di assimilazione aveva assunto una forma relativamente benigna, gli eventi dell’11 settembre hanno prodotto l’effetto di indurre gli USA ad adottare una posizione molto più aggressiva  inclusiva di opzioni di diretto intervento militare. L’Unione europea inizialmente si è tenuta fuori da questo approccio, per poi mutare indirizzo a causa dello spessore dei problemi di sostenibilità inerenti alla UE che hanno successivamente indotto Bruxelles a saltare sulla carrozza della strategia del “cambio di regime” nei casi specifici della Libia, Siria ed Ucraina.

L’Egitto, alleato  di lunga data dell’Occidente dalla fine degli anni ’70, si è trovato inopinatamente ad essere destinatario di politiche predatorie occidentali che hanno assunto la forma della “rivoluzione colorata” di Piazza Tahrir che alla fine ha portato alla vittoria elettorale dei Fratelli mussulmani, successivamente cacciati grazie ad un colpo di stato militare quando il pericolo di una guerra civile era apparso evidente. Il fatto che i Fratelli mussulmani fossero appoggiati finanziariamente dagli alleati USA del Golfo aveva reso l’Egitto consapevole del pericolo di trovarsi esposto al jihadismo appoggiato da stati esteri e che conseguentemente gli Stati Uniti fossero incapaci o non disposti a costringere i loro alleati nella regione ad astenersi dal prendere di mira l’Egitto. Mentre la Siria costituisce soltanto una preoccupazione marginale per l’Egitto, la guerra civile in Libia, dove le formazioni islamiste, incluso l’ISIS, godono del sostegno dei Paesi arabi del Golfo, rappresenta una minaccia immediata per l’Egitto per una serie molteplice di ragioni. La Libia può essere sfruttata come base di partenza per attacchi nel territorio egiziano e rifugio contro rappresaglie e nel lungo termine divenire un Paese governato da un regime fantoccio al servizio di Potenze ostili del Golfo aventi l’obiettivo di controllare non solo l’Egitto ma anche il Canale di Suez. Tutto questo spiega perché il Cairo è molto interessato a orientare il corso dello scontro attualmente in essere in Libia.

La Russia è così divenuta un attraente partner in ragione della sua tradizione  di non-interferenza negli affari interni dei Paesi alleati (anche oltre la soglia necessaria, dato che la decisione unilaterale di star fuori dalla crisi ha portato alla rivoluzione di Maidan in Ucraina), poiché Mosca può colmare il vuoto lasciato dalla debolezza dell’Occidente e, altro elemento non secondario, poiché è in grado di difendere materialmente l’integrità politica e territoriale egiziana contro ogni possibile minaccia, una capacità che la Russia sta ampiamente dimostrando in Siria. L’Egitto appare trarre giovamento da queste capacità. Tale cooperazione prevede ora la possibilità di creare una base aerea in Egitto, visite di paracadutisti russi in Egitto nonché l’intervento di forze speciali addestranti i loro omologhi egiziani. Il Cairo sta anche procedendo a piani di acquisto di materiale bellico verso la Russia. Le due unità navali classe Mistral acquistate dall’Egitto beneficeranno del sistema elettronico originariamente predisposto dai russi e serviranno da base di appoggio per elicotteri russi; vi sono inoltre contatti per la vendita di caccia MIG all’Egitto che ha nel frattempo ricevuto una nave lancia-missile della classe Molniya.

Dal punto di vista russo l’Egitto costituisce un ulteriore baluardo di sicurezza contro la penetrazione dell’Occidente, una risposta simmetrica all’espansione della NATO denominata “Partnership Orientale”, con il corredo delle varie rivoluzioni colorate. Se uniamo tutto ciò alla presenza militare in Siria, agli orientamenti filo-russi di Cipro e alla neutralizzazione della Turchia indubbiamente facilitata da un tentativo fallito di colpo di stato promosso dall’Occidente, le basi militari in Egitto farebbero del Mediterraneo orientale un “lago russo”. Ultimo fattore non meno importante questo sistema di basi e di alleanze potrebbe anche servire come trampolino di lancio per proiezioni di potenza in altre instabili aree del Medio oriente e, se il controllo da parte dell’Egitto del Canale di Suez fosse garantito dalla forza militare russa, questa garanzia consentirebbe ai due Paesi di dotarsi di un modo molto efficace per esercitare pressioni e condizionare le Potenze occidentali ed i Paesi arabi del Golfo.

 

 

Da southfront

Traduzione di Angelo T. per civg.it