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Esiti e sviluppi del conflitto in Siria (29 gennaio 2013)

A dispetto della stampa occidentale e dei mezzi di “informazione” a mezzo televisivo di proprietà dei satrapi feudali del Golfo Persico quali Al Jazeera ed Al Arabiya, che continuano ad affermare la imminente destituzione, o meglio, la «caduta», del «regime di Assad» («entro due settimane», secondo le ultime notizie...), uno dei principali fiduciari degli interessi e dei disegni geopolitici occidentali nell'area (Great Middle East), il re di Giordania Abdallah II, ha dichiarato che lo Stato siriano ha resistito al tentativo di destabilizzazione, condotto con mezzi politici, economici, mediatici e militari dalle potenze imperialiste occidentali (Francia, GB, Usa) e dai loro alleati regionali (Israele, Turchia, Arabia Saudita, Qatar), e che «almeno per altri 6 mesi» sarà ancora in grado di far fronte alla strategia di guerra segreta mossa ai suoi danni. Fonti iraniane e della resistenza nazionale libanese non solo confermano tale assunto, ma dicono di più, sostenendo che l'Esercito siriano riuscirà ad avere la meglio negli scontri con le milizie mercenarie cosiddette «ribelli». Il presidente Bashar al Assad ha a sua volta recentemente rilasciato una dichiarazione, ripresa da un quotidiano libanese non certo noto per simpatie anti-imperialiste (al-Akhbar), in cui, facendo il punto sulla situazione sul campo, citava ampi successi ottenuti dall'Esercito in tutte le battaglie intraprese contro i gruppi islamisti e terroristi, incapaci di assumere il pieno controllo di alcuna provincia e città di un certo rilievo nel Paese, la messa in sicurezza delle principali arterie strategiche di comunicazione e collegamento tra la capitale Damasco ed il resto della Siria, ed i successi conseguiti dalle Forze armate ai danni dei contras per il controllo delle principali zone urbane del Paese.

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Iraq: Appello urgente dai prigionieri in Al Taji

“Salvateci da una campagna settaria di sterminio”

2 febbraio 2013

Siamo un gruppo di prigionieri, dei più di 7000 prigionieri della prigione di Al-Taji, con la presente chiediamo che tutti coloro che hanno un cuore di ascoltarci.

Chiediamo ad Abdulmalik Dr. Al-Saadi, al Dr.Rafi Al-Rifaii, e tutti i nostri uomini religiosi, ai capi delle nostre tribù, ad alcuni membri del  parlamento che possono aiutarci. Vogliamo anche mandare questo appello ai nostri fratelli, ai manifestanti ovunque in Iraq, alle irachene, ai Comitati per i Diritti Umani arabi e internazionali.
Abbiamo un grande bisogno del vostro aiuto prima che sia troppo tardi, noi siamo i vostri fratelli della prigione Al-Taji, stiamo vivendo  una terribile campagna di sterminio settaria contro i prigionieri. Siamo di fronte a torture, umiliazioni per noi e per i nostri simboli religiosi sacri. Dopo che le guardie carcerarie insultano sistematicamente  i simboli religiosi, hanno anche iniziato a gettare i nostri libri sacri nei cassonetti.

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La guerra delle parole

“La democrazia marcisce

nel caricatore del fucile, ed è così che la si misura,

con la gittata dei proiettili.”

(Partaw Naderi, afgano, XX secolo)

 

Quante volte ormai mi sono trovata in questa situazione? In procinto di tenere, per  una locale università del tempo libero, l’ennesima conferenza sul “Conflitto israelo-palestinese”, per prendere tempo e placare l’agitazione interiore, sposto la bottiglietta di acqua minerale, regolo il microfono, sistemo ancora una volta il voluminoso contenitore di appunti - che, al solito, non mi servirà ma che almeno mi rassicura - controllo che le carte geografiche siano appese in modo visibile – quando si parla del dramma palestinese, è imprescindibile mostrare le mappe, ma sui giornali non appaiono mai, come notava Edward Said, e sfioro con le dita l’ennesimo “riassunto del riassunto” che ho tracciato per fissare l’ordine degli argomenti che voglio trattare, anche se so per esperienza che non ne farò uso. La passione e la mole di informazioni che vorrei trasmettere mi porteranno infatti a vagare e divagare, anche seguendo le reazioni del pubblico che ho di fronte, un pubblico in genere difficile perché poco o affatto esperto – a parte qualche eccezione – sulla questione:  il che in effetti non sarebbe un problema. Il fatto è che, per l’età non più giovane, queste persone hanno pregiudizi ben consolidati e – quel che è peggio - continuamente confortati dall’arsenale mass-mediatico. Per citare un aforisma di Marco Travaglio - personaggio peraltro le cui opinioni sulla questione palestinese ricalcano pedissequamente la trita versione massmediatica filoisraeliana - mi si richiederebbe forse, per intrattenerli senza suscitare problemi, di “occultare i fatti per non disturbare le opinioni”, ma questo è esattamente l’opposto di quello che mi propongo di fare, perché – come disse a suo tempo Marat – “l’opinione si fonda sull’ignoranza e l’ignoranza favorisce il dispotismo”, cioè in questo caso l’arrogante sprezzo delle leggi internazionali da parte dei politici israeliani.

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Aggiornamento sulla situazione in Siria (22 gennaio 2013)

A detta di fonti provenienti da vari operatori della stampa libanese (http://www.voltairenet.org/article177188.html) e da uno dei più accreditati intellettuali e giornalisti francesi indipendenti, da tempo residente a Damasco, Thierry Meyssan, l’Esercito siriano avrebbe ripreso il controllo dell’80 per cento del territorio nazionale, contrariamente a quanto affermano i principali media occidentali, che sostengono invece l'esatto opposto, giungendo ad affermare la fuga di Assad e del suo inner circle a bordo di una non meglio specificata nave da guerra russa ancorata nel Mediterraneo.

Tutte le grandi città siriane e le campagne circostanti sarebbero ritornate, dopo gli scontri del dicembre 2012, sotto il controllo governativo, di conseguenza le cosiddette «zone liberate» sarebbero dileguate e laddove ancora esistenti si caratterizzerebbero esclusivamente per il dominio terroristico di bande armate composte da takfiristi di provenienza straniera, le cui basi sono situate al di là del confine, in Turchia, Giordania, Libano.

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Sviluppi di situazione in Siria. Testimonianza di una deputata cristiana (indipendente) al Parlamento siriano.

 

02/01/2013

« … A Damasco non ci sono problemi, gli attacchi sono stati respinti all’esterno della città, certo cominciano a sentirsi gli effetti della guerra ed anche delle sanzioni, il popolo soffre, ma all’Occidente questo non interessa». Testimonianza di Maria Saadeh, deputata indipendente, di religione cristiana, eletta nel 2012 al Parlamento siriano.

Nonostante la caparbia opera di disinformazione mediatica veicolata dai media occidentali, che «vogliono sentire una sola voce, quella dei potenti, quella degli Stati Uniti, di Israele, del Qatar e della Turchia», la situazione in Siria appare dunque questa. Una situazione «dimostrata dai fatti e dalle testimonianze dei giornalisti, quelli ancora liberi, che in Siria ci vanno e raccontano. Quelli che non si capacitano del fatto che la verità possa essere mistificata in modo cosi palese»; una verità che «smenti[sce], nei fatti, la macchina del fango sul regime di Bashar al Assad».

Nonostante questa acclarata verità, ossia che lo Stato siriano, pur da quasi 2 anni sottoposto ad una vera e propria aggressione occidentale e saudita, condotta per procura, resiste e non dà segni di cedimento (nonostante che, dall’estate 2012, si siano già verificati almeno 3 tentativi di assestare una “spallata” per via militare al «regime»), i media nostrani continuano a sostenere, pressoché all’unisono, l’imminente «collasso» della «dittatura di Assad» e lo sgretolamento del sistema di potere sulla quale questa presunta dittatura si regge! Si possono leggere ogni giorno, da mesi ormai, notizie di agenzia stampa che descrivono Damasco come assediata, con i «ribelli» giunti sin nel centro della città! Falso! L’offensiva di inizio dicembre è stata abilmente respinta grazie all’astuzia dei servizi di sicurezza siriani ed alla superiorità dell’Esercito nei confronti delle milizie islamiste che l’avevano condotta, su mandato occidentale e saudita. La città di Homs è tornata sotto controllo delle forze regolari e anche ad Aleppo e nel resto del Paese i beniamini dell’Occidente «democratico» e degli altrettanto «democratici» regimi feudali del Golfo Persico, subiscono quotidiani rovesci. Questo i media non lo riferiscono, così come non avevano riferito nemmeno chiaramente in base a quale strategia l’offensiva di dicembre dei contras era stata condotta; si erano semplicemente peritati di segnalare, festanti, l’avanzata dei «ribelli», quasi che si trattasse di un esercito di liberazione improvvisamente vittorioso sulle “demoniache” armate del «regime».

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