Lampedusa: perseguitare i vivi, premiare i morti

Se vogliamo parlare della tragedia di Lampedusa, c’è poco da aggiungere agli ipocriti lamenti delle autorità europee e alle giustissime denunce di attivisti, organizzazioni e migranti. Da anni il teologo del Costarica di origine tedesca Franz Hinkelammert ha riassunto in due parole questa abbondanza di cadaveri ormai di routine, raccolti nei mari e nei deserti delle frontiere d’Occidente: “genocidio strutturale”.

Questa idea di “genocidio strutturale” implica, naturalmente, un’accusa: le strutture non si impongono da sole ma hanno bisogno di politiche che le mantengono in moto, decisioni politiche che eventualmente potrebbero anche disattivarle.

Quando una struttura è incompatibile nelle sue radici con la Dichiarazione dei Diritti Umani e con la più elementare dignità umana, le decisioni prese per mantenerla viva acquisiscono un’aura necessariamente truculenta, un odore di ludica crudeltà infantile, la forma di un grande sbadiglio nichilista.

Immagino che a Barroso e a Letta non sia piaciuto essere ricevuti a Lampedusa al grido di “assassini”. Non si sentono “assassini” e probabilmente provano un sincero orrore davanti alla pila di cadaveri ammucchiati ai loro piedi. Ma devono inghiottirsi gli insulti e i rimorsi di coscienza e rispondere in modo responsabile ai loro impegni con la “struttura”, dai quali in qualche misura dipendono anche i voti dei loro elettori.

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Dichiarazione Di Costituzione Dell’ Assemblea Provvisoria Della Provincia Del Kosovo Metohija

Zvecan, Kosmet , 04 Luglio 2013

 

Noi, cittadini liberi e responsabili della Repubblica di Serbia,

Rappresentanti liberamente e legittimamente eletti dalla popolazione del Kosovo e Metohija, nell rispetto della Costituzione e delle leggi della Repubblica di Serbia – in qualità di membri delle assemblee municipali nella provincia autonoma del Kosovo e Metohija, che è parte della Repubblica unica e indivisibile di Serbia,

Riconoscendo il bisogno urgente e necessario, in maniera organizzata, di proteggere le nostre vite e famiglie, le nostre case e proprietà, gli altri diritti umani e le libertà fondamentali, la dignità di cittadini, l'identità e l'integrità, la cultura e la religione, il patrimonio culturale e storico, ecc ,

Rispettando la Costituzione e le leggi della Repubblica di Serbia e respingendo tutti gli atti illegali secessionisti,

Facendo riferimento alla Carta delle Nazioni Unite, dell'Atto finale di Helsinki e alla risoluzione ONU 1244 (1999),

Rifiutando la separazione proclamata dal movimento secessionista albanese, della Provincia Autonoma del Kosovo e Metohija dalla nostra Repubblica di Serbia, contro la nostra volontà democraticamente espressa, così come contro la Costituzione, in modo illegale e priva di significato,

Seguendo la volontà inequivocabile della popolazione dei comuni Kosovska Mitrovica, Zvecan, Zubin Potok e Leposavic, liberamente espresso con il referendum che si è tenuto il 15 febbraio 2012, di non-accettazione delle istituzioni della cosiddetta Repubblica del Kosovo,

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In che direzione sta andando il Tribunale dell’Aja?

(La Corte per il processo Gotovina)

L’Aja 11/07/2013

“Presunzione di infallibilità”,questa è la definizione che descrive i giudici in assenza di un’ulteriore istanza di appello alle loro sentenze, ma che non li dovrebbe proteggere dall’opinione pubblica preoccupata e critica nei loro confronti, che protesta contro il “nuovo corso” che stanno intraprendendo negli ultimi mesi presso il Tribunale dell’Aja e ad Arusha negli ultimi mesi.

Ha fatto scalpore la lettera del giudice Harhoff, che però fa passare in secondo piano lo sconcerto e le proteste contro la piega che sta assumendo il Tribunale dell’Aja, che sono state sollevate prima del 13 luglio 2013, data della pubblicazione della lettera, e che han avuto molta eco sui media danesi e poi nel resto del mondo.

Nelle battute di apertura della lettera che ha mandato a 56 fra amici e colleghi il 6 giugno, Harhoff fa riferimento a due recenti articoli, che “mettono a fuoco eventi che han causato molta preoccupazione sia per me che per i miei colleghi del tribunale”. Tenendo presente le date, possiamo presumere che si riferisse all’articolo intitolato “Cosa accade al tribunale dell’Aja” di Eric Gordy, pubblicato sul New York Times il 2 giugno e un post intitolato “Due sentenze sconcertanti all’Aja”, firmato da T.J. e pubblicato il 1° giugno sul sito dell’Economist.

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Il Tribunale Penale dell’Aja per la ex Jugoslavia - La sua “giustizia” ed il suo funzionamento

100 su 150 sono Serbi, un bel due terzi secco. Vediamo anche quanti di questi sono stati finora condannati:

37 su 56 sono serbi, di nuovo 2/3 esatti.  In 15 anni (1993-2008) il " tribunale” e' riuscito a giudicare solo 56 persone. Con piu' di un miliardo di dollari spesi... a conti fatti ogni condannato e' costato 20 milioni di dollari!

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TPI Aja : la giustizia selettiva dei tribunali ad hoc

Con la risoluzione 827 del 25 maggio 1993, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dà vita, operando nell’ambito dei poteri attribuitegli dal capitolo VII della Carta dell’Onu, al “Tribunale penale internazionale per perseguire i responsabili di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario commesse nel territorio dell’ex Jugoslavia dal 1991”. Similmente, con la risoluzione 955 dell’8 novembre 1994 il Consiglio di Sicurezza istituì il “Tribunale penale internazionale per i crimini commessi in Ruanda nel 1994”. I due Tribunali ad hoc sono organi sussidiari del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, tuttavia non sono soggetti all’autorità o al controllo del Consiglio per tutto ciò che riguarda l’esercizio delle loro funzioni giudiziarie. I Tribunali sono composti da civili e non vi siede personale militare e sono formati da tre organi fondamentali: corte, procuratore, cancelleria. L’organo giudicante si compone di due camere di primo grado per ciascuno dei due tribunali, formate ognuna da tre giudici e da una camera d’appello, formata da cinque giudici. Le decisioni di istituire i due Tribunali sono intervenute a conclusione di numerose iniziative politiche e di accertamento dei fatti intraprese dalle Nazioni Unite negli anni precedenti. Tali iniziative comprendono una lunga serie di risoluzioni di contenuto raccomandatorio rivolte agli Stati interessati, quali l’invio di missioni di “peace-keeping”, l’organizzazione di missioni di osservatori e la creazione di sistemi di raccolta di informazioni sulle violazioni di diritti umani, in collegamento con missioni di governi nazionali, altre istituzioni internazionali e organizzazioni non governative. E’ a questo insieme di eventi che bisogna quindi  guardare per collocare storicamente la nascita e l’evoluzione dei due tribunali ad hoc.

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