Regno Unito: speciale referendum

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Il 23 giugno si è tenuto l’atteso referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. Il risultato – la vittoria del leave con il 51,9% dei voti – non era affatto scontata, soprattutto dopo la violenta campagna mediatica che ha seguito l’assassinio della deputata laburista Jo Cox da parte di un simpatizzante neonazista.

All’indomani della vittoria del “sì” i principali mezzi di informazione hanno proposto varie letture per spiegare l’inspiegabile, ovvero come una Unione Europea sinonimo di benessere e progresso potesse venire rifiutata dai suoi stessi “cittadini”. I dati indicano che il voto è stato fortemente polarizzato in termini di età anagrafica, reddito e distribuzione geografica. Il “sì” ha stravinto in molti centri industriali, in passato roccaforti laburiste e socialiste. Nella città di Stoke-on-Trent, le cui miniere di carbone ancora nel 1992 segnavano il record europeo di produzione, il leave ha vinto con quasi il 70% dei voti. Alcuni hanno puntato il dito sull’ottusità delle vecchie generazioni, colpevoli di avere bocciato il sogno europeista dei giovani, senza però citare il dato per cui proprio le regioni con la popolazione più giovane sono state anche quelle con il più alto tasso di astensione. Ma la versione più popolare è quella diffusa dai media alla vigilia del voto, ovvero che la causa dell’uscita era caldeggiata da forze xenofobe, reazionarie e omofobe, ostili all’UE a causa della sua natura tollerante, attenta ai diritti delle minoranze e alla pace. Proprio il tema della pace è stato al centro della campagna mediatica a favore del remain, nonché di alcune dichiarazioni del premier Cameron, che ipotizzava il rischio di nuove guerre in Europa nel caso dell’uscita della Gran Bretagna dall’UE. Dichiarazioni che non tenevano conto del fatto che proprio i Paesi fondatori dell’UE hanno partecipato direttamente alle sanguinose guerre nei Balcani (un’area che, a meno di non volere negare ogni evidenza storica e geografica, è Europa a tutti gli effetti) e a numerosi interventi fuori dall’Europa (tra cui la più recente aggressione alla Libia). Un capitolo a parte dovrebbe riguardare le sanzioni contro la Russia, sanzioni che sono state confermate più volte dalle istituzioni europee nonostante le perplessità di diversi Paesi membri. Quella contro la Russia è una “guerra economica” che sembra minacciare la pace europea ogni giorno di più, in misura maggiore di qualsiasi referendum.

 

 

 

La versione ufficiale per cui il brexit sarebbe un “passo indietro” motivato solo dalla paura e dall’ignoranza va però riconsiderato in base ad alcuni dati di fatto. Nonostante il protagonismo dello UKIP, il partito nato da una scissione dai conservatori nel 1993 e noto soprattutto per le sue posizioni anti-immigrazione, la causa del leave è stata sostanzialmente trasversale. Perfino all’interno del partito laburista si è formata una piattaforma anti-UE di deputati e attivisti, il Labour Leave. Una posizione che mette in imbarazzo la dirigenza del Labour, il cui attuale segretario Corbyn si era espresso in passato sull’UE con toni molto critici. A sinistra dei laburisti ha preso vita la campagna Lexit, che riunisce partiti, sindacati e gruppi della società civile che sostengono la causa dell’uscita in nome della difesa dei diritti dei lavoratori, delle donne e della pace. Il responsabile della campagna è Robert Griffiths, che ricopre anche la carica di Segretario del Partito comunista britannico. Tra gli sponsor figurano il Socialist Workers Party e la Indian Workers Association, storico organo dei lavoratori indiani che si batte da decenni contro la discriminazione sul posto di lavoro. Hanno aderito alla campagna lexit anche gli ecologisti e pacifisti del partito Respect dell’ex-laburista George Galloway, i socialisti scozzesi di Solidarity, gli irlandesi di People before Profit e l’associazione giovanile comunista Red Youth. Ma il vero protagonista della lexit probabilmente è stato il mondo sindacale. Il Sindacato dei trasportatori (RTM), che attualmente conta circa 80.000 iscritti e che è noto da sempre per la sua combattività, si è schierato per l’uscita “da sinistra”, insieme con il Sindacato dei macchinisti ferroviari (ASLEF, 20.000 iscritti) e con quello dei lavoratori del settore alimentare (BFAWU, 20.000 iscritti). Dough Nicholls, storico sindacalista del settore dei trasporti, è il fondatore della piattaforma dei Sindacalisti contro l'Unione Europea (TUAEU), cui aderisce formalmente anche la RTM. I sostenitori della lexit accusano l’Unione Europea di essere un organismo intrinsecamente anti-democratico, favorevole a privatizzazioni sempre più spinte dei servizi pubblici e interessato solo a favorire la libera circolazione di merci a capitali a scapito del benessere delle classi meno abbienti. 

 

 

Sebbene le conseguenze economiche sul lungo periodo siano ancora da valutare, va segnalato il parere dell’influente think-thank statunitense Centre for Strategic and International Studies di Washington, secondo il quale il brexit renderà ancora più complicati i negoziati del Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP).

Andrea Bulgarelli

 

Il comunicato di #Lexit sul voto per lasciare l'Unione Europea

 

 

Il voto per lasciare l'Unione Europea è stato soprattutto un rifiuto nei confronti dell'establishment politico da parte di milioni di persone della classe lavoratrice che hanno dovuto soffrire decenni di austerità, trovando pochi difensori tra i partiti mainstream.

Quella di oggi è una crisi sociale di prim'ordine. Ogni istituzione dell'establishment inglese ha supportato il voto per il Remain. Il partito Tory, a dispetto della professione di unità, ha iniziato una battaglia interna. "E’ un duro colpo per Cameron", ha riportato la BBC questa mattina.

Questa sarebbe potuta essere una grande crociata dei laburisti se si fossero messi alla testa della rivolta della classe lavoratrice, ma l'ala di Blair ha costretto Jeremy Corbyn ad abbandonare la sua originaria opposizione nei confronti dell'UE.

Ciò ha fatto sì che la destra potesse attribuirsi una vittoria che in verità non è sua. Quasi 17 milioni di persone ha votato Leave, ma solo 3,8 milioni hanno votato per l'UKIP nelle ultime elezioni. E' compito della sinistra ora mettersi onestamente alla guida dell'opposizione ai Tory e alla destra.

Se non vogliamo che i razzisti siano il volto del risultato di oggi, non lasciamo che lo siano. C'è una porzione significativa tra coloro che hanno votato Leave che l'hanno fatto sulla base di un'opposizione nei confronti dell'austerità e dell'ordine neoliberale che ha impattato sulle nostre vite e che è parte integrante dell'UE. Non siate così frettolosi nel pensare che milioni di persone siano della stessa pasta di Farage.

Molti a sinistra hanno votato Remain per ragioni comprensibili in un referendum che ha diviso il paese. E' ora il momento di unirsi attorno alle richieste più elementari che milioni di lavoratori supporterebbero prontamente.

L'unica cosa che la sinistra può fare ora è guardare avanti e continuare la battaglia nei confronti dei Tory.

Mettiamo fine all'austerità ora!

Cameron deve dimettersi!

Elezioni generali ora!

Non più una “fortezza Europa ", ma uguaglianza per i lavoratori migranti!

fonte: leftleave.org

Traduzione di Giulia B.

 

 

Rallegratevi, un'altra Gran Bretagna e un'altra Europa sono ora possibili.

 

 

Fuori dall'Unione Europea possiamo andare avanti con il compito essenziale di ricostruire il nostro artigianato, nazionalizzare le nostre ferrovie, le nostre poste, i servizi e le compagnie energetiche; possiamo reinvestire nei nostri servizi pubblici e nelle persone che ne fanno uso. Possiamo proteggere la nostra nazione dal TTIP, possiamo sviluppare la nostra istruzione sotto il controllo pubblico, e cominciare a dare sicurezza al luogo di lavoro e paghe e pensioni decenti per tutti.

I sostenitori di TUAEU quando percorrono la nazione si rendono conto che le persone ne hanno abbastanza delle conseguenze della deindustrializzazione, dell'austerity, del congelamento degli stipendi, delle pensioni più basse e del sentimento di impotenza che accompagna la disoccupazione di massa, del lavoro precario, della povertà e dell'essere soggetti a decisioni che sono distanti dall'obbligo di rispondere al popolo tipico della democrazia.

Per 41 anni ci è stato negato un voto in merito all'Unione Europea. In questo lasso di tempo siamo diventati più distanti, più centralizzati, più alla mercé delle banche e delle grandi corporazioni e più lontani dalla democrazia. I suoi padri fondatori come Monnet sono sempre stati chiari sul fatto che l'Europa è stata disegnata per abolire gli stati nazionali.

I suoi successori come l'attuale presidente Junker, che ha trasformato un paese come il Lussemburgo in un paradiso fiscale, hanno ereditato questo disprezzo per le nazioni e la democrazia popolare. Il voto del referendum britannico ha dunque scosso il loro progetto dalle fondamenta.

Ci possiamo aspettare altri referendum in altri paesi dell'Unione Europea dove le popolazioni non hanno mai avuto la possibilità di decidere sull’unione all'UE, che qualcuno ha deciso a dispetto loro, qualcuno che ora potrebbe pentirsene.

Nei sindacati siamo abituati alla democrazia. I nostri predecessori hanno optato per il suffragio universale e per concetti come la democrazia rappresentativa e partecipativa nei nostri posti di lavoro e nelle nostre organizzazioni comunitarie.

Chiediamo ai nostri leader il conto delle loro azioni e li demandiamo a fare ciò che la collettività vuole che loro facciano.  Questo è quello che ora chiediamo attraverso la nazione.

Non dovremmo mettere ostacoli sulla strada di un Parlamento dominato da coloro che hanno fatto campagna per il Remain.

Gli ostacoli saranno messi sulla loro strada dalle banche, dai trafficanti e dagli speculatori. Loro sono stati occupati durante tutta la notte referendaria a scommettere su questo e quello. Non è incredibile che un voto delle persone del Sunderland possa influenzare il valore della sterlina? Che potere abbiamo!

I magnati del mercato monetario, tra i più grandi sostenitori del Remain, sono molto pericolosi e preparano un altro crash. Non c'è nessun dubbio sul fatto che esso sarà attribuito agli abitanti del Sunderland e questo a loro fa piacere.

Il popolo britannico, come la TUAEU ha previsto, ha deciso di rifiutare tutte le basi dell'anti-democratica Unione Europea e la sua dedizione all'austerità, al "libero" movimento dei capitali, del lavoro, dei beni e dei servizi. Saranno condotte delle politiche volte a rimuovere questi principi dalla nostra società e alla ricostruzione dell'economia reale e dei servizi pubblici.

E' stato un movimento sindacale molto ben organizzato quello che ha dato un grande senso di unità d’intenti e di integrazione alla nazione. La TUAEU lavora per conto dei lavoratori del Galles, della Scozia, dell'Inghilterra e dell nostro più prossimo vicino, l'Irlanda.

I nostri bisogni come lavoratori e membri del TUAEU, i nostri problemi condivisi, i nostri interessi sono comuni e i nostri valori ci uniscono in opposizione alle divisioni superficiali e allo spettro del razzismo.

Ci deve essere un ritorno all’unione sindacale su ogni posto di lavoro come primo passo per mettere le persone al primo posto e per coinvolgere l'intera popolazione lavoratrice, con una nuova fiducia verso degli obiettivi condivisi.

Alla fine lo spirito del 1945 è tornato. E' nostro dovere nei confronti dei nostri nonni e dei nostri nipoti quello di farci coinvolgere in questo spirito e di porre fine all'incubo neoliberale. Questo incubo ha cercato di rovinare tutte le conquiste del passato e di rimuovere le speranze di vita per il futuro.

La chiave di tutto questo è una nuova espressione del potere del popolo, un esercizio della volontà della maggioranza su una piccola minoranza che supporta le banche e le grandi corporazioni. Dal 1975 i principali sostenitori dell'Europa nel partito dei Tory hanno messo da parte la nostra manifattura e svenduto i nostri servizi pubblici, sminuito la democrazia locale e introdotto la disoccupazione di massa e i contratti a zero ore. Ora è stato emesso un verdetto contro tutto questo.

Liberi dal Trattato di Lisbona, ora siamo in grado di costruire una vera solidarietà internazionale con i paesi dentro e fuori l’Europa.

E' necessario che ritorni il vero internazionalismo. Qualcuno durante il referendum ha sottovalutato cosa stava succedendo ai lavoratori e ai sindacati in Grecia, Portogallo, Spagna, Italia e Francia perché avrebbe reso evidente, in modo sconveniente, la vera natura dell'UE.

La TUAEU in Gran Bretagna ha sostenuto più volte che ora più che mai dobbiamo essere solidali con i nostri fratelli e sorelle nei paesi dell'UE e con le loro istituzioni collettive i cui diritti erano sotto attacco. La TUAEU ha visitato molti paesi e ha presenziato conferenze internazionali per mantenere fede a questa responsabilità.

I sindacati di tutto il mondo ci hanno scritto per spingerci a lasciare l'Europa e a dare un segnale ai progressisti di ogni luogo che in qualità di nazione forte e di prima classe lavoratrice ad essersi unita, avevamo bisogno di dimostrare che l'agenda neoliberale, che ha devastato gran parte del mondo, poteva essere sconfitta.

Possiamo farcela, abbiamo un mandato e dobbiamo eseguirlo.

fonte: http://www.tuaeu.co.uk/take-heart-another-britain-and-europe-is-now-possible/

Traduzione di Giulia B.

 

 

La più antica organizzazione degli immigrati indiani annuncia il supporto al "Lexit"

 

 

Una organizzazione politica di sinistra composta di indiani che vivono nel Regno Unito ha annunciato il suo supporto al movimento "Lexit", ovvero alla "Campagna per l'uscita a sinistra", che sostiene l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea al referendum del 23 giugno, ma per ragioni differenti da quelle avanzate dal più noto movimento "Campagna per l'uscita".

L'associazione dei lavoratori indiani (IWA), fondata nel 1938, è il più vecchio gruppo di cittadini indiani del Regno Unito e ha annunciato il suo supporto alla campagna "Lexit" ad un evento nella Southall di sabato 21 maggio; l’evento ha ospitato anche un contributo di alcuni leader della sinistra indiana come H. S. Surjeet e A. B. Bardham.

La campagna per il Brexit si batte affinchè la Gran Bretagna voti per lasciare l'Unione Europea, dal momento che l'UE ha una agenda politica basata sul supporto al grande "business", una agenda irriformabile e antidemocratica. I sostenitori della campagna affermano che è una leggenda il fatto che l'Unione Europea difenda i lavoratori.

Harsev Bains della IWA sostiene tesi simili quando spiega la sua scelta di supportare tale campagna.  Afferma che, nonostante la Comunità Economica Europea (l’attuale Comunità Europea) sia stata fondata quaranta anni fa con lo scopo di favorire gli scambi finanziari fra i suoi stati membri, essa ha portato pochi benefici ai lavoratori britannici, specialmente a quelli provenienti dall'India.

"Per noi - ha affermato Bains- i confini esistono ancora oggi. Le persone provenienti dall'India hanno bisogno ancora di un visto per l'UE e di un altro visto speciale per il Regno Unito. Prendiamo il peggio di tutti e due i mondi. Anche in termini di commercio, ricordiamo l'embargo dello scorso anno contro il mango Alphonso bandito dall'Europa e di conseguenza anche dalla Gran Bretagna".

La campagna per la "Lexit" ha espresso una posizione critica rispetto alle argomentazioni mosse da entrambe le fazioni del dibattito politico, come quelle del conservatore Boris Johnson e di alcuni ministri del governo Cameron.

"Gli elettori meritano di meglio rispetto a una scelta fra la campagna pro Europa di David Cameron (oppure il sogno di un'Europa sociale) da una parte, e la campagna reazionaria anti-UE dell'Ukip (Partito per l'Indipendenza britannica) e della destra Tory dall'altra" ha dichiarato Rob Griffiths, segretario generale del Partito Comunista britannico, uno dei gruppi che sostiene la Lexit.

Fonte: http://www.hindustantimes.com

Traduzione di Andrea C.