Kosovo Metohija NOTIZIE

Cronache, Informazioni, Aggiornamenti, Traduzioni di Documentazioni , Cenni storici e letterari, Progetti di Solidarietà, sulla e dalla realtà di una terra martoriata dalle contraddizioni interne e dai bombardamenti della NATO del 1999, che va verso nuovi lutti, nuove violenze e nuove ingiustizie. Una piccola voce per i senza voce del Kosovo Metohija. 

Con questo numero abbiamo deciso di lavorare ad un bollettino fisso periodico:

Kosovo Metohija Notizie, ad uso di chi vuole sapere e capire, prima di schierasi; per Siti web e riviste interessati e sensibili, per fornire una  INFORMAZIONE indipendente scevra dalle “veline” della disinformazione strategica; che cercherà, nella limitatezza dei nostri mezzi e possibilità, di fornire elementi di conoscenza e documentazione, sia dal punto di vista degli avvenimenti quotidiani taciuti dalla stampa e dai media occidentali ( molto spesso perché non funzionali alle politiche di dominio e assoggettamento dei popoli); sia su aspetti storici e culturali che possano aiutare a comprendere gli avvenimenti dei nostri tempi.

 

Abbiamo deciso di fare questo ulteriore sforzo, sostanzialmente per due motivi, uno è per contribuire a rompere un assordante e letale silenzio mediatico ( tranne pochissime e validissime eccezioni) che ha posto in un limbo fatti storici, documentazioni, denunce, testimonianze legate alla realtà storica, politica e culturale di quella regione e dei Balcani, perchè scomode o “politicamente scorrette”. Un obbiettivo quindi di fare informazione per ricercare verità e giustizia, contro manipolazioni e mistificazioni,riportando fatti, testimonianze, documenti, analisi, traduzioni dalle fonti, divulgazione di materiali prodotti e indicazioni per approfondimenti, che possano aiutare chiunque sia interessato, a conoscere, sapere, pensare, per poter capire; un ulteriore modo per dare voce a chi non ha voce, nel solco degli intenti di fondo di questo sito e del nostro impegno per l’amicizia e la solidarietà tra i popoli, per la pace contro le guerre.

Il secondo motivo è il convincimento profondo che le vicende dell’aggressione e distruzione della Jugoslavia, e la prospettiva di una permanenza nel tempo attuale e futuro, di instabilità e violenze legate ad una ingiustizia di fondo ed a interessi esterni, nella regione kosovara, non sono vicende o aspetti locali, ma hanno una valenza storica e strategica, che ci riguardano e riguarderanno. Questo perché i nostri governi ed il nostro paese sono militarmente e politicamente coinvolti nel dipanarsi dei passaggi futuri (…di guerre e conflittualità ); e sono parte degli scenari internazionali, europei e non solo, futuri. In questo senso il  proseguimento o “passaggio successivo” delle guerre jugoslave, che è  di fatto in corso, ha una valenza estremamente pericolosa ed indicativa, rispetto agli scenari  riservati a popoli renitenti o resistenti, ed alle loro leadership, al di là di indirizzi ideologici o di loro limiti o errori. Questa nostra motivazione è quindi legata alla questione dell’annichilimento del “diritto internazionale”, che  nelle sue forme generali era stato, seppur spesso contraddittoriamente, acquisito. Quindi un impegno per tenere alta l’attenzione e la  riflessione su questi temi non certo secondari per il destino dei popoli e del loro futuro, …quindi anche del nostro.

 

 

“…Per tenere testa alla menzogna, - “universale” almeno quanto la guerra è “infinita”, - è necessario stabilire un rapporto altrettanto stringente, anche se totalmente rovesciato, tra modi del discorso e “ ricerca della verità”…”.     ( A. Asor Rosa )

 

Enrico Vigna per Forum Belgrado Italia e Associazione “SOS Yugoslavia” 

 

 

Kosovo Metohija Notizie  0    -    Maggio  2007

 

Apriamo questo bollettino con l’appello lanciato in Italia dal FBI che sarà presentato il 31-5- 2007 in una conferenza stampa al Senato, con l’ex Ministro degli Esteri della Jugoslavia Z. Jovanovic.

 

da Forum Belgrado Italia

 

Manifesto Appello per i popoli del Kosovo Metohija, per una soluzione equa e conforme al Diritto Internazionale, contro i processi d’indipendenza e secessione unilaterali nel Kosovo Metohija

 

Verità e giustizia per dare un futuro di pace e progresso nella regione del Kosovo

 

Lanciamo questo manifesto appello facendo proprio l’invito giunto dal FORUM di Belgrado (che raccoglie eminenti personalità culturali e politiche della Serbia, ex Repubblica Federale Jugoslava) per informare e denunciare anche in Italia, circa i pericoli di nuove violente conflittualità e destabilizzazioni nei Balcani e in Europa, legate agli esiti dei negoziati a proposito della definizione dello Status futuro della provincia serba del Kosovo, cominciati a Vienna il 20 febbraio 2006. In particolare riguardo la rivendicazione, aperta e non negoziabile, dell’indipendenza e della formazione di un nuovo Stato da parte della leadership kosovara albanese, completamente dominata dalle forze secessioniste che già hanno avuto un ruolo primario nella martorizzazione di quella regione e dei popoli che la vivevano.

 

Dobbiamo ricordare i bombardamenti della Nato iniziati il 24 marzo 1999 e durati 78 giorni, la loro completa illegittimità ed illegalità (perché non solo violarono la Carta dell’ONU, ma anche gli stessi statuti fondativi dell’Alleanza Atlantica, oltre all’Art. 11 della Costituzione italiana) e la conseguente occupazione militare della regione dopo il 10 giugno, a seguito dell’evacuazione dell’esercito della Repubblica Federale Jugoslava.

 

Dobbiamo ricordare che quella che fu definita un’operazione “umanitaria”, ha prodotto dei risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti e ormai riscontrabili anche nelle più famose testate giornalistiche internazionali.

 

Nonostante lo scatenamento di una guerra (che in un contesto di civiltà dovrebbe essere soltanto una “estrema ratio”), lo stanziamento di quello che è stato il più imponente investimento economico dell’Unione Europea verso l’estero (fino ad oggi 4 miliardi e 800 milioni di euro), senza contare il mantenimento delle decine di migliaia di soldati della Nato avvicendatisi in questi anni (di cui 2.800 italiani) ed il lavoro delle più potenti diplomazie e lobbies economiche internazionali,

 

questi sono i risultati:

 

• quasi 300.000 mila profughi di tutte le etnie, ma nella stragrande maggioranza serbi e rom, scacciati dalla loro terra;

 

• più di 3.000 casi di desaparecidos (di cui 1.300 già dati per morti) denunciati all’ONU, rapiti e assassinati dal marzo ’99 ad oggi;

 

• quasi 100.000 persone che vivono in poche decine di enclavi, sopravvissute alle violenze e alla pulizia etnica dei secessionisti albanesi, veri e propri campi di concentramento a cielo aperto, di fatto, in un regime di apartheid in Europa;

 

• centinaia di migliaia di case bruciate e distrutte;

 

• 148 monasteri e luoghi di culto ortodosso, distrutti o danneggiati dalle forze criminali dell’UCK;

 

• il Kosovo è oggi indicato dalla stessa DEA (Agenzia Antidroga USA) come un narcostato nel cuore dell’Europa; questa regione è indicata da tutti gli esperti investigativi occidentali, come il crocevia e lo snodo internazionale di tutti i traffici criminali, dalla droga alle armi, dalla prostituzione al traffico di organi. Lo stesso ex premier albanese kosovaro B. Bukoshi ha dichiarato al giornale tedesco Der Spiegel nell’intervista del 1 agosto 2004: “.. il nostro governo si basa, di fatto, su strutture mafiose…”.

 

E’ una regione senza più apparati produttivi, dove la disoccupazione degli stessi albanesi kosovari comprende i due terzi della popolazione; una regione completamente uranizzata dai bombardamenti umanitari e dove i dati sulle nascite di neonati malformi o i decessi per linfomi di Hodgkin, sono assolutamente top secret, ma basta parlare con sanitari del luogo per farsi un’idea della situazione reale.

 

Di tutte le promesse e gli obiettivi che furono sbandierati quasi otto anni fa, la realtà quotidiana d’oggi è illegalità e criminalità dispiegate, violazione dei più elementari diritti umani e civili, una forma di razzismo pianificato mediante sistematiche violenze e discriminazioni etniche nei confronti delle minoranze; una situazione di vero e proprio apartheid testimoniato dalle enclavi, dove decine di migliaia di uomini, donne e bambini vivono in condizioni subumane e di mera sopravvivenza fisica, senza lavoro, sanità, educazione, diritti.

 

La verità storica sotto gli occhi di tutti è una sola: l’operazione Kosovo, ha raggiunto gli obiettivi politici, militari e geostrategici della Nato e della cosiddetta comunità internazionale, ma è stato un totale fallimento per i popoli della regione.

 

Oggi, a distanza di sette anni sono iniziate le trattative per la definizione del futuro status della regione serba, de facto ancora un protettorato internazionale. La rivendicazione delle forze secessioniste kosovare albanesi dell’indipendenza come unico obiettivo non trattabile, è foriero di nuovi scenari di tensioni e squilibri internazionali, e di rischi d’ulteriori destabilizzazioni non solo nel Kosovo e nella Serbia, ma anche in Macedonia, Bosnia, Montenegro, Bulgaria e nella stessa Grecia settentrionale.

 

Essendo stato stabilito che dal 2006 il Kosovo sarà una delle priorità del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, stante i pericoli insiti nel dispiegarsi dei negoziati e degli indirizzi che essi prenderanno, riteniamo di lanciare quest’Appello, a partire da alcune considerazioni e valutazioni generali di fondo e proponendo alcuni obiettivi generali da portare avanti nel nostro paese.

 

Italia, Maggio 2007

 

Considerando e ritenendo che:

 

- nel XXI secolo l’esistenza di “enclavi etniche” nel Kosovo, vera e propria forma di apartheid, dentro un territorio amministrato dall’Onu è inaccettabile e vergognosa;

 

- tutte le forme di ingerenza e ricatto sistematico, politico, economico e militare, sono inaccettabili e producono ostacoli e problemi ad un negoziato costruttivo e risolutivo

 

- l’avallo ad un’indipendenza unilaterale del Kosovo, va considerata un’ulteriore violazione del Diritto internazionale e che solo una soluzione pacifica e concordata tra le parti, può dare prospettive di un futuro di sviluppo positivo della regione

 

-  l’eventuale riconoscimento internazionale di un microstato indipendente come il Kosovo, costringerebbe il Parlamento della Serbia (come già sancito) a dichiarare la provincia come “territorio occupato”, con le prevedibili conseguenze a tutti i livelli, non potendo accettare la creazione e l’amputazione di una parte della propria territorialità, all’interno dei propri confini

 

Noi sottoscritti porteremo avanti in tutte le istanze politiche istituzionali e della società civile italiana ed europea, le seguenti sollecitazioni circa la situazione e le prospettive della provincia del Kosovo Metohija, Serbia, per:

 

- una impostazione del negoziato tra le parti, strettamente fondato sulle norme del Diritto Internazionale, come concepito dalla Carta dell’ONU 

 

- il rispetto e l’applicazione della Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e della Dichiarazione di Parigi dell’OSCE

 

- il diritto al ritorno ed alla riacquisizione dei propri beni e proprietà, dei 300.000 profughi e rifugiati di tutte le etnie scappati dal 1999 ad oggi. Con l’impegno da parte delle forze internazionali alla garanzia della vita e della sicurezza, oltre ai loro diritti umani, civili, politici e religiosi, insieme al ritorno di contingenti limitati dell’esercito e della polizia serbi, come stabilito nella Risoluzione 1244

 

- i risultati del negoziato per lo Status definitivo della provincia siano ispirati e fondati sul rispetto e gli interessi legittimi e storici, di tutte le componenti etniche che da sempre hanno abitato lì, in modo paritario e reciproco

 

- siano considerati inalienabili l’inviolabilità delle frontiere e l’integrità territoriale, come rispetto della sovranità nazionale della Serbia, intesa come stato sovrano; in modo da salvaguardarne i suoi interessi nazionali, come stato facente parte a pieno titolo delle Nazioni Unite

 

- sia tenuto conto e rispettata la stessa Costituzione della Serbia, che recita l’inviolabilità e inalienabilità del territorio statale. E sia riconosciuta soltanto alla volontà popolare la ratifica di eventuali modifiche statutarie, accettando che solo un Referendum tra i cittadini della Serbia, possa eventualmente accettare la modifica dei confini statali

 

- il rispetto e l’utilizzo nei negoziati di principi unici ed universalisti, validi in qualsiasi area geografica per la risoluzione di conflitti interetnici, in modo che le decisioni siano conformi ed interne alle norme del Diritto Internazionale

 

- l’avvio di un processo di “ riconciliazione nazionale” tra i popoli del Kosovo, utilizzando strumenti culturali, sociali e civili

 

- l’obiettivo finale deve essere il ripristino di una situazione di multietnicità, multiculturalità e multireligiosità

 

- l’impegno a richiedere al governo ed alle istituzioni italiane di non riconoscere o instaurare relazioni diplomatiche con una entità estranea ai principi del Diritto Internazionale e della Carta dell’ONU, quale sarebbe un eventuale stato indipendente del Kosovo

 

Per adesioni, informazioni e contatti:  sosyugoslavia@libero.it

 

Primi firmatari

(Cognome, Città, Funzione)

Accame Falco, Roma, Ex parlamentare e Presidente ass. A.N.A.V.A.F.A.F.

Arcidiaco Franco, Reggio Calabria, Direttore rivista Altra Reggio

Bernardini Aldo, Roma, Docente Università di Teramo

Bocca Giorgio, Milano, Giornalista

Bulgarelli Mauro, Roma, Senatore

Caralis Giorgio, La Spezia, Direttore rivista Italia Ortodossa

Cararo Sergio, Roma, Direttore rivista Contropiano

Catone Andrea, Bari, Presidente ass. Most Za Beograd

Cernigoi Claudia, Trieste, Giornalista e ricercatrice storica

Chiesa Giulietto, Roma, Europarlamentare e giornalista

Dinucci Manlio, Pisa, Analista di questioni internazionali

Don Andrea Gallo, Genova, Comunità di S. Benedetto

Don Carbone, Genova, Rettore Santuario Minianego

Dorsi Angelo, Torino, Docente Università di Torino

Francone Carla, Firenze, Direttrice rivista Nuova Unità

Giannini Fosco, Ancona, Senatore

Kersevan Alessandra, Udine, Ricercatrice storica

Lano Angela, Torino, Giornalista

Lenzi Mauro, Colle Val d'Elsa (Si), Consigliere comunale

Leoni Alessandro, Firenze, Direttivo Istituto Storico della Resistenza Toscana

Lo Surdo Domenico, Urbino, Docente Università di Urbino

Manes Sergio, Napoli, Presidente ass. La Città del Sole

Manetti Aldo, Firenze, Consigliere regionale

Moiola Paolo, Torino, Giornalista

Padre Ambrogio, Torino, Chiesa Ortodossa Torino

Palù Giorgio, Pordenone, Presidente Consumatori Coop Sacile

Pegolo Gianluigi, Pordenone, Deputato

Preve Costanzo, Torino, Filosofo

Rossi Ferdinando, Ferrara, Senatore

Santopadre Marco, Roma, Direttore Radio Città Aperta

Tarozzi Alberto, Bologna, Docente Università di Bologna

Teti Nicola, Milano, Direttore rivista Calendario del Popolo

Toschi Marazzani Visconti Jean, Milano, Giornalista

Vasapollo Luciano, Roma, Docente Università di Roma

Vielmini Fabrizio, Torino, Giornalista

Vigna Enrico, Torino, Portavoce Forum Belgrado Italia

Zanella Luana, Venezia, Deputata

 

 

Ultime Notizie :

 

14.5.2007

 

A causa delle divergenze nel Consiglio di sicurezza e’ troppo presto per parlare del disegno di una nuova risoluzione sul Kosovo“, ha dichiarato il vice Ministro degli Esteri della Russia Vladimir Titov nell’intervista rilasciata a Itar-Tass. Egli ha detto che “i partner della Russia credono che entro la fine del mese corrente sara’ approvata la nuova risoluzione. Per via delle divergenze di principio la discussione sulla votazione dovra’ essere rimandata. Quelli che sollecitano la stesura del disegno della risoluzione dovrebbero capire che la conseguenza possa essere soltanto una – il fallimento del processo della determinazione dello status futuro del Kosovo. Il disegno che e’  stato proposto dai Paesi occidentali e’ inconciliabile con la posizione della Russia. Mosca ritiene che sia sbagliato basarsi sulla convinzione che il piano di Marti Ahtisaari passera’ nel Consiglio di sicurezza. Esso e’ inaccettabile per Belgrado e puo’ causare molte conseguenze negative non soltanto nei Balcani ma bensi’ in molte altre regioni. Le consultazioni sulla questione kosovara devono essere continuate“, ha detto Vladimir Titov. 

 

«La dichiarazione dell'ambasciatore russo Vitalij Curkin che cresce la possibilita' che la Russia porra' il veto nel Consiglio di sicurezza sulla risoluzione sul Kosovo incute ottimismo. Gli Stati Uniti e i loro alleati sono stati avvertiti questa volta molto seriamente. E' chiaro che il piano di Marti Ahtisaari non sara' approvato dal Consiglio di sicurezza perche' esiste la possibilita’ che sara' usato il veto. Per questa ragione probabilmente non sara' votata la sua approvazione. Oltre al veto che e' stato annunciato dalla Russia, nel Consiglio di sicurezza non esiste il numero sufficiente dei Paesi che approveranno la soluzione proposta da Ahtisaari», ha dichiarato Slobodan Samardzic, il coordinatore della delegazione erba che conduce le trattative sullo status futuro del Kosovo nell'intervista rilasciata all'agenzia serba Tanjug.

 

1.5.2007

Il ministro per l’amministrazione statale del governo serbo, Zoran Loncar, ha valutato che la dichiarazione dell’ambasciatore sudafricano presso l’ONU Dumisani Kumalo, rileva che la relazione della missione del Consiglio di sicurezza sulla visita in Kosovo permetterà che il Consiglio di sicurezza intraveda, per la prima volta, la situazione reale nella regione. Gli ambasciatori hanno visto com’è in realtà la vita in Kosovo per i serbi e gli altri cittadini non albanesi, ed è sicuro che loro crederanno di più ai propri occhi che alle relazioni di Rucker e dei suoi precedenti, ha dichiarato Loncar all’agenzia TANJUG. Lui ha detto, in questo concetto, che la relazione della Missione del Consiglio di sicurezza può rappresentare una buona base per l’inizio di un nuovo processo dei negoziati, e per il ritrovamento di una soluzione giusta e mantenibile per il Kosovo all’interno della Serbia. L’ambasciatore Kumalo ha dichiarato che la realtà kosovara è molto diversa da quella presentata nelle relazioni dell’ONU, in cui viene rappresentata in modo più che positivo la situazione nella regione.

 

Il processo di risoluzione del futuro status del Kosovo durerà altri due mesi, ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di stato americano Sean McCormack, valutando che nel prossimo periodo nei Balcani ci saranno moltissime pressioni politiche al riguardo. Credo che, nel caso in cui non sarà presto trovata una soluzione, ci sarà il pericolo di violenza nella regione, ha dichiarato McCormack alla conferenza stampa regolare, ed ha aggiunto che gli Stati Uniti stanno lavorando nell’ambito del Consiglio di sicurezza, sulla modifica della risoluzione, affinché il processo di risoluzione della questione kosovara possa andare in avanti, perché ormai, come ha aggiunto, sta durando a lungo. Lui non ha risposto direttamente alla domanda su come commenta l’annuncio di alcuni leaders innominati a Pristina, che gli albanesi kosovari proclameranno in modo unilaterale l’indipendenza prima della fine del mese, se il Consiglio di sicurezza non approverà il piano di Ahtisaari, né ha voluto parlare dell’eventuale veto russo su questo piano.

 

Nel quartiere Dardanija a Pristina, ieri sera intorno alle ore 21 è esplosa una bomba, ed è rimasta lievemente ferita una persona, ha comunicato il Servizio di polizia kosovaro. La costruzione esplosiva, come ha riportato la Radio televisione di Serbia, è stata piazzata proprio davanti alla porta d’ingresso dell’appartamento di un poliziotto, in via Bill Clinton. La polizia ha arrestato una persona sospetta, viene riportato nel comunicato.

 La realtà kosovara è molto diversa da quella esposta nelle relazioni dell’ONU, in cui viene rappresentata in modo più che positivo la situazione nella regione, ha dichiarato ieri sera a New York il rappresentante della Repubblica sudafricana nell’Organizzazione mondiale Dumisani Kumalo. L’ambasciatore sudafricano ha precisato che la situazione reale in Kosovo è molto diversa da quella presentata sulla carta, riporta l’agenzia russa RIA Novosti dalla sede dell’ONU. Dopo la visita della missione del Consiglio di sicurezza dell’ONU a Belgrado e a Pristina, la settimana scorsa, Kumalo ha ricordato che ora saranno organizzate consultazioni degli ambasciatori con le autorità dei propri stati. Tutte le posizioni devono essere prese in considerazione, ha dichiarato il diplomatico sudafricano, e l’agenzia russa ha interpretato questo come il primo supporto pubblico alla posizione di Mosca nel Consiglio si sicurezza dell’ONU. Kumalo si è altrettanto opposto all’insistere sull’approvazione della soluzione, come proposto dagli Stati Uniti e dai paesi dell’Unione europea. 

 

7.5.2007

Il diciannovenne giovane serbo Ljubiša Janačković,  è stato gravemente ferito, stamattina, sulla strada Zvečan - Prilužje. Gli hanno sparato, ha confermato all’agenzia Tanjug il direttore dell’ospedale di Kosovoska Mitrovica settentrionale, Vladimir Adžić. Lui ha indicato che Janačković è arrivato stamattina dopo le due, al reparto chirurgico dell’ospedale a Kosovska Mitrovica, in condizione incosciente, con le gravi ferite allo stomaco.  Janačković è stato subito operato e si trova in cura intensiva, ed è ancora in pericolo di vita, ha detto Adžić.

 

Ieri sera nel centro di Priština, nelle vicinanze del Parco urbano, l’appartenente della missione dell’UNMIK è stato attaccato, ferito e derubato, ha comunicato il Servizio poliziesco kosovaro. Come ha dichiarato il portavoce della polizia internazionale Adran Boroci all’agenzia Beta, nell’attacco al 36enne appartenente della missione dell’UNMIK è stato rubato il cellulare e la giacca. Il ferito appartenente dell’UNMIK è stato ricoverato all’ospedale a Priština, e al luogo dell’incidente subito sono usciti gli appartenenti della polizia, il giudice istruttore e il procuratore pubblico.

 

Oggi, mezzogiorno, nel villaggio Klokot presso Kosovska Vitina, nel Kosovo orientale, gli attaccanti sconosciuti hanno sparato in direzione del ventunenne serbo Bojan Bogdanović, riporta il Press centro internazionale del Centro di coordinamento per il Kosovo e Metohija. Bogdanović non è stato ferito, ha comunicato il Centro Media Press , richiamandosi alle conoscenze del rappresentante del villaggio Klokot Trajan Trajković. Lui ha detto che contro Bogdanović, probabilmente hanno sparato da un tiratore scelto dal stazionario a Klokot Banja, dove vivono e lavorano albanesi. Gli appartenenti del servizio poliziesco kosovaro e delle KFOR hanno fatto un indagine, ma i dettagli non sono stati comunicati.  

 

04.2007

Le forze della polizia internazionale e kosovara, hanno detenuto a Štrbac Milan Mirković, il direttore dell'impresa "Srbija Sume" (Boschi della Serbia) in questo municipio al sud del Kosovo, trasmettono le fonti serbe della Regione all’agenzia Tanjug. La polizia nella casa di Mirković ha trovato l’arma da caccia che lui aveva in possesso per la natura del lavoro che svolge e ne aveva anche il permesso. La perquisizione poliziesca durava dalle ore quattro alle sette del mattino, e ne è stata espressa la brutalità nei confronti di altri membri della famiglia di  Mirković, hanno detto le fonti di Tanjug. Ai feriti membri della famiglia è stato procurato l’aiuto dall’Ambulanza a Štrbac, e Mirković si trova nella detenzione a Uroševac. La perquisizione nella casa dei Mirković ha provocato la tensione fra i serbi a Štrbac.

Il Centro di coordinamento della Serbia per il Kosovo, ha condannato aspramente il comportamento inaccettabile di poliziotti albanesi del Servizio poliziesco kosovaro che apertamente torturano serbi ed ha rilevato che la discriminazione etnica e l’intimorire della popolazione serba sono inaccettabili, allo scopo di finalizzare la pulizia etnica di serbi dal Kosovo. Riguardo l’arresto dei rappresentanti "Srbija Sume" Milan Mirković a Štrbac e il maltrattamento della sua famiglia, il Centro ha accusato il capo dell’UNMIK Joahim Riker di tollerare questa specie di comportamento, cercando a creare apertamente e brutalmente un Kosovo indipendente. Gli specialisti del servizio poliziesco kosovaro e gli appartenenti delle KFOR presto stamattina sono entrati nella casa di  Mirković, la hanno perquisita e poi hanno maltrattato i membri della sua famiglia. Il centro del coordinamento ha indicato che i membri della famiglia Mirković sono feriti e che i poliziotti di nazionalità albanese, hanno completamente demolito la casa davanti agli appartenenti delle KFOR.

Il vescovo della Chiesa serba ortodossa di Raska e Prizren Artemije ha dichiarato che alla delegazione del Consiglio di sicurezza che vistera’ il Kosovo presentera’ la verita’ sulle sofferenze alle quali il popolo serbo e la sua Chiesa sono stati sottoposti dall’arrivo delle forze internazionali nell’anno 1999. Diremo che l’indipendenza del Kosovo per noi e’ assolutamente inaccettabile. L’accento principale durante l’incontro con la missione de Consiglio di sicurezza sara’ posto sulla sicurezza, la liberta’ di movimento e il ritorno dei profughi. Tutto questo era previsto dalla Risoluzione 1244 delle Nazioni Unite. La comunita’ internazionale non e’ riuscita ad implementarlo, ha sottolineato il vescovo Artemije.

La polizia kosovara ha sequestrato 15 pistole nei pressi di Komorane, vicino a Pristina, ed ha arrestato due persone perche' erano in possesso illegale delle armi da fuoco, hanno riportato i media kosovari. Le armi sono state rinvenute ieri in una macchina che viaggiava tra Pristina e Pec. Alle persone arrestate, la cui identita' non e' stata svelata, e' stato imposto lo stato di fermo perche' sono accusate di aver illegalmente prodotto, trasportato, fornito, scambiato e venduto armi da fuoco. Le case in cui vivevano gli accusati sono state sequestrate. Dall'inizio dell'anno corrente in piu' riprese sono state sequestrate grandi quantita' di armi da fuoco. Tra gli arrestati c'erano anche gli attivisti dei partiti al potere degli albanesi kosovari.

Balcani : KOSOVO METOHIJA, una miccia nuovamente accesa

 

Con l’avvio dei colloqui definitivi al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per definire lo Status finale della provincia serba, la situazione nella regione balcanica sta divenendo di giorno in giorno, in questi ultimi mesi, sempre più incandescente e intrisa di violenze e atti terroristici quotidiani, di cui non si trova traccia nella “ricca” informazione mediatica occidentale.

Assalti, ferimenti, incendi, omicidi, attentati alle comunità serbe e rom, alle loro case ed agli ultimi monasteri ortodossi non ancora devastati; così come gli attentati e l’ostilità violenta contro strutture e mezzi delle Nazioni Unite, considerati “ora” ospiti e possibili testimoni scomodi, in previsione degli scenari violenti della definitiva pulizia etnica, che si preparano per il post indipendenza. Ormai è uno stillicidio continuo e quotidiano, così come monta sulla stampa e i media televisivi indipendentisti albanesi kosovari, una campagna mediatica sistematica che fomenta l’odio etnico e l’obiettivo “non più trattabile” della secessione e indipendenza definitivi.

Sono appena tornato da là e negli incontri con membri delle comunità serbe kosovare e dei profughi in Serbia, al di là del senso di solitudine che sentono sulla pelle, emerge anche una forte determinazione alla scelta della Resistenza e opposizione a questo ennesimo atto di ingiustizia e di violenza contro le minoranze del Kosmet; forte è la richiesta di solidarietà e di denuncia di quanto sta avvenendo e di quanto avverrà, si chiede SOLAMENTE di non essere nuovamente lasciati soli di fronte ad atti e logiche fasciste e violente, che nulla hanno a che fare con processi di progresso e convivenza tra i popoli, chiedono che il destino ed il futuro del Kosovo non sia deciso in cancellerie internazionali dell’occidente, ma venga discusso e deciso dai popoli ( minoranze o maggioranze) che hanno sempre abitato quella terra. E’ una richiesta assurda e stravagante?

 Sia a livello europeo, che negli USA e in Canada, molti noti giornalisti di testate internazionali, informano e denunciano ormai apertamente e coraggiosamente, la situazione di pericolo e i nuovi venti di guerra che si vanno profilando; è necessario e giusto che anche in Italia il movimento per la pace, i sinceri democratici, le forze progressiste e di sinistra prendano atto dei rischi ormai verificabili nella realtà sul campo, di una nuova escalation di guerra e conflittualità,  che non sarebbe un fatto circoscritto nell’area, ma sarebbe un nuovo sconvolgimento degli equilibri internazionali con il riaccendersi di focolai violenti, legittimati da un eventuale indipendenza decisa negli uffici dei padroni dell’impero, ma fuori dal Diritto Internazionale e dalla Carta dell’ONU; mi riferisco ad un effetto domino già preannunciato in ogni dove, da molti esperti e osservatori internazionali: se una banda di criminali e narcotrafficanti ( come fu definita nel ’98 in un report della stessa CIA l’UCK), può avere riconosciuto un territorio come repubblica indipendente ( uno stato delle mafie come definito dalla prestigiosa rivista LIMES), fuori da qualsiasi ragionevole logica di sviluppo pacifico e soluzione negoziata dei conflitti, PERCHE’ i Serbi della Bosnia, i Serbi della Repubblica di Krajina in Croazia, i popoli dell’Ossezia, dell’Abkhazia, della Transnistria, i Curdi della Turchia, i Corsi e i Bretoni in Francia, i Baschi in Spagna, i Nord Irlandesi, i Palestinesi, i Russi perseguitati nelle Repubbliche Baltiche, non potranno avere il diritto alla secessione e all’indipendenza? E l’elenco potrebbe continuare a macchia d’olio, certo qualcuno potrebbe pensare che sia paradossale, probabilmente segue molto poco i risvolti geopolitici del mondo. Ma c’è anche un altro aspetto che si focalizza nella regione balcanica, e sono gli effetti devastanti che si scatenerebbero nella stessa Serbia dove nella provincia del Sangiaccato l’Armata Nazionale Albanese opera con assalti, attentati, violenze, collegata con un’altra forza secessionista albanese della Valle del Presevo nel sud della Serbia, per unirsi al Kosovo indipendente; ma nella stessa strategia operano  forze secessioniste albanesi in Macedonia, Montenegro, Grecia del nord.

Dopo la vergognosa partecipazione dell’Italia ai bombardamenti del ’99, il nostro paese sarebbe nuovamente coinvolto direttamente in scenari di guerra, con le relative conseguenze.

Per opporci a tutto questo, per mantenere una “ non trattabile” scelta di lavoro per la pace contro la guerra, per continuare a lavorare per la convivenza e l’amicizia tra i popoli, lanciamo questo Appello/Manifesto come strumento positivo per una soluzione pacifica e negoziale del problema Kosovo Metohija e delle genti che lo hanno sempre abitato.

 

Maggio 2007

       

Enrico Vigna portavoce del Forum Belgrado Italia e presidente dell’Associazione SOS Yugoslavia

 

SUL Kosovo:

Ex capo della sicurezza dell’OSCE in Kosovo, attacca duramente i risultati della missione ONU 

 

Dopo 5 anni di controllo da parte delle nazioni Unite e miliardi di dollari d’aiuti internazionali, il Kosovo è una terra senza legge in mano alla mafia albanese, che si contraddistingue per la perpetrazione della pulizia etnica e soggetta a crescenti infiltrazioni da parte di Al-Qaeda, come rileva l’intervista rilasciata alla redazione del Cybercast News Service

 

Il fallimento dell’Onu, dato ormai per acquisito, è attribuito ai gruppi paramilitari illegali che fioriscono e che intraprendono attacchi terroristici finalizzati a destabilizzare i governi regionali nell’area balcanica, dice Thomas Gambill, un ex responsabile alla sicurezza dell’OCSE, che si auto definisce la maggior agenzia di sicurezza del mondo.

 

Gambill è stato responsabile della regione orientale di Gjilane in Kosovo dal 1999 fino al 2004 sotto l’autorità dell’ONU. Le sue critiche presero piede quando l’Onu si apprestava a definire i negoziati per lo status dell’insidiosa provincia del Kosovo, la quale era stata un protettorato Onu da quando le forze NATO bombardarono la Jugoslavia tra il marzo e giugno 1999 per costringere il governo serbo, guidato dal Presidente Milosevic, a ritirare l’esercito dal Kosovo.

Soltanto gli Stati Uniti hanno speso in Kosovo 5,2 miliardi tra il giugno 1999 e la fine del 2001, come attestato da un rapporto dell’ufficio contabilità del governo americano.

 

Le bombe NATO guidarono la rappresaglia dei musulmani

 

Le bombe NATO, si disse, venivano lanciate per rispondere alla pulizia etnica portata avanti dai serbi ai danni dei kosovari di etnia albanese. Ma non appena cessarono i bombardamenti, una feroce e revanscista pulizia etnica ebbe luogo ad opera degli albanesi, la maggior parte dei quali sono musulmani, con obiettivo i cristiani serbi. La violenza fu testimoniata e documentata dall’ONU e dall’OCSE.

Gambill illustra centinaia di pagine di documenti Onu e Osce con il Cybercast news Service, mostrando come i Serbi, e le altre minoranze, sono state sistematicamente (e con successo) colpiti per farle evacuare dal Kosovo.

 

In seguito al bombardamento NATO del Kosovo, le truppe americane sotto il comando NATO furono stazionate nelle vicine Macedonia e Albania, subito dopo il presidente Bill Clinton decise di schierarle nel Kosovo. Quando le forze Usa entrarono nella provincia nel giugno del 1999, la pulizia etnica cominciava già.

Episodi di violenza sessuale, tortura, incendi dolosi, assassini, rapimenti nonché minacce verbali divennero sempre più frequenti grazie ad una campagna ben organizzata che ha avuto successo, e che si è sviluppata proprio sotto il naso dell’Onu.

Le minoranze colpite dalla pulizia etnica degli estremisti albanesi include Serbi, Rom, Slavi mussulmani, Turchi, Croati.

I rapporti redatti dall’OSCE indicano che l’UCK, il quale fu addestrato e supportato dall’amministrazione Clinton, fu il principale responsabile della pulizia etnica. Nell’aprile del 1999, il congresso (anche con l’appoggio dei Repubblicani) approvò il sostegno militare americano per l’Uck.

Altri gruppi estremisti parteciparono alla pulizia etnica, sostiene Gambill.

 

L’obiettivo finale di questi gruppi è la creazione di uno stato etnicamente puro che includa l’Albania, il Kosovo, e parte della Serbia, Montenegro e Macedonia. “Faranno pressioni per avere sempre di più. Questo è il piano. Si chiama Grande Albania”, afferma Gambill.

 

I documenti OSCE rivelano che i Serbi in età molto avanzata, che non sono in grado di fuggire, sono minacciati e le donne gettate per le trombe delle scale. Altri vengono torturati, picchiati e uccisi. Alcuni anziani Serbi vengono portati ai monasteri per essere meglio protetti, tuttavia anche questi luoghi furono in seguito oggetto di attacchi (l’ultimo proprio nel marzo 2004), come i documenti OCSE attestano.

 

Interi villaggi svuotati a causa dei saccheggi e degli incendi applicati su larga scala. I documenti OSCE descrivono “massicce evacuazioni di popolazioni” dopo che molte delle loro case vengono date alle fiamme. La situazione è di una gravità tale che alcune regioni del Kosovo “sembrano zone di guerra”.

 

Un documento OCSE attesta che in un periodo del 1999 i crimini ebbero un calo, ma il rapporto non è in grado di precisare se ciò sia stato causa dell’arrivo della KFOR oppure perché erano ormai rimasti solo pochi Serbi.

 

Dopo 6 mesi di presenza NATO, la violenza contro i Serbi è diventata di minor frequenza, sebbene gli attacchi con granate, bombe alle automobili e rapimenti sarebbero continuati con cadenza settimanale, come sostiene Gambill. “Un episodio è accaduto appena due settimane fa”, ha aggiunto.

 

Chi perpetra la violenza a carattere etnico è incoraggiato dal mancato funzionamento della polizia locale o del sistema giudiziario, dice Gambill. Persino oggigiorno, i “buoni poliziotti” sono minacciati dagli ex membri dell’Uck, che sono anche nelle forze di polizia. “Una poliziotta, era una vera Serpico” ricorda Gambill. “Non voleva mollare per nessun motivo un’inchiesta, sebbene fosse stata minacciata. Fu uccisa subito dopo l’avvertimento”.

 

Alle minoranze si nega anche l’assistenza sanitaria, perché le strutture ospedaliere sono controllate solo da medici albanesi da quando la NATO è intervenuta. Egli rammenta un incidente in cui un medico serbo fu catturato dietro un edificio e fu freddato con un colpo di pistola alla testa. “A volte i serbi sono costretti ad andare in Serbia per ricevere assistenza”.

 

‘Non scuotere la barca!’

 

Gambill racconta al CNS, che la sua frustrazione nacque quando si rese conto dell’apatia dell’Onu e dell’Osce, nonostante la situazione da lui descritta come ufficiale di basso grado che “lavoro molto duramente e che prese a cuore la missione”.

 

“C’era un’atmosfera del tipo ‘non scuotere la barca’” spiega Gambill. “Molte persone andarono nella regione solo per via dell’ottima paga e per avere dei bei periodi di vacanza in Grecia. Non volevano avere problemi di alcun tipo”.

Le perlustrazioni venivano scoraggiate, dice Gambill, per paura di generare un conflitto a fuoco che potesse dare l’impressione che la Kfor non avesse in mano la situazione.

 

“Era tutto politicamente corretto. Tutto avevano paura di dire qualcosa” prosegue Gambill, ricordando che coloro che provavano a denunciare la difficile situazione erano soggetti a trasferimento o altre rappresaglie. “Nessuno mostrava la benché minima intenzione di ascoltare. Nessuno batteva ciglio. Dicevano che non potevo fare alcunché per cambiare il sistema, perciò perché parlare?”

 

Il risultato di questa attitudine, dice Gambill è stato che “ogni volta che c’era un attacco contro i Serbi, si diceva che si trattava solo di un caso isolato, un evento da spazzare sotto il tappeto”.

Gambill cercò di denunciare la situazione di grave minaccia alla sicurezza, ma spesso incontrava un atteggiamento che accondiscendeva tale status o, peggio, grasse risate. Durante un briefing che si è tenuto alla fine del 2000 presso l’Osce, Gambill identificò i gruppi paramilitari illegali operanti nei Balcani in aperta violazione della risoluzione numero 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

 

La mafia albanese fiorisce

 Allo stesso briefing, racconta Gambill che provò a spiegare la struttura della mafia, tuttavia, i delegati di Stati Uniti e di Russia biasimarono la relazione di Gambill. Così, il quartier generale dell’Osce a Pristina mandò un messaggio ai diretti superiori di Gambill con l’ordine di “zittire Tom”.

“Non puoi alzarti durante un meeting e dire, ‘Abbiamo perso il controllo del Kosovo, la mafia lo controlla ’ dice Gambill, “Ma l’hanno. Controllano quel dannato territorio”.

 

Gambill cita un dossier Osce che mostra 42 leader della mafia che si sono mossi in Kosovo a causa del bombardamento NATO con lo scopo di mettere in piedi un’organizzazione criminale. Continuano a prosperare sebbene ci siano continui sforzi per rafforzare le leggi in materia.

“Traffico di droga, contrabbando, armi, traffico di esseri umani ebbero un netto rialzo quando ero laggiù”dice Gambill. Egli presume che capi mafia di alto livello hanno anche importanti posizioni politiche.

“I bravi poliziotti” che vogliono colpire la corruzione sono “sotto minaccia” dice Gambill, aggiungendo che la mafia Albanese mantiene legami con quella Russa, Serba, Croata e Italiana per portare avanti i loro interessi comuni.

 

Gambill mette in guardia i suoi superiori delle Nazioni Unite circa la formazione di un nuovo gruppo ‘l’Esercito Nazionale Albanese ’, che descrive come molto pericoloso e abile, operante in Kosovo e nella Macedonia nord occidentale. Ma questi avvertimenti sono accolti con incredulità.

 

Fra qualche mese, l’esercito nazionale albanese, cercherà di guadagnarsi qualche credito lanciando qualche attacco terroristico per indurre l’Onu a riconoscere la sua esistenza.

 

Ora il Kosovo è entrato in quella che Gambill definisce “La Quinta fase”, caratterizzata da attacchi contro l’Unmik (la missione Onu nel Kosovo, N.d.T.). In Settembre l’Unimik avvertiva i suoi membri, di “controllare, prima dell’accensione, che il veicolo non abbia niente di anomalo o sospetto”.  Il messaggio arrivò dopo che un veicolo Unmik saltò in aria.

“Fuori l’Unmik!” recitano alcuni graffiti in molti edifici del Kosovo.

 

Un ufficiale superiore, che al momento lavora con la missione Onu in Kosovo, ha rilasciato una dichiarazione al CNS, chiedendo però l’anonimato. Dopo aver notato che l’esplosivo usato da Al Qaeda nel marzo 2004 a Madrid proviene dai Balcani, egli afferma “Sono qui a capo di una pattuglia speciale che sorveglia senza fare nulla. Quante altre persone devono morire, mentre i terroristi trovano qui il modo di riparare, proprio in questa zona non certo così tranquilla dei Balcani?”

 

“Il gioco del gatto e del topo si sta avviando alla fine,” dice l’ufficiale. “Kosovo è saturo di estremisti, così la Nato potrebbe esser spinta fuori prima che la situazione gli esploda in faccia. Guerra al terrore! Qui si tratta piuttosto di appoggio al terrore!”.

 

“La mia più grande preoccupazione è stata sempre l’incursione dell’Islam radicale nell’area,” dice Gambill. “Stanno facendo i preparativi in Macedonia per attacchi terroristici contro le forze internazionali se al Kosovo non sarà garantita l’indipendenza.”

 

Se le Nazioni Unite si esprimono contro l’indipendenza, dice Gambill, ciò sarà lo stimolo per i Sauditi per incrementare il loro coinvolgimento nella regione. “Hanno i soldi e il potere. Ricorderanno ai Kosovari che loro sono i soli veri amici che hanno. E aiuteranno la battaglia portata avanti dagli estremisti, e prepareranno attacchi contro le forze internazionali persino le truppe Nato lì stazionate.

Sherrie Gosset -  Cns News 27.9.2005         ( Traduzione di P. Scamardella)

La nostra SOLIDARIETA’:

 

        PROGETTO “ SOS Kosovo Metohija “

 

Dal marzo 1999 data d’inizio della “ guerra umanitaria” della Nato contro la ex Jugoslavia, seguiamo attraverso la solidarietà e un costante lavoro informativo, il vero e proprio tentativo di genocidio del popolo serbo e delle altre minoranze nel Kosovo Metohija,” perseguitate con la sola colpa di aver creduto ed essere stati leali, verso la convivenza e la multietnicità di ciò che è stata la ex Jugoslavia.

Perché oggi, nel colpevole silenzio di media e apparati mediatici, si sta consumando un crimine contro un intera popolazione, sulla base dell’appartenenza etnica, altroché “ intervento umanitario “del 1999. 

Oggi  nel cosiddetto “Kosovo liberato” la dimensione esistenziale quotidiana di uomini, donne e bambini serbi, rom, montenegrini, goranci, turchi, egizi e spesso anche albanesi non asserviti alle bande criminali dell’ex UCK, è una dimensione “drammatica”, una vita segnata dall’incubo della persecuzione violenta e della morte, rinchiusi e assediati dentro enclavi e isolati completamente da tutto…. Una non vita.

In seguito all’appello che ci giunse nel marzo scorso dalle enclavi del Kosovo ( che potete leggere nel retro) e con l’aiuto del Ufficio Adozioni Internazionali del Sindacato Samostalni della Zastava di Kragujevac, abbiamo deciso di avviare la costruzione del Progetto SOS KOSOVO METOHIJA,  a cui chiediamo di collaborare  chiunque voglia affiancare e sostenere la “resistenza”di questo popolo che chiede solo di vivere dove sempre è vissuto e dove ha le proprie radici millenarie.

Il Progetto consisterà, come sempre abbiamo fatto, in un  duplice obiettivo :

una Solidarietà concreta, sostenendo economicamente le famiglie più bisognose, cercando di fornire alle comunità, quanto ci verrà richiesto come urgenze e necessità collettive;

un lavoro di Informazione, denuncia e testimonianza di quanto accade ed è accaduto in quella terra martoriata.

Come sempre il principio che ci muove, è che saranno i nostri referenti sul posto a decidere ed a stabilire cosa hanno bisogno e  le loro priorità.

Sappiamo che, come sempre saranno gocce nel mare della disperazione, ma sappiamo anche che, rompere il silenzio della disinformazione, portare atti concreti di solidarietà, seppur piccoli, significa nel concreto dei popoli che resistono, rompere l’accerchiamento dell’isolamento sociale e civile e dell’invisibilità della loro situazione, che spesso è letale quanto la violenza subita, perché annichilisce gli animi e il pensiero del futuro.

Per queste genti tutto ciò significa anche tenere viva la fiammella della speranza, significa non sentirsi soli, significa continuare a lottare per vivere esoprattutto continuare a lottare per la libertà.

All’interno del Progetto queste sono le enclavi già interessate : Orahovac, Gorazdevac, Kosovska Mitrovica, oltre al progetto con Nis per l’area di Pristina.

I nostri referenti sono le persone con cui da cinque anni lavoriamo per i progetti su Kragujevac e Belgrado:

Rajka e Miljanka ( Uff.Adozioni Internazionali Sindacato Samostalni) e Gordana ( Decje Istina).

Per Orahovac il referente locale è il maestro Blazo Radic; per Gorazdevac il referente locale è Maksic Milko, per K.Mitrovica è Ilija Spiric, per Pristina è Radmila Vulicevic.

Per l’Italia, coordinatore e responsabile del Progetto verso i referenti di là è Enrico Vigna.

Sono a disposizione di chi vorrà sostenere questo progetto, già da subito, i video appena fatto “ Kosovo 2005, viaggio nell’apartheid” e “I Dannati del Kosovo”; il libro “ Kosovo liberato e il libro con le lettere dei bambini di Orahovac “ Dalla guerra all’assedio” con relativa mostra; oltre ad altri libri, video e materiali, i cui introiti vanno per i progetti.                                                                    

 

 

 Il nostro CHE FARE:  il PROGETTO “SOS KOSOVO”

 

La situazione logistica è veramente complessa e molto difficile da tutti i punti di vista, sia per la comunicazione estremamente complicata e discontinua, che per l’impossibilità di fatto di portare cose particolari. Ma soprattutto è la situazione politica  stessa, che rende complicata qualsiasi progettualità, in quanto la prospettiva anche di questo precario stato di vita nelle enclavi, non ha oggettivamente e realisticamente un futuro. Tutti coloro incontrati e intervistati in Kosovo, alla domanda cosa pensano degli sviluppi futuri, danno pacificamente per scontato una nuova ondata di violenze nei prossimi mesi per cacciare gli ultimi rimasti, per poi arrivare all’appuntamento finale con il completamento della pulizia etnica, che sarà il momento dell’indipendenza, probabilmente il prossimo anno. Questo è un po’ il pensiero comune di tutti gli abitanti lì, ad altri sviluppi loro non credono; un'altra realtà è quella invece di Mitrovica , dove pur partendo dalle stesse valutazioni di sopra, danno altre valutazioni e scenari, come risposta a quanto accadrà, come descritto nella relazione del viaggio fatta da E. Vigna.

Per questo i nostri Progetti di solidarietà  vanno pensati in un ottica di contingenza, che sono indicati nei dettagli del Progetto SOS Kosovo, sulla base degli accordi presi con i nostri referenti del posto.

Un altro aspetto delicato e su cui va fatta una specifica attenzione è proprio quello dei referenti nelle comunità delle enclavi. C’è un rischio molto alto che, se non si è attenti nello stabilire il referente, peccando di superficialità, invece di aiutare, si fanno gravi danni e problemi alla comunità dell’enclave, provocando divisioni e disgregazioni, che già esistono per motivi più generali. Così l’aspetto della solidarietà, invece che avere una funzione positiva e costruttiva, produce un fattore di negatività sociale, con gravissime conseguenze nel loro vivere quotidiano internamente all‘enclave.

Per questo, come Associazione SOS Yugoslavia e nello specifico del Progetto SOS Kosovo, ancora di più, abbiamo chiesto a loro come Associazione pubblicamente, nell’assemblea di indicare il loro referente di fiducia.

Per chi volesse darci una mano o essere informato sui dettagli, le richieste, i percorsi concordati e i progetti di lavoro, contattateci.   

                                                              

I primi obiettivi concreti dei Progetti sono:

 

Progetto Orahovac

 

 Progetto Gorazdevac

 

Progetto “Associazione Sclerosi Multipla del Kosovo Metohija”, Kosovska Mitrovica

 
Progetto  per i Figli dei rapiti del Kosovo con :

“Associazione Donne di Srecna Porodica ( per una Famiglia Felice), Nis

                                                                

Dalla lettera di un bambino serbo kosovaro dell’enclave di Orahovac:

 

“ …la mia infanzia trascorre circondata dal filo spinato, anche se ho dodici anni, da quattro anni non ho ciò che hanno tutti bambini del mondo, cioè la libertà. Io vorrei che tutte le fabbriche di filo spinato si trasformassero in fabbriche di giocattoli e fiori, così avremmo abbastanza giocattoli e fiori per tutti i bambini del mondo…”            ( Dusan M. 12 anni )

 

( Tratto dal libro : E. Vigna – Dalla guerra all’assedio . Ed. La Città del sole)