Notiziario Patria Grande - Settembre 2022

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NOTIZIARIO

 

SETTEMBRE 2022

 

 

 

 

TELESUR / CILE / REFERENDUM COSTITUZIONE

Cile, cosa succede ora che ha vinto il no?

 

REBELION / ESTERI /  ELEZIONI IN BRASILE

Trionfo di Lula, trionfo latinoamericano

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / GUERRA IN UCRAINA

Ucraina: la guerra senza fine

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / GEOPOLITICA DEL CONFLITTO IN UCRAINA

Il «vecchio» ordine e la nascita del «nuovo»

 

GRANMA (CUBA) / ECONOMIA / INCONTRO CON L’IMPRENDITORIA ITALIANA

Díaz-Canel incontra imprenditori e personalità italiane

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / PALESTINA

Il triste risveglio dei bambini palestinesi

 

GRANMA (CUBA) / INTERNI / NUOVO CODICE DELLE FAMIGLIE

La famiglia cubana è cambiata e il nuovo Codice la sostiene

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / INCREMENTO DI SUICIDI NEGLI STATI UNITI

Riportato un incremento di suicidi nell’installazione militare degli Stati Uniti

 

GRANMA (CUBA) / INTERNI / COMMEMORAZIONE DI FABIO DI CELMO

La giovane vita spezzata dal terrore

 

TELESUR / CILE / REFERENDUM COSTITUZIONE

Cile, cosa succede ora che ha vinto il no?

di Itzamnà Ollantay, 5 settembre 2022

 

 

Domenica 4 settembre, oltre 13 milioni di cileni (su 15 milioni di aventi diritto), si sono recati alle urne per "approvare" o "rifiutare" il testo costituzionale (488 articoli, più 57 articoli transitori), redatto dai 155 membri dell’Assemblea Costituente.

Nel recente plebiscito, il 62% circa dei cileni e cilene ha espresso “NON APPROVO” il testo costituzionale. Attenzione: la consultazione era sul testo costituzionale, non sul processo costituente. 

È importante ricordare che nella consultazione popolare svoltasi a ottobre 2020, il 78% dei cileni così si pronunciò: “VOGLIAMO UNA NUOVA COSTITUZIONE POLITICA”. Si trattava allora di una consultazione per avviare il processo costituente. E tale resta la volontà popolare. Il Cile ha appena rifiutato il testo costituzionale così come proposto, ma non il processo costituente. 

Quale via resta, ora che ha vinto il rifiuto? 

Secondo il sistema costituzionale, a fronte della disapprovazione popolare del testo costituzionale proposto dall'assemblea costituente, i membri della stessa si riuniscono nuovamente e procedono con modifiche e integrazioni di tematiche o richieste d’interesse popolare, che ne abbiano motivato il rifiuto. Si procede quindi nuovamente alla consultazione popolare. Ciò succede quando l'Assemblea Costituente ha carattere indipendente, non soggetta al potere costituito. 

Nel caso dell’attuale Assemblea Costituente del Cile, i suoi membri dovrebbero tornare a dibattere, raggiungendo un accordo per un nuovo testo costituzionale da presentare e sottomettere prossimamente a referendum. Sembra però che non sarà così, perché la suddetta Assemblea sorse e funzionò come un ente derivato dal potere costituito. Lo stabilisce chiaramente la Legge numero 21200. 

Per di più, tale Legge 21200 non prevedeva la situazione in cui si trova attualmente il processo costituente cileno, di un esito negativo. Inoltre i membri stessi dell’Assemblea ritengono i propri lavori conclusi con la redazione di un testo costituzionale concordato e sottoposto a consultazione popolare. Che strada resta? 

Avvalendosi della massima democratica: “La sovranità appartiene al popolo", e considerando che nel 2022 il 78 % dell'elettorato cileno votò a favore di un processo costituente per una nuova Costituzione Politica, ciò che si prospetta ora sono nuove elezioni, in cui il popolo voti scegliendo/formando una nuova Assemblea Costituente col compito di concordare, redigere e presentare un nuovo testo costituzionale. E ciò deve avvenire nel più breve tempo politico possibile. 

Il governo conservatore di Piñera "firmò" la Legge 20021, che diede origine all’Assemblea Nazionale Costituente, senza maggiori competenze o poteri. 

Ora, il governo "progressista" di Gabriel Boric, il minimo che può concertare con le forze politiche e sociali del Paese, è un'autentica Assemblea Costituente Popolare, Plurinazionale, Paritetica e Indipendente con pieni poteri per incorporare tutte le tematiche, come il recupero dei beni comuni, le tasse, ecc. che i delegati attuali non sono riusciti ad inserire nel testo costituzionale respinto. 

A nostra memoria, tra i processi costituenti partecipativi svoltisi nel Continente americano, è la prima volta che un Paese in consultazione respinge il testo costituzionale redatto dai rappresentanti designati. Bolivia, Ecuador, Venezuela, Colombia, Perù... vissero processi costituenti, alcuni con referendum popolari sui rispettivi testi costituzionali, ma in nessun caso era stato respinto un testo costituzionale proposto. 

Sembra che il Cile, lungi dal respingere un processo di trasformazioni strutturali o rifiutare la possibilità di una nuova Costituzione Politica, ciò che sta chiedendo davvero siano cambiamenti strutturali più profondi ed un’Assemblea Costituente Indipendente. In tal senso i settori progressisti e conservatori devono cogliere l’opportunità di leggere gli eventi e agire di conseguenza. 

 

Traduzione a cura di Adelina B., gruppo Patria Grande (Civg)

Fonte: https://www.telesurtv.net/bloggers/Chile.-Que-pasa-ahora-que-gano-el-rechazo-20220905-0002.html

 

 


 

 

REBELION / ESTERI /  ELEZIONI IN BRASILE

Trionfo di Lula, trionfo latinoamericano

di Eduardo Paz Rada (Sociologo boliviano, docente all’UMSA), 26 settembre 2022

 

 

Il prevedibile trionfo elettorale e la presidenza di Lula Da Silva in Brasile hanno un'importanza vitale per l'America Latina e i Caraibi. 

Il futuro politico ed economico dell'America Latina e dei Caraibi dei prossimi trent’anni è imperniato nel presente momento delle elezioni in Brasile, la cui popolazione avente diritto al voto di ben 160 milioni di elettori deciderà non solamente il destino del Paese territorialmente più esteso del continente, il più popoloso, con un'economia che si colloca fra le 13 più importanti al mondo, una disuguaglianza sociale estrema ed una cultura multiforme, bensì definirà anche le prospettive di integrazione emancipatrice e indipendente dei Paesi della regione, di fronte a sfide di importanza e trascendenza storica, segnate da forti contraddizioni geopolitiche ed economiche e da una lotta mondiale multipolare fra superpotenze. 

Sicché, dopo aver subito la persecuzione e il carcere imposti per decisione politica dalla borghesia brasiliana e dalle oligarchie interne, eseguiti dal pubblico ministero Sergio Moro, e dopo aver denunciato il fallimento del governo di Jair Bolsonaro, che ha causato maggiore disoccupazione, povertà, emarginazione ed una crisi sociale ed economico-finanziaria su vasta scala, il leader del Partito dei Lavoratori (PT) Lula Da Silva, si erge con forza incontenibile per vincere le elezioni presidenziali, che si svolgeranno il prossimo 2 ottobre, e per proiettarsi a governare la principale potenza latinoamericana. 

Dall’inizio di questo secolo vi furono 8 anni di governo di Lula Da Silva e 5 di Dilma Rousseff, che trasformarono la struttura politica, economica e sociale del Brasile mediante un progetto che riuscì a portare fuori dalla miseria, discriminazione ed emarginazione oltre 40 milioni di brasiliani, superando le grandi disparità sociali e regionali che si trascinavano dalle epoche coloniali ed oligarchiche, governate dagli interessi dei "colonelli" proprietari terrieri, degli schiavisti di neri ed indigeni e delle borghesie interne adese al capitalismo imperialista. 

 

Come la fenice

La carcerazione di Lula, durata 1 anno e 7 mesi, con un processo inventato dai poteri forti, fu preceduto dal colpo di Stato contro Dilma nel 2016 e dall'attacco portato avanti strategicamente dagli Stati Uniti e dagli apparati politici, mediatici, giudiziari e di violenza contro i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, che avevano assunto una posizione nazionalista, liberatrice, antimperialista e d’integrazione emancipatrice. 

Insieme a Hugo Chávez e Néstor Kirchner, nel corso dei primi 15 anni di questo secolo Lula diede impulso al progetto di unità regionale più importante della storia latinoamericana, e fece del Brasile un interlocutore in campo internazionale partecipando all'alleanza fra Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (BRICS). Tuttavia, l'operaio metallurgico ed ex-presidente brasiliano ha riconosciuto, alcune settimane fa, di non aver fatto abbastanza al riguardo e che adesso l'unità latinoamericana e caraibica è una priorità. 

I colpi di Stato in Honduras nel 2009, Paraguay nel 2012, Brasile nel 2016 e quindi in Bolivia nel 2019, embarghi, minacce, accerchiamenti e pressioni militari su Venezuela, Nicaragua e Cuba, cospirazioni neoliberiste e conservatrici in Ecuador, El Salvador, Perù, Ecuador, Argentina ed altri Paesi dei Caraibi, sono stati i segni più evidenti della nuova ondata interventista dell'imperialismo nordamericano nella nostra regione di fronte all’ascesa geopolitica, economica e commerciale di Cina, India e Russia a livello mondiale. 

 

Progetto in sospeso

Era prioritario per Washington smantellare i progetti di unità e integrazione bolivariana e sanmartiniana, che progredivano in modo sostenuto dall’inizio del XXI secolo con la formazione dell'ALBA, UNASUR e CELAC, e che permettevano all’America Latina e Caraibica di giocare un ruolo importante nelle relazioni internazionali multilaterali e multipolari. 

Ciò avrebbe rappresentato un affronto per il potere imperiale ed oligarchico, che ancora adesso non smette di cospirare e minacciare la rinascita di leadership nazional-popolari e promuove direttamente o indirettamente attentati contro la vita dei leader regionali, com’è il caso recente di Cristina Fernández, senza scartare atti simili contro Lula Da Silva, Gustavo Petro, Evo Morales, Xiomara Castro o Nicolás Maduro. 

Il prevedibile trionfo elettorale e la presidenza di Lula Da Silva in Brasile hanno un'importanza vitale per l'America Latina e i Caraibi, perché si aprono orizzonti in cui stringere legami ed avanzare con maggiore energia ed esperienza insieme ai governi di Andrés López Obrador in Messico, Gustavo Petro in Colombia, Gabriel Boric in Cile, Pedro Castillo in Perù, Xiomara Castro in Honduras, Luis Arce in Bolivia, Alberto Fernández in Argentina, Nicolás Maduro in Venezuela, Daniel Ortega in Nicaragua e Miguel Diaz Canel a Cuba, per dare impulso e consolidare l'integrazione della Patria Grande mediante la Comunità di Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC). 

 

Traduzione a cura di Adelina B., gruppo Patria Grande (Civg)

Fonte:  https://rebelion.org/triunfo-de-lula-triunfo-latinoamericano/

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / GUERRA IN UCRAINA

Ucraina: la guerra senza fine

 


La UE e gli USA hanno intorpidito la ricerca della pace. Photo: Reuters

 

Non sono presagi infondati: è difficile da capire, ma il mondo oggi viene condotto - con discreta rapidità - verso la deflagrazione di una guerra nucleare, forse l’ultima, con armi che possono sterminare la popolazione del pianeta. Proviamo ad analizzare gli elementi che inducono questa visione così apocalittica.

Non più in là del 24 agosto scorso, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato un nuovo pacchetto di invio di armi all’Ucraina del valore di quasi tre milioni di dollari, denaro sufficiente per sfamare e curare milioni di bambini africani.

Nella stessa giornata, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è riunito, su richiesta della Russia, per trattare il tema degli attacchi militari ucraini contro la centrale nucleare di Zaporozhye, già attaccata precedentemente da Kiev per 17 volte negli ultimi giorni, e degli incendi provocati vicino all’installazione.

La guerra in Ucraina ha rivelato che gli Stati Uniti utilizzano la popolazione ucraina come carne da cannone nel loro affanno egemonico di piegare la Russia e puntare tutti i loro cannoni contro la Cina. Mosca li ha avvisati dal primo istante: «Non permetteremo che i cittadini russi o di origine russa che vivono nella regione del Donbass vengano massacrati con ripetute aggressioni. Non possiamo permettere che gli USA e la NATO cerchino d’assediare la Russia portando armi moderne fino alle sue frontiere con l’Ucraina».

Senza dubbio però l’Unione Europea non ha fatto altro che intorpidire la ricerca della pace e creare una situazione economica e sociale avversa a detrimento delle sue proprie nazioni. I governi europei che appoggiano la politica statunitense di armare l’Ucraina e sanzionare e destabilizzare la Russia, devono tener presente che questa centrale nucleare è la più grande d’Europa, ha sei reattori d’acqua  pressurizzata e ha una capacità totale di  6000 megawatt, e tutto quello che succede può danneggiare i paesi del vecchio continente. Nel peggiore dei casi, le componenti radioattive si possono espandere e agire contro la vita di milioni di persone.

Inviare armi a Kiev e imporre sanzioni di ogni tipo alla Russia ha favorito il  complesso militare statunitense. Con la politica russofobica applicata dalla UE e da molti dei suoi Paesi, la situazione di ogni casa e di ogni cittadino europeo è minacciata in maniera straordinaria. Questo 25 agosto, per esempio, la notizia non poteva essere peggiore: il prezzo del gas è aumentato fino alla cifra record  di 3200 dollari per mille metri cubi.

A questo va sommata l’avversità della peggior siccità degli ultimi 500 anni e della peggiore ondata di calore di cui l’Europa sia stata vittima da tempo immemore che ha già provocato la morte di più di mille persone. Ciò nonostante, il capo della diplomazia della UE ha appena proposto «una grande missione d’addestramento e aiuto all’esercito ucraino».

Le azioni di Joe Biden, che ha approvato una nuova partita di quasi 3 miliardi di dollari in armi per l’Ucraina e l’iniziativa di Josep Borrell per far sì che la UE, oltre ad apportare armi a Kiev e sommarsi al carro delle sanzioni contro la Russia, addestri i militari ucraini, dimostrano che molti hanno interesse che questa guerra non termini più.

Elson Concepción Pérez e GM per Granma Internacional, 25 agosto 2022

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / GEOPOLITICA ALLA LUCE DEL CONFLITTO IN UCRAINA

Il «vecchio» ordine e la nascita del «nuovo»

È ovvio che il riferimento all’ordine, sia «vecchio» che «nuovo», ha a che vedere con il riordino geopolitico globale attuale: il «vecchio» è quello sorto dopo la Seconda Guerra Mondiale, egemonizzato dagli Stati Uniti in particolare dopo l’implosione dell’URSS, e il «nuovo» è quello che comincia a diventare più evidente con la risposta della Russia alle provocazioni degli USA, della NATO e dei loro alleati che hanno iniziato la guerra in Ucraina. E anche con quella della Cina alle provocazioni dell’allora indiscutibile paese egemonico, quando viola il patto rispetto al riconoscimento di una sola Cina e organizza visite ufficiali, prima nientemeno che con la terza figura nell’ordine gerarchico degli USA e poi con nuove provocazioni, quella dei congressisti statunitensi nel territorio di Taiwan, con l’obiettivo implicito di rompere l’accordo del 1979 che riconosceva l’esistenza di una sola Cina e che allora aveva aperto le porte al neoliberalismo globalizzatore.

Anche se può risultare polemico il tentativo di precisare la data dell’inizio della fine del vecchio ordine (fine della Guerra Fredda, del neoliberalismo e della globalizzazione compresi), non sembrerebbe un errore ubicare l’inizio della transizione, per il suo simbolismo, negli anni ‘90 del secolo scorso, paradossalmente in coincidenza con l’implosione dell’URSS, e per differenti cause, anche per la non meno fragorosa implosione della Yugoslavia sviluppata negli anni ’90 e terminata con la guerra non dichiarata (violando la Carta della ONU e tutte le norme dei diritti internazionali) terminata con il bombardamento della NATO nel 1999 provocando la morte di migliaia di civili.

Si potrebbe anche posizionare quando già nel XXI secolo i molto sospetti e mai chiariti attacchi con aerei alle Torri Gemelle di New York, trasmessi in diretta, mentre il Presidente del paese attaccato appariva tranquillo che leggeva una pubblicazione al contrario, ma pronto a dichiarare la sua intenzione di attaccare gli aggressori «in qualsiasi oscuro angolo del mondo».

Non si devono avere dubbi sul fatto che devono essere considerati segni dello sgretolamento del vecchio  ordine – e dei tentativi per mantenerlo – l’invasione in Iraq del 2002 e le menzogne per giustificarla, l’ampliamento della NATO con l’inclusione dei paesi ex sovietici, il colpo di Stato in Ucraina e la sua nazificazione, e anche la risposta della Russia, beneficiata dal prezzo del petrolio come conseguenza di questa stessa guerra.

L’assedio agli interessi della Russia e della Cina, il richiamo allarmato di Putin (2007) di fronte ai tentativi degli USA di creare un mondo unipolare con gli annunci di uno scudo antimissili, presumibilmente mirato alla protezione dell’Europa da possibili attacchi della Corea del Nord e dell’Iran; la violazione degli accordi di Minsk e il ritorno della Crimea alla Russia. Tutto mentre si compie l’accelerato e inarrestabile sviluppo economico e scientifico-tecnologico della Cina, ottenuto nelle cornici della globalizzazione.

Il risultato di quanto qui brevemente riassunto è il rafforzamento dei vincoli tra tra la Cina e la Russia, molto temuto dal noto politologo statunitense Henry Kissinger, cosciente che gli USA non potranno sferrare una guerra su due fronti.

È necessario ricordare tutto questo, che è il contesto nel quale il mondo si «deglobalizza» o, come altri sostengono, nel quale la globalizzazione si «regionalizza», e obbliga a indagare tra le cause che determinano il ritorno a una «nuova» Guerra Fredda al margine delle ideologie, e perché, come ha segnalato il segretario generale dell’ONU António Guterres, «la prospettiva di una guerra nucleare ora entra tra le possibilità», e questo ci pone sulla soglia dello sterminio.

 

Economia e capacità militare

Il declino dell’egemonia statunitense e del suo «ordine basato sulle regole» è storia nota, che l’ha resa un fatto disfunzionale come la cosiddetta «democrazia rappresentativa», che rappresenta gli interessi del grande capitale e degli oligarchi e non dei popoli; non ci riferiremo nemmeno all’inesistente  «liberalismo economico», tanto manipolato dalle grandi multinazionali, che impone «sanzioni agli Stati». Fermiamoci al presente e, nella misura possibile, nell’immediato futuro e nei due aspetti che consideriamo i più importanti.

Il primo ha a che vedere con l’economia, per la sua capacità di riflettere tutto. La prima cosa possibile che si deve osservare è la diminuzione della partecipazione «dell’occidente» alla generazione del prodotto lordo globale (anche se gli Stati Uniti mantengono la loro partecipazione e continuano ad essere la prima potenza economica mondiale, situazione che, se non si produce una catastrofe, si manterrà fino alla fine del presente decennio). Nello stesso tempo, se non avviene un cataclisma, l’aumento della partecipazione dei cosiddetti paesi emergenti, in particolare i Brics e tra loro la Cina, supererà l’economia degli USA prima della fine del decennio attuale.

Tutto è accelerato dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni promosse dagli USA, dalla NATO e dall’Unione Europea, che hanno aggravato la situazione, e dall’inclusione dei nuovi membri al Brics. Lo scorrimento dell’asse geopolitico globale verso la  regione Asia-Pacífico è irreversibile.

Il secondo è la capacità militare. L’immensa maggioranza di quel che si può leggere sull’argomento (l’índice Global Firepower 2022 lo dimostra) combina più di 50 indici che includono la grandezza dell’esercito, il numero dei carri armati, le navi, gli aerei e i finanziamenti, e pone gli USA al primo posto, la Russia al secondo e la Cina al terzo.

A questo andrebbe aggiunto quanto segnalato da Vladímir Putin nel discorso d’apertura del Salone di Difesa 2022: «Le armi russe sono più moderne di anni e decenni delle loro analoghe straniere e sono molto superiori nelle caratteristiche tattiche e tecniche», e le ultime dimostrazioni della loro efficienza sembrano una conferma.

L’avventura statunitense contro Taiwan non è solo il viaggio  individuale di un politico irresponsabile, ma parte di un movimento cosciente e determinato che cerca di destabilizzare e buttare nel caos questa regione del mondo.

Quanto esposto sembrerebbe corroborato nell’articolo di Bloomberg del 9 agosto sui «giochi della guerra» che simulano le azioni che si svilupperanno in un possibile scontro tra Stati Uniti e Cina per Taiwan, e le sue cupe conseguenze. Anche se si prevede che l’esercizio termini nel prossimo dicembre, basta citare un frammento di questo articolo: «I risultati mostrano che nella maggioranza degli scenari, anche se non in tutti, Taiwan potrà respingere un’invasione. Senza dubbio il costo sarà molto alto per l’infrastruttura e l’economia di Taiwan e per le forze statunitensi nel Pacifico».

Senza considerare le perdite umane, gli ultimi dati indicano ciò che significherebbe in maniera immediata: Taiwan produce oggi il 90% dei semiconduttori avanzati del mondo; la Cina continentale produce il 40% e per il 2025 si prevede che produrrà il 70% dei semiconduttori.

Il riassunto fino a qui è poco roseo, ma è anche peggiore se si aggregano altri dati che lo potrebbero accrescere dato che gli USA e «l’occidente», nel migliore dei casi, tentano di dividere il mondo in blocchi contrapposti e, anche peggio, provocare uno scontro globale.

I conflitti si ripercuotono ogni volta su più nazioni e coinvolgono sempre più potenze regionali come la Turchia e l’Iran, ma anche l’Australia, l’India o il Giappone. La guerra per delega dell’Ucraina si può estendere ad altri paesi europei come Serbia, Kosovo, Moldavia, Lituania e Estonia.

L’Ucraina è sempre più vicina a scatenare un disastro nucleare in Europa con il bombardamento del più grande impianto atomico della regione. Se si osservano i possibili paesi che potrebbero essere danneggiati, si può affermare che sono accettabili per «l’occidente». Se pensare a quanto sopra risulta inammissibile e inaudito, basterebbe ricordare Harry S. Truman e Hiroshima e Nagasaki.

Il mancato rispetto degli Accordi di Minsk e l’avvicinamento della NATO alla Russia per obbligarla ad attuare «l’attacco non provocato e ingiustificato» all’Ucraina, e poi la visita prima di Nancy Pelosi e poi di altri membri del  Congresso degli USA a Taiwán, sono “giocate” che hanno iniziato un’altra pericolosissima partita che Biden, gli USA e il loro accolito, ignorando la logica e le raccomandazioni, hanno deciso di giocare sulla «scacchiera mondiale».

Obbligati a guadare il Rubicone, Putin e la Russia hanno risposto alle provocazioni con «l’operazione  militare speciale» e Xi Jinping con l’avviso che «chi gioca con il fuoco si brucerà». Speriamo che l’istinto di conservazione sia più forte delle ansie di potere e di ricchezza di coloro che hanno cominciato il gioco.

Jorge Casals Llano e GM per Granma Internacional

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ECONOMIA / INCONTRO CON L’IMPRENDITORIA ITALIANA

Díaz-Canel incontra imprenditori e personalità italiane

 

I vincoli nati tra Cuba e l’imprenditoria italiana superano la tradizione e gli aspetti meramente economici perché tra le due nazioni c’è un vincolo culturale, storico e di conoscenza reciproca che caratterizza i due popoli. Lo ha affermato nel Palazzo della Rivoluzione il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista e Presidente della Repubblica Miguel Díaz-Canel in un incontro con imprenditori e personalità d’Italia, presieduto anche dal membro del Burò Politico e primo ministro Manuel Marrero Cruz e dal vice primo ministro per l’Economia e la Pianificazione Alejandro Gil Fernández.

«Sono contento di essere qui», ha detto il Capo di Stato mentre salutava i suoi interlocutori nel Salone Portocarrero. Tra loro, quasi tutti giunti nell’Isola con l’interesse di promuovere rapporti d’affari, c’erano Claudio Cardini, presidente del Gruppo Daiquirí Tours; l’ambasciatore della Repubblica Italiana a Cuba Roberto Vellano; il sindaco di Firenze Dario Nardella con altri amici provenienti dall’Italia.

Il Presidente Díaz-Canel ha detto che l’incontro avviene nel momento in cui Cuba vive un insieme di difficoltà che si sono ripercosse sull’economia e sul sociale e che hanno molto a che vedere con i danni economici e finanziari dal secondo semestre del 2019. Partendo da quel momento, ha spiegato il presidente, l‘Isola ha cominciato a sentire il peso delle 243 misure applicate dall’amministrazione Trump, che si sono abbattute su tutte le fonti di finanziamento.

Il Paese ha sofferto in questo periodo una persecuzione finanziaria e anche energetica, ha sottolineato, e dal principio di gennaio del 2020 un crescendo di aggressioni. Ai visitatori ha ricordato che «Trump ci ha rimesso nella lista dei Paesi terroristi e questo, di fatto, ci ha tagliato tutte le fonti di finanziamento e di credito bancario».

Díaz-Canel ha spiegato che si tratta di un’assurdità, di una lista ingiusta e pretestuosa perchè Cuba è un Paese che mai - e tutto il mondo conosce l’educazione umanista di Cuba - ha appoggiato azioni di terrorismo, ma è stata invece vittima del terrorismo proveniente dagli Stati Uniti.

Sulla guerra mediatica contro Cuba, il Presidente ha sottolineato che c’è una Cuba nelle reti sociali e nei giornali che opera il linciaggio, e c’è un’altra Cuba come quella che ora visitano gli amici italiani. Tutte le calunnie, ha spiegato Díaz-Canel, «indubbiamente rendono più complessa la nostra situazione».

Il presidente ha poi anche parlato dell’attuale situazione del Sistema Elettrico Nazionale; dei problemi lasciati dal covid – da cui Cuba è uscita con vaccini e ventilatori polmonari propri - e ha spiegato come le brigate mediche hanno potuto andare nel mondo, compresa l’Italia, nel mezzo di una pandemia quasi sconosciuta in quel momento. Ha quindi denunciato le pesantissime restrizioni imposte dalle sanzioni imperialistiche che anche nel momento peggiore hanno negato le forniture di ossigeno, ma nonostante questo Cuba ha superato le avversità e, alla fine del 2021, ha potuto riaprire le frontiere e cercare una nuova normalità e far ripartire l’attività economica e sociale.

A proposito del contesto dei provvedimenti per rivitalizzare il Paese pur nel mezzo delle complessità, Díaz-Canel ha spiegato agli imprenditori e alle personalità italiane che Cuba ha stabilito l’interesse di dare all’investimento straniero la possibilità di partecipare al commercio interno cubano all’ingrosso e al dettaglio: «Che voi veniate con questa volontà di fare affari con Cuba, di lavorare, di presentare progetti (…) dice molto dell’impegno che avete con Cuba, della comprensione che avete della nostra situazione e del desiderio di lavorare insieme. Per noi l’Italia è un socio commerciale importante, è uno dei sei Paesi con i quali abbiamo, in Europa, le più forti relazioni commerciali e uno dei principali investitori del mondo europeo in Cuba».

Poi ha esposto i criteri e le motivazioni che in questi giorni animano alcune regioni dell’Isola a sollecitare proposte nel settore immobiliare, in quello agro-ecologico, dell’architettura o del turismo.

Claudio Cardini ha presentato lo scenario cubano ai suoi conterranei, non senza confessare che il suo cuore batte forte per Cuba. Poi Dario Nardella, sindaco di Firenze, ha parlato del piacere di trovarsi all’Avana e ha manifestato la sua impressione per la bellezza, la cultura e la storia dell’Isola: «Siamo molto felici di poter collaborare nel settore turistico utilizzando la cultura come un grande ponte».

Gli imprenditori hanno condiviso idee nel segno dall’affetto e del desiderio di fare cose buone nel paese dei Caraibi. Qualcuno ha detto che nei momenti difficili l’amicizia è molto importante, e si è sommata un’altra voce del gruppo dei visitatori:«Non siamo qui per criticare; siamo qui per trovare soluzioni» e il Presidente Díaz-Canel ha commentato: «Siamo coscienti dei problemi che abbiamo, accetteremo qualsiasi critica che insegni».

Il primo ministro Manuel Marrero Cruz si è riferito all’importanza che «tutti comprendano che nella strategia di recupero e sviluppo economico del Paese noi prevediamo un ruolo importante per la partecipazione straniera».

Il Capo del Governo ha precisato che anche se la propaganda nemica dipinge Cuba come una società chiusa «non c’è timore di cambiamento», ricordando che per il Comandante in Capo Fidel Castro Ruz il concetto di Rivoluzione è «cambiare tutto quello che dev’essere cambiato».

In sintonia con tutto questo, Marrero Cruz ha affermato che «tutti i progetti, tutti i programmi che abbaiamo annunciato dimostrano questa volontà. Non rinunceremo al socialismo, ma stiamo perfezionando il nostro socialismo perché stiamo vivendo tempi differenti. Non cambieremo le radici e le fondamenta che hanno stabilito le basi della Rivoluzione, che sono di giustizia sociale,  ma stiamo perfezionando il metodo senza mai dimenticare di mettere la persona in prima posizione, al disopra di tutto».

Il Capo del Governo ha detto che «stiamo facendo cambi profondi, e stimolare l’investimento e la partecipazione straniera è uno di questi, ed è per questo motivo che diamo importanza a questo incontro».

Marrero Cruz ha detto infine agli amici italiani di sostenere ogni loro iniziativa e ha dichiarato: «Potrete contare in ogni momento sul nostro appoggio, siamo interessati a parlare quanto prima di risultati».

Per fare il punto su tutto quanto detto nell’incontro, il Presidente Díaz-Canel ha rinnovato i ringraziamenti per la disponibilità e l’interesse alle proposte, e ha sottolineato il verbo “lavorare” affinché i propositi non tardino a dare i loro frutti.

Alina Perera Robbio e GM per Granma Internacional, 31 agosto 2022

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / PALESTINA

Il triste risveglio  dei bambini palestinesi

 


Dal 2000 a oggi sono almeno 2000 i bambini ultimati dal regime sionista. Foto: palestinalibre.org

 

Mohammed, Hussein, Bassim, Mousa, Ahmad, Amir, Ibrahim, Nidal, sono alcuni dei nomi tra i tanti che allungano la triste lista dei bambini assassinati dai costanti attacchi dell’esercito israeliano contro i palestinesi. Bambini cresciuti in una spirale di violenza, soffrendo traumi psicologici e fame. Secondo i dati riportati dall’organizzazione israeliana per i diritti umani B'Tselem, dal settembre del 2000 Israele ha ucciso 2103 bambini, 1673 a Gaza e 430 in Cisgiordania.

L’Agenzia Anadolu ha denunciato che uno dei problemi maggiori affrontati dai bambini palestinesi è la loro detenzione arbitraria. Almeno 140 sono attualmente nelle carceri di Israele.

La stampa dedica scarsi spazi al tema e non spiega mai che dal 1955 i palestinesi vivono in campi di rifugiati, e i bambini sono costretti a soffrire carenze per via degli sfollamenti forzati.

Come se questo genociodio fosse poco, la Striscia di Gaza, uno dei territori più densamente popolato del pianeta – in soli 360 kmq vivono più di due milioni di persone – è bloccata per via aerea, di terra e di mare, provocando sofferenze per carenze materiali.

I bambini palestinesi si possono svegliare e scoprire che i loro genitori non ci sono più, o che il nuovo giorno comincia con il rumore delle mitragliatrici, o ritrovarsi a essere scudi umani.

Anadolu ha informato che più di 700 mila minori a Gaza si sono ritrovati senza le loro scuole, famiglie e case. Mentre i bambini e le famiglie soffrono queste crudeltà e il mondo contempla con orrore quello che succede in  Palestina.

Dov’è il Consiglio dei Diritti Umani? Quale organismo multilaterale esige il rispetto alla vita e ai diritti dei minori? Finché l’attenzione a questi diritti manterrà un tratto politico, ci sarà un doppio metro per misurare cos’è una violazione e cosa no.

Nuria Barbosa León e GM per Granma Internacional, 24 agosto 2022

 


 

 

GRANMA (CUBA) / INTERNI / NUOVO CODICE DELLE FAMIGLIE

La famiglia cubana è cambiata e il nuovo Codice la sostiene

 

 

Il nuovo Codice delle Famiglie, sottoposto a Referendum popolare il 25 settembre, così come hanno affermato gli specialisti e gli esperti in ripetute occasioni, non risponde a una volontà particolare, ma a una necessità sociale, a partire da uno scenario nel quale la famiglia cubana è cambiata profondamente da quando fu promulgata la precedente legge del 1975.

Come riconosce bene la stesura finale della legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica il 17 agosto 2022, il Codice delle Famiglie corrispondente alla Legge 1289 del 14 febbraio 1975, costituì una pietra miliare nella promozione dei principi etici sostenuti da nuovi valori morali e sociali delle famiglie cubane, e diede forza alle azioni dello Stato Rivoluzionario a favore dell’uguaglianza tra i suoi membri, partendo dallo sviluppo delle politiche pubbliche indirizzate alla protezione delle bambine, dei bambini, degli adolescenti e all’emancipazione delle donne.

Senza dubbio, lo stesso testo ora proposto sottolinea che la società cubana si è evoluta e che le caratteristiche delle famiglie sono cambiate rispetto a momenti storici precedenti, per influenza di elementi socio demografici, di trasformazioni del modello economico, della visione dei diritti dei componenti delle famiglie, da quelli dell’infanzia a quelli delle persone in situazioni d’invalidità o di vulnerabilità, così come delle trasformazioni all’interno della casa rispetto a una distribuzione più equa del lavoro domestico e dell’assistenza, tutto in accordo con i principi d’uguaglianza e di non discriminazione.

 

Quanto è cambiata la famiglia cubana?

Una estesa relazione pubblicata dal quotidiano Juventud Rebelde nel 2017, quando già si pianificava l’urgenza sociale d’attualizzare del Codice delle Famiglie, riferiva aspetti qualitativi che evidenziavano il transito dal modello di Famiglia Tradizionale (patriarcale, tipicamente a nucleo unico, biparentale, eterosessuale, a guida maschile con moglie governante, convenzionale in quanto a regole sociali) a un modello emergente (nuove configurazioni familiari, più piccole, inter-generazionali, democratiche e partecipative, guida femminile ed equità di genere).

Inoltre, indicava le nuove configurazioni di famiglie emerse in questi anni, tra le quali quelle ricomposte o ricostituite (plurifamiliari); le unioni non conviventi; le famiglie in situazione di trans-nazionalità  (quando uno dei membri della famiglia emigra, ma mantiene le sue relazioni familiari); con modelli di diversità sessuale e associative.

Gli specialisti consultati per questo lavoro hanno spiegato vari fattori che hanno fomentato i cambi nella famiglia cubana come, per esempio, nell’indole sociopolitica hanno inciso i processi migratori, il periodo speciale, il blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti contro Cuba. L’emigrazione, oltre ad incidere nell’economia familiare con l’invio di rimesse e altri aiuti materiali, influisce anche in questioni come le necessità d’assistenza degli anziani che non vivono insieme ai familiari.

Negli ultimi anni, sono più evidenti i casi di abitazioni con una sola persona, soprattutto donne, che in genere sono rimaste sole per vedovanza o perché i figli risiedono altrove.

La crescente integrazione delle donne nel lavoro ha portato alla loro autonomia. L’attualizzazione del modello economico cubano ha avuto un impatto sui nuclei familiari perché in quelli nei quali si sceglie l’autonomia come forma di lavoro, i membri cambiano il loro ruolo da consumatori a produttori.

L’invecchiamento della popolazione e la situazione delle abitazioni impongono l’obbligo che i minori vivano con i nonni, con gli effetti positivi che apporta questo, ma ugualmente con la condizione di lottare con gli stereotipi tradizionali che possono inculcare nei loro nipoti.

L’aumento dei casi di divorzio quasi sempre induce nuove unioni consensuali nelle quali le famiglie si trasformano con nuovi membri che devono scontrarsi con i limiti dei loro ruoli di potere.

 

Come si adegua il nuovo codice a questi cambiamenti?

La dottoressa Ana María Álvarez-Tabío Albo, professoressa della Facoltà di Diritto dell’Università de L’Avana, in un articolo intitolato “Il Codice che meritano le famiglie  cubane” pubblicato in Cubadebate, ha precisato che, coscienti dei cambi, delle necessità, delle aspettative e

delle realtà della famiglia cubana contemporanea, la Costituzione della Repubblica del 2019 ha introdotto una serie di principi che hanno trasformato radicalmente il criterio tradizionale che ha prevalso per troppo tempo in questo fondamentale nucleo sociale, e dei suoi diritti come istituzione, così come quelli che corrispondono ad ognuno dei suoi membri.

La studiosa ha sottolineato che per questo motivo e per la ricerca di questo adeguamento al modello di famiglia attuale che nel  testo sarà portato a referendum, si consolidano i seguenti come i principali aspetti:

. Si rinforzano l’affetto e la solidarietà come elementi portanti delle relazioni familiari. C’è un trattamento specifico della discriminazione e della violenza nello spazio familiare con effetti giuridici palpabili in ogni circostanza nella quale si presentino e la possibilità della loro denuncia da parte di  qualsiasi persona che conosca questi fatti;

. Si cerca di riconoscere e proteggere i diritti dei settori vulnerabili della società, che molte volte sono passati inosservati agli occhi del legislatore. Persone che nello spazio familiare potrebbero stare in situazioni di svantaggio, tipicamente bambine, bambini e adolescenti, persone vittime di violenza, persone anziane o persone in situazione d’invalidità.

. Si riconoscono i diritti delle persone anziane, con attenzione speciali a nonne e nonni.

. Tratta di bambine, bambini e adolescenti come soggetti di diritti con possibilità del loro esercizio, sia per sé stessi o attraverso i genitori, padri, madri e tutori, ma in ogni caso sulla base del rispetto alla loro individualità e del loro sviluppo progressivo.

La parentela si trasforma, in primo luogo perché le fonti e l’affiliazione si trasformano, e poi perché la parentela per affinità si rinforza. All’affiliazione per consanguineità e per adozione si somma quella che ha come fonte l’uso di una tecnica di riproduzione assistita e quella che ha la sua origine nella socio affettività.

. Si permette l’esercizio della libertà dei membri della famiglia per risolvere differenti situazioni.

. Si rinforza il diritto/dovere di comunicazione non solamente tra madri e padri, con i loro figli e figlie minori d’età, ma anche coprendo tutto il gruppo familiare con uno sguardo speciale ai meccanismi della loro garanzia in persone con situazioni d’invalidità.

. Si transita da un sistema di potestà a un sistema di responsabilità nella relazione di madri e padri con i loro figli.

. Si rinforza il valore economico del lavoro nella casa e una maggiore protezione economica e patrimoniale a coloro che si sono dedicati al lavoro domestico e d’assistenza.

. Si sviluppano figure di protezione e appoggi amichevoli con la Convenzione sui Diritti del Bambino e la Convenzione sui Diritti delle Persone Invalide, come la custodia di fatto, l’accoglienza familiare, la tutela per i minori o gli alimenti volontari.

. Si riconosce l’assistenza come diritto e si nominano e si riconoscono i badanti familiari, partendo dalla protezione dei loro diritti quando assumono totalmente o parzialmente le responsabilità dell’attenzione per un’altra persona che fa parte della famiglia.

Liz Conde Sánchez e GM per Granma Internacional, 15 settembre 2022

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / INCREMENTO DI SUICIDI NEGLI STATI UNITI

Riportato un incremento di suicidi nell’installazione militare degli Stati Uniti

 

La base militare statunitense di Fort Bragg, in Carolina del Nord, ha riportato almeno 109 morti tra soldati e ufficiali tra il 2020 e il 2021, la maggioranza per suicidio.

Russia Today ha informato che la rivista Rolling Stone ha citato un rapporto nel quale si specifica che nella base militare si sono uccisi 41 soldati, un numero molto alto di suicidi avvenuti in due anni nella storia dell’esercito statunitense. Alla stessa stregua, la violenza all’interno del complesso militare ha aggiunto al bilancio 11 soldati assassinati o accusati di assassinio. Di questi, cinque sono morti per arma da fuoco e uno è stato decapitato.

Il consumo di droghe costituisce un importante elemento che potrebbe spiegare il numero dei decessi documentati a Fort Bragg, in 14 dei quali il certificato di morte dichiara come causa una overdose di droghe, 11 a causa del fentanilo.

In altri casi i militari sono morti per cause indeterminate, non potendo stabilire il motivo della morte e sommando un totale di probabili decessi in relazione alle droghe.

A Fort Bragg sono stati contati 13 morti per malattia nello stesso periodo, meno di 20 per cause naturali, 14 in incidenti automobilistici e tre decessi dovuti a incidenti nell’addestramento. Solo quattro militari sono morti in operazioni di combattimento all’estero, specifica RT.

Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 6 settembre 2022

 

 

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / INTERNI / COMMEMORAZIONE DI FABIO DI CELMO

La giovane vita spezzata dal terrore

Una corona di fiori del Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito e Presidente della Repubblica, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, ha accompagnato domenica 4 settembre l’omaggio, all’Avana, al giovane italiano Fabio Di Celmo nel 25º anniversario della sua morte, provocata in un attentato con una bomba.

Il Capo di Stato ha ricordato su Twitter quella irreparabile perdita: «Ricordiamo Fabio Di Celmo, il giovane italiano che 25 anni fa è stato vittima del terrorismo fomentato dagli Stati Uniti contro Cuba. Era nel fiore della vita quando l’odio e la crudele determinazione di seminare terrore in questa terra posero fine ai suoi progetti.

Altre offerte di fiori, a nome di lavoratori dell’Hotel Copacabana, sono state poste dove Di Celmo perse la vita a 32 anni, ha informato Canale Caribe.

«La storia della Rivoluzione è segnata da innumerevoli azioni di terrorismo progettate e realizzate da gruppi nemici di Cuba che operano impunemente a Miami da più di sei decenni» ha detto nell’omaggio Fernando González Llort, presidente dell’ICAP.

L’Eroe della Repubblica di Cuba ha affermato che questi piani violenti sono perpetrati nei più diversi ambiti: militare, economico, biologico, diplomatico, psicologico, mediatico, di spionaggio e sabotaggio, e includono anche tentativi d’assassinio di leader della Rivoluzione, e hanno provocato la morte di 3478 persone, ha informato Prensa Latina.

L’omaggio a Fabio Di Celmo è stato  esteso a suo padre Giustino Di Celmo, indimenticabile amico di Cuba e della sua Rivoluzione, morto il 1º settembre del 2015.

Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 5 settembre 2022