Nessun diritto per i lavoratori di Gaza in Israele

12 Aprile 2022

 

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Lavoratori gazawi al valico di Erez. Foto : Ashraf Amra

 

Muhammad Abdelwahab ha subito un incidente mentre lavorava in un cantiere edile in Israele.

La lesione era grave – una ferita sanguinante alla testa – e si è recato in una clinica.

La clinica gli ha consigliato di rivolgersi in ospedale, ma Abdelwahab ha preferito aspettare e tornare a Gaza per le cure. Dal momento che non aveva l’assicurazione sanitaria, le cure sarebbero state troppo costose in Israele.

Nonostante la gravità dell’infortunio di Abdelwahab, il suo datore di lavoro non gli ha fornito alcun risarcimento finanziario o cure mediche.

Abdelwahab, 39 anni, è padre di quattro figli e vive nel campo profughi di Jabaliya, nel nord della Striscia di Gaza.

Era disoccupato da tre anni quando nel dicembre 2021 ha iniziato a lavorare nel settore edile in Israele. Il suo incidente è avvenuto nel febbraio di quest’anno.

Sebbene sia un fabbro professionista, Abdelwahab era disposto a lavorare in qualsiasi settore in Israele, non solo perché quei lavori vengono pagati relativamente bene, ma perché il blocco israeliano a Gaza imposto nel 2007 ha fortemente ridotto le opportunità di lavoro nella Striscia.

Abdelwahab è riuscito a ottenere un permesso per lavorare in Israele, ma non ha avuto al qualifica ufficiale di “lavoratore”.

Invece, ha ricevuto un permesso per “necessità economiche”, che priva il lavoratore dell’accesso a benefici come l’indennizzo di lavoro, l’assicurazione sanitaria e altri diritti lavorativi concessi in Israele ai lavoratori.

“Sto aspettando di riprendermi dall’infortunio per tornare al lavoro”, ha detto. Più sto a casa, più le cose peggiorano per me. Ho dei figli, tre di loro sono studenti e ho delle grosse spese”.

Sebbene Abdelwahab consideri importanti questioni come la salute e l’assicurazione sulla vita, ha affermato che le condizioni a Gaza sono così terribili che qualsiasi lavoro, anche senza sussidi, è “come un sogno”.

Abdelwahab valuta con attenzione anche il futuro dei suoi figli, che si troverebbe a rischio nel momento in cui a lui e ai suoi colleghi venisse a mancare la sicurezza sul lavoro.

Lavoratori senza assicurazione

Come parte di un accordo con Hamas con la mediazione dell’Egitto, Israele ha recentemente concesso ai lavoratori palestinesi della Striscia di Gaza altri 8.000 permessi per lavorare all’interno di Israele.

Tuttavia, per le caratteristiche dei permessi, questi lavoratori non godono di benefici lavorativi e sociali, sono trattati in modo diverso e spesso pagati meno dei lavoratori palestinesi della Cisgiordania occupata.

Al posto dei permessi di lavoro, ai lavoratori di Gaza vengono concessi permessi per necessità economicheche non garantiscono loro i diritti lavorativi.

I lavoratori della Cisgiordania, invece, hanno permessi regolari.

Fahmi Amin, 40 anni, che lavora in una fabbrica israeliana vicino a Gaza, ha affermato che ottenere tali permessi può costare a un palestinese di Gaza fino a 916 euro in tasse di registrazione al ministero delle finanze di Gaza, una cifra enorme per i disoccupati.

Eppure al checkpoint di Erez, l’unico valico per le persone tra Gaza e Israele, molti vengono trattenuti e subiscono un breve interrogatorio da parte delle autorità israeliane.

Amin sottolinea che i lavoratori palestinesi in Israele, a causa della loro mancanza di diritti, temono che possano essere tagliati gli aiuti umanitari dell’Autorità Nazionale Palestinese e che, da un momento all’altro, possa sorgere una controversia tra Israele e Gaza, lasciandoli disoccupati e con poche prospettive per ulteriori lavori.

Amin sostiene che lavorare in Israele può rendere cinque volte di più del salario che si riceve a Gaza.

“Ma pensare di lasciare il lavoro in Israele sarebbe un disastro” dice Amin.

Abbiamo troppa paura che gli aiuti che riceviamo dall’Autorità Nazionale Palestinese – già sospesi da diversi mesi vengano tagliati, afferma.

L’Autorità Nazionale Palestinese, dipendente dagli aiuti esteri, concede indennità assistenziali alle famiglie più povere di Gaza.

“Il lavoro in Israele non è garantito”, ha aggiunto. Riprenderemo a cercare un modo per convincere le autorità ufficiali della nostra necessità di un sostegno finanziario regolare in caso di interruzione degli aiuti. Non vogliamo che si arrivi a questo”.

Amin dice che lui e gli altri lavoratori lavorerebbero ovunque, pur di poter fornire cibo e indumenti ai loro figli.

“Ci auguriamo di ottenere in prospettiva la concessione dei nostri diritti in modo che nulla possa impedirci di lavorare”, aggiunge.

Negazione dei diritti fondamentali

Dopo l’attacco israeliano del maggio 2021 a Gaza Israele ha autorizzato altri 3.000 permessi commerciali per i palestinesi di Gaza, portando il numero totale di permessi a 10.000. Tuttavia, questi permessi per esigenze commerciali e finanziarie non comportano diritti lavorativi.

Fino allo scoppio della seconda intifada nel 2000 il numero totale di lavoratori di Gaza all’interno di Israele era di quasi 30.000.

Oggi, secondo Sami al-Amasi, capo della Federazione generale palestinese dei sindacati a Gaza, questo numero non supera i 10.000.

Al-Amasi sottolinea che gli israeliani, rifiutandosi di designare i palestinesi di Gaza come “lavoratori”, eludono qualsiasi impegno a fornire lavoro e diritti economici.

Molti lavoratori feriti o licenziati prima del 2000, dice al-Amasi, per ottenere i loro diritti si sono rivolti ad avvocati palestinesi con cittadinanza israeliana.

Alcuni di questi casi sono rimasti fermi nei tribunali per anni poiché i datori di lavoro israeliani hanno cercato di negare ai lavoratori palestinesi i loro diritti.

Al-Amasi spiega che Israele ha sostituito i permessi commerciali con permessi per esigenze economiche per evitare di fornire ai lavoratori l’assicurazione sanitaria, il risarcimento in caso di infortunio e il TFR.

Al-Amasi osserva che prima del 2000 agli abitanti di Gaza impiegati in Israele veniva concessa la qualifica di “lavoratori”.

A tutti dovrebbe essere concesso lo status di lavoratore, aggiunge, in modo che ognuno ottenga i suoi diritti”.

Il sindacato a cui è iscritto ora sta spingendo per il rilascio ad abitanti di Gaza di almeno 30.000 permessi di lavoro in Israele. Questi sforzi sono assistiti da quelli che al-Amassi chiama “intermediari”.

Secondo l’Ufficio centrale di statistica palestinese nel 2021 circa 230.000 abitanti di Gaza erano disoccupati.

Tra i palestinesi della striscia di Gaza tra i 19 e i 29 anni in possesso di diploma, il 66% delle donne e il 39% dei maschi era disoccupato.

Maher al-Tabaa, il direttore della Camera di Commercio di Gaza, ha affermato che i permessi commerciali e finanziari rilasciati ai palestinesi di Gaza non conferiscono loro alcun diritto.

Eppure, dice, i lavoratori accettano questi permessi a causa degli alti tassi di povertà e disoccupazione.

Aggiunge che Israele potrebbe in seguito usare ciò come strumento di pressione sulle fazioni palestinesi affinché accettino un armistizio a lungo termine con Israele, non preso in considerazione durante i precedenti negoziati mediati dall’Egitto.

Attualmente, afferma al-Tabaa, i lavoratori in possesso dei permessi hanno un impatto molto limitato sull’economia di Gaza rispetto agli anni precedenti. Il numero di persone in cerca di lavoro supera di gran lunga il numero di permessi disponibili.

Il salario minimo a Gaza è inferiore a 550 euro al mese, ma il salario medio mensile effettivo è di 183 euro.

“I bassi salari sono molto importanti nella Gaza assediata”, dice al-Tabaa, aggiungendo che pochissime istituzioni pubbliche e private sono in grado di pagare il salario minimo.

Tuttavia, osserva, “questo è limitato alle istituzioni principali come banche e importanti società di telecomunicazioni, mentre altri lavoratori a Gaza ricevono la metà o meno della metà del salario minimo”.

 

Amjad Ayman Yaghi è un giornalista che vive a Gaza.

(traduzione dall’inglese da Electronic Intifada di Aldo Lotta) -    da zeitun