Controinformazione e questione siriana - Bashar al Assad vince la battaglia della comunicazione

I media statunitensi ed europei hanno recentemente pubblicato decine di articoli e inchieste sulla Siria, citando degli scenari rimasti sotto silenzio per più d'un anno. Le immagini delle atrocità commesse dai ribelli sono state pubblicate e foto relative alle decapitazioni, al cannibalismo e ad altri atti barbarici perpetrati dagli pseudo-rivoluzionari hanno fatto la loro apparizione. Questa presa di coscienza dei media è coincisa con le minacce d'aggressione militare contro la Siria, evocate dal presidente Barack Obama.

Questo cambiamento di tono è stato soprattutto determinato dalla severa requisitoria contro Obama, alla quale ha proceduto, su FoxNews, il celebre giudice Jeanine Pirro, il 12 settembre. Questo canale televisivo, gestito dai conservatori, si è impegnato in un processo politico contro la decisione della guerra ai danni della Siria. La sua conclusione è stata che Barack Obama vuole iniziare una nuova avventura militare al servizio di Al Qaeda, che combatte lo Stato siriano.

I fatti hanno dato loro ragione [ai commentatori di FoxNews, nda]. Al Qaeda ha lanciato la scorsa settimana un attacco generale volto a prendere il controllo del Nord della Siria, dopo aver esteso la sua egemonia su larghe porzioni di Deir Ezzor, Hassaké e Raqqa.

Allo stesso tempo, il primo vice-direttore del Sevizio di sicurezza federale russo (Fsb), Sergej Smirnov, ha affermato che all'incirca 300-400 mercenari russi combattono in Siria tra i ranghi degli estremisti. Questi mercenari «finiranno per rimpatriare. Questo rappresenta, naturalmente, un grande pericolo», ha sottolineato il funzionario.

Mercoledì scorso, il ministro dell'Interno francese, Manuel Valls, ha dichiarato che 130 francesi lottano tra le fila degli estremisti in Siria, precisando che il loro ritorno in Francia è stato fonte d'inquietudine, per il potenziale pericolo da essi rappresentato.

Questo cambiamento dei media occidentali è dovuto, in primo luogo, al fallimento della guerra contro il governo siriano condotta da due anni e mezzo da parte dei governi occidentali, delle petromonarchie del Golfo e dalla Turchia. Inoltre, tutti i sondaggi negli Stati Uniti, in Francia, in Germania ed in Gran Bretagna, hanno certificato il rifiuto dell'opinione pubblica nei confronti della guerra contro la Siria. Nel Regno Unito, il Parlamento ha espresso la volontà del popolo, vietando al primo ministro, David Cameron, la partecipazione a qualsivoglia aggressione contro Damasco.

Il rifiuto popolare nei confronti di una nuova guerra è dovuto alla sconfitta degli Stati Uniti e dei loro alleati in Iraq, in Afghanistan, nella Striscia di Gaza e nelle tre guerre israeliane in Libano, nel 1993, nel 1996 e nel 2006. Questi conflitti hanno avuto un grave impatto sulle economie occidentali e hanno lasciato profonde cicatrici nella memoria collettiva dei popoli. La resistenza del governo siriano contro la guerra universale scatenata contro di esso, la caduta dei Fratelli musulmani in Egitto e l'indebolimento della Turchia, hanno rafforzato l'opinione pubblica nella sua scelta pacifista.

La maggior parte degli articoli e dei reportage pubblicati nelle inchieste dei media occidentali danno, infine, un quadro realistico di ciò che sta accadendo in Siria: uno Stato, pronto ad attuare riforme serie, che sta lottando contro gangs di mercenari estremisti, perlopiù membri di Al Qaeda. La facciata “democratica” disegnata dall'Occidente e dai suoi ausiliari è crollata, per far apparire il vero volto della ribellione: dei takfiristi, criminali, assassini di bambini, stupratori di donne e mangiatori di uomini. Questi sono i gruppi che vengono reclutati, addestrati, armati, finanziati e nutriti dalle illustri democrazie saudita e qatariota!

Durante le sue recenti apparizioni sui media occidentali, il presidente Bashar al Assad è riuscito a rompere il silenzio ed a mostrare al pubblico la vera immagine di ciò che sta accadendo nel suo Paese. Le sue argomentazioni, il suo buon senso, la sua logica, il tutto supportato da fatti, prove e numeri, sono stati in grado di convincere molte persone, sia cittadini ordinari che élites intellettuali e politici onesti. Certo, l'opinione pubblica occidentale non è diventata pro-regime, ma ha afferrato la realtà di ciò che sta accadendo in Siria. Una verità che l'enorme macchina mediatica controllata da Stati Uniti, Unione europea e Paesi del Golfo, hanno cercato di nascondere nei due anni e mezzo trascorsi.

Dopo aver vinto la battaglia politica e diplomatica, con l'aiuto del suo alleato russo, e preso il sopravvento nella battaglia militare, con il sostegno di Hezbollah e dell'Iran, la Siria è pronta a vincere la battaglia per l'informazione.

Un altro fattore di cambiamento di atteggiamento dell'opinione pubblica occidentale è la posizione del Vaticano. La Santa Sede si oppone fermamente a qualsivoglia aggressione militare contro la Siria. Posizione derivante dal suo compito di difendere i cristiani d'Oriente, la cui esistenza è minacciata dai takfiristi, che cercano di distruggere l'ultimo Stato laico d'Oriente, garante della libertà religiosa per tutti i cittadini.

La giornata di preghiera per la Siria, celebrata in seguito all'appello del Vaticano, il 7 settembre, ha unito milioni di fedeli presso le chiese del mondo intero, comprese quelle degli Stati Uniti. Questa solidarietà ha anche avuto un ruolo chiave negli ondeggiamenti dell'opinione pubblica.

Ghaleb Kandil, Beirut, 24 settembre 2013, in http://www.voltairenet.org/article180356.html

 

Traduzione di Paolo Borgognone, CIVG.

 

L'informazione e la Siria

 

Ancora all'inizio dell'estate 2013, nonostante decine di prove inoppugnabilmente documentate da giornalisti indipendenti nonché dai dossier redatti dalla Commissione d'inchiesta dell'Onu sui crimini commessi in Siria, smentissero categoricamente l'assunto mediatico volto a propagandare la guerra segreta mossa dall'Occidente e dai suoi vassalli arabi del Golfo contro la Siria, come una “rivoluzione democratica” e “pacifista”, repressa brutalmente nel sangue dalle “milizie” cosiddette “lealiste” (la stampa occidentale, eurocentrica quando non del tutto americanocentrica, non considera e riconosce nemmeno l'esistenza di forze armate ideologicamente non orientate ai dogmi neoliberisti della Nato), la maggioranza dell'opinione pubblica internazionale, ossia occidentale, non aveva un quadro preciso di quel che davvero accadeva, a livello politico, diplomatico e militare, in Siria.

Per quel che concerne l'Italia, assai probabilmente, è stato il mix di fattori derivato dalle testimonianze del giornalista de La Stampa Domenico Quirico, liberato e rimpatriato dopo 5 mesi di infernale cattività tra le grinfie dei “ribelli” siriani (i «combattenti per la libertà» di Hillary Clinton, Cameron, Erdogan, Hollande e Bandar bin Sultan, per intendersi), da lui stessi equiparati, per ferocia, malvagità, sadismo ed efferatezza, al «demonio», nonché la ferma contrarietà dell'opinione pubblica, nella quasi sua totalità, a veder impegnato il Paese nuovamente quale ausiliario armato degli Usa nell'ennesima avventura bellica “umanitaria”, a determinare una più incisiva presa di coscienza, e di posizione, da parte del «pubblico televisivo» dinnanzi alla questione siriana.  

Fatto sta che, all'inizio di ottobre 2013, nonostante i protagonisti del bipolarismo da soap opera caratterizzante il siparietto della politica politicante italiota (Pd, Pdl e rispettive ruote di scorta centriste, radicali e «sinistrate»), continuassero a salmodiare sulla necessità di «piegare Assad all'accettazione di una soluzione politica della crisi siriana» (leggasi: costituzione di un governo di «unità nazionale» sotto l'egida della comunità internazionale, cioè degli Usa e dei loro alleati e vassalli, a Damasco, comprendente l'ombrello politico del terrorismo settario e takfirista, la Coalizione nazionale siriana egemonizzata dall'Arabia Saudita, e i baathisti, che prepari la definitiva estromissione dal potere di questi ultimi e la trasformazione della Siria in una riedizione, su ampia scala, della Libia post-aggressione imperialista), il presidente siriano, impegnato in un giro di interviste con reti televisive di tutto il mondo (Cbs, Telesur, Russia Today, Rai News 24, solo per citarne alcune) e altrettante testate giornalistiche, riusciva, come l'articolo sopra riportato documenta, a rovesciare gli equilibri della psy op (operazione di guerra psicologica) mossa nei confronti della sua leadership e del suo governo da parte delle principali corporation mediatiche, pubbliche e private, dell'Occidente e dei Paesi capitalisti in genere, accreditandosi come politico riformatore e uomo di Stato autenticamente impegnato in un processo che, oltre alla sacrosanta lotta contro il terrorismo mercenario e jihadista, poneva l'accento sulla futura e necessaria opera di ricostruzione, riconciliazione e pacificazione nazionale.

Ciò non significava che l'assunto negativo, concernente la definizione del sistema di governo siriano come «mafioso», «dittatoriale» ed «anacronistico» fosse stato, in qualche modo, rimosso dall'immaginario dell'opinione pubblica semi-colta. Il citato giornalista Domenico Quirico ha ripetuto tale leitmotiv dagli schermi dei principali programmi televisivi italiani, dopo la sua liberazione, e gli “organi di informazione” aziendali a mezzo stampa, si sono precipitati a ribadire tali banalizzazioni e semplificazioni, a scopo politico, di una realtà socio-politica e geostrategica vicinorientale e siriana, assai più complessa, per quanto non priva di contraddizioni (che l'Occidente sfrutta ed indirizza biecamente, anche per via militare, a proprio vantaggio). A tutt'oggi i media mainstream perseguono nell'operazione di propaganda tesa a legittimare la costruzione mediatica relativa all'«attacco chimico sferrato dal “regime” di Damasco il 21 agosto 2013 nell'area di Ghouta», quando prove documentarie di ogni genere (si veda, su tutti, il dossier russo, di circa 100 pagine, che decostruisce, nel dettaglio, il raffazzonato impianto menzognero e mistificatorio riguardante il citato “attacco chimico lealista” sulla periferia di Damasco) e semplice buon senso hanno da tempo sfatato l'ennesimo pretesto atto a “costruire e demonizzare il nemico” al fine di offrire il destro all'intervento militare «umanitario».

Di più. Il complesso, ma neanche troppo se lo si osserva con fare distaccato, sistema di compatibilità professionali dei giornalisti, più o meno embedded, con la linea editorial-aziendale delle testate per le quali scrivono o parlano (anzi, pontificano), impone che il primo dei tabù riguardante l'intero novero delle vicende occorse in Siria dal marzo 2011, non venga messo in discussione, pena il definitivo crollo dell'intero impianto propagandistico teso a presentare l'insurrezione (o meglio, la sedizione) in Siria come una continuazione delle cosiddette «primavere arabe» (Egitto, Tunisia): il citato tabù è quello della «rivoluzione democratica» siriana del marzo 2011 (Syrian Revolution 2011), animata dai “giovani” e dalla “società civile” di Damasco e «degenerata» in seguito, a causa del mancato «intervento pacificatore» internazionale (ossia, anglo-franco-statunitense), in una crudele guerra settaria.

Ai sostenitori di una simile propaganda basterebbe ricordare che la cosiddetta «rivoluzione democratica siriana» ebbe inizio nella città meridionale di Daraa, sunnita, confinante con la Giordania, Paese presidiato ed infestato dai “maneggioni” dell'intelligence statunitense (Cia) ed alleato fedele di Israele, attraverso una sommossa violenta, i cui protagonisti furono i cecchini della sedicente «opposizione democratica siriana» intenti a tirare contro i poliziotti suscitandone, in tal modo, la reazione armata, “venduta” poi alle compiacenti ed interessate tv panislamiche Al Jazeera ed Al Araboya (e da qui giunta sugli schermi delle tv aziendali, pubbliche e private) come«brutale azione repressiva ai danni dei cittadini inermi» da parte delle forze di sicurezza del «regime» di Assad. Ai sostenitori della vulgata relativa alla «rivoluzione democratica siriana» della primavera 2011, va ricordato, inoltre, che i video ritraenti il linciaggio ed il successivo vilipendio dei cadaveri dei poliziotti catturati ed uccisi dai “pacifici manifestanti” ad Hama (Siria centrale), sono datati al maggio 2011, cioè agli albori della cosiddetta «rivolta dei giovani democratici siriani» e che i primi nuclei armati operanti sotto il marchio mediatico dell'Esl (Esercito “siriano” libero) fecero il proprio ingresso in Siria, direttamente dal territorio turco, dov'erano stati addestrati ed armati presso la locale base Nato di Incirlik, non più tardi del luglio 2011. Agli apologeti della Syrian Revolution 2011 sarebbe, infine, d'uopo ricordare che la capitale del Paese, Damasco, non ha mai conosciuto, sin dal marzo 2011, altre manifestazioni popolari se non quelle, oceaniche, a sostegno dell'indipendenza della Siria e della continuità dello Stato e del legittimo governo, e che la guerra è penetrata in città soltanto il 19 luglio 2012, a seguito dell'attacco terroristico contro la sede della sicurezza nazionale e dell'invasione del centro urbano da parte di migliaia di contras, perlopiù provenienti dall'estero e comandati da un ex-detenuto libico di Guantanamo. Discorso simile vale per Aleppo, dove i mercenari sono penetrati, a seguito di un'offensiva coordinata dai servizi di intelligence delle potenze imperialiste (Usa, Francia, Gran Bretagna, Turchia ed alleati arabi del Golfo), solamente nell'agosto 2012. Nonostante una simile pressione militare, la resistenza popolare e militare dello Stato siriano ha permesso, come dimostra la cartina più sotto, il contenimento dell'avanzata jihadista su Damasco.

 

All'inizio di ottobre 2013 la situazione sul campo in Siria vedeva il governo controllare il corridoio Daraa-Damasco-Aleppo, i principali nuclei urbani da Nord a Sud e le zone economiche maggiormente produttive del Paese (ossia, la Siria centrale ed i quartieri maggiormente strategici di Aleppo), le province sud-orientali a maggioranza drusa e quelle costiere, occidentali, affacciate sul mediterraneo, prevalentemente di confessione alawita. Inoltre le forze armate, sostenute dalla maggior parte dei cristiani abitanti la Siria (circa il 13 per cento sul totale della popolazione)  avevano ripreso il controllo delle campagne attorno a Damasco, eccezion fatta per alcune località, come Douma, in parte ancora controllate dai “ribelli”. Il dato di fatto nascosto dalla propaganda del mainstream concerneva l'inesistenza di un definito e consolidato fronte di guerra; la situazione rimaneva fluida, l'Esercito poteva intervenire in ogni scenario, anche nelle zone controllate dall'eterogenea, ed in conflitto armato intestino, galassia contras.

Il citato tabù relativo alla “rivoluzione democratica” siriana ed alle “manifestazioni pacifiche” della primavera 2011, non poteva essere infranto, nemmeno da chi era stato ridotto allo stato di cattività dai gruppi banditeschi della nominata galassia “ribelle” ed aveva ascoltato una conversazione nella quale tali “galantuomini” asserivano la natura provocatoria dell'attacco chimico su Ghouta, messo in scena dai “ribelli” ed addossato, con la compiacenza dei media aziendali occidentali, al «regime di Assad» allo scopo di creare il pretesto per l'intervento armato «umanitario» anglo-franco-statunitense. Il tabù di cui sopra era infatti funzionale alla perpetuazione della strategia politico-militare e mediatico-propagandistica delle classi dominanti occidentali, fondata sul pretestuoso ed interessato criterio, del tutto indimostrabile da un punto di vista scientifico, filosofico, sociologico e storiografico, della necessità di «esportare» la «democrazia liberale di mercato» nei luoghi del pianeta (la definizione di Stato-Nazione non è contemplata, se non come ostacolo da valicare, nell'ideologia globalista degli interessi economici e finanziari di tali élites) ostili all'asservimento al Washington consensus. Secondo tale ideologia, ripresa dal mainstream media occidentale e da buona parte di quella che Costanzo Preve ha giustamente definito la «casta corrotta del clero universitario docente di Storia contemporanea», un “provvidenziale” «intervento pacificatore» dell'Occidente nella primavera 2011, avrebbe evitato la “degenerazione sanguinaria e banditesca” della supposta e mai verificatasi «guerra civile siriana». Ci troviamo, qui, dinnanzi non alla divulgazione storiografica, ma, nel migliore dei casi, alla parodia della ricerca e della divulgazione scientifica.

Per concludere, se da un punto di vista diplomatico, politico e militare, la situazione sul campo, per il governo e lo Stato siriano, nell'ottobre 2013, era migliorata rispetto alla fine del 2012, dal punto di vista mediatico, attraverso la stantia e vuota riproposizione del dogma liberaldemocratico e “dirittumanista” della «rivoluzione democratica tradita» (dal mancato intervento occidentale) della primavera 2011, la demonizzazione su ampia scala del «regime» di Damasco, continuava.

Allo stesso tempo, come dimostra l'articolo più sotto riportato, misure censorie e restrittive venivano poste in essere, nei Paesi del cosiddetto «mondo libero», contro le corporation dell'informazione non completamente asservite ai diktat ideologici dell'eurocentrismo e dell'euroatlantismo.

Sta, dunque, alla libertà ed alla coscienza dei singoli, dei gruppi e dei movimenti, più o meno organizzati, dei cittadini nei Paesi capitalistici, abbattere, tramite lo studio, la presa di consapevolezza, la volontà di informarsi e di divulgare le informazioni a più persone possibili, porre in essere una effettiva e potente rete di controinformazione dalla quale non potrà che scaturire una controcultura, improntata al rifiuto, sdegnato, dell'eurocentrismo e dell'euroatlantismo, in nome della rinnovata solidarietà tra i popoli e tra le nazioni, nel rispetto delle rispettive culture e delle rispettive tradizioni, politiche e sociali.

 

Paolo Borgognone, CIVG, 1 ottobre 2013

 


 


“Il caso Russia Today, la vera faccia della libertà di stampa”
eurasia-rivista.org



Negli ultimi giorni di agosto, il governo USA ha bloccato la diffusione del canale Russia Today sul territorio nordamericano. L’emittente, che si è sempre contraddistinta dai media controllati dalle corporation per la sua indipendenza da grandi finanziatori americani, ha sempre trattato con obiettività i problemi di politica internazionale dando libertà di espressione a economisti e geopolitologi “fuori dal coro”. In seguito agli sviluppi geopolitici di quest’ultimo periodo, gli USA hanno dichiarato apertamente guerra all’emittente internazionale.

Cos’è Russia Today (RT)?

Secondo un’indagine del Centro di Ricerca PEW, Russia Today è il più grande fornitore di notizie su YouTube[1]. Russia Today è un canale televisivo internazionale, registrato come organizzazione autonoma non a scopo di lucro[2], con sede a Mosca presso Borovaya ulitsa, che vanta un elevato numero di contatti raggiunti in tutto il mondo. La sua diffusione è dovuta anche al fatto che venga trasmesso in più lingue: russo, inglese, spagnolo ed arabo. Russia Today è molto di più di un semplice canale di notizie 24 ore, trasmette documentari, programmi di approfondimento su geopolitica, economia, politica, tecnologia, interviste, talk-show, dibattiti, sport e molto altro. Russia Today è visibile sia su internet, per mezzo della pagina ufficiale, come anche sul satellite sulle piattaforme: EUTELSAT HOT BIRD 13B (HD), Astra 1L (HD), EUTELSAT 28A (HD), EUTELSAT HOT BIRD 13C (SD), Astra 1M (SD), EUTELSAT 28A (SD), Hispasat 1C (SD) oltre che sui supporti DTH (Direct-broadcast satellite) sulle piattaforme SKY e TivuSat[3]. Il canale viene trasmesso in totale da 30 satelliti, 500 tv via cavo a 550 milioni di persone in più di 100 stati. Nel 2011 è stato il canale straniero più seguito negli Stati Uniti dopo la BBC World News[4], nel 2012 è giunta al primo posto tra le emittenti straniere più seguite in 5 aree urbane degli Stati Uniti[5], nel 2013 è stata il primo canale televisivo della storia a raggiungere un miliardo di visualizzazione si YouTube[6]. Nel Regno Unito, nella seconda parte dell’anno 2012, secondo il Broadcasters’ Audience Research Board, tra i 2,25 e i 2,5 milioni di inglesi, si sono sintonizzati su RT. Russia Today, in Gran Bretagna, è a tutti gli effetti il più popolare canale di notizie dopo la BBC e SKY[7]. Esiste, oltre al canale di YouTube, un sito ufficiale aggiornato costantemente con tutte le notizie dal mondo, più pagine Facebook in diverse lingue, con aggiornamenti immediati, pagine Twitter, Google+ e Instagram. Nonostante sia stata lanciata in tempi recenti, il 10 dicembre del 2005, RT si è imposta, a tutti gli effetti, a livello planetario, come informazione alternativa a quella dei grandi marchi storici del giornalismo televisivo americano ed estero. Ad un simile successo, è inevitabile che si accompagnino le inimicizie, le critiche e, purtroppo, le opere di censura.

Il caso della censura USA

Sul finire del mese di agosto 2013, le tensioni internazionali tra USA e Siria andavano acuendosi. Il Governo nordamericano aveva già predisposto una campagna diffamatoria contro la Siria, sostenendo che il legittimo governo siriano di Bashar Al-Assad stesse usando armi chimiche contro la propria popolazione, giustificando così di fatto un intervento militare statunitense nella regione. Se da una parte i media mainstreamer, come in tutte le altre guerre condotte dagli USA, si stavano adoperando a supportare la versione ufficiale del governo americano, Russia Today e le reti associate, di contro, avevano già individuato delle prove schiaccianti contro quanto sostenuto dal governo americano. Il 22 agosto, durante un’operazione militare dell’Esercito Arabo Siriano contro i terroristi dell’Esercito Libero Siriano nell’area di Jobar, vengono filmate all’interno di un nascondiglio dei terroristi, sostanze chimiche tossiche. Nel video mostrato da una delle reti sorelle di RT, di nome Al Youm, si vede questo magazzino usato dai ribelli per la preparazione di razzi da riempire con sostanze chimiche, e si nota chiaramente il frame qui ingrandito:

 

Sacchi bianchi di una sostanza corrosiva, fabbricata nel Regno dell’Arabia Saudita, alleati storici degli USA all’interno della regione[8]. Come se non bastasse la stessa RT trasmette il 24 di agosto un video dell’Esercito Arabo Siriano, in un altro magazzino abusivo usato dalla guerriglia, oltre ad armi e maschere antigas, si trovano scatoloni come questo:

 

Sulle cui etichette che denotano la provenienza del materiale si legge chiaramente la scritta: “Made in USA”. Le notizie delle armi chimiche stoccate dai ribelli in diversi depositi vengono addirittura confermate dall’agenzia Reuters lo stesso 24 agosto[9]. Dopo la diffusione di queste notizie su scala internazionale, i media occidentali avevano già iniziato la loro guerra contro il canale di Mosca: prima tacciando il canale di omofobia nei confronti di un giornalista James Kirchik, che in una diretta aveva criticato le misure adottate dal governo russo in materia di diritti per gli omosessuali[10], in realtà il collegamento era stato interrotto in quanto il giornalista si era messo ad inveire contro i suoi colleghi gridando all’omofobia, invece di rispondere alle domande su cui verteva la trasmissione. Il 30 agosto viene bloccato l’account Reddit del canale russo senza alcuna spiegazione, come denunciato da Margarita Simonyan redattrice capo di RT[11]. Sul sito Reddit, RT contava almeno un milione di iscritti[12]. Il 31 di agosto, sempre la Simonyan dal suo profilo Twitter denuncia il blocco di RT nel territorio USA. Il commento della capo redattrice cita:“Ero in attesa del momento in cui il nostro canale sarà bloccato negli USA. Hanno iniziato. Sono bravi nei confronti delle libertà della parola”[13]. In una precedente intervista della Simonyan alla testata Spiegel Online la giornalista denunciava che l’atteggiamento dei media occidentali nei confronti della Russia non è cambiato dalla guerra fredda. Come darle torto? Da oggi potremo affermare con certezza che neppure l’atteggiamento del governo USA è mutato in questo senso. Restiamo in attesa di nuovi sviluppi, ma il futuro per l’emittente nel territorio nordamericano, non sembra promettere nulla di buono.

Marco Nocera
Fonte: www.eurasia-rivista.org
Link: http://www.eurasia-rivista.org/il-caso-russia-today-la-vera-faccia-della-liberta-di-stampa/20143/
19.09.2013

[1] http://www.youtube.com/user/RussiaToday

[2] http://rt.com/about-us/contact-info/

[3] http://rt.com/where-to-watch/

[4] http://www.ipsnews.net/redir.php?idnews=50157

[5] http://russia-briefing.com/news/russia-today-to-double-its-u-s-audience.html/

[6] http://www.youtube.com/user/RussiaToday

[7] http://www.newstatesman.com/world-affairs/world-affairs/2013/05/inside-russia-today-counterweight-mainstream-media-or-putins-mou

[8] http://www.davidicke.com/headlines/tag/france/

[9] http://www.reuters.com/article/2013/08/24/us-syria-crisis-jobar-idUSBRE97N04T20130824

[10] http://www.internazionale.it/news/russia/2013/08/22/giornalista-usa-critica-su-russia-today-la-legge-anti-gay/

[11] http://voiceofrussia.com/news/2013_08_30/Russia-Today-editor-in-chief-reports-problems-with-broadcasting-to-US-2017/

[12] http://news.you-ng.it/2013/08/31/il-governo-americano-blocca-la-diffusione-del-canale-russia-today/

[13] http://italian.ruvr.ru/2013_08_30/Gli-USA-bloccano-la-telediffusione-del-canale-Russia-Today/