Un problema finora taciuto nell'ambito della globalizzazione: la proliferazione delle armi all'uranio impoverito, cioe' la diffusione di scorie nucleari nel mondo

IL MONITO DI PAPA FRANCESCO (SU CUI È CADUTO IL TOTALE SILENZIO) CIRCA LA VENDITA DI ARMI COME ANTEFATTO DELLE GUERRE

Nella discussione che si è svolta finora attorno alla tematica della globalizzazione si è parlato delle guerre stellari, dello scudo spaziale e della disseminazione di armi nucleari. Ma è stato ignorato il problema della diffusione delle armi all'uranio impoverito e della loro triplice pericolosità: da un lato le radiazioni, dall'altro la tossicità chimica e dall’altro ancora il “particolato”. Ma si è appreso dal rapporto pubblicato da USA Today che anche negli Stati Uniti è emerso il problema della pericolosità delle armi all'uranio al punto che queste non verranno più utilizzate da reparti dei Marines.

La globalizzazione favorisce i fabbricanti di queste armi che portano straordinari utili a chi le produce perché il costo della materia prima (scorie di processi delle centrali nucleari) è bassissimo. Le industrie USA hanno esportato ad almeno 16 paesi armi all'uranio: tra questi Thailandia, Taiwan, Turchia, Bahreim, Israele, Arabia Saudita, Grecia e Kuwait.

La corsa agli armamenti all'uranio impoverito è partita dopo la guerra del Golfo quando i militari si sono accorti dei vantaggi di cui godevano carristi e piloti americani nei riguardi degli irakeni per via della particolare performatività delle nuove armi.

Gli USA fin dal ‘91 hanno usato munizioni all'uranio impoverito sui carri armati Abrams ed M 60 e nei sistemi navali antimissile Phalanx.

L'impiego si è esteso agli aerei A 10 ed F 16, ai mezzi blindati Bradley, agli elicotteri Cobra e a numerosi altri mezzi bellici. La Gran Bretagna fin dal ‘91 ha impiegato armi all'uranio sui carri armati Challenger, seguita a ruota dalla Francia che le ha impiegate sui carri armati Leclerc. Armi all'uranio impoverito sono state prodotte anche in Russia e Cina.

Falco Accame