Notiziario Patria Grande - Giugno 2021

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NOTIZIARIO

 

GIUGNO 2021

 

 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / NICARAGUA

La OSA di nuovo contro il Nicaragua

 

Comunicato della Segreteria delle Relazioni Internazionali del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale

IL NICARAGUA SI RISPETTA!

 

Lettera aperta dei gruppi statunitensi della solidarietà con il Nicaragua

Richiesta di appoggio tramite adesione all'appello

Con l'approssimarsi delle elezioni in Nicaragua, chiediamo agli Stati Uniti di smetterla d’interferire

 

REBELION / ESTERI / PERU'

Senza l’appoggio dell’OEA, alla destra peruviana non resta che il colpo di stato

 

SUR Y SUR / HAITI / POVERTA’ CRESCENTE

Ancora una volta, Haiti sembra morire. Cosa farà l'America Latina?

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / ANNIVERSARIO DELLA GRANDE GUERRA PATRIA

Díaz-Canel e Putin conversano in occasione del 80º Anniversario della Grande Guerra Patria

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / CASO ASSANGE

Testimone ammette di aver mentito nel processo a Julian  Assange

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / PARLAMENTO EUROPEO

Cuba denuncia le manovre del Parlamento Europeo

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / RISOLUZIONE ONU CONTRO IL BLOCCO

Siamo vivi

 

GRANMA (CUBA) / INTERNI / FINANZIAMENTO DELLA SOVVERSIONE

Di nuovo allo scoperto i legami tra Governo USA e la sovversione a Cuba

 

 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / NICARAGUA

La OSA di nuovo contro il Nicaragua

Il Consiglio Permanente della OSA, convocato dal suo segretario generale Luis Almagro su sollecitazione degli Stati Uniti e l’auspicio di Brasile, Ecuador, Cile, Costa Rica e  Paraguay, ha approvato martedì 15 giugno, a Washington, un progetto di risoluzione di ingerenza contro il Governo e il popolo del  Nicaragua. È stato un altro incontro per pianificare sanzioni contro paesi sovrani dell’America Latina. L’unico tema dell’agenda è stato il processo elettorale nicaraguense.

L’obiettivo perseguito dal momento in cui il Governo sandinista ha ufficializzato le elezioni presidenziali per il prossimo 7 novembre, è criticare il modello elettorale di Managua, fare pressioni perchè si violino le norme e incentivare un processo di destabilizzazione e il caos interno in cui le figure dell’opposizione siano stimolate a pratiche illegali per far sì che il governo realizzi azioni contro di loro e si monti il tipico show mediatico in difesa di presunte vittime della repressione sandinista.

Non è un caso che la Vicesegretaria ad interim per i Temi dell’ Emisfero Occidentale del Dipartimento di Stato statunitense, Julie Chung, abbia chiesto alla  OSA d’inviare «un chiaro segnale al Nicaragua» definendo «campagna di terrore» l’applicazione della legge del Governo di Managua.

Almagro, specialista nell’obbedire agli ordini dei suoi padroni, è andato più in là incitatondo i membri dell'organizzazione a sospendere la partecipazione di questo paese in questo organismo dopo la detenzione dei vari oppositori, e ha proposto d’espellere il Nicaragua dalla OSA.

Il Governo sandinista ha dichiarato che non permetterà ingerenze nella sua politica interna e ha denunciato l'attacco mediatico. Inoltre, ha assicurato che non accetterà l’intromissione di altri paesi nel processo d’investigazione di un gruppo di oppositori detenuti, la maggioranza dei quali sono indagati per «incitamento all’ingerenza straniera nei temi interni» e per «richiesta di interventi militari» contro il governo del presidente Daniel Ortega.

Ricordiamo solo due fatti recenti: il colpo di Stato del 2019 in Bolivia contro il governo di Evo Morales, auspicato dalla OSA e Almagro con la sceneggiatura  del Dipartimento di Stato statunitense. Un altro elemento che sintetizza l'essenza di questa organizzazione è costituito dalla presenza tra le sue fila di un fantoccio inviato da Juan Guaidó, il quale ancora sostiene di rappresentare il Venezuela. Sembra che abbiano dimenticato che la nazione bolivariana ha rinunciato di appartenere a una così spregevole istituzione.

Elson Concepción Pérez e GM per Granma Internacional, 17 giugno 2021

 


 

 

 

IL NICARAGUA SI RISPETTA!

Volentieri pubblichiamo un comunicato della Segreteria delle Relazioni Internazionali del FSLN (Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale) che spiega in dettaglio ciò che sta avvenendo in Nicaragua in questo momento e perchè, in risposta agli attacchi molteplici e sempre più serrati che sta ricevendo da più parti, sia da governi e organizzazioni filo USA che da ex-sandinisti ed ex-solidali internazionali di un tempo.

 

Il comunicato del FSLN è introdotto dall'appello dell'Associazione Italia Nicaragua.

 

Non è di oggi il tentativo di screditare i processi rivoluzionari poco disposti a seguire le direttive degli Stati Uniti che, in America Latina, hanno sempre rappresentato la potenza mondiale dominante. La storia recente è piena di esempi di tentativi di colpi di stato e di campagne di discredito verso questi paesi che vengono così criminalizzati e sottoposti a sanzioni economiche e ingerenze politiche. Dal 2018 in avanti, in Nicaragua questa politica è stata portata avanti contro il governo in carica attraverso milioni di dollari che hanno finanziato le campagne mediatiche principalmente rivolte contro il Presidente Daniel Ortega, e il tentativo di ricomposizione di un’opposizione politica che, nonostante tutto, brilla per la sua incapacità politica e strategica. Purtroppo la capacità di riconoscere l’importanza di un’analisi della politica internazionale si è ridotta notevolmente anche negli ambiti più variegati della “sinistra” europea che, a 20 anni dai fatti di Genova di cui ricorre in questi giorni l’anniversario, non sembra più in grado di esercitare questi strumenti fondamentali per una corretta comprensione dei fenomeni mondiali politici ed economici. Persino il diritto internazionale di non ingerenza nelle politiche degli stati sovrani sembra non essere più un caposaldo inviolabile.

L’Associazione Italia Nicaragua sente la necessità di dare la parola al governo sandinista che in questi anni ha dato prova di capacità di affrontare i bisogni della propria popolazione e per questo è stato premiato nei vari processi elettorali.

Di seguito la traduzione del documento scritto dal dipartimento di Relazioni internazionali del FSLN.

2 luglio 2021

 

Sorelle e fratelli appartenenti ai movimenti di solidarietà con il Nicaragua, alla militanza sandinista all’estero, dirigenti dei partiti progressisti rivoluzionari del mondo:

dalla Segreteria di Relazioni Internazionali dell’FSLN, ricevano il nostro più caloroso abbraccio rivoluzionario in questi momenti decisivi per la nostra Patria e la nostra Rivoluzione; la nostra Patria, che è anche quella di coloro che la amano come voi, sorelle e fratelli internazionalist*, e la nostra Rivoluzione, che è il nostro maggior contributo alla lotta dei popoli del mondo per un futuro senza sfruttamento, oppressione né miseria; un futuro di libertà, giustizia e fratellanza.

Ci rivolgiamo a voi per esporvi gli aspetti fondamentali dell’attuale congiuntura politica in Nicaragua, momenti questi che sono anche di intensificazione degli attacchi esterni delle potenze imperialiste e dei loro seguaci consapevoli e non, contro il nostro paese e contro la Rivoluzione Popolare Sandinista.

Ci troviamo ora in questa grande battaglia che abbiamo chiamato Operazione Danto 21, in riferimento alla offensiva militare conosciuta come Danto 88, che sancì la vittoria sandinista sull’esercito controrivoluzionario durante la guerra di aggressione imposta dagli Stati Uniti negli anni ottanta; operazione che fu chiamata così in omaggio al Comandante Germán Pomares Ordóñez (El Danto), caduto alla vigilia del trionfo rivoluzionario nel 1979, e che fu uno dei più brillanti comandanti guerriglieri durante la nostra guerra di liberazione e uno dei più esemplari militanti che abbia avuto il Frente Sandinista nel corso della sua storia.

OPERACIÓN DANTO 21

Questa operazione è consistita nell’applicare le nostre leggi con il rigore che il caso merita, agli agenti dell’imperialismo che nella nostra politica interna in alcuni casi hanno usato le proprie proclamate aspirazioni presidenziali come scudo protettore delle loro azioni al servizio degli Stati Uniti, per dare l’idea che si stiano escludendo dal processo elettorale possibili candidati e occultare in questo modo ciò che in realtà sta succedendo, ossia l’applicazione delle nostre leggi a quanti le stiano violando pregiudicando la nostra sovranità nazionale e la nostra autodeterminazione, siano o meno aspiranti a cariche pubbliche, come in effetti lo sono in alcuni casi, anche se solo due dei quattro così autoproclamati, erano ufficialmente pre-candidati iscritti, ciò che né a loro né a nessuno dà la impunità per trasgredire le leggi del nostro paese. È opportuno segnalare che gli aspiranti alla Presidenza sono solamente quattro dei sedici contro i quali è stato emesso un ordine di cattura, e dei quattordici poi arrestati; inoltre, ci sono sette aspiranti alla Presidenza che sono in libertà e nei cui confronti non è stato emesso ordine di cattura né si è dato inizio a processo; di questi, ce ne sono due che sono già iscritti come pre-candidati.

Gli arresti che hanno avuto luogo, si basano sulle norme giuridiche del nostro paese, essendo parte di queste l’applicazione della Legge 1005, “Legge in difesa dei diritti del popolo alla indipendenza, alla sovranità e alla autodeterminazione per la pace”, entrata in vigore il 22 dicembre del 2020.

Questa legge dice all’articolo 1: I nicaraguensi che conducano o finanzino un colpo di stato, che alterino l’ordine costituzionale, che fomentino o esortino atti terroristici, che realizzino atti che danneggino l’indipendenza, la sovranità e l’autodeterminazione, che istighino la ingerenza straniera negli affari interni, chiedano interventi militari, si organizzino con finanziamenti di potenze straniere per eseguire atti di terrorismo e destabilizzazione, che propongano o gestiscano blocchi economici, commerciali e di operazioni finanziarie contro il paese e le sue istituzioni, coloro che auspichino, esaltino e approvino la imposizione di sanzioni contro lo Stato del Nicaragua e la sua cittadinanza, e tutti coloro i quali ledano gli interessi supremi della nazione contemplati nell’ordinamento giuridico, saranno “Traditori della Patria” per cui non potranno accedere a cariche di elezione popolare, e questo senza pregiudicare le azioni penali corrispondenti stabilite nel Codice Penale della Repubblica del Nicaragua per “Atti di Tradimento”, per “Reati che compromettano la Pace” e per “Reati contro la Costituzione Politica della Repubblica del Nicaragua”.

È importante mettere in chiaro che gli atti per i quali sono state arrestate queste persone sono successivi alla entrata in vigore di questa legge; ossia, dovuto al principio di non retroattività della legge, non si prende in considerazione ciò che queste persone hanno commesso durante il tentativo di golpe nel 2018, nel quale la maggior parte di loro partecipò apertamente come leader del tentativo di golpe, e sono tutti elementi di dominio pubblico. Per questi fatti, altrettanto lesivi dei diritti del nostro popolo e degli interessi del paese, una parte di loro è stata già giudicata nel momento opportuno come responsabili, e in seguito indultati per la generosità della Rivoluzione e perché questo indulto è stato ritenuto necessario, in quel preciso momento, per consolidare la pace e la stabilità del paese, da poco ristabilite dal popolo organizzato, con l’avanguardia rivoluzionaria in prima linea.

Le azioni illegali e lesive dei diritti del popolo e degli interessi della nazione nicaraguense, per i quali sono state arrestate queste persone, non sono solo vincolate alla legge menzionata, ma ci appelliamo a questa perché la si sta applicando con riferimento ai reati di coloro che erano già rei confessi per cui sono stati arrestati. Sostanzialmente, le accuse contro di loro si basano su quattro cose, la prima delle quali è quella a cui abbiamo appena fatto cenno:

- Attività annunciate pubblicamente e realizzate da coloro che sono stati poi arrestati, indirizzate a ottenere la imposizione di sanzioni unilaterali di una potenza straniera, gli Stati Uniti d’America, contro istituzioni del nostro paese e contro la cittadinanza nicaraguense, con l’intento di boicottare l’amministrazione pubblica impegnata nell’applicazione delle politiche dello Stato, inclusa la implementazione di programmi sociali grazie ai quali il Nicaragua è stato uno dei paesi che più di tutti ha ridotto la povertà e la disuguaglianza sociale a livello mondiale, migliorando le condizioni di vita del popolo e avanzando come paese nell’ambito di un modello socioeconomico basato sulla democratizzazione della economia attraverso l’accesso dei settori popolari alla proprietà dei mezzi di produzione, ciò in cui continuiamo ad andare avanti, nonostante le aggressioni e gli atti di tradimento alla Patria realizzati da persone che sono state arrestate e che stanno ricevendo regolare processo, secondo le nostre leggi.

- Cospirazione al servizio di questa potenza straniera, gli Stati Uniti, storicamente ostile ai nostri interessi nazionali, con il proposito di destabilizzare il nostro paese mediante la realizzazione di azioni terroristiche.

- In uno dei casi si riscontrarono forti indizi di riciclaggio di denaro sporco, nelle operazioni finanziarie della Fondazione “Violeta Barrios de Chamorro”, che oltretutto finanziava giornalisti, “analisti politici” e scrittori (tutti autoproclamatisi “indipendenti”) con denaro proveniente da agenzie conosciute per il loro legame con campagne di destabilizzazione a livello internazionale contro governi non affini agli interessi degli Stati Uniti, tra queste agenzie nordamericane come USAID, NED, Fondazione Soros, nonché agenzie europee come OXFAM, e tutto ciò è stato riconosciuto dalle persone implicate. Vale la pena segnalare che al momento del varo della Legge sugli Agenti Stranieri, la quale obbliga coloro che ricevano donazioni da altri paesi, a rendicontarle e informare sull’utilizzo di questi fondi, questa fondazione ha sospeso formalmente le proprie operazioni evitando di rispettare la suddetta legge, ciononostante continuò a ricevere soldi dalle agenzie segnalate e anche da altre. Riguardo questo reato in particolare, le autorità daranno chiarimenti quando saranno disponibili gli esiti delle indagini.

- Nel caso dell’ultima persona arrestata, un dirigente bancario, l’accusa è legata a gravi irregolarità nella gestione di risorse finanziarie dell’azienda per cui lavora, con lo scopo di sostenere le attività illecite vincolate ai fondi provenienti delle agenzie citate.

Come si può notare, che queste persone siano oppositori o aspiranti alla Presidenza non ne è la causa e neppure che siano golpisti, ma il motivo è che stanno violando leggi che hanno l’obiettivo di difendere la nostra sovranità e la nostra autodeterminazione, e che non sono esclusiva del nostro paese, giacché sono leggi simili a quelle che vigono in molti dei paesi i cui governi, in maniera ipocrita e irrispettosa, pretendono di condannarci per averle applicate e, inoltre, ci hanno rimproverato quando sono state approvate in un atto sovrano del nostro potere legislativo, dimostrando così, questi governi, oltre a un inaudito cinismo, la più sfacciata delle ingerenze, ispirata alla loro visione egemonica e colonialista del mondo in alcuni casi, o nel loro carattere di metropoli coloniali servili agli interessi delle potenze egemoniche in altri, o semplicemente in una vergognosa vocazione da colonia, nei casi di governi che ci condannano per difenderci dalla potenze imperialiste senza che i paesi da loro amministrati siano potenze, o addirittura, essendone piuttosto vittime di queste. Si è arrivati al punto doloroso e deplorevole che alcuni governi progressisti si prestino al gioco delle potenze imperialiste, negandosi a dare il proprio voto a favore del Nicaragua nelle istanze corrispondenti o offrendosi come mediatori da noi non richiesti e senza che abbiano a noi offerto tale mediazione, della quale di sicuro non abbiamo bisogno, e in questo impegno assumono una posizione nella quale fanno propria la narrazione politica delle potenze che sono ostili anche ai loro paesi e non rispettano la loro sovranità, mentre noi li abbiamo sempre difesi e continueremo a farlo, perché questo lo esigono i nostri principi, che ci spingono a difendere questi governi dagli attacchi delle forze pro-imperialiste oligarchiche e della destra in generale all’interno dei propri paesi, ciò che ugualmente facciamo per ragioni di principio, anche in mancanza di reciprocità, e perché sappiamo quanto sia importante la unità delle forze popolari, progressiste e rivoluzionarie nella nostra lotta contro il nemico comune, che è l’imperialismo, massima espressione del capitalismo, contro il cui modello neoliberale abbiamo lottato per moltissimi anni.

Dicevamo che tra le cause delle misure prese dalle nostre autorità non rientrano le aspirazioni alla Presidenza di alcune delle persone arrestate. Le cause risiedono, sottolineiamo, nelle violazioni commesse contro le nostre leggi. Politicamente sarebbe assurdo che le aspirazioni presidenziali siano motivo di detenzione, perché quelli a cui meno conviene che ci siano candidato arrestati siamo noi, i sandinisti, visto che conosciamo il costo politico da pagare e, inoltre, siamo la forza politica con le maggiori possibilità di vincere le elezioni, secondo tutti i sondaggi, inclusi quelli che sono pagati dalla stessa destra golpista, ovvero che tutti coloro che hanno manifestato aspirazioni presidenziali nelle fila della opposizione, arrestate o meno, sono molto indietro nel consenso popolare rispetto al Frente Sandinista e al Comandante Daniel Ortega, ma le nostre istituzioni non agiscono secondo criteri politici congiunturali di tipo elettorale, ma in funzione dell’interesse strategico del paese, in questo caso la difesa della nostra sovranità e autodeterminazione. Vale a dire, questa è materia di dignità per il Nicaragua, non di politica né di elezioni.

Le cosiddette sanzioni, che in realtà sono aggressioni economiche degli Stati Uniti contro il nostro paese, erano già state decise e annunciate da prima che qui si applicasse la legge nei confronti dei cospiratori e degli agenti dichiarati della potenza nordamericana, e il pretesto era che sicuramente, l’FSLN non stava garantendo la trasparenza delle operazioni elettorali. Ossia, l’imperialismo e i suoi seguaci interni già avevano sufficienti pretesti per imporre dall’esterno e promuovere all’interno le misure coercitive unilaterali con la vana illusione che facessero elezioni a propria misura, e urlavano ai quattro venti che il sandinismo aveva già preparato la frode. Stando così le cose, e inoltre stando in testa nei sondaggi, che necessità avremmo avuto di togliere dalla competizione i possibili candidati?

I TRADITORI

In definitiva, è importante prendere in considerazione il caso dei traditori, ex sandinisti che hanno smesso di esserlo molto tempo fa e che sono stati ugualmente arrestati, per gli stessi motivi degli altri. Quindi, non per essere traditori, come in effetti lo sono già da decenni, ma per aver commesso le stesse violazioni alle nostre leggi che hanno commesso gli altri arrestati. Nel loro caso però, la loro detenzione è stata particolarmente strumentalizzata per generare confusione fuori del Nicaragua, dovuto al passato rivoluzionario, e per questo si rende necessario che facciamo un po’ di storia.

Molte persone al di fuori del nostro paese non sanno che questi ex sandinisti hanno tradito i propri principi già da più o meno un quarto di secolo, pertanto non hanno tradito ora con i loro delitti la causa sandinista, ma all’inizio degli anni novanta, quando militando ancora nelle nostre fila, predicavano la rinuncia al socialismo, all’antimperialismo, alla lotta popolare e al carattere di avanguardia dell’FSLN; fino a quando, sconfitti nel Congresso Straordinario del maggio del 1994, presero la decisione di abbandonare le fila dell’FSLN e fondare quello che hanno denominato Movimento Rinnovatore Sandinista.

I traditori sono stati minoranza nel Congresso dell’FSLN nel 1994 per essere minoranza anche nella base del nostro partito, erano però maggioranza nella dirigenza sandinista di allora e tra coloro che avevano ricoperto le cariche più alte nel governo e nel Partito negli anni Ottanta, ed erano maggioranza anche tra coloro i quali erano stati eletti nelle cariche pubbliche nelle elezioni del 1990, pertanto nelle loro fila c’era la maggior parte di quelli che erano stati eletti come deputati dell’FSLN nel Parlamento, cosicché approfittando di questa situazione, si erano impossessati del patrimonio materiale dell’FSLN, in quella operazione che si conosce come la piñata, per poi procedere alla riforma della Costituzione nel 1995, in un abominevole patto con la destra, eliminando il diritto alla salute e all'istruzione, autorizzando la privatizzazione dei servizi pubblici, dando vita al secondo turno elettorale per impedire all’FSLN di vincere le elezioni, limitando il mandato presidenziale per impedire che il Comandante Daniel Ortega tornasse a candidarsi, stabilendo inoltre il “voto qualificato” per eleggere magistrati con la speranza di ottenere benefici, ma avendo poi come risultato indesiderato quello di obbligare giuridicamente i due grandi partiti di allora, l’FSLN e il PLC, a mettersi d’accordo per eleggere tali cariche, ciò di cui approfittarono gli stessi promotori della riforma per accusare l’FSLN di patteggiare con i liberali. En passant, i partiti che fecero le riforme costituzionali del 1995 senza consultarsi con nessuno nemmeno formalmente, tra tutti non arrivarono neanche al 10% pur presentandosi uniti nelle elezioni dell’anno seguente, ciò che evidenziò il carattere illegittimo e ambiguo di queste riforme. Tutto questo nonostante avessero in quel momento il controllo del potere elettorale, i “rinnovatori” e i propri sodali inibirono in modo evidentemente arbitrario qualsiasi candidato disturbasse i loro piani in queste elezioni, ma senza che questo nel mondo causasse la protesta di nessuno, di destra come di sinistra.

Anche così, e come prodotto della ampiezza di vedute e della flessibilità che caratterizza l’FSLN, l’MRS si alleò con il nostro partito, come parte della Convergenza Nazionale, nelle elezioni locali del 2000 e del 2004, e in quelle nazionali del 2001, fino a quando tornarono a correre per proprio conto nelle elezioni nazionali del 2006. Gli autonominatosi di allora “sandinisti rinnovatori”, sempre più destrorsi e compromessi con gli interessi nordamericani, nelle elezioni del 2008, del 2011, del 2012 del 2016, hanno sostenuto apertamente i candidati della destra più rancida e recalcitrante del Nicaragua, gli unti dagli Stati Uniti. È come se, per esempio, in Argentina alcuni ex guerriglieri che hanno lottato contro le dittature militari in questi paesi sostenessero Macri nelle elezioni presidenziali, o come se in Cile appoggiassero Piñera o in Brasile Bolsonaro. Ma la loro consacrazione come traditori senza possibile ritorno si ebbe durante il fallito tentativo di colpo di Stato nel 2018, quando strinsero alleanze con le forze pro-imperialiste e si misero alla testa delle azioni armate controrivoluzionarie scatenate tra aprile e giugno di quello stesso anno. Se negli anni Novanta hanno rinunciato alla bandiera rossa e nera, nel 2018 hanno accompagnato le orde neosomoziste che fecero del dare fuoco a questo simbolo sacro della nostra Rivoluzione un gesto consueto, così come la profanazione dei monumenti e perfino delle lapidi degli eroi e martiri della nostra lotta rivoluzionaria, della quale loro stessi avevano fatto parte come protagonisti. Una ulteriore dimostrazione dei livelli a cui in quel momento erano arrivati questi traditori è stata la loro partecipazione a riunioni con la feccia controrivoluzionaria cubana di Miami, dalla quale hanno ricevuto sostegno, compresi esemplari così rappresentativi di questa categoria come Ileana Ross-Lehtinen e Marco Rubio.

In definitiva, l’ultimo passaggio (inevitabile, ovviamente) dei traditori alcuni mesi fa è stato quello di cambiare il nome del proprio partito per non chiamarsi più sandinisti, dopo che in dichiarazioni pubbliche una delle loro dirigenti affermasse che il nome di sandinista le causava repelo (termine molto nicaraguense, sinonimo di ripugnanza), ragion per cui qui genera indignazione constatare il trattamento che a volte si offre a questa gente fuori del Nicaragua, come se fossero sandinisti, quando in realtà neanche loro stessi si considerano tali. I fatti storici del passato non si possono cambiare, ma i meriti rivoluzionari si conquistano o si perdono, e questi traditori della causa sandinista hanno perso per sempre e per propria volontà i meriti che una volta hanno avuto e che alcuni ingenui fuori dal Nicaragua (e altri non così ingenui) persistono nel seguirli affiancandosi, per poi finire serrando fila come loro, allo yanqui nemico dell'umanità contro cui abbiamo lottato solo noi che oggi ci chiamiamo sandinisti, così come inequivocabilmente recita l’inno della nostra avanguardia rivoluzionaria, il Frente Sandinista de Liberación Nacional.

Lettera aperta dei gruppi statunitensi della solidarietà con il Nicaragua e richiesta di appoggio tramite adesione all'appello

 


 

 

Con l'approssimarsi delle elezioni in Nicaragua,  chiediamo agli Stati Uniti di smetterla d’interferire

 

"Cosa succederebbe se gli Stati Uniti fossero visti dal resto del mondo come artefici di un’interferenza diretta nelle elezioni di altri Paesi e tutti lo sapessero? Come sarebbe se intervenissimo nella conduzione dei loro affari? Ciò sminuisce il prestigio di un Paese» (Presidente Biden, giugno 2021)

 

Trentacinque anni fa, il 27 giugno 1986, la Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia decretò che gli Stati Uniti avevano violato il diritto internazionale appoggiando i Contras e minando i porti del Nicaragua, in violazione degli obblighi internazionali del nostro Paese “di non usare la forza contro un altro Stato, di non intervenire nei suoi affari e di non violare la sua sovranità”. La decisione includeva la necessità di pagare i risarcimenti, calcolati in oltre 17 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti si rifiutarono di ottemperarla. Oltre 30.000 nicaraguensi morirono a causa della guerra e quando questa terminò, la loro economia era totalmente distrutta. 

Gli Stati Uniti hanno continuato a interferire nelle elezioni del 1990, versando milioni di dollari per creare un candidato prescelto e per minacciare il popolo nicaraguense di ulteriore guerra se non avesse votato secondo i dettami degli Stati Uniti.
Dopo il ritorno al potere dei sandinisti con le elezioni nel 2007, gli Stati Uniti hanno ripreso gli sforzi per minare il governo sandinista, canalizzando apertamente oltre 200 milioni di dollari attraverso organizzazioni no profit nicaraguensi e dozzine di media creati ad hoc per forzare il cambio di regime. Ciò è culminato nel 2018 in un tentativo di colpo di stato, fallito, ma che è costato la vita a oltre 200 persone. 

Nel luglio 2020 un documento della USAID, trapelato dall'ambasciata degli Stati Uniti a Managua, delineava il RAIN o Responsive Assistance in Nicaragua, piano orchestrato e finanziato dagli Stati Uniti per mettere in atto una transizione di governo in Nicaragua nei prossimi due anni.

Proprio in questo momento, sta procedendo rapidamente nel Congresso degli Stati Uniti il Renacer Act, il cui titolo: Reinforcing Nicaragua's Adherence to Conditions for Electoral Reform Act del 2021 indica inequivocabilmentel'intento esplicito d’interferire nelle elezioni in Nicaragua. Il Renacer Act aumenta le sanzioni economiche. Minaccia gli elettori nicaraguensi affinchè votino per un candidato dell'opposizione se non vogliono subire gravi privazioni nei prossimi anni.

I nostri amici, familiari, partner organizzativi e comunità in Nicaragua vogliono che gli Stati Uniti smettano d’interferire. Ci dicono che il governo sandinista si preoccupa dei poveri, citando il buon governo di cui beneficiano direttamente: sicurezza cittadina, sicurezza alimentare, agroecologia, accesso all'assistenza sanitaria e all'istruzione, impegno per l'equità di genere, prevenzione e contenimento dei disastri, diversificazione energetica, le migliori infrastrutture e strade della regione e programmi per ampliare l'accesso ad abitazione, acqua ed elettricità. La povertà e la povertà estrema sono state ridotte di quasi il 50% dal 2007 al 2017. I nicaraguensi NON stanno fuggendo a migliaia verso la frontiera con gli Stati Uniti, a differenza dei loro vicini del "triangolo settentrionale".

Le operazioni statunitensi di cambio di regime in America Latina hanno una storia lunga e sordida e continuano a causare danni enormi nei molti luoghi in cui operano tutt’oggi. Le sanzioni statunitensi in favore dei cambi di regime sono devastanti per le persone più vulnerabili e sono illegali. 

Con l'approssimarsi delle elezioni in Nicaragua, gli Stati Uniti stanno interferendo direttamente e tutti lo sanno. Chiediamo agli Stati Uniti di smettere d’interferire; ciò sminuisce il prestigio del nostro paese a livello globale.

 

Grazie per il vostro appoggio, in un periodo in cui si sta facendo virulenta la campagna mediatica con cui, SEMPRE, gli Stati Uniti spianano la strada a successivi interventi più cruenti, che siano colpi di stato "morbidi" o guerre, in tutti quei Paesi sovrani non allineati ai loro interessi e dettami.

La storia degli ultimi decenni ce lo ha dimostrato sistematicamente.

La macchina del fango usata per diffamare questo o quel capo di Stato, è anche fango negli occhi di chi non vuol vedere che in realtà l'obiettivo è un popolo, la sottomissione del suo Paese, il dominio sulle sue risorse. E chi si unisce a questo coro mediatico si fa COMPLICE dell'immensa sofferenza che l'imperialismo impone poi a popolazioni e territori.

Eleviamo e moltiplichiamo un coro diverso: "El clamor de la Tierra, el clamor de los Pueblos"!!! 

 

Aderisci all'appello!

https://afgj.salsalabs.org/we-call-on-the-united-states-to-stop-interfering/index.html

 


 

 

REBELION / ESTERI / PERU'

Senza l’appoggio dell’OEA, alla destra peruviana non resta che il colpo di stato

 

Alberto e Keiko Fujimori, Vladimiro Montesinos

 

L’unica strada da cui non si torna indietro, è il ridicolo. La delegazione che la candidata di estrema destra peruviana Keiko Fujimori ha inviato a Washington per riunirsi col segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani (OEA), per chiedergli una revisione internazionale delle elezioni perse nei confronti del maestro rurale Pedro Castillo, si è risolta in un fallimento, una figuraccia internazionale. 

Nel frattempo, i discorsi golpisti della destra ed ultradestra stanno mettendo ulteriormente in subbuglio un ambiente già molto teso, dal quale emergono espressioni razziste contro Castillo. "Terroristelli, non vi nascondete, voglio vedervi nella fossa, delle vostre budella farò mangime per animali", minacciano i cori dal ritmo e tono militare dei manifestanti di ultradestra in corteo per le strade di Lima contro Castillo. 

"Terruco" è sinonimico di terrorista ed ha pure un forte contenuto razzista. La destra lo usa per screditare la sinistra ed identifica come "terrucos" i settori popolari, le popolazioni andine e rurali, gli elettori di Castillo.

Cinque giorni prima, la diffusione di una serie di audio, tra cui uno di Vladimiro Montesinos, capo dei servizi segreti durante il governo di Alberto Fujimori, oggi incarcerato, ha svelato una cospirazione per far deragliare il processo elettorale in Perù ed imporre alla presidenza la candidata sconfitta alle urne, Keiko Fujimori. 

Keiko cercava a Washington una soluzione stile colpo di stato in Bolivia, per mutare la sua sconfitta in trionfo, ma perfino Almagro non si è fatto trovare e la delegazione, composta da due parlamentari eletti e due ex ministri, ha potuto riunirsi solo con Gerardo de Icaza, un funzionario del dipartimento per la Cooperazione ed Osservazione Elettorale. Ormai Donald Trump non è più al governo ed Almagro ha preferito non metterci la faccia. 

Se l'OEA ordinasse una revisione del processo elettorale peruviano, sconfesserebbe la sua stessa missione di osservatori che avallò pubblicamente la perfetta regolarità delle elezioni, così come fecero tutte le altre missioni di osservazione internazionale e nazionale. L'uscita di scena di Almagro lascia il sentore che non abbia intenzione di compiere alcun gesto pubblico a favore di una revisione dell'OEA sulle elezioni peruviane. 

Dopodiché eccoli protagonisti di una seconda figuraccia: avevano convocato una conferenza stampa, ritrovandosi in un salone disertato dai giornalisti. Stavano lì senza uditorio, tra i quattro vi era l'ammiraglio in congedo e parlamentare eletto Jorge Montoya, attivo promotore di un golpe per impedire a Castillo di assumere la presidenza, e parlavano alle sedie vuote. 

Ma ecco, una delle poche persone presenti era la ricercatrice e politologa peruviana Francesca Emanuele, che disse loro: "Voi siete qui come golpisti. Per questo la stampa non c’è, perché internazionalmente voi siete visti come golpisti". 

Keiko non ammette la sua terza sconfitta elettorale consecutiva e denuncia senza prove una presunta frode, ben consapevole che l'aspettano 30 anni di prigione per frode e corruzione, da cui si salverebbe solo se fosse presidente. Pretende di annullare voti di Castillo (che vinse con una differenza di 44.000 voti), per rovesciare il risultato, per questo è andata in cerca di Almagro e dell'OEA, la sua ultima carta prima di fomentare ulteriormente un colpo di stato militare. 

Dopo il fallito tentativo con l'OEA e dinanzi alla disperazione delle élite per la vittoria di un candidato che promette un governo popolare, Alfredo Barnechea, ex candidato presidenziale nel 2016 e attuale alleato di Keiko nel fronte di destra-ultradestra, ha chiesto apertamente un intervento militare e la formazione di un regime civico-militare che impedisca l’insediamento di Castillo, che taccia di "comunista" e "terrorista". 

"Il fiasco con l'OEA ha indotto Barnechea a lanciare questo appello golpista ad un fronte civico-militare, un’anticipazione di ciò che promuoverebbe Keiko, benché in questo momento non lo dica, quando si confermi l’insuccesso della sua richiesta all'OEA", ha segnalato il sociologo Alberto Adrianzén. 

Keiko ed i suoi alleati vociferano che senza una revisione da parte dell'OEA non riconosceranno il risultato elettorale, né la legittimità del prossimo governo. Cercano di delegittimare Castillo mettendo in questione la sua vittoria, in modo da debilitarlo e destabilizzare il suo governo per abbatterlo, cosa che potrebbe perfino essere veicolata attraverso il prossimo Congresso, dove la destra avrà la maggioranza. 

Senza dubbio, vi è un'aperta campagna razzista contro Castillo ed i suoi seguaci; il fujimorismo sembra cercare l’esplosione, una reazione violenta della gente, prima dell'insediamento del maestro rurale fra tre settimane, che giustifichi i militari a prendere il controllo del Paese. 

Frattanto Castillo ha affermato: "Il 28 luglio, iniziando il messaggio alla Nazione, porremo di fronte al Congresso la prima richiesta del popolo: che ponga immediatamente in agenda l'installazione dell'Assemblea Nazionale Costituente per fare insieme al popolo la prima Costituzione del popolo". "La lotta è appena cominciata” ha dichiarato, chiedendo ai suoi seguaci a prepararsi “Non solo per esserci in questo Governo, ma per sostenerlo".

Mariana Álvarez Orellana, 3 luglio 2021

Traduzione a cura di CIVG – Patria Grande

 

Fonte: https://rebelion.org/sin-respaldo-de-la-oea-a-la-derecha-peruana-solo-le-queda-el-golpe/

 


 

 

SUR Y SUR / HAITI / POVERTA’ CRESCENTE

Ancora una volta, Haiti sembra morire. Cosa farà l'America Latina?

La storia racconta che nel suo primo viaggio in quella che sarebbe diventata l'America, Cristoforo Colombo, dopo essere sbarcato il 12 ottobre 1492 sulla spiaggia da lui chiamata San Salvador, oggi Wattlin, nell'arcipelago delle Bahamas, si stabilì il 1° dicembre in un meraviglioso posto su un'isola che battezzò Hispaniola. Ne prese possesso senza chiedere il permesso ai suoi abitanti, ovviamente, e iniziò la colonizzazione costruendo un forte che chiamò "Natale", sulla costa nord di quella che oggi è Haiti.

Lì celebrò, il 24 dicembre di quell'anno, la prima buona notte in un continente nuovo per gli europei, che avrebbe consegnato ricchezza illimitata alla corona di Spagna e dolore infinito ai suoi abitanti. In nome del suo signore re, Colombo iniziò l'occupazione, lo sfruttamento, il contagio con le malattie, lo sterminio e la colonizzazione dell'America Latina.

Tuttavia, fu sempre questa stessa isola, già divisa e in parte convertita in Haiti, il primo luogo dove fu abolita la schiavitù, nel 1803, e la seconda repubblica indipendente del continente nel 1804, subito dopo gli Stati Uniti. Fu anche la prima repubblica al mondo formata da afro-discendenti. In precedenza, la ricca colonia fu ceduta dalla Spagna alla Francia nel XVII secolo.

Si specializzò nella produzione di zucchero e per questo importarono migliaia di migliaia di schiavi che furono cacciati e trasportati da varie parti dell'Africa con culture, credenze e lingue diverse, mescolati e sfruttati nell'isola che allora si chiamava Santo Domingo.

Il pugno di ferro colonialista permise la nascita di grandi fortune, navi negriere, commerci e anche, nel 1791, l'insurrezione degli schiavi, i quali presero le armi e per 13 anni combatterono fino a sconfiggere i francesi. Nacque così il primo paese indipendente di quella che oggi è l'America Latina.

La Rivoluzione francese con le sue idee di libertà, uguaglianza e fraternità era penetrata nella lotta per l'abolizione della schiavitù. Nel 1804 fu proclamata la repubblica e il suo eroe principale, un ex schiavo divenuto generale, Jean Jacques Dessalines, nel giro di pochi mesi al potere divenne imperatore autonomo degli haitiani con il nome di Jacques I, nel miglior stile napoleonico. Si assicurò il potere con raffinata crudeltà e migliaia di vittime, finché non fu assassinato dai suoi stretti collaboratori.

Da allora, la storia del Paese è stata un susseguirsi di sofferenze, povertà, fame e sangue. Il ventesimo secolo iniziò per gli haitiani con l'invasione e l'occupazione dei marines statunitensi che presero il controllo del Paese; gli investitori sequestrarono lo zucchero e la Citibank la Banca Centrale di Haiti, responsabile dell'emissione della valuta. Nel 1957 il governo di Washington impose François Duvalier, conosciuto come Papa Doc.

Nel frattempo, nella vicina Repubblica Dominicana regnava il dittatore Leonidas Trujillo; in Nicaragua, dal 1937, la dinastia Somoza e, a Cuba, Fulgencio Batista dal 1952. Nessuno poteva tutelare meglio gli interessi degli Stati Uniti nella regione di questi fedeli guardiani. A Duvalier, nel 1971, successe il figlio Baby Doc, fino 1986, quando una rivolta popolare lo mandò in esilio in Francia. Il dittatore Trujillo, dopo aver governato ininterrottamente per 30 anni, fu giustiziato nel 1961 a Santo Domingo da un gruppo armato.

L'ultimo dei Somoza, noto come “Tachito”, riuscì a governare per 12 anni fino al suo rovesciamento da parte della rivoluzione sandinista e fu successivamente assassinato in Paraguay da un commando rivoluzionario argentino. La dittatura di Batista a Cuba durò nove anni, fino a quando Fidel Castro entrò all'Avana il 1° gennaio 1959, e in quella notte di Capodanno il dittatore volò a Miami.

Lo stato di Haiti oggi occupa la parte occidentale dell'isola: 27.750 chilometri quadrati con una popolazione stimata di oltre 11 milioni di persone, più circa due milioni all'estero, principalmente nella Repubblica Dominicana, negli Stati Uniti e in altri paesi come Spagna e Cile, tra gli altri. L'agricoltura di sussistenza e le rimesse sono le principali risorse della maggioranza della popolazione.

La vicina Repubblica Dominicana, situata nella parte centro-orientale dell'isola, ne raddoppia praticamente la superficie, con 48.442 kmq e una popolazione di soli 10 milioni e mezzo di abitanti. Mentre il primo è il Paese più povero dell'America Latina con un reddito pro capite nel 2019 di soli 1.273 dollari l'anno, il secondo ha raggiunto gli 8.583 dollari, con il turismo come una delle principali fonti di ingresso.

L'emigrazione incontrollata degli haitiani verso la Repubblica Dominicana ha portato al fatto che, seguendo l'esempio dell'ex presidente Trump al confine degli Stati Uniti con il Messico, il governo dominicano ha iniziato nel 2019 a erigere un muro di mattoni alto quattro metri culminato da fili, lame e sensori di movimento nei punti di maggior traffico illegale di persone. Trecentosettantasei chilometri di estensione che difficilmente saranno completati. La spiegazione ufficiale è che si tratta di combattere l'immigrazione clandestina, il traffico di armi, di droga, di bestiame e di veicoli rubati. Di fronte alla chiusura generale delle frontiere per l'immigrazione, gli haitiani oggi cercano di raggiungere il Suriname e da lì attraversare la provincia francese d'oltremare, la cosiddetta Guyana francese. In definitiva, oggi la cosa importante per qualsiasi haitiano è emigrare, non importa in quale paese.

Attualmente, l'America Latina come regione non ha grande consapevolezza di quanto accade ad Haiti, dove il governo del presidente Jovenel Moïse, insediato nel 2017, è duramente messo in discussione per il suo progetto di indire un plebiscito per riformare la costituzione in vigore dal 1987, la più longeva della sua storia, e per lo smantellamento del precario quadro istituzionale e della sua endemica corruzione. La sua elezione non ha mai avuto legittimità in quanto messa in discussione per i brogli e per la bassa partecipazione elettorale che non raggiunse il 20%, anche se ciò fa parte della realtà politica del paese.

Il presidente ha rimosso tre membri della Corte Suprema, il parlamento non funziona da un anno e l'appello al plebiscito è per le forze democratiche un segnale all'autoritarismo che vuole impiantare e che allontanerebbe ulteriormente il Paese dalla democrazia. Nonostante l'instabilità di Haiti sia storica, oggi la sicurezza non è garantita per nessuno e la gente si chiude in casa.
Bande armate raggruppate nel cosiddetto G-9 controllano una parte importante della capitale commettendo quotidianamente furti e sequestri, traffico di droga e di armi. Secondo fonti delle Nazioni Unite, si verificano più di 200 rapimenti al mese: stranieri, religiosi, bambini o uomini d'affari. Le cifre dei soccorsi possono variare da 4.000 a un milione di dollari. L'elettricità continua a essere un bene di lusso, accessibile solo a chi ha le proprie attrezzature, e il resto della popolazione ce l'ha solo per due ore al giorno. La spazzatura non viene raccolta, ma bruciata per le strade, e in caso di incendio non ci sono vigili del fuoco in nessuna città del Paese. Il dilemma per molte persone è se morire di fame o di Covid, in un Paese dove non c'è infrastruttura sanitaria né statistiche attendibili per conoscere il reale stato della situazione. E nemmeno c’è una sola opinione dei grandi Paesi sul fatto che il presidente debba terminare il suo mandato, perché per l'opposizione è già terminato lo scorso febbraio. Moïse sostiene che, poiché il voto è stato ripetuto, rimetterà il mandato solo l'anno prossimo, posizione sostenuta dagli Stati Uniti mentre l'opposizione chiede la nomina di un primo ministro ad interim fino a nuove elezioni.

Le Nazioni Unite mantengono un basso profilo, tranne che per le agenzie umanitarie e un piccolo comitato di affari politici incaricato dal segretario generale di seguire gli eventi. Un altro gruppo è composto da Brasile, Stati Uniti, Canada, Germania, Spagna, Unione Europea e OSA. Saltano all’occhio l'assenza dei paesi latinoamericani e la presenza del Brasile di Jair Bolsonaro, che è come se non ci fosse.
Il terremoto del 2010 - 7° grado della scala Richter - e le successive scosse di assestamento, hanno provocato oltre 200.000 vittime e danni incalcolabili. Di recente, un numero imprecisato di poliziotti, almeno cinque, sono stati uccisi, e diversi altri sono rimasti feriti. Non c'è credibilità nelle informazioni e le persone vivono in un vero "stato naturale" in assenza dello Stato. Le notizie sono piuttosto rumors che circolano di bocca in bocca senza poterne verificare la veridicità.

Gli anni della Minustah - o della Missione di Stabilizzazione delle Nazioni Unite per Haiti - durati dal 2004 al 2017, hanno dato sicurezza a una parte importante della popolazione dopo le violenze scatenate nelle principali città fino alla partenza per l'esilio dell'ex presidente Bertrand Aristide. Parteciparono più di settemila effettivi provenienti da 24 paesi di tutti i continenti, tra cui l’Argentina, il Brasile, il Cile, la Colombia, l’Ecuador e altri, cercando di raggiungere gli obiettivi del disarmo dei gruppi, fermare il traffico di armi e droga, promuovere la stabilità, rafforzare le istituzioni e consentire lo svolgimento di elezioni libere e democratiche.

Nonostante ci siano state accuse contro alcuni soldati per abusi sulle donne, ciò non altera il prezioso servizio fornito, e la missione ha anche contribuito a legittimare l'azione delle Nazioni Unite e dei Paesi latinoamericani che vi hanno partecipato attivamente. Allo stesso tempo, c'era una struttura politica nella regione, composta principalmente da organizzazioni regionali come CELAC e Unasur, che si sforzavano di trovare accordi politici.

È vero che 13 anni sono un tempo eccessivo per una missione di pace delle Nazioni Unite, ma non sappiamo quanti morti abbiano evitato la presenza delle forze militari. Dalla partenza delle truppe, il deterioramento della situazione è cresciuto, e Haiti è oggi sull'orlo di un nuovo disastro. I governi, quando valutano una nuova missione, pensano subito ai costi finanziari e iniziano dibattiti sulla politica interna dei paesi latinoamericani, soprattutto per quanto riguarda l'invio o il mantenimento delle truppe all'estero.

La domanda è cosa dovrebbero fare gli Stati della regione di fronte a crisi come quella di Haiti, o del Nicaragua e del Venezuela, senza organi politici regionali, senza istanze di dialogo da parte dei capi di Stato e senza cooperazione effettiva, come è effettivamente. Oggi c'è solo l'Organizzazione degli Stati americani, che sicuramente invierà un gruppo di ambasciatori per valutare la situazione, senza forza, risorse e credibilità per affrontare la grave crisi.

D'altra parte, solo gli Stati Uniti e l'Unione Europea sono quelli che possono avere un'influenza reale, dal momento che la Francia ha smesso di essere rilevante e non è più ascoltata nella regione. Altri Paesi come la Germania hanno smesso di fornire cooperazione diretta da governo a governo, e oggi passa attraverso Bruxelles. Il Canada continua ad essere il "buon amico" di Haiti ma, come altri Paesi, ha chiuso le frontiere all'immigrazione.

I problemi dell'America Latina devono essere risolti dai latinoamericani, senza aspettare l'intervento delle grandi potenze. Per questo sono importanti le istanze di dialogo, dove i capi di Stato possono discutere, confrontarsi e cercare soluzioni insieme. La dispersione e le rivalità ideologiche nella regione hanno contribuito all'aggravarsi dei problemi non solo ad Haiti.

In tempi di incertezza e di grandi sfide, sono più che mai necessari cooperazione e politici che sappiano alzare gli occhi e guardare oltre i confini nazionali. Oggi Haiti non è l'unico Paese in cui la popolazione vive momenti difficili, vi sono altri Paesi nel continente. Solo ritrovare le nostre tradizioni latinoamericane potrà aiutare a fermare l'acutizzarsi della frattura che attualmente separa i paesi latinoamericani e a tendere una mano generosa al popolo haitiano.

Fernando Ayala

 

Economista dell'Università di Zagabria in Croazia e dottore in Scienze Politiche dell'Università Cattolica del Cile. Ex ambasciatore, è attualmente vicedirettore dello sviluppo strategico presso l'Università del Cile.

Fonte: https://www.nodal.am/2021/06/una-vez-mas-haiti-parece-morir-que-hara-america-latina-fernando-ayala/

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / ANNIVERSARIO DELLA GRANDE GUERRA PATRIA

Díaz-Canel e Putin conversano in occasione del 80º Anniversario della Grande Guerra Patria

 

Il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito e presidente della Repubblica di Cuba, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, in occasione della commemorazione del 80º anniversario dell’inizio della Gran Guerra Patria, ha chiamato al telefono il suo omologo russo, Vladimir Putin, per esprimergli parole di ringraziamento  per l’eroico popolo sovietico.

Il mandatario cubano ha manifestato sincera ammirazione e gratitudine per il decisivo contributo dei sovietici alla vittoria contro il nazifascismo, si legge nel suo account ufficiale su Twitter.

Il 9 maggio scorso, nel suo discorso per il Giorno della Vittoria sul nazifascismo tedesco, il presidente russo ha definito il 22 giugno «una delle date più tragiche della storia della nostra nazione, e ha ricordato che la Grande Guerra Patria è costata la vita a circa 27 milioni di sovietici:

«Il nemico attaccò il nostro paese invadendo la nostra terra per ammazzare, seminare morte e dolore, orrore e sofferenze indicibili. Non solo voleva far crollare il sistema politico, il sistema sovietico, ma voleva distruggerci come Stato, come nazione, cancellare i nostri popoli dalla faccia della terra», ha ricordato nell'occasione.

Russia Today ha informato che in un articolo recente dedicato al 80º anniversario di quell’avvenimento storico, il settimanale tedesco Die Zeit ha scritto che Putin ha ricordato che i soldati sovietici andarono in Germania in una missione di liberazione e non per vendicarsi, nonostante i tentativi di alcuni di riscrivere la storia. RT ha inoltre segnalato che, sopravvissuti agli orrori della guerra, i popoli dell’ Europa «riuscirono a superare l’alienazione e ristabilire la fiducia e il rispetto reciproci» intraprendendo un percorso d’integrazione.

Yaditza del Sol González e GM per Granma Internacional, 22 giugno 2021

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / CASO ASSANGE

Testimone ammette di aver mentito nel processo a Julian  Assange

 

«Il caso di Julian Assange si sgretola dopo le dichiarazioni di un testimone del pubblico ministero che ha riconosciuto d’aver mentito nel processo», si legge sulle colonne del quotidiano islandense Stundin. Il programmatore informatico Sigurdur «Siggi» Thordarson ha riconosciuto la falsità delle sue accuse in cambio dell’immunità giudiziaria presentandosi al tribunale nel processo per l'estradizione celebrato alla fine dell’anno scorso a Londra.

Il testimone, dichiara Russia Today, era stato presentato come un membro importante di WikiLeaks al quale era stato chiesto di controllare i telefoni dei deputati islandesi, ma nella sua ritrattazione l'hacker ha detto che il giornailsta australiano non gli aveva mai chiesto di farlo, ed ha negato anche d’essere un membro importante della sua organizzazione.

John Reese, direttore della campagna contro l’estradizione verso gli Stati Uniti del fondatore di WikiLeaks, ha definito «collassato» il caso giudiziario e che «se fossero onesti, dovrebbero ritirare l’appello», ha scritto Prensa Latina.

Russia Today ha sottolineato che Sigurdur era un volontario di WikiLeaks trasformato nel primo informatore dell’organizzazione noto all'FBI in cambio di 5000 dollari e dell’immunità dalla persecuzione giudiziaria.

Thordarson ora ammette d’aver ricevuto alcuni files da terzi con registrazioni di parlamentari e che aveva proposto di condividerli con Assange senza verificarne il contenuto. Il portale digitale ha messo in luce anche le valutazioni compromettenti fatte da diplomatici dello Stato su governi e leaders politici stranieri, tra i vari documenti.

Gli Stati Uniti vogliono estradare Assange, recluso nella prigione londinese di Belmarsh da quando ha perso lo status di esiliato politico nell’ambasciata dell’Ecuador della capitale britannica, e vogliono processarlo per 17 accuse di spionaggio e una di cospirazione per pirateria informatica. Se venisse consegnato alla giustizia statunitense, il cittadino australiano potrebbe ricevere una condanna di 175 anni di prigione.

Granma, GM per Granma Internacional, 30 giugno 2021

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / PARLAMENTO EUROPEO

Cuba denuncia le manovre del Parlamento Europeo

La Commissione delle Relazioni Internazionali dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare di Cuba (ANPP) ha denunciato in una dichiarazione le torbide manovre del Parlamento Europeo.

«Abbiamo saputo che un piccolo gruppo di eurodeputati che rispondono all’agenda di Washington, è riuscito e includere nella prossima Assemblea Plenaria del Parlamento Europeo che si realizzerà l’8 giugno, un punto relativo alla Situazione Politica e ai Diritti Umani a Cuba», dice il testo,

aggiungendo che si vuole avallare una risoluzione contro Cuba travisando la realtà, perché si cerca  disperatamente di rompere i vincoli che la uniscono all’Unione Europea (UE) e di fermare l’implementazione dell’Accordo di Dialogo Politico e Cooperazione che si sviluppa attualmente sulla base del rispetto reciproco e dell’uguaglianza: «Non siamo stupiti per  queste azioni che sono proprie della doppia faccia che li anima e della doppia morale che li caratterizza», puntualizza il testo.

Queste azioni ingannatrici sembrano mostrare preoccupazione per l’esercizio dei diritti umani a Cuba, un paese sovrano che decide il suo destino. Quello che appare curioso è che si preoccupano dei diritti umani a Cuba, MA non DEL criminale blocco che castiga le famiglie cubane da più di 60 anni, inasprito nel mezzo della pandemia. Questa politica d’ingerenza danneggia anche i cittadini europei e i loro imprenditori. Agiscono anche con totale insensibilità di fronte alle flagranti violazioni di questi diritti commesse dagli Stati Uniti e in altri paesi del mondo, includendo la stessa Europa, dove vi sono state negli ultimi anni brutalità commesse dalla polizia, dove si applicano politiche discriminatorie contro i migranti, dove si fanno discorsi che fomentano l’odio e le idee di supremazia, dove si verificano violazioni della libertà di stampa e d’espressione, così come manifestazioni di razzismo, xenofobia e altre forme d’intolleranza.

La Commissione della ANPP ha denunciato la manovra da parte di coloro che non rappresentano la totalità dei membri del Parlamento Europeo: «Questi esercizi politicizzati rispondono alle esigenze d’interessi estranei che tentano di compromettere le azioni indipendenti della Unione Europea in politica estera. Chiamiamo rispettosamente gli eurodeputati di non prestarsi a questo gioco e a questa infamia, e a fermare questa manovra.

Nuria Barbosa León e GM per Granma Internacional, 4 giugno 2021

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / RISOLUZIONE ONU CONTRO IL BLOCCO

Siamo vivi

Per  la 29ª volta l'ONU condanna l’ingiusta politica del blocco degli Stati Uniti contro Cuba. Questa volta sono state 184 le nazioni che hanno preso posizione contro l’assedio, due hanno votato contro e tre si sono astenute.

«Puntano ad ammazzarci, ma siamo vivi» ha detto Díaz-Canel, e lo sappiamo in tanti, che ogni giorno superiamo le enormi difficoltà che assillano un paese assediato e aggredito. 

Puntano ad ammazzarci vietando la consegna, per esempio, di 32 strumenti e apparecchi utili per la produzione dei vaccini contro il COVID-19 o degli apparecchi di produzione, contenitori, capsule per filtrare, soluzione di cloruro di potassio, reagenti necessari per il proseguimento degli studi clinici del vaccino.

E come se non bastasse, vorrebbero che ci ammazzassimo noi stessi, che crescesse la delusione, l’irritazione e la disperazione. E siccome non succede niente di tutto questo, l’ultima trovata è dire che non ci ribelliamo per paura. Sostengono un youtuber isterico e, casualità!, un’accademica che è impossibile prendere sul serio, che a forza di letture affrettate e incomplete vende l’idea che qui si respira l’atmosfera orwelliana propria di un paese oppresso.

Ma siamo vivi. Con vaccini che hanno mostrato la loro efficacia e dei quali i cubani, senza distinzioni di nessun genere, si beneficiano. Vivi e molto ben accompagnati nella battaglia contro il blocco, Cuba si alza viva, senza paura nè museruola, in difesa della dignità di ciò che siamo e che non rinunceremo mai a essere.

«Così reagisce il mondo alla richiesta cubana. Sono già 28 anni di condanna mondiale del blocco. Gli Stati Uniti restano senza argomenti, i solidali rinforzano il loro appoggio», ha  pubblicato su Twitter il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito e Presidente della Repubblica, Miguel Díaz-Canel Bermúdez,  conoscendo il risultato della votazione nelle Nazioni Unite.

Per consenso della comunità mondiale, è stata approvata la risoluzione intitolata "Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba".

In valori finanziari, a prezzi  correnti, i danni accumulati in sei decenni d applicazione della politica di blocco toccano 147 853,3 milioni di dollari, e considerando la svalutazione del dollaro sull’oro nel mercato internazionale, i danni quantificabili equivalgono a più di un miliardo e 377 milioni 998 mila dollari.

Pedro de la Hoz e GM per Granma Internacional, 23 giugno 2021

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / INTERNI / FINANZIAMENTO DELLA SOVVERSIONE

Di nuovo allo scoperto i legami tra Governo USA e la sovversione a Cuba

 
 

Il Governo degli Stati Uniti – lo stesso che accusa Cuba di terrorismo – promuove una fiorente attività per finanziare, organizzare e stimolare tentativi di sovversione dell’ordine interno nell’Isola grande delle Antille. Lo dimostrano le prove pubblicate dalla Televisione Cubana, secondo le quali Karla Velázquez Figuera, la cosiddetta «madrina» del gruppuscolo contro rivoluzionario autodenominato Movimento San Isidro, si è rivelata come legame tra i funzionari del Governo nordamericano e i suoi salariati nel nostro paese.

Secondo le analisi del giornalista Humberto López, dal 12  maggio scorso Karla Velázquez è stata incaricata di realizzare una manifestazione per aggregare i partecipanti a una riunione virtuale «privata» e i funzionari del Dipartimento di Stato  degli USA, fissata per il 25 dello stesso mese.

Nel documento di "istruzione", dove compaiono le domande di preparazione all’incontro, «la madrina» ha precisato che «i responsabili politici della nuova amministrazione svolgono un processo di consultazione con varie parti interessate rispetto alla politica degli Stati Uniti verso Cuba». Poi chiarisce che avrebbero partecipato alla riunione virtuale alcuni funzionari incaricati del Dipartimento di Stato di Washington, che volevano raccogliere elementi sulle opportunità – se ce n’erano – di nuove relazioni tra USA e Cuba, sui possibili cambiamenti della politica verso l’Isola e altre proposte per sviluppare progetti sovversivi.

Un messaggio di posta elettronica disponibile nel sito web "Ragioni di Cuba" nel quale Tania Bruguera  ha parlato delle sue preoccupazioni sul «Movimento» con Gabriel Constancio Salvia,

direttore del Centro per l’Apertura e lo Sviluppo dell’America Latina (Cadal), si è rivelato per gli Stati Uniti come parte delle azioni che denunciano chiaramente i vincoli tra gli attivisti controrivoluzionari cubani e le organizzazioni finanziate dagli Stati Uniti.

Questa organizzazione con sede in Argentina riceve una parte del suo denaro dalla Fondazione Nazionale per la Democrazia (NED), la quale, a sua volta, ottiene i fondi dal Congresso nordamericano. Di fatto il prestigioso, quotidiano argentino Página 12 ha definito il Cadal «una base delle operazioni anticastriste che ricevono finanziamenti da enti legati alla CIA».

Il suo direttore, Gabriel Constancio, ha una sporca carriera nella quale spicca il suo tentativo d’armare, nel 2014, uno show mediatico che includeva proteste e manifestazioni per sabotare il 2º Vertice della Comunità  degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi svoltosi a L’Avana.

Questo  personaggio, con  Tania Bruguera, Karla Velázquez e altri «rappresentanti», sono i volti visibili della politica ostile che il governo degli USA pretende di «truccare» da presunti agenti di cambiamento quando in realtà agiscono solo sotto i suoi ordini.

Una pubblicazione del sito web del Ministero delle Relazioni Estere  di Cuba, riferendosi ai dettagli offerti da Johana Tablada, vice direttrice generale per gli Stati Uniti della Cancelleria, ricorda che

«Il Congresso degli Stati Uniti approva ogni anno circa 50 milioni di dollari del bilancio federale da dedicare all'ingerenza nei temi interni di Cuba».

Mailenys Oliva Ferrales e GM per Granma Internacional, 28 giugno 2021