Nel buio della Stellantis. La giravolta.

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Oggi ci confrontiamo con l’incognita Stellantis, non abbiamo ancora visto cambiamenti clamorosi, il processo, i layout, le lavorazioni restano le medesime, ma c’è uno stallo surreale nella discussione con l’azienda, dei silenzi disarmanti, un’incertezza totale su ogni aspetto.

 

 

La pandemia e i profondi cambiamenti dello stile di vita da essa imposti hanno abbattuto anche le ultime resistenze e le diffidenze che, soprattutto noi “romantici” che proviamo a portare nel nuovo millennio i valori e le lotte che hanno caratterizzato il ’900 avevamo nei confronti della rivoluzione digitale. Provate ad inserire nel più usato dei motori di ricerca (Google) la parola giravolta. I primi due risultati saranno: “Agile o spettacolare movimento rotatorio impresso al corpo” ed “improvviso mutamento di opinione o di programma”. In un mondo che corre, prendendomi il lusso di una riflessione lunga, è con questi due concetti che potrei sintetizzare il mio ragionamento rispetto alle condizioni di lavoro e del lavoro. Ben prima del Covid profondi cambiamenti hanno caratterizzato la condizione dei lavoratori nelle nostre postazioni, sul luogo di lavoro.

Quello che facciamo alla Lear è un lavoro duro, sedili per auto da sempre ed oggi specializzati sull’Alta gamma, sulle vetture di lusso, come le note vicende della storia di quella che oggi è Stellantis hanno imposto. Un lavoro che ti usura, la selleria storicamente è attività che produce tutta una serie di malattie che interessano gli arti superiori: tendiniti, Tunnel Carpale, Epicondiniti, solo per citare le più comuni e che né la tecnologia, né l’industria 4.0, né alcun sistema di valutazione del rischio o di calcolo dello sforzo hanno efficacemente contrastato.

Nel processo produttivo che caratterizza la selleria, soprattutto quella dell’alta gamma, ad un certo punto la differenza la fa il fattore umano. Non c’è esoscheletro o attrezzatura che tenga, quando “selli” devi tirare la pelle in un certo modo, con una certa forza, riscaldando la pelle quel tanto che serve, né di più né di meno e devi avere la sensibilità di capire e quantificare “ad occhio” quanto e come scaldare, tirare, sagomare, spingere ecc. e tutto ciò deve stare dentro un tempo, perché la linea viaggia a tac ed il tac è sempre uguale, la pelle no, l’allestimento della vettura neanche, a volte il sedile è più complesso, le condizioni psicofisiche con cui vai a lavoro non sono sempre le stesse.

Per fare un paragone non è che ad un centometrista si chiede di correre ogni giorno il suo primato personale, noi invece abbiamo una produzione e si esige tutti i giorni. L’azione sindacale nel corso degli anni ha cercato di migliorare la condizione del lavoro denunciando le situazioni più deleterie, contrattando la prestazione, e richiedendo all’azienda investimenti per cercare soluzioni tecniche per diminuire lo sforzo fisico.

Un percorso difficile soprattutto se si pensa alle serie di ristrutturazioni che abbiamo attraversato, a cosa è significato per Torino, e quindi anche per la Lear “gestire” negli ultimi 15 anni il decremento del 90% delle vetture prodotte. È stata un’eterna lotta tra minimizzare l’impatto della destrutturazione sui lavoratori e l’azienda che in questa dinamica agiva il ricatto del “c’è la crisi e quindi bisogna migliorare gli indicatori, primo fra tutti l’efficienza”.

Anni difficili alla Lear aspettando l’illusione della piena occupazione. Ed è per resistere, per qualche giorno di lavoro in più che molti lavoratori si sono ingegnati per qualche GIRAVOLTA in più, chiedendo a se stessi di tanto in tanto qualche acrobazia per barcamenarsi nel delirio del marchionismo e del post marchionismo. Ciò purtroppo non è bastato, ricordo gli occhi dei miei Compagni quando si è diffusa in officina la notizia che il sedile della 500 elettrica non l’avremmo prodotto noi, lo smarrimento e l’amarezza, qualcuno sussurrava: “a che ci serve essere così bravi? Saper fare così bene questo lavoro?”.

Massima solidarietà per i lavoratori della Martur, ma resta un certo amaro da masticare quando prendi coscienza, sulla tua pelle, che in questo Paese non conta cosa sai fare e come lo sai fare, ma che tu abbia qualche diritto in meno ed un salario inferiore. Oggi ci confrontiamo con l’incognita Stellantis, non abbiamo ancora visto cambiamenti clamorosi, il processo, i layout, le lavorazioni restano le medesime, ma c’è uno stallo surreale nella discussione con l’azienda, dei silenzi disarmanti, un’incertezza totale su ogni aspetto. C’è però una cosa, un improvviso mutamento di opinione o di programma, appunto la GIRAVOLTA.

L’attenzione, il focus non è più l’eccellenza del prodotto, non è più l’aggressione al mercato premium il mantra. L’AD Tavares ha fissato come primo e unico punto all’ordine del giorno l’aggressione ai costi di produzione, più che essere eccellente il prodotto deve costare meno. Questo è il nuovo mantra, la giravolta, l’ennesimo abbaglio, l’ennesima illusione che ci farà perseverare nel processo di destrutturazione dell’automotive in Italia e a cascata peggiorerà la condizione di lavoro di quel poco che resterà.

Antonio Gullo

Operaio RSU FIOM CGIL LEAR Grugliasco

 

Da Blog LavoroeSalute