Notiziario Patria Grande - Maggio 2020

 

NOTIZIARIO

 

Maggio 2020

 

 

Incendi in Honduras

In piena emergenza sanitaria per la pandemia, il territorio honduregno viene devastato da un’ondata di incendi

 

Fake news contro il Nicaragua

Lettera di varie testate giornalistiche a Il Fatto Quotidiano

 

La scommessa delle donne per sopravvivere in tempi di pandemia

Protesta per gli alimenti in Honduras

 

Reporter senza frontiere, ma con padroni

La parzialità di Reporter Senza Frontiere a favore degli interessi di Washington in Iraq, Libia, Haiti, Irán, Bolivia, Ecuador e Cile.

 

Neutralizzata in Venezuela un’incursione marittima

Il ministro degli Interni venezuelano ha reso noto l'operazione di neutralizzazione di un gruppo armato che voleva entrare nel Paese dalle coste dello stato di La Guaira.

 

Cuba e Cina realizzano insieme un polo di ricerca e produzione farmaceutica

Accelerazione del progetto del primo parco biotecnologico congiunto per ricerca, sviluppo, produzione e commercializzazione di farmaci cubani.

 

Cuba di nuovo nella lista nera del terrorismo

Il Dipartimento di Stato ha notificato al Congresso degli Stati Uniti che Iran, Corea del Nord, Siria, Venezuela e Cuba "non hanno cooperato" con gli sforzi anti terroristi degli Stati Uniti.

 

La pace in Colombia e il genocidio sistematico dei  leader sociali

250 morti nel 2019, 3200 negli ultimi 4 anni. Cauca, Antioquia e Nariño i dipartimenti più colpiti. 197 sono i guerriglieri assassinati della firma dell’accordo.

 

 



HONDURAS /  POLITICA / EMERGENZA SANITARIA

INCENDI IN HONDURAS

In piena emergenza sanitaria per la pandemia, il territorio honduregno viene devastato da un’ondata di incendi

 

Secondo i dati forniti dall’Istituto per la Conservazione delle Foreste (ICF), dall’inizio del 2020 fino alla data del 24 aprile erano stati distrutti dalle fiamme oltre 23.200 ettari di boschi in 487 località. Dopo nemmeno un mese, il 16 maggio, la cifra risulta raddoppiata: 835 incendi forestali hanno distrutto quasi 55.000 ettari di boschi, fra nazionali, demaniali e privati.

 

 

I dipartimenti più colpiti sono quelli di Francisco Morazán, Gracias a Dios, Olancho e il Distretto Centrale. Il municipio di Puerto Lempira (Gracias a Dios, nella zona caraibica orientale dell’Honduras), è quello che presenta la maggiore estensione distrutta dalle fiamme, con oltre 20.800 ettari, ovvero il 38% del totale dell’area colpita a livello nazionale.

Secondo fonti del Corpo dei Vigili del fuoco oltre il 90% dei casi, sono opera della mano criminale dell’uomo, ma sono molto pochi i casi in cui si è potuto identificare i piromani.

 

 

Fonti: https://www.proceso.hn/actualidad/7-actualidad/mas-de-23-mil-hectareas-de-bosque-han-destruido-487-incendios-forestales-en-honduras.html
https://www.proceso.hn/actualidad/7-actualidad/casi-55-mil-hectareas-de-bosque-han-sido-afectadas-por-incendios-forestales-en-honduras.html

 

A fronte di questa ulteriore emergenza, molte comunità locali denunciano l’inerzia o la totale assenza dello Stato nello spegnimento degli incendi. È il caso del COPINH, che il venerdì 24 aprile lancia il seguente allarme: Incendio nella comunità di Rio Blanco.

Un incendio iniziato lunedì a Santa Ana, San Francisco de Ojuera, è arrivato alla comunità di Rio Blanco, nella zona di El Culatón fino al Rio Gualcarque. Fino ad ora sono stati bruciati oltre 21 ettari di boschi, compresa una parte della Pianura del Culatón, senza che le autorità municipali né nazionali abbiano intrapreso azioni per fronteggiare il problema.

In questo luogo compagne e compagni della comunità di Rio Blanco seminano per sostenere l’alimentazione di tutta la collettività. In questo momento stanno svolgendo opera di estinzione con mezzi molto limitati.

Il COPINH e il Consiglio Indigeno di Rio Blanco chiedono alle autorità municipali di Intibucá e San Francisco de Ojuera, al Corpo dei vigili del Fuoco, alla Polizia Nazionale, a ICF, a COPECO ed alla Segreteria di “Il Mio Ambiente” che si assumano le loro responsabilità nel contenere l’incendio e mitigarne i danni (https://copinh.org/2020/04/alerta-incendio-en-la-comunidad-de-rio-blanco/).

 

Incendi nel Parco Nazionale La Tigra - TegucigalpaFoto da: https://www.instagram.com/p/B_od9kUIQia/?igshid=i8fztddcax5t

 

È anche  il caso delle comunità che risiedono nel PARCO NAZIONALE LA TIGRA, un'area naturale protetta che si trova al centro dell'Honduras, circa 15 km a Nordest di Tegucigalpa. Istituito nel 1980, è stato il primo parco nazionale del Paese. Il 30% delle forniture idriche per la capitale proviene da qui.
Quello che segue è parte del comunicato emesso il 13 maggio 2020 dalla Commissione Pro Difesa delle Comunità di La Tigra, spazio che riunisce Patronati, Giunte per l’Acqua, Cooperative, Associazioni Contadine ed altre organizzazioni locali, di 61 comunità che appartengono al Parco Nazionale suddetto.

[….]

Comunichiamo, a seguito dei recenti incendi nella Montagna La Tigra e zone confinanti:  

1. che gli incendi sono stati sempre controllati dalle e dagli abitanti delle comunità della Montagna La Tigra, con le loro scarse risorse materiali e rischiando la propria vita di fronte al fuoco, perché si tratta delle nostre case, della nostra terra, delle nostre coltivazioni e dei nostri boschi, che generano qualità di vita e se la comunità non li salva, diventeranno solamente il deserto che i grandi impresari cercano di procurare, per promuovere i loro progetti di lottizzazione per gente danarosa, per la privatizzazione delle fonti d’acqua e per la vendita illegale di legname, tra le altre cose.  

2. che la Fondazione Amitigra, nel corso di riunioni, si è scusata per non aver assunto i propri compiti, non potendo disporre di personale sufficiente, sicché ancora una volta risulta evidente ciò che la Commissione ha enunciato, ovvero: né il personale di Amitigra, né quello del Corpo dei Vigili del Fuoco potranno essere efficaci nella prevenzione e controllo degli incendi, giacché non conoscono la montagna, perché non vivono nella Montagna. Tuttavia, a livello mediatico non si riconosce l'azione incisiva delle comunità nell’affrontare il fuoco, bensì piuttosto, ce ne viene attribuita la colpa.   

3. che respingiamo la progressiva militarizzazione delle zone col pretesto di controllare il fuoco, poiché gli incendi non si spengono con le armi e la presenza di questi soldati sul territorio significa soltanto restringere ancora di più le nostre libertà, aumentare la repressione e le molestie sessuali verso le donne, ulteriormente aggravate in condizioni di militarizzazione.   

 


Foto da: https://vivadanli.com/fuerte-jornada-de-protestas-protagonizaron-los-vecinos-de-la-tigra-por-proyecto-habitacional/

 

La crisi del COVID-19 e degli incendi evidenza, ancora una volta, che solo l'azione comunitaria organizzata è efficace. Invitiamo le persone che abitano nella Montagna La Tigra a rafforzare lo spazio organizzato della Commissione Pro Difesa delle Comunità di La Tigra, coordinandosi con le leadership della propria zona per i progetti di sovranità alimentare, di preservazione delle nostre risorse idriche, di riforestazione; progetti che, a poco a poco, continueremo a concretizzare, ma in forma autonoma e legittimata da e per le comunità.  

Le nostre ultime lotte han dimostrato che nessuna impresa privata, né progetto di ONG o fondazione privata rappresentano la nostra salvezza, possono collaborare ma non rappresentano gli interessi di noi che abitiamo La Tigra; il bosco non è una passeggiata turistica, è la nostra casa, l'acqua non è merce, bensì un diritto umano e la terra ci è data per averne cura e difenderla, non permettiamo che ce la depredino.  

Non permettiamo che continuino ad escluderci e ad abbordarci singolarmente, la Commissione Pro Difesa delle Comunità di La Tigra esiste dal 2018 e: siamo riusciti a fermare la costruzione del complesso residenziale Contado Santa Maria, a bloccare il procedimento di Regolarizzazione intrapreso da ICF e Fondazione Amitigra, che avrebbe significato privazione e disconoscimento della proprietà privata individuale e collettiva. Continuiamo a lottare contro la privatizzazione dell'acqua nella difesa del vitale liquido, come diritto umano e mai come merce, esigendo un reale processo di cogestione del Parco Nazionale La Tigra, amministrato dalle comunità stesse e non dalla Fondazione Amitigra, visto il suo costante mancato rispetto verso le comunità, il suo tentativo d’imporre azioni senza consultazione previa ed informata, la sua mancanza di trasparenza.     

Non è siccità, è saccheggio

L'acqua è un diritto, non una merce

La pandemia è la corruzione

Fuori Amitigra

  

Dalle Comunità della Montagna La Tigra, 13 Maggio 2020  

COMMISSIONE PRO DIFESA DELLE COMUNITÀ DI LA TIGRA

A cura di Adelina Bottero

 


 

 

VARIE (ITALIA) / POLITICA ESTERA / DISINFORMAZIONE

Fake news contro il Nicaragua

Lettera di varie testate giornalistiche a Il Fatto Quotidiano

 

 

Le direzioni e le redazioni delle testate giornalistiche Altrenotizie, L'Antidiplomatico, Faro di Roma e del sito d'informazione Patria Grande rispondono a un articolo basato su ricostruzioni inventate e politicamente indirizzate uscito su Il Fatto Quotidiano.it. Di seguito il testo della lettera pubblicata su Altrenotizie.

 

Gentile Direttore,

è con profondo dispiacere che abbiamo visto pubblicato sulla sua testata un articolo a firma di Monica Pelliccia sul Nicaragua. L’articolo, forse confezionato a Managua, è una sommatoria senza limiti e decenza di palesi inesattezze.

E’ nostra intenzione confutare tali inesattezze, anche solo per non lasciare immune la responsabilità deontologica che dovrebbe assumere chi firma. Non saremo brevissimi, giusto le righe sufficienti a smentire quanto va smentito.

- “Il Nicaragua è l’unico paese centroamericano dove non sono mai state prese misure di contenimento per il virus”.

Falso. Sono state adottate tutte le misure dettate dall’OMS, prova ne sono i report più che positivi dell’OPS (Organizzazione Panamericana della Sanità) che definiscono “corretto” l’agire del governo. La differenza tra il Nicaragua e gli altri paesi centroamericani è che il governo non ha chiuso tutto, limitandosi ad adottare misure di contenimento, esattamente come hanno fatto altri paesi tra i quali la Svezia. Ovvero ha scelto di mantenere in vita un paese dove il 70% del PIL si regge sulla produzione, distribuzione e vendita dei prodotti agroalimentari e che vede la maggioranza della popolazione impegnata nella relativa filiera. Avere cibo a disposizione è sembrata l’urgenza primaria. Del resto dovrebbe essere noto alla giornalista come anche l’Italia e tutti i paesi europei non hanno bloccato la filiera agricola, pur rappresentando essa una quota di PIL di minore importanza rispetto a quella del Nicaragua. Chiudere avrebbe significato far morire di fame la popolazione, in Nicaragua come in Italia e ovunque. Perché se lo fa l’Italia va bene e se lo fa il Nicaragua no?

- “Non ho mai visto una crisi sanitaria come questa…”. Jose Antonio Vasquéz, 56 anni, è medico da oltre 30 anni e lavora nella capitale del Nicaragua, Managua. “Nel 2018 è stato arrestato dai paramilitari e torturato nella carcere El Chipote di Managua per aver curato i feriti”.

Ma quando mai? El Chipote è il carcere di Managua dove la Croce Rossa Internazionale è entrata con numerose missioni e ha rilevato condizioni di detenzione “nello standard raccomandato da ogni convenzione internazionale” avendo registrato “l’assoluta assenza di segni di maltrattamenti sui detenuti”. E’ del resto noto che tutti i partecipanti al tentato colpo di stato, anche gli assassini rei confessi, sono stati amnistiati e girano liberi. Ci permettiamo di dubitare dell’obiettività di Josè Antonio Vasquéz, ginecologo all’ospedale militare fino al 2018, e  militante del partito di opposizione MRS, ex sandinisti ora componente più violenta dell’opposizione al governo nicaraguense. Nel corso del tentato golpe del 2018, il suo gruppo si dedicò a bruciare ambulanze e presidi sanitari. Alleghiamo  una sua foto dove si può apprezzarne terzietà ed equidistanza di giudizio.

 

 

-“Attività commerciali e frontiere sono ancora aperte” dice l’articolista.

Falso anche questo: le frontiere sono aperte solo per i nicaraguensi che vogliono rientrare e gli accessi, tra i quali i cosiddetti auto esiliati che scappano dal Costa Rica per tornare in Nicaragua a curarsi. Ma non erano andati via perché c’é un pericolosissimo regime che vuole ucciderli? E allora perché ritornano? Forse che in Nicaragua si sentono sanitariamente più protetti che in Costa Rica?

-“Le cifre ufficiali non raccontano la realtà che vediamo ogni giorno. Non si fanno tamponi ai malati. Nelle ultime due settimane, i pazienti che sono stati trattati come casi di coronavirus e poi sono morti vengono registrati con altre cause di decesso, rimanendo fuori dalle statistiche”, racconta Vasquéz. La redattrice però si guarda bene dal chiedergli prove di quello che dice. Non solo per la gravità ma anche per la veridicità, dato che se questo fosse vero, anche in minima parte, familiari, amici e colleghi delle centinaia di vittime si farebbero carico di denunciarlo. Pensate che in un mondo come quello di oggi, interconnesso e comunicante, possono occultarsi centinaia di morti in ospedali pubblici? E quale sarebbe l’interesse a negare il numero delle vittime?

-“L’80 per cento dei 160 respiratori presenti negli ospedali è in uso”.

Falso anche questo. I respiratori sono 499, distribuiti nei 77 ospedali del Paese.

-"Quelli che sono in servizio devono comprare a loro spese le visiere e il gel disinfettante e ogni giorno aumenta il numero degli operatori che si ammalano”.

Non è vero. Il governo ha avuto grazie all’aiuto di Taiwan e dell’OMS forniture di attrezzature mediche che si sono aggiunte a quelle già a disposizione e che sono più che sufficienti anche qualora l’espansione del virus dovesse incontrare il picco. La verità è che il Nicaragua è, ad oggi, il paese occidentale con il minor numero di contagiati e vittime, mentre il Vietnam lo è nel panorama orientale. Il motivo è che, così come Cuba e Venezuela e diversamente dagli altri paesi americani, il modello sandinista di salute (come di previdenza ed assistenza) è egualitario, gratuito, comunitario. Alcuni dati? In 13 anni di governo sandinista sono stati costruiti 18 ospedali perfettamente equipaggiati che portano a 77 il numero complessivo ed altri 8 sono in costruzione. Sono 143 i poliambulatori, 1343 i presidi medici e 5806 le case destinate all’accoglienza, strutture comunitarie dove si realizza una prima accoglienza per stabilire dove indirizzare il paziente. Sono stati costruiti 70 centri per la terapia del dolore, 178 case per assistenza alle donne in gravidanza e 91 strutture per i soggetti diversamente abili. Edificati ed equipaggiati cinque centri specializzati ed un laboratorio di citogenetica e di diagnosi prenatale, ed è in funzione un laboratorio di ingegneria biomolecolare (solo il Messico ne ha un altro nell’area) frutto della cooperazione con la Russia. Sono state acquistate 404 ambulanze di cui sei acquatiche ed è a disposizione di tutti i pazienti oncologici l’acceleratore lineare, unico in tutto il Centro America. La popolazione nicaraguense è vaccinata al 100% e pochi giorni fa è terminata una nuova campagna di vaccinazione obbligatoria che ha visto medici e infermieri andare nelle case, nei posti di lavoro e persino per le strade a vaccinare la popolazione. Obiettivo raggiunto al 100%, lì non abitano “no vax” e simili. Sono i medici che vanno nelle famiglie e non solo i pazienti dai medici. Un modello alternativo a quello della salute privata che si fonda sulla prevenzione e sulla comunicazione che andrebbe indagato e imitato, non infamato.

 

E’ in corso una campagna mediatica basata su falsità che vede medici e finti medici con camice postare video dove si narrano numeri e racconti completamente inventati, mentre circola in Rete anche la trascrizione di telefonate tra oppositori che organizzano un video dove qualcuno si getta in terra e tossisce, poi sviene fino a quando il video non finisce. In ogni paese del mondo l’opposizione, di fronte ad una pandemia, depone le armi dello scontro ideologico e politico e si mette al servizio della popolazione. In Nicaragua no, dal momento che, come sostiene Oscar Renè Vargas, suo esponente, “la generazione di panico, caos e sfiducia nelle autorità pubbliche può spingere la popolazione a ridurre il consenso verso il governo”. Sono affermazioni più volte diffuse senza il minimo ritegno e senso del ridicolo dagli stessi che nel 2018 chiedevano il sacrificio di un milione di morti pur di abbattere il governo (Edgar Tijerino, maggio 2018), che raccontavano della “portaerei americana nelle coste del Nicaragua”, del “bombardamento governativo sulla città di Masaya” e “dell’aereo russo che portava a Cuba la famiglia di Daniel Ortega” (Miguel Mora, 100% noticias, aprile 2018).

Il nostro stupore, dunque, sta nel verificare come Il Fatto Quotidiano si sommi - forse per distrazione - ad un modello di informazione che si fonda sulla propaganda antisocialista trasformandosi in amplificatore degli interessi statunitensi nel mondo.

Non chiediamo al Fatto di assumere una posizione di appoggio o anche solo rispetto per i paesi socialisti. Gli chiediamo però di verificare fonti e notizie e di non associarsi a cordate politiche note ed ampiamente squalificate.

La direzione e redazione di Altrenotizie, L'Antidiplomatico, FarodiRoma, Patria Grande

 

 



RADIO PROGRESO (HONDURAS) / AMERICA LATINA / HONDURAS

MENSE COMUNITARIE: LA SCOMMESSA DELLE DONNE PER SOPRAVVIVERE IN TEMPI DI PANDEMIA

 

 

Protesta per chiedere alimenti nell’insediamento Alemania, El Progreso, Yoro

 

Spinte dalla fame che per tutta la vita le ha accompagnate, ma che in questa quarantena si è fatta insopportabile, le donne dell’insediamento Alemania nella città di El Progreso (dipartimento di Yoro, nel nord dell’Honduras), si sono organizzate per installare una mensa comunitaria, allo scopo di garantire un pasto ai loro figli e figlie. 

Una baracca improvvisata di zinco con due fornelli è diventata il luogo più importante della comunità. Lì si allevia la sofferenza che provoca la carenza di cibo e si organizzano attività di pulizia e fumigazione per evitare il contagio del Covid-19. Inoltre si analizza e affronta la minaccia di sgombero da parte delle autorità municipali, che reclamano quel terreno per la costruzione di un ospedale. 

L’insediamento Alemania è composto da 145 famiglie, delle quali 100 vivono in povertà estrema, svolgendo lavori informali, ha riferito a Radio Progreso Raquel López, presidentessa del patronato, sottolineando che in quei nuclei abitativi le capofamiglia sono donne sopravvissute alla violenza, che si dedicano ad attività quali lavare i panni altrui, riciclare plastica e vendere dolciumi. 

Quando iniziò la crisi sanitaria del Covid-19 nel Paese, le autorità imposero un coprifuoco prolungato perché la gente restasse a casa, controllando così la propagazione del virus. Mediante il programma "Honduras Solidale" il governo s’impegnò a fornire alimenti alle famiglie più povere. I fondi per questo programma vennero amministrati dai Comuni. 

La municipalità di El Progreso, gestita da Alexander López, consegnò circa 16.000 razioni di cibo, in un clima di denunce per corruzione, per presunta sopravvalutazione dei prezzi e politicizzazione nella distribuzione degli alimenti. Il 1° maggio il Pubblico Ministero fece perquisire gli uffici comunali e confiscare tutta la documentazione relativa all'acquisto di cibo durante l'emergenza. Siamo in attesa dei risultati dell'indagine. 

Le donne di Alemania cominciarono a denunciare che il "Pacco Solidale", che il sindaco pubblicizzava attraverso le reti sociali e i mezzi d’informazione, non stava arrivando. Ci furono proteste e occupazione di strade, ma la prima risposta che ricevettero dalle autorità fu gas lacrimogeno. Indignate e afflitte dalla fame, prepararono una zuppa con i bossoli dei gas lacrimogeni usati nella repressione. 

In seguito all'azione di denuncia, vennero loro consegnate 50 razioni di cibo soltanto, insufficienti secondo le donne per alimentare tutte le famiglie. Pertanto dovettero trovare il modo di sfangarsela, allestendo una mensa che permettesse almeno di sfamare i bambini, le donne incinte e gli anziani. 

In tal modo e grazie ad altre donazioni cominciarono a cucinare per tutta la comunità. 

Nell’ambito della crisi per la pandemia, a El Progreso stanno ora funzionando una decina di mense infantili, grazie a donazioni da parte di persone, istituzioni ed alcuni impresari. Queste mense sono dirette da donne. 

Per le organizzazioni femministe, riconoscere che la crisi colpisce le donne e gli uomini in maniera disuguale è imprescindibile per comprendere gli effetti diretti e indiretti sulle persone, ponendo così in pratica politiche pubbliche che siano efficaci ed eque. 

Alle honduregne che vivono in comunità come Alemania, al di là del contagio da Covid-19 che tiene il mondo in all'erta, preoccupano il morire di fame insieme ai figli e la violenza di genere, che i provvedimenti messi in atto dal governo durante la pandemia hanno ulteriormente aggravato, ha concluso Raquel López. 

Traduzione di Adelina Bottero, 14-5-2020

 

https://radioprogresohn.net/noticias-nacionales/comedores-comunitarios-la-apuesta-de-mujeres-para-sobrevivir-en-medio-de-la-pandemia/

 

 


 


GRANMA (CUBA) / ESTERI / REPORTER SANS FRONTIERE

Reporter senza frontiere, ma con padroni

Il cameraman dell’agenzia cubana di notizie  Prensa Latina in Cile, Damián Trujillo, è stato arrestato domenica 26 aprile dai carabinieri della capitale mentre svolgeva il suo lavoro. Il giornalista stava riprendendo una protesta pacifica in Plaza de la Dignidad.

Nelle immagini dell’arresto, si osserva che i carabinieri lo spingono a forza in un furgone nonostante le proteste dei suoi compagni. Non è forse una violazione del libero esercizio dell’informazione? Perchè  Reporters Senza Frontiere (RSF) tace su queste violazioni?

Una discutibile relazione di questa organizzazione ha recentemente collocato Cuba al 171° posto per le condizioni di esercizio della libertà di stampa, all’ultimo posto in America Latina e i Caraibi.

RSF è un’organizzazione  con sede a Parigi, ma sottomessa a Washington, caratterizzata da anni per l’ossessione contro la Rivoluzione Cubana, il Venezuela Bolivariano e il Nicaragua Sandinista. Nel  2005 aveva partecipato alla campagna promossa dal governo di George W. Bush per impedire l’arrivo dei turisti a Cuba. Non va dimenticato che il Piano Bush destina un bilancio di cinque milioni di dollari alle ONG che «svolgono attività di dissuasione dei turisti a viaggiare a Cuba». Una parte di questo «succoso bottino» va a finire anche nelle tasche di RSF.

I Senza Frontiere per anni hanno finanziato pseudo giornalisti che lavorano al servizio degli interessi degli Stati Uniti. La loro parzialità a favore degli interessi di Washington in Iraq, Libia, Haiti, Irán, Bolivia, Ecuador e Cile è ben chiara: un anno dopo l’altro, nelle sue false relazioni condanna i paesi considerati «nemici» degli USA o che semplicemente non accettano di seguire letteralmente gli ordini della Casa Bianca.

Da dove provengono i ricchi fondi di questi signori che si dichiarano difensori della libertà di stampa e d’espressione?

Il signor Robert Ménard, uno dei  fondatori di RSF, ha confessato alcuni anni fa, con assoluta tranquillità, di ricevere finanziamenti dalla Fondazione Nazionale per la Democrazia (NED). Ménard fu molto chiaro: «Effettivamente, riceviamo denaro dalla NED e questo non ci dà nessun problema». RSF non ha mai nascosto le sue relazioni con il mondo del potere. «Un giorno avevamo problemi di denaro. Ho chiamato l’industriale Francois Pinault perchè ci aiutasse (…). Rispose subito alla mia richiesta. E questa è la sola cosa che importa» perchè «Esiste la legge di gravità, cari amici, ed esiste anche la legge del denaro»,  ha detto Ménard.

Reporters Senza Frontiere è finanziata dal Gruppo Dassault, riceve fondi da Hewlett Packard, dalla Overbrook Foundation, entità fondata da Frank Altschul, promotore di Radio Free Europe, dal gruppo Lagardère Publishing, dalla Fundación Hachette, dal Open Society Institute, dal quotidiano  francese Libération, e intasca notevoli risorse dai maggiori oligopoli mediatici del mondo.

Del denaro che il governo degli USA dedica ogni anno per sovvertire l’ordine interno in Cuba, RSF beneficia attraverso la NED, la Usaid, Freedom House, Center for a Free Cuba, la Fondazione Nazionale Cubano-Americana, la ONG ceca People in Need e molte altre organizzazioni che compongono il tessuto delle istituzioni che servono da schermo al governo yanquee e alla CIA nelle loro azioni contro la Rivoluzione Cubana.

In una relazione del 15  gennaio del 2004, RSF esonerò da ogni implicazione i militari statunitensi responsabili dell’assassinio del giornalista spagnolo José Couso e del suo collega ucrainiano Taras Protsyuk nell’hotel Palestina, di Bagdad.

RSF fece apologia dell’invasione dell’Iraq,  il 16 agosto del 2007, durante il programma radiofonico «Contre-expertise». Robert Ménard, allora  segretario generale di RSF, legittimò l’uso della tortura.

Durante il colpo di Stato contro Hugo Chávez nell’aprile del 2002, appoggiò apertamente gli usurpatori, avallò il colpo di Stato contro il Presidente haitiano Jean-Bertrand Aristide, contro Zelaya in Honduras, e contro Evo Morales in Bolivia.

Lo stesso quotidiano  francese Libération, patrocinatore dell’organizzazione, riferisce che  RSF “non dice una parola sugli abusi dei media d’informazione occidentali” . «D’ora in avanti, la libertà di stampa sarà esotica o non esisterà. Molti rimproverano la sua aggressività contro Cuba e il Venezuela e la sua indulgenza verso gli USA, cosa che non è per niente falsa».

Reporters Senza Frontiere ha un padrone e non ha frontiere quando si tratta di ricevere denaro dalle multinazionali, dagli  oligopoli e dai ricchi di questo mondo. Come può essere indipendente chi subordina il suo lavoro e vende la sua morale e la sua etica ai dettami dei potenti del mondo? RSF è un’istituzione organica del potere globale dell’Impero, nient’altro. Un altro paravento per giustificare le aggressioni e demonizzare i nemici del potere egemonico.

In particolare:

• Il Programma Cuba della Usaid destinò, tra il 1998 e il 1999, più di sei milioni di dollari per la sovversione interna nell’Isola.

• Solo nel 2001, ci furono più di 200 "buste" consegnate ad «attivisti» e «giornalisti indipendenti», calcolate in più di 100.000 dollari.

• Negli anni fiscali tra  il 2001 e il 2006, la Usaid ha finanziato operazioni contro Cuba per 61 milioni di dollari per 142 progetti.

• Il Programma Cuba, tra il 2007 e il 2013, è costato più di 120 milioni di USD.

• I programmi con l’etichetta «Libertà d’informazione» hanno supportato tra il 2014 e il 2017 ben 39 progetti per un ammontare di circa 6 milioni di dollari. La Ned apportò altri 2 milioni di dollari.

• La Ned nel 2018 ha consegnato a Cubanet News Inc. 220.000 dollari destinati alla promozione della «Libertà d’informazione»; 60.000 dollari per l’editrice Hypermedia Inc.; 72 000 per l’Istituto di Comunicazione e Sviluppo;  65 000, per «L’Integrazione» di Cuba nelle reti regionali dei media e 64000 (dedicati ai giovani giornalisti).

• I programmi sovversivi della Usaid e della Ned contro Cuba nell’ultimo anno fiscale 2018- 2019 si calcolano con 70 progetti promossi dentro e fuori dal paese e con uno stanziamento superiore a 14 milioni di dollari.

Raúl Antonio Capote e GM per Granma Internacional, 29 aprile 2020

 

 L’arresto dei giornalisti che fotografano gli abusi dei carabinieri sui bambini mapuche, ad Angol, in Cile, cose che Reporters senza Frontiere non vedono mai. Photo: TELESUR

 

 



GRANMA (CUBA) / ESTERI / INCURSIONE IN VENEZUELA

Neutralizzata in Venezuela un’incursione marittima

Il ministro degli Interni, Giustizia e Pace del Venezuela, Nestor Reverol, ha denunciato la neutralizzazione di un gruppo armato che pretendeva d’entrare nel Paese dalle coste dello stato di La Guaira, a soli 30 chilometri da Caracas.

Il ministro della Difesa, Vladimir Padrino López, ha detto in un comunicato che la  Forza Armata Nazionale Bolivariana condanna categoricamente queste azioni di violenza irrazionale, e ha quindi assicurato che la Rivoluzione Bolivariana è sempre viva nella difesa della Patria: «Rinnoviamo assoluta lealtà al cittadino Nicolás Maduro Moros, Presidente Costituzionale della Repubblica Bolivariana del Venezuela, nostro Comandante in Capo», ha riportato l’agenzia Sputnik.

Il Ministro ha sottolineato che l’incursione marittima voleva penetrare a terra con l’obiettivo di distribuire armi a gruppi di mercenari in diverse regioni del paese per rinfocolare la violenza, generare caos nella popolazione e assassinare leader politici per provocare un colpo di Stato.

Il paese sudamericano sta affrontando una seconda fase dell’esercitazione militare “Escudo Bolivariano” su tutto il territorio nazionale, con particolare attenzione alla regione costiera, e vigilanza estrema nelle zone aeree, marittime e di terra per individuare altri elementi che pretendano di entrare per destabilizzare la nazione, ha riferito Padrino López.

Sono inoltre stati assegnati due pubblici ministeri per indagare i fatti: «Abbiamo attribuito competenza piena per investigare l’incursione navale a Macuto, via Colombia, che ha cercato di provocare un colpo di Stato e un tentativo di assassinio nella nostra Patria.  I detenuti sono già a disposizione dell’ordine del Pubblico Ministero»,  ha dichiarato il procuratore generale Tarek William Saab. Poi ha aggiunto che i soggetti portavano 20 fucili e altre armi di alto calibro.

Le autorità venezuelane hanno informato che nello scontro ci sono stati otto morti e due arresti. Inoltre sono state sequestrate armi sofisticate, sei veicoli e telefoni satellitari.

GM per Granma Internacional, 4 maggio 2020

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / ACCORDI CINA-CUBA

 

 


 

 

Cuba e Cina insieme per realizzare un polo di ricerca e produzione farmaceutica

Cina e Cuba hanno deciso di accelerare il progetto che darà luogo al primo parco biotecnologico congiunto per investigare, sviluppare, produrre e commerciare farmaci progettati nell’Isola di provata efficacia e mondialmente riconosciuti.

L’Ambasciatore cubano a Pechino, Carlos Miguel Pereira, e Huang Liansheng, presidente dell’Impresa Guangxi Fukang Medical Investment and Management, concordano sull'importanza strategica di un’operazione chiave e prioritaria di cooperazione. Inoltre, hanno sottolineato l’importanza di riprendere i passi già approvati dalle due parti e procedere alla costruzione degli stabilimenti e alla selezione del personale cubano.

Pereira ha considerato che la costruzione del parco biotecnologico aprirà il cammino ad altri piani di grande importanza in un settore in cui i due paesi hanno solidi legami. Poi, ha ringraziato la gestione della Guangxi Fukang che promuove il progetto ricordandone la rilevanza per aver partecipato ad altre iniziative cubane indirizzate a sviluppare prodotti e terapie destinati alla cooperazione congiunta con paesi terzi.

Huang ha detto che il progetto è uno dei più importanti della regione autonoma di Zhuang de Guangxi, e che il governo ha promesso politiche di appoggio e ha già assegnato 33 ettari per i primi insediamenti.

Ha poi esposto l'aggiornamento dei documenti e dei diversi aspetti del piano, accogliendo con soddisfazione la proposta dell’ambasciatore di organizzare una nuova riunione con gli esperti cubani su questioni specifiche.

Il parco biotecnologico è un accordo del gruppo Biocubafarma e la Guangxi Fukang, e sarà installato nella Zona di Sviluppo di Fangchenggang con la prospettiva di diventare un polo industriale di ricerca di medicinali per la Cina e l’Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico. Comprende la costruzione di una piattaforma cooperativa per offrire migliori servizi nella salute pubblica e di una firma mista che studierà i farmaci cubani per le malattie cardiache,  cerebro-vascolari e particolari tipi di cancro. Tra i prodotti iniziali ci sono la Melangenina, l'Heberferón, la Proctokinasa e il vaccino terapeutico contro l’Epatite B, tutti con eccellenti risultati provati e grande prestigio nel mercato globale.

Prensa Latina e GM per Granma Internacional, 12 maggio 2020

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / TERRORISMO

 

 


 

 

Gli Stati Uniti inseriscono nuovamente Cuba nella lista nera del terrorismo

Il Dipartimento di Stato ha notificato al Congresso degli Stati Uniti, il 12 maggio, che Iran, Corea del Nord, Siria, Venezuela e Cuba sono compresi nella Sezione 40A della Legge di Controllo dell’Esportazione delle Armi perchè "non hanno cooperato pienamente" con gli sforzi anti terroristi degli Stati Uniti nel 2019.

Sul sito web ufficiale del Dipartimento di Stato si dichiara che Cuba è stata nuovamente inserita per la prima volta nella lista dalla quale era stata cancellata nel 2015 dopo la ripresa delle relazioni diplomatiche tra le due nazioni sotto la guida dei presidenti Barack Obama e Raúl Castro.

Quello che non si legge nell’annuncio, è che è stato fatto nello stesso giorno in cui il Ministro delle Relazioni Estere di Cuba, Bruno Rodríguez Parrilla, ha accusato in una conferenza stampa internazionale il Governo statunitense per il suo silenzio un relazione all’attacco terrorista contro l’Ambasciata cubana a Washington avvenuto nella notte del 30 aprile.

Sulla base della motivazione, è proibita la vendita o la licenza per l’esportazione di articoli e servizi a Cuba. L’Isola è accusata di «non appoggiare gli sforzi della  Colombia per assicurare la pace e la sicurezza giusta e durevole per la sua gente», trascurando deliberatamente che Cuba ha auspicato e appoggiato i negoziati tra le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia e del Governo con l’obiettivo di ottenere un accordo di pace tra le due parti.

Il Dipartimento di Stato sostiene inoltre che Cuba ospita vari profughi della giustizia statunitense, sebbene sia già stato chiarito dal Ministero delle Relazioni Estere cubano in una dichiarazione pubblica dell’aprile del 2014 che nessuno di questi «profughi» è stato accusato di terrorismo.

«Ad  alcuni di questi cittadini è stato concesso legittimo asilo, mentre altri che avevano commesso reati negli Stati Uniti sono stati debitamente giudicati e sanzionati, e hanno deciso di rimanere a Cuba dopo aver scontato la pena».

In quella dichiarazione emessa quando gli USA avevano approvato per l’ultima volta l’inclusione di Cuba nella lista nera, il Ministero delle Relazioni Estere aveva affermato: «Il Governo di Cuba ratifica che il territorio nazionale non è mai stato utilizzato per accogliere terroristi di qualsiasi origine, né per organizzare, finanziare o perpetrare azioni di terrorismo contro nessun paese del mondo, compresi gli Stati Uniti. Ugualmente respinge e condanna in assoluto qualsiasi azione di terrorismo in qualsiasi luogo, circostanza e motivazione che si  sostengono. È il Governo degli Stati Uniti quello che usa il terrorismo di Stato come arma contro i paesi che si oppongono al suo dominio, utilizza metodi ripudiabili come la tortura e utilizza tecnologie militari, compresi aerei senza equipaggio per giustiziare extra giudizialmente presunti terroristi, anche cittadini statunitensi, e ha causato anche la morte di numerosi innocenti tra la popolazione civile».

Cuba ha dovuto aspettare 33 anni l’azione di giustizia, realizzata nel maggio del 2015, quando il Dipartimento di Stato nordamericano ufficializzò la cancellazione dalla lista dei paesi patrocinatori del terrorismo internazionale. Nel 1982, l’allora presidente Ronald Reagan aveva inserito arbitrariamente Cuba in questa lista unilaterale per il suo appoggio alla causa rivoluzionaria in America Latina e nel mondo. In un articolo pubblicato dal quotidiano Granma nel 2015, si dichiarava che durante gli ultimi tre decenni non fu mai preso in considerazione che lo Stato cubano avesse ratificato tutte le convenzioni e i protocolli in materia promossi dalle Nazioni Unite, né che avesse proposto al Governo degli Stati Uniti di cooperare nella lotta contro il terrorismo, e nemmeno che aveva mostrato le prove di come l’Isola è stata vittima di centinaia di attacchi di terrorismo che hanno provocato la morte di quasi quattromila persone.

Nel 2015, Granma pubblicò l'articolo dal titolo «Cosa comporta essere accusati di patrocinare il terrorismo?» che spiegava le implicazioni del provvedimento quali le restrizioni alle esportazioni, al commercio, agli aiuti per lo sviluppo, ai crediti e altro.

Le banche di paesi terzi rifiutano di realizzare le transazioni del Paesi nella lista per timore di sanzioni da parte di Washington. Ricordiamo per esempio che nel 2013 la banca francese  BNP Paribas pagò una multa di otto miliardi dollari per aver realizzato transazioni  con Sudan, Iran e Cuba.

Nel caso cubano, quasi tutto il costo economico di stare nella lista è già compreso nel blocco, e comunque niente di ciò che la lista proibisce è permesso per via delle sanzioni. Nonostante questo, l'ongiusta presenza di Cuba in questa lista è servita in altre occasioni per intensificare l’applicazione delle misure finanziarie de blocco. Provocando la persecuzione di tutte le nostre transazioni finanziarie nel mondo, il rifiuto delle banche ad operare con Cuba e l’imposizione di multe multi milionarie in un’applicazione extra territoriale delle regole degli Stati Uniti.

Anche la Piattaforma Interreligiosa Cubana ha diffuso un comunicato di condanna delle più recenti azioni ostili degli Stati Uniti contro l’Isola, così come contro il blocco economico, commerciale e finanziario imposto dal paese del nord alla nazione dei Caraibi.

Il movimento, che comprende le sette religioni del territorio nazionale, ha espresso la sua indignazione poco dopo l’attcco all'ambasciata cubana a Washington.

«Quanta impunità!»,  si legge nella dichiarazione, «L’animo della Rivoluzione Cubana è sempre stato di pace, una dimostrazione d’amore in ognuna delle sue opere».

Nel testo, i religiosi chiedono di porre fine alle manipolazioni e assicurano che nessuna donna o uomo di buona volontà sarebbe capace di un simile affronto, e si riferiscono all’assedio economico imposto da Washington come a «una politica genocida extra territoriale e impura», con la quale il popolo cubano si scontra con onore e lavoro.

Le istituzioni religiose e le associazioni di fraternità ricordano nel loro messaggio che 125 anni fa l’Eroe Nazionale José Martí avvertì sulla necessità dell'indipendenza per impedire l’espansione degli Stati Uniti in America Latina.

Yisell Rodríguez Milán e GM per Granma Internacional, 14 maggio 2020

 

 

  

 

 


 

 

GRANMA (CUBA) / ESTERI / COLOMBIA

La pace in Colombia e il genocidio sistematico dei  leaders sociali

E' una notizia che avrebbe dovuto toccare la coscienza di ogni essere umano del mondo "civile", e soprattutto nel continente Latinoamericano, ma invece è passata praticamente inosservata nel mezzo della pandemia.

Il sociologo Jorge Enrique Oramas, famoso per la sua lotta contro lo sfruttamento illegale delle miniere, è stato assassinato in una fattoria di Cali, la principale città del sudovest della Colombia, portando la cifra dei crimini contro i leaders sociali a 100, riferisce l’Istituto degli Studi per lo Sviluppo e la Pace (Indepaz).

La violenza contro questa categoria di persone ha un saldo di 250 morti nel 2019, e i dipartimenti di Cauca, Antioquia e Nariño sono quelli che hanno sofferto di più. Telesur ha informato che sono 24 gli ex membri delle FARC-EP, che hanno fatto parte del processo di pace, oltre a sette familiari degli attivisti sociali e una loro scorta, uccisi quest’anno in Colombia, e 197 è il numero degli ex guerriglieri assassinati dal momento della firma dell’accordo. Nel  Cauca hanno ucciso circa 3200 persone negli ultimi quattro anni, secondo i dati della  Polizia Nazionale. Le vittime sono politici, guardie indigene, dirigenti sociali, ambientalisti, contadini, ex combattenti delle FARC, presidenti delle giunte d’azione comunale, afrodiscendenti e bambini.

I leaders sociali sono i più numerosi della lista. Recentemente, uno di loro è stato massacrato insieme a tre suoi familiari mentre cenava nella sua casa a Mercaderes. E' un genocidio silenzioso e sistematico.

È impossibile trascurare che Cuba ha offerto la sua decisa collaborazione ed è stata sede delle conversazioni di pace tra il governo di Juan Manuel Santos e le guerriglie delle FARC-EP, terminate con lo storico accordo firmato il 24 novembre del 2016,  poi irriso e violato dall’attuale presidente colombiano Iván Duque. Cuba ha offerto i suoi uffici anche affinché il governo della Colombia e la guerriglia dell'ELN continuassero sul cammino della pace, ma l’attuale amministrazione ha scelto di porre fine al dialogo.

L’atteggiamento del  Governo sudamericano di non riconoscere il Protocollo del processo di pace, e di esigere da Cuba la cattura e l’estradizione dei membri della delegazione dell'ELN è una violazione dell’accordo, un precedente molto grave che pone in pericolo la ricerca di soluzioni negoziate nel mondo e chiude le porte alla pace in  Colombia.

I paesi mediatori hanno incitato varie volte le istituzioni della Colombia a «garantire la protezione dell’Accordo e assicurare lo stretto compimento di quanto pattuito», comprese «le disposizioni relative alla Giurisdizione Speciale per la Pace».

«Se questo cammino sarà disatteso si danneggerà il pilastro sul quale è stato costruito l’Accordo Finale di Pace e il programma vacillerà nei suoi punti fondamentali", hanno messo in guardia Cuba e Norvegia. È chiaro chi sono i responsabili del sangue versato in Colombia: gli stessi che negano le opportunità alla loro gente. Accusare Cuba di mancanza di collaborazione con gli sforzi degli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo e non appoggiare gli sforzi della Colombia per assicurare la pace, la sicurezza e l’opportunità giusta e vera per la sua gente, è una falsità di cio possono essere capaci solo i criminali.

Raúl Antonio Capote e GN per Granma Internacional, 25 maggio 2020

 

Manifestazione di condanna degli assassinii e per ricordare le vittime. Photo: El Heraldo