Notiziario Patria Grande - Gennaio-Febbraio 2020

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NOTIZIARIO

 

Gennaio-Febbraio 2020

a cura del Gruppo di Lavoro Patria Grande / CIVG

 

PABLO PRADA (CIVG), BOLIVIA, POLITICA

DOPO LA DESTRA ED EVO MORALES, IL GOLPE DELLA CIA, LA CHIESA CATTOLICA BOLIVIANA E I NATIVI SERVILI

Breve storia della Bolivia che ora attende le elezioni del 3 maggio

 

 

 

Il nome “Bolivia” è femminile perché il primo governo nazionale, a riconoscenza del lavoro del Libertador e a suo tributo, decise di chiamarla così come a rimarcare di essere la figlia prediletta si Simon Bolivar.
Dalla nascita della repubblica, la destra e i repubblicani orientarono i destini del Paese a favore dei proprietari terrieri e dei baroni delle miniere, in particolare quelle di argento, fin da quando il prezioso metallo venne scoperto per caso perché un agricoltore per riscaldarsi diede fuoco alla collina di Potosí, a 5000 metri sul livello del mare, e si rende conto che l'argento si scioglie con il fuoco e il suo sfruttamento da allora fece la fortuna di Potosí.

Tre furono le miniere più importanti di quell'epoca, e quella di Patiño si distinse in modo particolare, emblema dell'imprenditoria del tempo. Si diceva che con l'argento estratto dalla collina di Patiño grazie al lavoro in schiavitù dei contadini obbligati a entrare nella miniera, si potesse costruire un ponte in argento dal Sud America alla penisola spagnola.

Il tempo delle miniere e del potere ad esse collegato termina con la rivoluzione del 1952, con un patto di consegna del potere dei baroni dello stagno alla destra boliviana dell'epoca. Inizia il ciclo di governo del Movimento Nazionalista Rivoluzionario che durante il suo primo anno concede e applica il Voto Universale e la Riforma Agraria che finisce a beneficio degli stessi proprietari terrieri, mentre nel secondo anno di mandato il presidente Victor Paz lascia la sinistra e si consegna anima e cuore all'imperialismo yankee che da allora, in nome della democrazia da loro elargita, darà il via all'era moderna così ricca di scontri politici e colpi di stato militari fino al vergognoso spettacolo di quando in un giorno si ebbero tre militari presidenti.

Nel 1983 finiscono le dittature e inizia ufficialmente l'era delle democrazie imposte, che in realtà non sono vere democrazie. I governi emersi dalle urne da soli partiti di destra perché la sinistra è stata tradita e disarmata dalle milizie e dai civili sulla scia di governi fatti apposta per mentire e tradire.

Si arriva così alle elezioni del 2002, quelle in cui Evo Morales non vince a causa della frode ad opera delle destre. In tutto questo lungo periodo e durante tutti i governi di destra, non è mai venuta meno l'invadenza e il condizionamento dei trafficanti di droga in tutti i campi della vita sociale. Poi arrivano le elezioni del 2005, quando trionfa il MAS che porta al potere Evo Morales Ayma, un agricoltore con istruzione secondaria che dà il via al miglior governo di tutta la storia della Bolivia con i suoi programmi di alfabetizzazione al termine dei quali l'analfabetismo sarà sradicato. Evo Morales dà anche il via a un programma sanitario che prevede la costruzione numerosi ospedali dal primo al quarto livello e altri specifici per la cura del cancro. Costruisce scuole primarie e secondarie, sia in città che in campagna, e poi mercati, sedi sindacali, campi sportivi, strade che uniscono l'intero paese, eccetera. Lavori necessari per la Bolivia che la destra non aveva mai nemmeno preso in considerazione. Di tutti i governi, quello di Morales è finalmente il più inclusivo. I contadini, che sono la componente più importante del paese, si sentono finalmente emancipati dalle politiche di Morales, e lo sostengono con gratitudine.

Nel frattempo, la destra non smette di cospirare. Nel 2008 la Bolivia subisce la frammentazione del suo territorio. Viene divisa in due, la parte andina di cui La Paz è capitale amministrativa, costituita dal popolo Aymara e Quechua, e la ragione orientale della Mezzaluna con Santa Cruz come capoluogo, in cui praticamente tutti i governi locali si riconoscevano nelle destre. Per questi, i proprietari terrieri assumono mercenari europei che arrivano armati nel Paese e iniziano a mettere in atto la destabilizzazione ricevendo armi dal Brasile e reclutando altri mercenari.

E' stato il deciso appoggio dei governi UNASUR (Unión de Naciones Suramericanas) di Lula, Kirchner, Maduro, Correa, Mujica e Bachelet ad aiutare Evo contro questo disegno di smembramento della Bolivia. La polizia ha disinnescato la minaccia uccidendo i principali mercenari europei, irlandesi, croati e ungheresi e questa situazione è stata scongiurata.
Evo ha proseguito il suo lavoro a beneficio delle maggioranze e realizzato grandi opere, ha nazionalizzato l'industria petrolifera e altre strategiche, e perfino durante il colpo di stato Evo stava consegnando opere alla cittadinanza.

È stato riferito che qualche tempo prima del colpo di stato si siano incontrati presso l'Università Cattolica Boliviana, che dipende dall'arcivescovo di La Paz, l'ambasciatore del Brasile, la gerarchia ecclesiastica (da sempre di destra), l'ex presidente Tuto Quiroga (agente della CIA), il rettore dell'università pubblica di La Paz Waldo Albarracin, il delinquente e corrotto fascista Camacho (quello entrato nel palazzo del governo con la croce e la Bibbia in mano), l'altro ex presidente corrotto Meza e la senatrice della destra e attuale autoproclamata Presidente della Bolivia Jeaninne Anez. Questa è stata la seconda vicepresidente del Senato, dicono che abbia chiesto 300.000 dollari per il rischio intrinseco di questa audacia politica.

Il paese è rimasto per 2 giorni nel vuoto di potere, e le orde fasciste hanno colto l'occasione per far rinunciare molte autorità andando a trovarle a casa loro, incendiando in alcuni casi le loro case per ottenere le loro dimissioni, e minacciandole di morte se non lo avessero fatto. In quei due giorni non c'era polizia nelle strade, per lasciare che i criminali facessero il loro lavoro sporco. Tra questi c'erano molti poliziotti in borghese.

Un aspetto senza precedenti del colpo di stato che ha messo in scacco le autorità che non sapevano come reagire, e così a uno a uno hanno rinunciato, un fatto negativo sia delle autorità ministeriali che del potere legislativo che hanno praticamente consegnato su un piatto d'argento il governo boliviano. Evo non ja potuto che lasciare il paese, perché la sua vita era in pericolo e poteva finire come Saddam Hussein in Iraq o come Mummar Gheddafi in Libia.

Prima del colpo di stato, la gente del popolo che sostiene incondizionatamente il suo leader indigeno, ha reagito ed è uscita per le strade protestando contro il colpo di stato come fecero a El Alto nel 2003, quando 68 persone morirono per mano dell'esercito. Di fronte alla resistenza della lotta, il presidente Gonzalo Sanchez de Lozada, un imprenditore minerario che parlava il castigliano con l'accento degli yankee, dovette rassegnare le dimissioni mentre viaggiava in aereo per gli Stati Uniti, dove oggi è residente. Per effetto delle manifestazioni questo codardo fuggì, ma prima riuscì a svuotare le casse della Banca Centrale Boliviana portando via il denaro del popolo boliviano.
Si sperava che, come nel 2003 quando ebbe successo, anche questa volta lo stato di emergenza sarebbe rientrato per la risposta popolare, ma non è andata così, perché la destra ha imparato da quell'episodio, e così ha messo in atto i massacri di Sacaba ed El Alto, dove sono morte 32 persone per mano della polizia e dell'esercito.

La presidente di fatto e il suo fidanzato, il ministro degli interni, il croato Arturo Murillo Prijic, si sono concentrati nella persecuzione di tutto ciò che odora di MAS, con la complicità della giustizia che nei governi di destra è sempre stata corrotta.
Ora, di fronte alle elezioni del 3 maggio, indipendentemente da quanti voti raccoglierà il MAS, è assai probabile che ci sarà la corrispondente frode per far vincere le destre, perché è sempre andata così.

 

CIVG, Pablo Prada, Febbraio 2020

 

 



EL DIARIO (SPAGNA), ARGENTINA, EVO MORALES

Evo Morales in Plaza de Mayo a Buenos Aires per accompagnare le Madri nella loro tradizionale marcia

 


L'ex presidente boliviano Evo Morales partecipa alla tradizionale marcia con

le Madri di Plaza de Mayo il 26 dicembre 2019, a Buenos Aires (Argentina)

 

La marcia delle Madri di Plaza de Mayo, che si tiene ogni giovedì dal 1977, è stata un vero e proprio bagno di folla con la presenza dell'ex presidente boliviano: "Per me è un'emozione e un orgoglio stare con le Madri di Plaza de Mayo, grandi difensore della vita e della democrazia”, ha detto Morales, mentre De Bonafini, presidente dell'Associazione delle Madri, ha aggiunto: “Lavoriamo fianco a fianco: la Bolivia sta soffrendo, tante persone non ci sono più, sono state uccise”.

L'ex presidente boliviano Evo Morales ha partecipato giovedì alla tradizionale marcia che le madri di Plaza de Mayo tengono ogni settimana dal 1977 nella omonima piazza di Buenos Aires, dove in questa occasione centinaia di persone si sono radunate per sostenere l'ex mandatario.

Morales ha ringraziato le madri per "accompagnare la lotta contro la dittatura in Bolivia", mentre la presidente dell'Associazione per la Difesa dei Diritti Umani, Hebe de Bonafini, ha ricordato che nel paese andino ci sono attualmente "persone che scompaiono e persone che vengono uccise".
La marcia delle Madri di Plaza de Mayo di ogni giovedì, celebrata pacificamente con diversi giri intorno alla Piramide de Mayo, ha avuto questa volta un afflusso davvero straordinario. L'ex presidente della Bolivia è stato accompagnato da un servizio di sicurezza privata e dai membri di un sindacato argentino che hanno formato una barriera di protezione che gli ha permesso di procedere in mezzo alla folla che lo voleva incontrare.

Non senza difficoltà, Morales ha raggiunto De Bonafini e il resto delle sue compagne per iniziare la marcia, ma senza finire nemmeno il primo giro completo della piazza hanno dovuto fermarsi per l'enorme folla presente e son dovuti tornare al punto di partenza e dichiarare terminata la marcia.

 

Morales: “E' motivo di orgoglio essere qui con le Madri”

Morales si è rivolto ai presenti e ha rilasciato una breve dichiarazione: “Il mondo intero sa come alcuni gruppi fascisti, razzisti e violenti possano porre fine al nostro processo di cambiamento”, ha detto.

Morales si è dimesso dalla presidenza della Bolivia dopo il colpo di stato del 10 novembre. Poche ore prima, quando era stato pubblicato un rapporto della OSA (Organizzazione degli Stati Americani) che sosteneva esserci state irregolarità nelle elezioni presidenziale del 20 ottobre, che lo hanno visto vincitore per il quarto mandato consecutivo, aveva annunciato una nuova convocazione elettorale.
L'ex presidente, che è volato in Messico e poi a metà dicembre si è stabilito in Argentina, è stato qui accolto dal nuovo esecutivo peronista di Alberto Fernández, che giovedì ha detto di lottare per "la rivoluzione democratica e culturale" e per "la Patria Grande".

La Procura boliviana ha emesso il 18 dicembre un mandato di arresto contro Morales, accusato dall'autoproclamato governo di Jeanine Áñez di presunti crimini di sedizione e terrorismo. L'ordine non potrà essere eseguito perché il governo argentito ha dichiarato il suo stato di rifugiato.

 

Le madri simpatizzano con Evo Morales

De Bonafini si è arrabbiata e ha dichiarato di sentirsi "imbarazzata" perché i manifestanti non hanno lasciato completare la marcia a Morales: “Evo ha fatto uno sforzo per venire e voi non l'avete lasciato camminare. Evo ha bisogno di testa, mani, gambe e corpi che lo aiutino, non che vengano qui a scattare fotografie. E quindi, compagni, lavoriamo fianco a fianco! La Bolivia sta soffrendo, ci sono desaparecidos, assassinii, compagni che non vengono assistiti negli ospedali”, ha rimproverato De Bonafini.
La militante ha chiamato ad "aiutare le compagne boliviane a rivedere i loro figli", a combattere la "feroce dittatura imposta dagli Stati Uniti". Ha sottolineato che l'attuale governo boliviano di Jeanine Áñez "non ha il diritto di indire elezioni" perché è una "dittatura".

"Bisogna aiutare la Bolivia ad avere le elezioni che merita con candidati scelti da loro, non imposti dagli Stati Uniti. Non dimentichiamo come Maduro difende il Venezuela con cappa e spada, come la gente si è alzata e ha detto "non passeranno". Con la Bolivia dobbiamo fare la stessa cosa: non passeranno!".

Nella dichiarazione rilasciata a Efe, la madre di Plaza de Mayo Carmen Arias ha sottolineato che è "stato molto importante" che Morales fosse con loro giovedì perché è una persona che hanno sempre seguito, mentre si rammaricava che la folla non llo avesse lasciato camminare, una cosa che era accaduto raramente in 42 anni di marce ininterrotte.
"A parte l'ingiustizia che sta vivendo, sappiamo già che cosa sono le dittature purtroppo... è una persona esemplare e vorremmo essere dalla sua parte ogni volta che è possibile", ha detto.

EFE/El Diario.es, 27 dicembre 2019

 


 

GRANMA (CUBA), INTERNO, SANITA'

Cuba tra i 35 paesi del mondo con la mortalità infantile più bassa

Com'è noto, Cuba è da sempre impegnata nell'assistenza alla salute in generale e dell'infanzia in particolare. Anche nei momenti più complicati per la nazione, è sempre stato un compito che ha onorato con la dedizione e l’impegno di migliaia di professionisti capaci e competenti nonostante le difficoltà. Per questo la mortalità infantile nell’Isola è davvero molto bassa: grazie all'impegno di gruppi multi-disciplinari capaci di affrontare problemi grandi e complessi e grazie alla volontà politica del governo. 

I dati risultanti dalla Direzione dei Registri Medici e delle Statistiche  della Salute, nostrano che nell’anno appena terminato sono nati a Cuba 109.707 bambini, 6.626 in meno rispetto all’anno precedente, con un tasso di mortalità infantile del 5 per mille nati vivi.

«Su scala globale - ha spiegato a Granma la dottoressa Noemí Causa Palma,

Direttrice d’Assistenza Medica del Ministero di Salute Pubblica (Minsap) - siamo tra i 35 paesi al mondo con il tasso più basso di mortalità  infantile e tra i primi nella regione».

«Le principali cause che hanno  inciso su questo indice - ha aggiunto - hanno a che vedere con le complicazioni associate alla nascita prematura e al ritardo della crescita intrauterina e nonostante le azioni che fanno parte dei programmi d’attenzione alla donna incinta e al neonato e le misure addizionali adottate, non siamo riusciti a diminuire l’impatto nella mortalità dei minori di un anno di vita.

Va segnalato che per il terzo anno consecutivo il tasso di mortalità infantile per malformazioni congenite si mantiene in 0,8 morti per mille nati vivi. Nelle province di Cienfuegos, Sancti Spíritus e nel municipio speciale dell'Isola della Gioventù il 2019 si è concluso senza neanche un decesso per questa causa.

«Questo indice è il migliore nella regione delle Americhe, ed è il risultato del lavoro svolto dai servizi di genetica comunitaria, dello sviluppo della rete nazionale di genetica medica e del programma nazionale di prevenzione delle malformazioni congenite e delle malattie genetiche», ha precisato la dottoressa. «È significativo che nel 2019 non ci sono state morti materne per emorragia post-parto, un problema persistente nei paesi in via di sviluppo e una grande conquista nel nostro, frutto del lavoro multidisciplinare sviluppato negli ultimi tre anni. Per questo 2020 l'obiettivo è stato posto nell’attenzione alla salute materno-infantile e nell’incremento delle azioni multi disciplinari orientate a ridurre le gravidanze nelle adolescenti, oltre all'educazione sulle abitudini alimentari tese a ridurre i rischi della donna in età fertile per obesità, ipertensione, diabete e altro. Ci proponiamo anche di rinforzare le azioni di controllo sulle gestanti con alto rischio ostetrico durante l’assistenza prenatale, per ottenere una risposta opportuna per la crescita intrauterina ritardata, i disturbi ipertensivi e per prevenire i parti prematuri», ha aggiunto.

«Nel caso dei servizi di neonatologia intensificheremo le azioni per elevare la sopravvivenza del neonato. Alla stessa stregua continueremo ad incrementare le azioni di promozione e educazione per la salute, indirizzate alle donne in età fertile, ai loro compagni e ai familiari, attraverso i media di diffusione di massa in relazione a: ingestione d’acido folico per prevenire malformazioni congenite, la prevenzione delle infezioni da trasmissione sessuale, le terapie per le malattie croniche e, per la gravidanza, la promozione dell’allattamento materno e la prevenzione delle infezioni».

 

Gli indici principali

* Il tasso di mortalità pre-scolare (da 1 a 4 anni) nel 2019 è cresciuto da 3,0 a 3,5 per ogni 10.000 soggetti;  le principali cause sono gli incidenti, le infezioni respiratorie acute e i tumori maligni;

* La sopravvivenza infantile nei minori di 5 anni è, al quinto anno di vita, del  99,3%. Questo indice supera i 99% da più di vent’anni.

* Il tasso di mortalità scolare (da 5 a 14 anni) è mantenuto al 2,0 per ogni 10.000 abitanti.

* È calato il tasso di mortalità perinatale da 8,3 a 8,0 a spese della riduzione della tarda morte fetale.

* Il tasso di mortalità materna totale si riduce dal 43,8 del 2018 al 37,4 per ogni 100.000 nati vivi nel 2019, cioè dieci morti in meno.

* La mortalità materna diretta si è ridotta dal 27,5 al 23,7, e l’indiretta dal 16,3 al 13,7.

* Nella rete dei servizi del programma d’attenzione alla coppia non fertile si è ottenuta una cifra superiore a 6000 gravidanze, 2000 più che nell’anno precedente. Nei servizi provinciali, 6 su ogni 10 coppie seguite hanno ottenuto la gravidanza sperata. Nei Centri Regionali d’alta tecnologia ubicati nelle province de L’Avana (2), Cienfuegos e Holguín, per la prima volta sono state concepite più di 200 gravidanze con tecniche moderne di riproduzione assistita.

* Un merito per  Cuba e per il Sistema Nazionale di Salute è stato la ratificazione dell’Organizzazione Mondiale della Salute, nel settembre scorso, della condizione di paese libero dalla trasmissione materno infantile dell'HIV e della sifilide congenita assegnata all’Isola nel 2015 come primo paese del mondo.

* Nel 2019 è stata garantita una copertura di vaccinazioni al di sopra del 98% proteggendo così la popolazione infantile da 13 malattie.

* Alla fine del 2019 sono stati applicati 510 impianti cocleari.

 

Susana Antón e GM per Granma Internacional, 3 gennaio 2020

 

 

 


 


GRANMA (CUBA), INTERNO, POLITICA

Cambia l'assetto organizzativo dello Stato cubano

Sabato 11 gennaio si sono riunite in tutto il paese, in carattere solenne, le Assemblee Provinciali del Potere Popolare in quella che probabilmente sarà la loro ultima sessione per effetto delle trasformazioni dello Stato cubano che cedono il passo a nuove forme di governo locale.

I delegati provinciali hanno analizzato il lavoro di quattro decenni che costituiranno una inestimabile fonte di esperienza per il lavoro del prossimo futuro. Il compito che hanno svolto fino a qui merita il riconoscimento del popolo e del Partito, e infatti in questa occasione sono state oggetto dell'omaggio per la loro dedizione al Potere Popolare.

Le Assemblee Provinciali erano nate come tappa del processo di riorganizzazione del Paese che terminò con la costituzione nel dicembre del 1976 dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, quando a questo organismo furono trasferite le funzioni costituenti e legislative esercitate dal Consiglio dei Ministri per 18 anni, durante i quali avvennero, come disse Fidel, «le più radicali e profonde trasformazioni politiche e sociali nella vita della nostra Patria».

Una nuova divisione politico-amministrativa cambiò quella in vigore da quasi un secolo e diede il passo a Province più piccole, a Municipi più grandi e alla soppressione delle Regioni, guadagnandone i Municipi, le Province e la Nazione.

La continuità rivoluzionaria modellata in occasione di quei cambiamenti, fu supportata da un grande simbolismo patriottico: le Assemblee Provinciali del Potere Popolare furono costituite nel 1976 con cerimonie solenni che si svolsero simultaneamente in scenari molto significativi della nostra storia, come La Demajagua, Jimaguayú, Mal Tiempo, Girón, Cacahual e Mangos de Roque.

La data allora scelta fu il 7 novembre, giorno che evocava il carattere internazionalista e antimperialista dei combattenti cubani, rendendo omaggio anche alla prima Rivoluzione degli operai e dei contadini del mondo nel 1917, guidata da Lenin.

La democrazia socialista si materializzava senza fermarsi a Cuba, in un anno nel quale eravamo vittime del terrorismo del Governo degli Stati Uniti. Furono anche i giorni eroici in cui i combattenti cubani lottarono per l’indipendenza dell’Angola e per liberare il cammino verso la fine dell'apartheid in Sudafrica.

Fidel, in quell’occasione disse a La Demajagua che le Province non sarebbero sparite, ma si sarebbero moltiplicate. Possiamo parafrasare le sue parole dicendo che oggi che il Potere Popolare in questi territori non scompare, ma si trasforma per un migliore impegno.

«Lavorate con entusiasmo, dedicate il massimo sforzo alle vostre responsabilità!», chiese il Comandante in  Capo ai nuovi delegati. E' proprio per quella missione che sono stati omaggiati coloro che hanno terminato e coloro che continueranno come membri dei nuovi Governi Provinciali.

Lo scenario, dopo la costituzione dei governi provinciali del Potere Popolare non sarà meno complesso e importante di quando sorsero le prime assemblee locali. Lo stesso nemico di sempre, spietato e senza scrupoli, cerca vanamente di distogliere il cammino storico del popolo cubano e di far fallire il sistema eonomico-sociale che si è scelto liberamente e che ha ratificato nella nuova Costituzione.


I tempi stretti per adempiere alle nuove disposizioni della nostra Costituzione, come l’elezione dei governatori e dei vice governatori e la costituzione dei Governi Provinciali, porta con sè un rafforzamento della democrazia socialista, la promozione della maggior partecipazione cittadina al suo sviluppo e alla difesa del paese.

 

Tubal Páez Hernández e GM per Granma Internacional, 11 gennaio 2020

 



 

GRANMA (CUBA), INTERNO, SOCIETA'

Nuovo Codice della Famiglia: aperto, inclusivo e al passo con i tempi

 

Dopo la presentazione all’Assemblea Nazionale, il Nuovo Codice della Famiglia sarà posto sotto esame dalla consultazione popolare, successivamente dibattuto con i deputati e quindi posto all’approvazione definitiva con un Referendum sul testo che risulterà come Undicesima Disposizione Transitoria della Costituzione.

In questo momento è affidato agli specialisti che sono stati incaricati della sua redazione: una grande responsabilità per creare un Codice che sia, come ha detto il dottor Leonardo Pérez Gallardo, presidente della Società Cubana di Diritto Civile della Famiglia dell’Unione Nazionale dei Giuristi di Cuba, "aperto, inclusivo, che raccolga i diritti, i principi e i valori della Costituzione attuale e scoraggi pregiudizi e stereotipi".

A giudizio del dottor  Gallardo, ci troviamo di fronte a una rigenerazione del sistema del Diritto cubano. Senza dubio la grande sfida della Costituzione sta nella sua stessa applicazione, sia  come norma suprema con efficacia diretta, o attraverso norme di sviluppo tra le quali figura ovviamente il Codice della Famiglia, «che dev’essere l’espressione dei nuovi tempi». Un Codice, insiste, «che ponga l’affetto, l’amore, la solidarietà e la responsabilità sul piedestallo dei valori giuridici; che metta al centro i diritti umani, che superi i più stretti canoni di concezione dei modelli familiari; un Codice con uno sguardo pluralista più complessivo, che trascenda anche i limiti del Diritto».

In fin dei conti, dice, «le famiglie sono per sempre, c’identificano, non solo come figli, padri, fratelli, sposi o compagni di fatto, conviventi affettivi, ma anche come esseri umani, qualsiasi sia il modello familiare al quale apparteniamo o che decidiamo di costruire».

 

Il matrimonio e le sue particolarità

Fra tutte le responsabilità del Codice, il modo di concepire il matrimonio, così come stabilisce il testo costituzionale, risulta probabilmente la più complessa, e sarà oggetto di apprezzamenti o discussioni a seconda delle analisi più inclusive e pluraliste o più conservatrici e discriminatrici.

Ma non possiamo dimenticare che il matrimonio è solo una delle parti da legiferare. Il nuovo Codice della Famiglia va molto al di là e deve stabilire anche quello che concerne l’uguaglianza e il riconoscimento di tutte le forme in cui oggi si organizzano le famiglie cubane, le relazioni di parentela, la protezione degli anziani e degli invalidi, così come la violenza familiare.

«La nuova normativa contempla la determinazione dei soggetti tra i quali si può contrarre, il loro numero, l’autorità competente per la sua formalizzazione, gli impedimenti matrimoniali, i documenti necessari e gli altri requisiti per la formalizzazione e gli effetti giuridici, come detta l’articolo 82  della Legge delle Leggi. A differenza di altre Costituzioni del continente, quella cubana pone il matrimonio come base dell’organizzazione delle famiglie, ma non la principale», ha spiegato Pérez Gallardo, aggiungendo che il matrimonio smette di essere l’asse giuridico delle relazioni familiari: «La famiglia generata dal matrimonio è una delle più protette dall’Articolo 81 della Costituzione, ma non l’unica, né esclusiva, né escludente, né tantomeno privilegiata».

L’Artícolo 82 della Carta Magna definisce il matrimonio basato sul libero consenso, nell’uguaglianza dei diritti e degli obblighi dei suoi membri, ma non cita alcun fine. Questa è la chiave per capire che il matrimonio costituzionale cubano non è sostenuto sull’etero sessualità, unito al principio di non discriminazione per nessun motivo sostenuto dalla Costituzione.

Il matrimonio dev’essere formalizzato secondo i dettami che impongono oggi le convenzioni internazionali, come quella dei Diritti del Bambino, ossia tra persone adulte o maggiorenni con l’ansia di proteggere l’interesse superiore dei bambini e degli adolescenti, principio reggente in materia del Diritto dell’Infanzia.

"Non si giustifica", ha sottolineato Pérez Gallardo, "l’arrivo al matrimonio in età premature con le conseguenze che questo porta per la famiglia e in particolare per i figli avuti in età troppo precoce dell’adolescenza. Le regole del matrimonio devono essere in linea con le convenzioni internazionali dei diritti delle persone invalide, e quindi rispondere al principio costituzionale che regola il dovere dello Stato, della società e delle famiglie nella protezione, promozione, inclusione e partecipazione sociale delle persone in situazione di handicap, così come nella garanzia del pieno esercizio dei diritti. Le invalidità intellettuali o psicosociali non possono quindi porre impedimento al matrimonio».

 

In dettaglio

• Articolo 81. Tutte le persone hanno il diritto di formare una famiglia. Lo Stato riconosce e protegge le famiglie di qualsiasi forma d’organizzazione come cellula fondamentale della società e crea le condizioni per garantire la realizzazione dei suoi fini.

• La famiglia si costituisce per vincoli giuridici o di fatto di natura affettiva e si basa nell’uguaglianza dei diritti, dei doveri e delle opportunità dei suoi membri. La protezione giuridica dei diversi tipi di famiglia è regolata dalla legge.

• Articolo 82. Il matrimonio è un’istituzione sociale e giuridica. È una delle forme d’organizzazione delle famiglie. Si fonda sul libero consenso e nell’uguaglianza dei diritti, degli obblighi e delle capacità legali dei coniugi.

• La legge determina la forma in cui la famiglia si costituisce e i suoi effetti.

• Si riconosce inoltre l’unione stabile e singolare con attitudine legale che forma di fatto un progetto di vita in comune che, con le condizioni e le circostanze che la legge segnala, genera i diritti e gli obblighi disposti da questa.

• 13ª Disposizione transitoria: Attendendo i risultati della consultazione popolare, l’Assemblea Nazionale del Potere Popolare avrà a disposizione due anni di vigenza della Costituzione in cui dovrà configurare la forma definitiva di costituzione del matrimonio.

Yudy Castro Morales e GM per Granma Internacional, 4 gennaio 2020

 


 

GRANMA (CUBA), INTERNO, SANITA'

Cuba sviluppa vaccini di seconda generazione per trattare l’asma e ridurre il numero delle iniezioni

 

 

Specialisti del Centro Nazionale dei Biopreparati di Bejucal, nel municipio di  Mayabeque, lavorano su vaccini di seconda generazione per l’asma e per la semplificazione delle terapie.

Attualmente è in corso la seconda fase dei test clinici promossa dal Centro per i servizi di allergia degli ospadali Calixto García e Hermanos Ameijeiras, guidato dai dottori Mirta Álvarez e Iglemis Figueroa.

Nel corso degli anni, BIOCÉN ha sviluppato vaccini terapeutici per tre specie di acari, per il trattamento dell’asma intermittente e persistente da lieve a moderata, per via sotto cutanea iniettabile e sublinguale in gocce.

Le vaccinazioni di allergenici si utilizzano nelle allergie da più di 100 anni e sono riconosciute a livello internazionale come trattamento efficace e sicuro raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Salute.

Radio Mayabeque e GM per Granma Internacional, 23 gennaio 2020

 


GRANMA (CUBA), INTERNO, DIRITTI

Tolleranza zero contro la tratta delle persone

 

"Cuba ha sempre mantenuto con fermezza la politica di contrasto contro ogni modalità di tratta delle persone". Questo è ciò che è scritto sulla relazione recentemente pubblicata sul sito del Ministero degli Esteri di Cuba, che specifica che durante il 2019 sono state sviluppate azioni con effetti importanti sulla battaglia contro questo flagello internazionale.

Il documento sottolinea che Cuba ha continuato a sostenere il Piano di Azione Nazionale per la prevenzione e la battaglia alla tratta delle persone e la protezione delle vittime, strumento fondamentale dell’azione coordinata tra Stato e organizzazioni della società civile cubana che contrastano il grave crimine.

Il risultato dell’applicazione di questo solido strumento di contenimento e cooperazione tra l’Organizzazione Internazionale di Polizia Criminale (Interpol) e il sistema delle Nazioni Unite, ha portato a individuare e sventare nel periodo 15 casi di tratta.

Nella relazione si specifica che 12 casi corrispondevano alla modalità di tratta con fini di sfruttamento sessuale, due di tratta per mendicità forzata e uno di tratta con fini di schiavitù. Sono state identificate 25 vittime, tra cui dieci donne, otto bambine, un bambino e sei uomini.

I numeri indicano una bassa incidenza del criminoso fenomeno nel paese grazie all'inesistenza di reti criminali organizzate. Cuba mantiene una struttura e un tessuto sociale che aiuta a prevenire anche questo tipo di problema grazie alle conquiste in materia di protezione e sicurezza sociale, all’uguaglianza di opportunità per tutti i cittadini, alle politiche e ai programmi di granzie di genere, all’accesso gratuito ai servizi della salute e all'educazione, all’accesso universale gratuito alla cultura, allo sport e alla ricreazione. Germán Veloz Placencia e GM per Granma Internacional, 29 gennaio 2020

 


GRANMA (CUBA), ESTERI, MEDIO ORIENTE

Condannata la grave escalation in Medio Oriente

 

Vari paesi, tra i quali Cuba, Russia e Cina, hanno condannato il bombardamento degli Stati Uniti di venerdì 3 gennaio nell'area dell’aeroporto di Baghdad e hanno esortato a ridurre le tensioni nella zona.

Con un comunicato pubblico, il cancelliere del Venezuela Jorge Arreaza ha affermato che si tratta di un’azione senza alcun rispetto del Diritto Internazionale.

Il presidente statunitense ha informato che il suo paese «ha appena speso due miliardi di dollari in armi che userà senza reticenze contro l’Iran». 

Il Parlamento dell’Iraq ha approvato una risoluzione che impone il ritiro delle truppe straniere, comprese quelle degli Stati Uniti, in seguito all'assassinio del generale iraniano Qasem Soleimani. La risoluzione specifica anche il divieto dell’uso di forze straniere nel territorio, nelle acque e nello spazio aereo nazionale per qualsiasi motivo.

Trump, come d’abitudine, ha sfidato in un tweet: «Siamo i più grandi e i migliori del mondo. Questo episodio serva come avviso: se l’Iran attacca un cittadino qualsiasi o statunitense, abbiamo 52 obiettivi strategici iraniani, anche siti culturali».

In questo contesto, il Pentagono ha iniziato, sabato 4 gennaio, il trasferimento di 3500 soldati in Medio Oriente. Le truppe, una brigata di dispiegamento rapido nota come “Forza di risposta immediata”, saranno trasportate dalla base militare di Fort Bragg in Carolina del Nord al Kuwait. L’Iran ha risposto che «35 obiettivi statunitensi nella regione sono alla nostra portata».

Secondo quanto riportato dal sito arabo Al Mayadeen, il segretario generale del movimento Hezbolá, Sayyed Hassan Nasrallah, domenica 5 gennaio ha avvertito a questo proposito che «quando si parla di risposte ai crimini commessi dagli Stati Uniti, non ci si riferisce al popolo di questo paese, né ai suoi professionisti o giornalisti, né agli uomini d’affari o tantomeno ai civili». Hassan Nasrallah  ha specificato che «a tre anni dall'assunzione di Trump della presidenza, ci sono stati fallimenti, errori e confusione, e non c’è nulla che possa offrire al popolo statunitense in termini di politica estera mentre si avvicinano le elezioni, e ha concluso: Gli Stati Uniti hanno un solo obiettivo: eliminare il sistema politico iraniano.  Lo ha dichiarato lo stesso John Bolton, ex consigliere della Sicurezza Nazionale. Ha poi ricordato che durante la campagna elettorale, Trump ripeteva spesso che il petrolio dell’Iraq è suo» e che «non esiste uno stato iracheno, e gli Stati Uniti devono controllate i campi petroliferi inviando forze militari e poi estrarre e vendere il petrolio».

Gli avvenimenti confermano che il presidente intende perseguire i suoi obiettivi dichiarati di farla finita con il sistema politico iraniano e impadronirsi delle risorse petrolifere irachene e siriane.

Elson Concepción Pérez, GM per Granma Internacional, 5 gennaio 2020

 


GRANMA (CUBA), ESTERI, CULTURA

Che il capitalismo abbia swing: la guerra silenziosa

 


I servizi speciali statunitensi e l’industria della ricreazione

hanno una lunga storia d’alleanza. Photo: Fórmula TV.

 

L’alleanza tra i servizi speciali statunitensi e l’industria dell'intrattenimento è di vecchia data. Una delle prime serie televisive create con il chiaro obiettivo di guerra culturale fu Music in the Twenties. Secondo la CIA, la serie doveva costituire il paradigma del sogno americano e doveva puntare a smontare e ridurre i sentimenti di crescente anti-americanismo europeo degli anni ’60.

La serie Dallas è un altro buon esempio: nell’articolo How Dallas won the Cold War, pubblicato da Nick Gillespie e Matt Welch in Razón Magazine, gli autori affermano: «La rappresentazione della libera impresa e dello stile di vita dei manager nordamericani si è rivelata irresistibile. Non è stata solo una serie televisiva, ma una forza culturale che ha ribaltato un’atmosfera ostile, e ha aiutato a ridefinire un decenni, quello degli ’80, in cui ambizioni e capitalismo, nonostante le mancanze morali, sembravano essere un sistema “con swing”».

Il programma debuttò il 2 aprile 1978 come miniserie sulla CBS. I produttori all'inizio non avevano previsto piani di crescita, ma per via della popolarità crescente, lo show divenne una regolare serie che durò ben 14 stagioni, dal 23 settembre del 1978 al 3 maggio del 1991. 

Il successo in Polonia, nella RDT e in Cecoslovacchia ebbe molto a che vedere con l’aumento degli investimenti della produzione.

La CIA canalizzò milioni di dollari per finanziare Dallas. Enormi risorse furono usate per garantire la visibilità della serie nei paesi socialisti dell’Europa dell'Est. Anni dopo, furono resi pubblici i documenti della CIA che descrivono l’entusiasmo dei realizzatori dovuto al fortissimo seguito presso i giovani dell’Europa dell’Est che sognavano di usare giacche di cuoio sullo stile dei  protagonisti della serie, di guidare l'ultimo modello d'auto e passare le notti in grandi discoteche insieme con belle ragazze, in un mondo “divertente”, “glamour” e libero da qualsiasi responsabilità e impegno.

La guerra «silenziosa» che ha costruito stereotipi e modelli di vita virtuali falsi come similoro, non ha più lasciato nessuno spazio di confronto con il socialismo.

Il 24 luglio 1959, a Mosca, durante l’inaugurazione della American National Exhibition presieduta da Nikita Krushov e Richard Nixon, si svolse un dibattito sulle qualità del capitalismo e sulla sua presunta superiorità. Il cosiddetto Kitchen-debate avvenne nella cucina di una casa prefabbricata costruita espressamente per l’occasione da All State Properties, per mostrare ai sovietici «la cucina che ogni nordamericano può avere». Il disegno fu realizzato dai famosi architetti della House of Future Alison e Peter Smithson; i mobili e gli altri oggetti furono forniti da Macy’s e gli  elettrodomestici dalla General Electric. Nella cucina ideale una modella bionda, agile e sorridente, lavorava diligente manovrando con destrezza tutti gli apparecchi elettronici di ultima generazione. La messa in scena ebbe un effetto devastante.

 

La battaglia simbolica

Nella guerra simbolica tra i due sistemi che caratterizzò gli anni '60, '70 e '80, una visione idealizzata della vita culturale nel capitalismo segnò l’immaginario di molti, soprattutto dei giovani.

Il cinema di Hollywood si trasformò in uno strumento efficacissimo per «americanizzare», o semplicemente trasmettere i valori della way of life americana, diffondendo stereotipi psicologici teorizzati in prestigiose università presso culture e modi di essere nel resto dei paesi del mondo. L'azione degli attori di Hollywood, dei produttori e dei direttori cominciò già ai tempi dell’antesignano della CIA, l’Ufficio Servizi Strategici.

Lo scrittore Tom Clancy ebbe un rapporto particolarmente intenso con la CIA: nel 1984 fu invitato nel quartier generale di Langley dopo la pubblicazione di Caccia a Ottobre Rosso, dal quale nel 1990 fu tratto l'omonimo film frutto della collaborazione con l’Agenzia.

La CIA lo contattò nuovamente mentre lavorava al libro Giochi di Potere, e l’adattamento al cinema non solo contò sul finanziamento, ma anche sull’accesso alle istallazioni della CIA e alle relative informazioni. Per la realizzazione di Paura senza limite, l’allora direttore della CIA, George Tenet, mise a disposizione dei cineasti un gruppo di consiglieri che guidarono la produzione e introdussero cambi importanti nella sceneggiatura.

Sasha Knezev, studioso di Storia del Cinema, ha detto che dopo l’11 settembre George W. Bush, Cheney e Carl Root sollecitarono a Hollywood la cooperazione nella guerra contro il terrorismo e si riunirono con il presidente dell’Associazione Cinematografica degli Stati Uniti, Jack Valenti, con l’obiettivo di far sì che il cinema riflettesse un’immagine positiva delle azioni di guerra degli Stati Uniti contro gli «oscuri angoli del pianeta».

La notte più oscura e Argos sono esempi di come il Cinema giustifica i crimini della sua macchina militare e presenta le prigioni segrete della CIA e le torture ai prigionieri come un “male necessario” per garantire la sicurezza nazionale.

La CIA aveva urgentemente bisogno di un cambio di immagine, di ricostruire una “credibilità perduta”, sopratutto dopo la rivelazione dei crimini di Abu Ghraib e delle menzogne sull’esistenza di armi di distruzione di massa. Aveva bisogno dell’appoggio di  Hollywood e di tutti i media. Da questa collaborazione sono uscite serie come 24 ore, lautamente finanziata.

 

La CIA e l'industria dell'intrattenimento

La maggior parte della programmazione televisiva attuale è realizzata da imprese mediatiche interessate ai contratti con la CIA. E' una programmazione che esalta la violenza in nome del governo statunitense, si venera l’uomo d’azione, assassino e torturatore, che chiaramente agisce in nome del governo e in difesa degli «interessi» della sacrosanta «sicurezza nazionale» degli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti hanno un numero sproporzionato di serie televisive dedicate alle forze di sicurezza, programmi che in modo più o meno dichiarato condizionano il pubblico perché assuma una buona opinione su di loro.

Non si lasciano spazio scoperti: chi non vede telegiornali e non legge giornali, consuma ore di connessione a Internet, comunica nelle reti digitali, segue gli spettacoli televisivi su moda e sport internazionale, ascolta la radio, legge libri e riviste... Tutto è racchiuso in una grande rete di distribuzione e di contenuti che avvolge e sommerge in un mondo virtuale milioni i cittadini del mondo di oggi, travolti e sopraffatti da informazioni spazzatura, con poche alternative valide di arricchimento culturale.
Raúl Antonio Capote e GM per Granma Internacional, 6 gennaio 2020

 


 

 

GRANMA (CUBA), ESTERI, STATI UNITI

Elizabeth Warren: «Siamo sull'orlo di una guerra»

 


Elizabeth Warren, senatrice e candidata presidenziale

democratica del Massachusetts. Photo:* NYT

 

 La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, di fronte all’assurda decisione del presidente Donald Trump di autorizzare l’assassinio del leader della Forza di Quds dell’Iran, generale Qasem Soleimani, senza chiedere l’opinione del Congresso, ha annunciato la futura votazione di una risoluzione per limitare le azioni militari del capo della Casa Bianca.

La notizia, annunciata da Nancy Pelosi, titolare della Camera dei Rappresentanti, risponde al mandato di questo organismo di preservare la vita dei cittadini statunitensi.

Secondo Russia Today, nelle sue dichiarazioni la Pelosi ha ricordato che questo «attacco aereo militare provocatore e sproporzionato contro ufficiali militari iraniani di alto livello, ha posto in pericolo i membri dell'apparato diplomatico e corre il rischio di scatenare una grave escalation di tensioni con l’Iran.

Un’altra analisi sui motivi per cui il presidente Trump avrebbe agito in forma così esagerata contro il paese arabo, pone l’attenzione sul politico che egli sta per affrontare.

Questa ipotesi  presentata da Elizabeth Warren, senatrice e candidata presidenziale democratica del Massachusetts, richiama l’attenzione sul momento scelto dal presidente per mettere in atto un colpo terrorista contro il comandante delle Forze Quds: «Non siamo sicuri del perchè  Donald Trump abbia fatto ammazzare Soleimani, ma siamo molto più vicini a scatenare una guerra. La domanda è: perchè adesso e perchè non un mese fa. L’Amministrazione semplicemente non è capace di mantenere una versione coerente dei fatti», ha detto la senatrice.

Secondo HispanTv, in un altro momento delle sue dichiarazioni Elizabeth Warren ha aggiunto che la decisione di Trump d’assassinare l’alto ufficiale militare iraniano ha posto in pericolo sia il popolo statunitense che la zona ovest dell’Asia e il mondo in generale invece di mantenere, come esige il suo incarico, la protezione dei suoi concittadini, problema segnalato anche da Nancy Pelosi.

La candidata democratica ha innalzato il livello delle critiche contro Trump in seguito agli ultimi avvenimenti e ha messo in relazione l’operazione con la telefonata al  Presidente dell’Ucraina Volodímir Zelenski, adducendo che se Trump perseguiva il proprio “interesse politico personale”, è possibile che nella sua decisione di eliminare il generale Soleimani abbiano influito anche le sue attuali preoccupazioni politiche.

Nell’attentato USA sono morti anche alcuni combattenti delle forze popolari irachene dell'Unità di Mobilitazione Popolare (Al-Hashad Al-Shabi, in arabo), compreso il suo vice comandante Abu Mahdi al-Muhandis.

I governi di Baghdad e di Teheran hanno condannato duramente l’azione terorista degli Stati Uniti che costituisce una flagrante violazione della sovranità dell’Iraq.

Il Parlamento iracheno, domenica 5 gennaio ha approvato l’espulsione delle forze nordamericane dal paese.

GM per Granma Internacional, 7 gennaio 2020

 

 


 

 

GRANMA (CUBA), ESTERI, COLOMBIA

Denunciate violenze contro i leaders sociali in Colombia

 


Dall’inizio dell’anno sono stati uccisi 13 leaders

sociali in Colombia. Photo: Getty Image

 

Il movimento colombiano Marcha Patriótica ha denunciato  l’aumento delle aggressioni e degli assassinii di membri dell'organizzazione, e ha affermato che il Governo di Iván Duque non ha applicato le misure necessarie per fermare la violenza.

«Oggi stiamo nuovamente all’erta e affrontiamo una vera crisi umanitaria, In due soli giorni sono stati assassinati cinque dei nostri membri», ha affermato il movimento politico  in un comunicato.

Telesur ha informato che hanno perso la vita 222 membri, e 43 sono quelli ucisi durante il mandato del presidente Duque. Attualmente  Marcha Patriótica è formata da 859 organizzazioni indigene, contadine, Lgbt, afrodiscendenti, giovanili, studentesche, operaie, civiche di quartiere, donne e movimenti sociali e popolari in 29 dei 32 dipartimenti della Colombia.

Uno rapporto dell’Istituto degli Studi per lo Sviluppo e la Pace della Colombia ha informato che dall’inizio del 2020 sono stati uccisi 13 leaders sociali.

Ha fatto anche notizia la persecuzione sferrata dai battaglioni dell’esercito contro politici, giudici e giornalisti. Domenca 12 gennaio è stato scoperto un piccolo microfono nell’ufficio del magistrato César Reyes che sta conducendo l'istruttoria del processo contro l’ex presidente e senatore colombiano Álvaro Uribe accusato di presunta manipolazione di testimoni.

GM per Granma Internacional, 13 gennaio 2020

 


 


GRANMA (CUBA), ESTERI, STATI UNITI

Dividere i Caraibi: la nuova strategia degli Stati Uniti

 

 


«Dividi e vincerai» è la frase che hanno usato indistintamente

il romano Giulio Cesare e l’imperatore francese Napoleón Bonaparte.

 

"Dividi e vincerai" dicevano Giulio Cesare e Napoleone. Al netto della distanza storica e delle tattiche militari di queste figure storiche, questa sembra essere oggi la strategia degli Stati Uniti nei confronti dell’America Latina e dei Caraibi: un altro tentativo disperato di dividere i popoli a sud del Rio Bravo e recuperare terreno in quello che Washington continua cocciutamente a considerare "il cortile di casa".

La tattica degli Stati uniti è stata usata nella storia in molti modi diversi nella regione: ad alcuni si offre la carota, ad altri il bastone; con alcuni i ricatti, con altri conflitti o ingerenze che minano i meccanismi di integrazione autoctoni.

Cosciente dei rischi che rappresenta l’unità di Nuestra America per i suoi interessi imperialistici, le perfide strategie politiche degli Stati Uniti attentano gli organismi di integrazione sull'onda del riflusso del conservatorismo.

La Casa Bianca da un lato promuove il Gruppo di Lima o l'ignobile Organizzazione degli Stati Americani (OSA) come luogo per legittimare la guerra contro il Venezuela e gli altri paesi che non si piegano ai suoi disegni; dall'altro istiga dal 2018 l’uscita di Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Paraguay e Perú dall’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur) e, dal 2019, dell’Ecuador, e poi l’abbandono dell'ALBA (Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra América) e del Trattato di Commercio dei Popoli (TCP) da parte dell’Ecuador e della Bolivia fino a causare recentemente l'uscita del Brasile dalla CELAC (Comunità degli Stati  Latinoamericani e Caraibici). Ora i suoi piani sembrano dirigersi a dividere la CARICOM (Comunità dei Caraibi).

L’anno scorso il presidente statunitense Donald Trump si è riunito con i governanti di nazioni scelte nell’area della Florida. Tra i temi nell’agenda dell'incontro c’erano la cooperazione regionale e la situazione del Venezuela. Dopo l’incontro, il portavoce della Casa Bianca, Hogan Gidley, ha informato in un comunicato stampa che la Corporazione per gli Investimenti Privati all’Estero avrebbe dato priorità ai cinque paesi i cui leaders si erano riuniti con Trump.

Martedì 21 gennaio, il segretario di Stato degli Stati Uniti, Mike Pompeo, è andato in Giamaica per incontrare i dirigenti della nazione, tra i quali il primo ministro Andrew Holnnes, e si pronuncerà sull’importanza delle relazioni  dei Caraibi con gli Stati Uniti. Il primo ministro delle Barbados e presidente di Caricom, Mia Mottley, ha criticato questo incontro: «Come presidente di Caricom è impossibile per me essere d’accordo sul fatto che il mio cancelliere partecipi a una riunione in cui i membri di Caricom non siano invitati. È un tentativo per dividere la regione», ha detto.

Cosa c’è dietro a questa nuova manovra politica di Washington verso i Caraibi? Prima di tutto riunire i voti caraibici necessari per una scalata contro il Venezuela approvata in seno alla OSA per subordinarla ai suoi interessi e isolarla dal resto dei vicini.

Il cancelliere cubano Bruno Rodríguez Parrilla ha scritto su Twitter che il prossimo Vertice Caricom del prossimo dicembre a L’Avana sarà di vitale importanza: «Nel 2020 continueremo a consolidare le relazioni di amicizia e cooperazione con le fraterne nazioni dei Caraibi alle quali ci uniscono storici vincoli e impegni comuni. Di fronte al nuovo tentativo imperialista di dividerci, la risposta di tutta Nuestra America deve essere più unità e integrazione, affinché il gigante delle sette leghe non passi».

Enrique Moreno Gimeranez e GM per Granma Intrenacional, 21 gennaio 2020

 

 


 

 

GRANMA (CUBA), ESTERI, BRASILE

Brasile: un paese tanto ricco quanto ingiusto

 


Secondo l’Istituto Brasiliano di Geografia e Statística (IBGE),

58,4 milioni di persone vivono oggi al di sotto della linea di povertà. Photo: AFP

 

Dai tempi della dittatura militare dal 1964 al 1985 non c’erano mai stati così tanti passi indietro sul piano dei diritti umani in Brasile come adesso con Bolsonaro. Siamo governati da autorità che si battono per l’impunità delle forze di repressione, che danno luce verde all’eliminazione sommaria dei sospettati e anche dei cittadini non sospettati, come i nove giovani assassinati dalla polizia militare di Sao Paulo nella favela Paraisópolis all’alba del 1º dicembre. Solo a Río, nel 2019, sono morti sei bambini per “pallottole vaganti”.

Imprese minerarie, industrie del legno e agricole invadono terre protette. Si assassinano indigeni come il leader Paulo Paulino Guajajara a Maranhão il 1º novembre scorso perché difendeva la riserva del suo popolo dalle attività illegali delle imprese del legno. I casi di femminicidio si moltiplicano; ogni quattro minuti una donna viene violentata.

Il presidente della Fondazione Palmares, Sérgio Camargo, la cui nomina è stata impugnata dalla Giustizia, insulta la memoria di Zumbi, l'eroe della comunità quilombola, dichiarando che in Brasile non c'è razzismo e che «la schiavitù è stata un bene per i suoi discendenti».

A Paraná, il giornalista Aluízio Palmar è stato processato per aver denunciato che nella caserma del Primo Battaglione di Frontiera, a Foz do Iguacu, si pratica la tortura. Il paese ha più di 12 milioni di disoccupati e il governo ha ridotto di due volte il salario minimo che entrerà in vigore nel 2020.

Ottantamila famiglie sono accampate ai margini delle autostrade brasiliane e delle fattorie. L'ex presidente Lula è stato condannato senza prove. I media che criticano il governo subiscono sabotaggi attraverso l'azzeramento della pubblicità e le società che ancora pubblicano annunci subiscono minacce. Gli studenti sono incoraggiati a diventare delatori dei loro insegnanti che non cantano la classifica di Planalto. Il governo, che non ha mai condannato i paramilitari che, mancando di rispetto alle leggi, contesta i territori al traffico di droga, stimola il mercato delle armi e delle munizioni.

Oltre alla violazione dei diritti umani, vengono violati anche i diritti della natura. La foresta pluviale amazzonica viene incendiata per far posto a bovini e soia, mentre Bolsonaro dichiara che gli incendi sono "un problema culturale". La giustizia procede troppo lentamente e con mano leggera nel perseguire i responsabili delle tragedie causate dalle rotture delle dighe di Mariana nel 2015 e di Bramadinho nel 2019, che hanno causato 382 vittime. Il petrolio versato sulla costa brasiliana non viene pulito con l'urgenza e il rigore richiesti dalla situazione.

Secondo Marcelo Neri della Fondazione Getulio Vargas, in dieci anni il Brasile ha portato fuori dalla povertà  30 milioni di persone, ma tra il 2015 e il 2017, sei milioni e trecentomila brasiliani sono tornati in miseria. Negli ultimi tre anni, la povertà è aumentata del 33%. Secondo l'Istituto brasiliano di geografia e statistica (IBGE), 58,4 milioni di persone vivono oggi al di sotto della soglia di povertà, con un reddito mensile inferiore a 406 reales. L'elenco degli emarginati non fa che aumentare: tra il 2016 e il 2017 è cresciuto dal 25,7% al 26,5%, il che significa l'esclusione di quasi due milioni di persone. Secondo questi dati, 55 milioni di brasiliani, il 40% dei quali vive nel nord-est, subiscono serie privazioni. Il reddito medio dei ricchi è cresciuto del 3% e quello dei poveri è diminuito del 20%. Le malattie già sradicate sono tornate e la mortalità infantile avanza tra le famiglie più povere.

Siamo una nazione molto ricca, ma estremamente ingiusta. Il PIL brasiliano è di 6,3 miliardi di reles, sufficiente a garantire 30.000 reales pro capite all'anno a ciascuno dei suoi 210 milioni di abitanti. O 10.000 reais al mese per ogni famiglia di quattro persone.

I diritti umani non sono "cose da delinquenti", come si vantano chi non pensa mai ai diritti dei poveri. Sono uno dei più chiari segni giuridici e morali del progresso della nostra civiltà. Sebbene siano sistematicamente violati da coloro che si autoproclamano democratici e cristiani, sono inappellabili. Ora spetta alle Nazioni Unite convocare i paesi per preparare e firmare la Dichiarazione Universale dei Diritti della Natura, la nostra "casa comune", nelle parole di Papa Francesco.

 

Frei Betto e GM per Granma Internacional, 30 gennaio 2020