Erano tossici i cavolfiori che abbiamo mangiato a Natale

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30 marzo 2013

Livelli elevatissimi di stagno, ferro, zinco e PCB. La causa? Più che i roghi tossici, va puntato il dito contro i traffici di rifiuti tossici degli ultimi decenni.

Anche la analisi confermano quello che si temeva: i cavolfiori colorati delle campagne di Caivano sono tossici e fanno male alla salute.

Le ha fatte eseguire l'associazione "Voce per tutti" dopo il sequestro dell'area. I dati vengono ufficializzati in un'intervista a Parallelo41 da Mauro Pagnano, il fotografo che ha scattato quelle immagini che hanno fatto il giro del mondo.

Nel cavolo rinsecchito che vedete nella foto c'erano livelli elevatissimi di metalli pesanti: stagno (208,50 mg/kg mentre il limite è di 0,20 mg/kg), ferro (53,1 mg/kg mentre il limite è di 0,20 mg/kg) e zinco (36,24 invece di 0,20). Addirittura 700 volte superiori al limite massimo i dati relativi ai policlorobifenili, analisi fatta dalle forze dell’ordine.

Ma valori ben più alti sono stati registrati nel terreno: zinco 989 mg/kg, ferro 25272 mg/kg.

Pagnano racconta che quando hanno portato i campioni nei laboratori non hanno potuto avere subito i risultati: "Le strumentazioni a disposizione non erano tarate per quei valori e sono impazzite. I tecnici hanno dovuto resettare le macchine e fare nuove analisi. Gli strumenti non erano abituati a registrare livelli così alti”.

Le associazioni di cittadini puntano il dito soprattutto contro i roghi tossici, che negli ultimi mesi sono diventati il vero allarme ambientale delle province di Napoli e Caserta. Possibile.

Ma appare più plausibile che livelli così alti di sostanze tossiche nei terreni siano dovuti agli scarichi tossici delle aziende: rifiuti seppelliti nei terreni o sversati, sotto forma di liquami, nei canali di scolo e nelle falde.

 

Pratiche di questo tipo, avviate e gestite dalla camorra, con la connivenza degli industriali, erano e sono una consuetudine fin dagli anni settanta: i cartelli mafiosi proponevano agli industriali del ricco nord (ma non solo) di smaltire a prezzi irrisori i rifiuti delle loro fabbriche: solventi, pellami, materie chimiche, polveri tossiche, amianto...

Questo materiale, utilizzando vettori legali, soprattutto trasporto su gomma, attraversava la penisola per arrivare nelle campagne del casertano e del napoletano, ma anche in Calabria, Puglia e basso Lazio, finendo infine intombato nelle fondamenta delle case o nelle campagne.

Le periodiche crisi nella gestione dei rifiuti solidi urbani, spesso alimentate ad arte, hanno creato la giusta confusione per dirottare l'attenzione dei media e il risentimento dell'opinione pubblica verso le discariche legali anziché verso i traffici illegali.

Un disegno criminale ben architettato, illustrato recentemente da molti pentiti (che hanno indirizzato gli inquirenti verso alcune macrodiscariche), che non ha ancora prodotto neanche una bonifica.

Le sostanze tossiche, seppur siano noti a tutti i confini delle discariche, sono ancora lì, sotto terra e nessuno sembra abbia il coraggio di intavolare un discorso serio sull'argomento, che si preoccupi di recuperare risorse utili per avviare le bonifiche: in altri stati, l'unione industriali mette a disposizione fondi di solidarietà per ripristinare la salubrità delle aree contaminate dai processi di produzione, da noi nessuno si azzarda a toccare le aziende, soprattutto in periodi di crisi.

Intanto la terra comincia a restituirci frutti di morte.

Da AgoràVox