Notizie da Cuba su Latino America e Mondo (aprile 2019)

  • Stampa

I Caraibi, da Mare Nostrum a base di sovranità

La struttura economica dei Caraibi è eterogenea per naturali e livello di industrializzazione, da qui la necessità d’unire gli sforzi. I popoli dei Caraibi sono stati dall’inizio dell’era moderna alla mercè dei poteri egemonici costruiti sulla prosperità guadagnata col sangue e col sudore delle schiavitù. E' una storia che oggi si vuole cancellare con i meccanismi della colonizzazione culturale che attaccano in prim’ordine  gli sforzi di integrazione regionale.

Nei Caraibi vive una popolazione di  42 milioni di persone e l’86% si concentra nelle Grandi Antille. Le economie più forti sono in Puerto Rico, Cuba e Repubblica Dominicana, che coprono il 76% del PIL della regione. Alcuni dati positivi sembrano promettere un buon futuro, come l’indice di sviluppo umano e la speranza di vita che, nei Caraibi, sono relativamente alti. In questi dati ha una forte incidenza quanto realizzato da Cuba in 60 anni con un modello di gestione alternativo al capitalismo. In altre nazioni, la priorità è sempre l’economia, e questa porta disuguaglianza, un'eredità del colonialismo.

L'organizzazione più importante che ha indotto modelli governativi e valide proposte per la sovranità delle nazioni dei Caraibi è l’Associazione degli Stati dei Caraibi (AEC) che è riuscita a raggruppare i paesi di buon peso economico con quelli che necessitano di attenzione. L’Organismo funziona come un’effettiva rete di relazioni internazionali al servizio dei popoli e delle loro identità.

L’AEC nacque con la firma del Convegno Costitutivo il 24 luglio 1994, a Cartagena de Indias, in Colombia. La sua filosofia è proporre un’alternativa ai poteri egemonici che attraverso la storia hanno influito sulla regione, ma soprattutto propiziare un ambiente economico d’integrazione e prosperità. L'AEC è un’organizzazione di consultazione per la cooperazione e l’azione coordinata dei suoi 25 Stati Membri e tre Membri Associati. Le sue aree d'azione sono il commercio, i trasporti, il turismo sostenibile e gli eventi naturali. L’organismo, infatti, presta una speciale attenzione alla vulnerabilità ecologica della regione a fronte del cambio climatico. È priorità dell’organismo far sentire la voce delle piccole nazioni danneggiate dalla salita del livello del mare, così come di altri fenomeni naturali che di anno in anno aumentano in frequenza, forza e danni per via del riscaldamento globale.

Il programma ecologico propone un nuovo modello di turismo non invasivo, che concentri i suoi sforzi nella vitalità delle comunità e nel rispetto delle attività economiche originarie, sostegno della vita delle comunità.

In definitiva, la AEC è un modello d’integrazione di riferimento nel contesto latinoamericano, nonostante le pressioni delle imprese e dell’imperialismo che, attraverso progetti di aggressione attentano alla stabilità economica e politica.

A partire dal 2008, la AEC ha dovuto affrontare il peso della crisi mondiale del capitalismo. Nei nuovi scenari, sarebbe necessario imporre un andamento più regolato alle economie attraverso la difesa delle conquiste comuni che garantiscono il minor "azzardo capitalista". Senza dubbio, Cuba e i suoi sforzi per stabilire un commercio mondiale alternativo è uno dei fattori che favoriscono la presenza di alternative economiche la conseguente differenziazione delle possibilità di sviluppo, allontanando i rischi di legarsi a fornitori "obbligati".

Il programma Petrocaribe ha avuto successo promuovendo la sovranità energetica degli Stati, un passo senza dubbio imprescindibile quando si mette in evidenza l’intenzione degli Stati Uniti di monopolizzare le riserve di petrolio della regione e collocarle sotto la loro gestione esclusiva, motivo principale della crisi del Venezuela.

Uno dei punti preoccupanti continua ad essere il tremendo peso di Puerto Rico e del suo statuto dipendente da Washington, che impedisce il successo di politiche che possano trarre vantaggio dal turismo e dalla valuta, così come il blocco commerciale nordamericano che pesa sull’economia cubana.

Le cosiddette crisi umanitarie, come nel caso di Haiti, potrebbero evitare il collasso delle società se solo fosse possibile cercare all’interno dei paesi soluzioni che non implichino l’intervento armato o politico delle potenze egemoniche.

Sede della riunione dell'AEC p stato il Nicaragua, che si è impegnato a contrastare la militarizzazione della regione, un argomento al centro delle discussioni che dovranno affrontare i piani imperialisti che vorrebbero negare ai Caraibi l’integrazione nel rispetto delle diversità.

 

Mauricio Escuela e GM per Granma Internaciónal, 28 marzo 2019

 

La AEC è un modello d’integrazione che si è mantenuto fermo nel contesto latinoamericano.

 



Cuba condanna il ricatto dell'Unione Europea

 

La Commissione delle Relazioni Internazionali dell’Assemblea Nazionale del

Potere Popolare di Cuba ha condannato energicamente, lunedì 8 aprile, la risoluzione approvata dal Parlamento Europeo in una recente sessione generale, intitolata "Sulla situazione d’emergenza in Venezuela".

Nella dichiarazione si afferma che questa risoluzione costituisce un nuovo passo dell'escalation contro il governo costituzionale del presidente Nicolás Maduro e del popolo venezuelano che difende il suo legittimo diritto di costruire il suo futuro senza ingerenze esterne, e che i riferimenti calunniosi e inaccettabili su Cuba "sono un'eco delle false accuse diffuse da alcuni rappresentanti del governo degli Stati Uniti sulle presunte presenze di forze della sicurezza e di agenti cubani che controllano il Governo venezuelano e partecipano ad azioni d’intimidazione o repressione".

"Respingiamo categoricamente queste menzogne e il tentativo di minacciare uno Stato sovrano e indipendente come Cuba, con possibili 'conseguenze' per le sue relazioni con l’Unione Europea". La dichiarazione della Commissione ricorda la natura umanista della cooperazione cubana con altri paesi, compreso il Venezuela, dove lavorano più di 20.000 collaboratori cubani, dei quali il 96% appartenente al settore della salute e gli altri a quello dell’educazione, dello sport, della cultura e del settore agricolo-alimentare.

"Associare questa cooperazione con azioni che violano i principi del Diritto Internazionale, il rispetto alla sovranità e alla non ingerenza nei temi interni degli Stati, è un atteggiamento irresponsabile e immorale".

La Commissione delle Relazioni Internazionali dell’Assemblea Nazionale di

Cuba reitera così "la sua adesione al Proclama dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace e alla volontà di continuare a sviluppare le relazioni con l’Unione Europea e con tutte le sue istituzioni senza condizioni e sulla base dell’uguaglianza, della reciprocità e del rispetto reciproco".

Anche il  cancelliere cubano Bruno Rodríguez Parrilla ha twittato che l’assessore alla Sicurezza Nazionale degli USA John Bolton, 59 anni dopo, riprende l’infame Memorandum di Lester Mallory e lo supera in brutalità, 'monroismo' e maccartismo: "Cuba respinge il ricatto", ha detto Rodríguez Parrilla mostrando il Memorandum del 6 aprile del 1960, nel quale l’allora vice segretario di Stato nordamericano, Lester Mallory, affermava che l’unico mezzo per far smettere il popolo cubano di appoggiare il suo governo era provocare la sfiducia e la delusione con l’insoddisfazione economica e la carestia", e per quello dovevano mettere in pratica tutto ciò che poteva indebolire la vita economica del paese, provocando fame e disperazione.

Nei giorni scorsi, il Cancelliere cubano aveva denunciato la scalata delle 'aggressioni monroiste' degli USA contro le misure di pirateria economica adottate da Washington per danneggiare il Venezuela e rubare le sue risorse.

Rodríguez Parrilla ha detto anche che di fronte al fallimento dei loro tentativi di

'cambio di regime', "Washington utilizza vergognose menzogne per giustificare la sua condotta sempre più aggressiva" e che le calunnie contro Cuba sono un’infamia.

 

GM per Granma Internaciónal, 10 aprile 2019

 

 



L’Egitto respinge la minaccia di sanzioni  degli USA

 

Washington ha indicato che imporrà sanzioni al Governo egiziano se continuerà ad acquistare aerei da combattimento russi. L’amministrazione del Cairo ha risposto che perseguirà i suoi interessi in politica estera e non accetterà ingerenze esterne nelle sue decisioni: "L’Egitto decide da solo sugli acquisti e deciderà la sua politica estera partendo dai suoi interessi", ha detto il capo del Comitato di Difesa Nazionale del Parlamento egiziano, il generale Kemal Amir, in una dichiarazione all’agenzia Sputnik.

Amir ha chiarito che anche se il paese mantiene una cooperazione strategica con Washington "le decisioni del Cairo devono comunque essere a beneficio dell’Egitto".

L’ex funzionario del Ministero di Difesa egiziano, generale Gamal Mazlum ha aggiunto: "Russia e Egitto mantengono una cooperazione stabile in materia tecnico-militare e le minacce degli Stati Uniti non potranno danneggiare queste relazioni (...). Un paese terzo non si può immischiare nelle relazioni".

Pochi giorni fa, il segretario di Stato Michael Pompeo ha paventato la possibilità di sanzionare l’Egitto a fronte di un eventuale acquisto di aerei da combattimento Su-35 dalla Russia e, in tono minaccioso durante un’udienza nel Comitato d’Assegnazioni del Senato, ha detto che "l’Egitto e altri paesi che stanno considerando l'acquisto di armi russe dovrebbero valutare le conseguenze delle loro azioni".

L’alto funzionario ha assicurato che esiste una  "situazione simile con la Cina, l’India e la Turchia, alleata della NATO" e nello stesso tempo ha richiamato "i paesi che desiderano mantenere e rinforzare le loro relazioni con gli Stati Unii sul piano militare a trattare 'con serietà' la Legge di Contrasto degli Avversari attraverso Sanzioni" (CAATSA l'acronimo in inglese). Questo strumento giuridico viene usato dalla Casa Bianca per porre misure punitive di carattere extraterritoriale a qualsiasi persona o Entità che abbiamo stabilito impegni con la Difesa russo.

 

Telesur e GM per Granma Internaciónal, 11 aprile 2019

 



Gli USA inviano altri soldati alla frontiera con il Messico

 

 

"Meglio che non si ripeta!" è l'avvertimento che Donald Trump lancia al Messico dal suo account Twitter al Messico, in un dramma che è appena iniziato e già richiama l’attenzione della regione.

Il Capo  della Casa Bianca si riferiva all’incidente del 13 aprile scorso, quando i militari messicani arrestarono due soldati statunitensi - come riconosciuto dalla stessa Cancelleria messicana - che si trovavano nel loro territorio. Da allora, le due amministrazioni sono in contatto permanente per valutare la situazione.

Anche se lo stesso presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador ha risposto a Trump nel corso della sua conferenza stampa mattutina promettendo un riesame del caso, il mandatario statunitense ha rincarato la dose dicendo che i soldati messicani hanno lanciato armi ai nordamericani alla frontiera, probabilmente come tattica di distrazione per i trafficanti di droga, e poi ha annunciato che invierà altri soldati armati alla frontiera perché il Messico non sta facendo sforzi sufficienti per fermare i migranti e respingerli indietro. Obrador ha negato che le forze statali abbiano vincoli di sorta con il crimine organizzato e ha detto che non negozieranno mai con nessuna banda o organizzazione per commettere reati: "La linea, la frontiera tra la delinquenza e autorità è tracciata molto bene", ha affermato.

Il segretario ad interim della Sicurezza Nazionale degli USA, Kevin McAleenan, ha affermato che la Pattuglia di Frontiera vive "una crisi senza precedenti" per l’elevato numero di migranti e gli arresti di soggetti senza documenti toccano già i 400.000 nel 2019, cifra che supera tutti gli arresti del  2018.

 

GM per Granma Internaciónal, 24 aprile 2019

 

Risultati immagini per frontiera tra usa e messico



La Via della Seta: un’alternativa all’unilateralismo degli Stati Uniti

 

 

"Appoggiare con forza il multilateralismo e la costruzione di un’economia mondiale aperta sono le vie più sicure per ottenere la prosperità dei nostri popoli", ha affermato in una conferenza stampa Wang Yi, consigliere di Stato e ministro delle Relazioni Estere della Repubblica Popolare della Cina.

"Il protezionismo e l’unilateralismo nel nostro pianeta, in particolare degli Stati Uniti, sono tra le maggiori minacce per l’economia mondiale", ha  affermato Wang Yi,  annunciando che 37 presidenti parteciperanno alla seconda edizione del Forum della Via della Seta che si terrà a Pechino dal 25 al 27 aprile. "Sarà il principale incontro internazionale in Cina di quest’anno", ha segnalato.

L’iniziativa della Via della Seta ha come obiettivo la costruzione di una rete d’infrastrutture e comunicazioni per riattivare le vecchie rotte commerciali di terra e di mare, così come accadeva nell’antica Via della Seta del 2º secolo AC. Il progetto è uno sforzo ambizioso per migliorare la cooperazione e costruire un'alternativa alle azioni restrittive delle potenze, soprattutto gli Stati Uniti, che generano conflitti e spesso sfociano in crisi irrecuperabili.

"Per questo è ora pensare alle alternative", ha affermato il Ministro cinese: "Costruire una rete di alleanze, aprirsi alla tolleranza, rimettersi in gioco nell’ecologia, promuovere lo scambio culturale e la cooperazione che garantiscono lo sviluppo prospero e sostenibile delle nostre nazioni".

Questo progetto, un'iniziativa del presidente cinese Xi Jinping avviata nel 2013, ha promosso i suoi primi Forum nel 2017 e adesso, dopo sei anni di successi, migliaia di delegati di 150 paesi – tra cui quelli dell’America Latina e dei Caraibi – si riuniscono per riassumere le esperienze, pianificare il futuro, coinvolgere altri protagonisti e promuovere la cooperazione internazionale verso uno sviluppo di qualità, con lo slogan "Dare forma a un futuro più brillante e condiviso".

Rivitalizzare lo spirito della Via della Seta permetterà di costruire relazioni più aperte e aprirà nuovi spazi per lo  sviluppo dei paesi. Per questo il cancelliere Wang Yi sottolinea l’obiettivo principale di questa seconda edizione del Forum: "Ottenere un beneficio reciproco in cui i partecipanti uniscano le loro voci in appoggio al multilateralismo e alla costruzione di un’economia mondiale aperta".

«Questo tipo d’incontro non è uno strumento geo-strategico, ma una piattaforma per la cooperazione che abbraccia la partecipazione paritetica di tutte le parti. Non è nemmeno un’iniziativa egemonica, ma un complemento dei meccanismi di cooperazione esistenti, una ricerca di sinergie», ha affermato.

Grazie allo sforzo di tutti, l’iniziativa si sta trasformando in un percorso verso una nuova cooperazione, prosperità, apertura, guadagno condiviso e integrità. In questo modo si perfeziona la tendenza alla pace, allo sviluppo e alla cooperazione, ed è in linea con le aspirazioni comuni dei paesi di realizzare un’apertura e lo sviluppo comune.

Per  il Cancelliere cinese si deve continuare a lavorare per creare più istituzioni che soddisfino le necessità di sviluppo delle nostre nazioni: "Così faciliteremo lo sviluppo di progetti di cooperazione e garantiremo la solidità della Via della Seta".

 

Alejandra García Elizalde e GM per Granma Internaciónal, 23 aprile 2019

 

Il cancelliere cinese Wang Yi.