Notizie da Cuba su Latino America e Mondo (febbraio 2019)

Il messaggio di Lula alla IV Conferenza per l’equilibrio del Mondo

Cari amici della Rete degli intellettuali, artisti e movimenti sociali in difesa dell’umanità, ho avuto il piacere di partecipare a questo importante incontro, L’Equilibro del Mondo, già nel 2013, e oggi è ancora più importante di allora che il mondo cerchi di trovare il suo equilibrio, la solidarietà e la fraternità. 

Purtroppo vediamo crescere l’intolleranza, l’odio, l’autoritarismo senza dialogo, la distruzione della pace, dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente per i guadagni dei potenti, che vogliono, la guerra, di nuovo e ancora, per impossessarsi del petrolio dell’America Latina. Vogliono ripetere la stessa distruzione dell’Iraq e della Libia. 

Vogliono che si smetta di sognare un mondo migliore. Ma non ci riusciranno. 

Io spero che questo incontro possa ispirare solidarietà e non violenza, grazie all’esempio di quest’Isola coraggiosa e resistente che soffre tanta ingiustizia, il blocco e tanta persecuzione, e che manda nel mondo non soldati, ma medici e professori.

L’ingiustizia non dura per sempre. Io sono recluso senza aver commesso alcun reato, per impedirmi di partecipare alle elezioni, mentre tentano di distruggere i passi avanti compiuti dal popolo brasiliano. Ma la nostra è una causa giusta, e questo ci dà pace nel cuore e disposizione ad andare avanti e costruire un mondo più solidale. 

Un forte abbraccio,

Luiz Inacio Lula Da Silva, 31 gennaio 2019

 

 


Prosur: un progetto a misura per gli interessi degli Stati Uniti 

Il presidente della Colombia, Iván Duque, ha annunciato lo scorso 14 gennaio che sta lavorando con un gruppo di presidenti della regione alla creazione di un nuovo organismo d’integrazione che unisca i paesi dell’America del sud, con l’obiettivo dichiarato d’eliminare l’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur) e «mettere fine al governo di Nicolás Maduro in Venezuela».

Durante un’intervista realizzata dall’emittente Oye Cali della città di Cali, Duque ha dichiarato: "Stiamo procedendo con lo svuotamento di Unasur e con la creazione di Prosur, che più che un’organizzazione burocratica sarà un organismo di coordinamento sudamericano di politiche pubbliche in difesa della democrazia, della separazione dei poteri e dell’economia di mercato". 

Il 10 agosto del 2018, il Governo colombiano aveva annunciato il suo ritiro da Unasur, organizzazione che, secondo Duque, era stata creata da Hugo Chávez per "incrinare il sistema interamericano e creare una cassa di risonanza del suo regime".

Altri cinque paesi hanno annunciato il ritiro da Unasur: Argentina, Paraguay, Brasile, Cile e Perù, e il presidente ecuadoriano, Lenín Moreno, ha comunicato a luglio la chiusura della sede costruita per l’organismo a Quito. Secondo il mandatario colombiano, vi sono stati diversi colloqui con diversi presidenti della regione per determinare la fine di Unasur.

Prosur costituisce un passo avanti nella nuova configurazione regionale di destra e centro destra che vuole isolare i paesi progressisti della regione, soprattutto il Venezuela, e porre fine al processo integrazionista bolivariano. 

È un’organizzazione pensata a misura degli interessi degli Stati Uniti e del loro ministero delle colonie, la OSA, in sintonia con il gruppo di Lima, e utilizza le forze più conservatrici della regione. 

Se riuscirà a funzionare, al di là della smania di Duque di diventare il leader della destra continentale e dare una spallata alla rivoluzione bolivariana, la nuova organizzazione coloniale è un elemento balcanizzatore che assesterà una nuova battuta d'arresto alla sovranità e all’indipendenza della Patria Grande.

Raúl Antonio Capote, 31 gennaio 2019 

Ivan Duque


 

Ultimatum…

Stiamo tornando all’epoca delle cannoniere e della garrota. Gli Stati Uniti vogliono riesumare la dottrina Munroe, la diplomazia imposta con l’uso della forza militare, caratteristica dominante e ricorrente del XIX secolo e degli inizi del XX, usata molto frequentemente dai governi di Washington.

Anche considerando l’espressione come un eufemismo, si tratta di una strategia ben concepita per fare pressione a paesi e governi che non rispondono ai disegni delle amministrazioni nordamericane.

Se questi governi non cedono di fronte alle minacce, allora arrivano le armi le navi da guerra e altre armi per piegarci. In un batter di ciglia, i governi popolari diventano una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. In questi casi, l'area in cui si applicano queste politiche può essere quello dei mari vicini o - più frequentemente - le basi militari installate in una o più frontiere. Niente di più simile alla montatura mediatica dell’amministrazione Trump nella sua disperata ossessione di piegare il Venezuela.

Ovviamente non siamo più nel XIX secolo; oggi si parla di «guerre blande» e l’attuale componente mediatica in quegli anni non esisteva. Ma quello che appare molto chiaro è l’ultimatum dato recentemente dagli Stati Uniti al presidente venezuelano e il processo per «ammorbidirlo» attraverso ogni tipo di sanzione, includendo il furto della raffineria venezuelana Ctgo installata nel paese nordamericano e altre che mostrano il segno dei metodi usati un secolo e mezzo fa, che si somma alla più virulenta campagna di diffamazione al presidente democraticamente eletto in elezioni trasparenti, mentre Washington si affretta a riconoscere una figura come Juan Guaidó, autoproclamato presidente provvisorio in violazione flagrante delle leggi del Venezuela.

Gli ultimi giorni hanno visto una più che mai vergognosa ingerenza nei temi interni della nazione bolivariana e ridicole minacce con volgari offerte a Maduro. Già nel fine settimana l’amministrazione Trump, disperata, ha anche dato un ultimatum al legittimo presidente venezuelano per abbandonare l’incarico e il suo paese.

Secondo l’agenzia Reuters, il vicepresidente statunitense, Mike Pence, ha ribadito che tutte le opzioni per sostituire Maduro sono sul tavolo, e l’assessore John Bolton ha dato per quasi fatto ciò che ha definito "un pacifico trasferimento di poteri".

Senza neanche il pudore per nascondere l’ingerenza diplomatica, Mike Pence ha sottolineato che "questo non è il momento per il dialogo, ma per l’azione". Durante un meeting in Florida - dove, altrimenti? - il vicepresidente degli Stati Uniti ha assicurato che "è giunto il momento di far terminare la dittatura di Maduro una volta per tutte".

In Colombia, seguendo orientamenti e modelli impartiti da Washington, Iván Duque, anche lui minaccioso, ha avvertito che "alla dittatura del Venezuela restano poche ore" e ha chiesto di stringere l’assedio diplomatico contro Maduro.

Trump, i suoi falchi e i suoi seguaci nella regione trascurano che i tempi sono altri: che la diplomazia delle cannoniere non ha presente né futuro e che quando il popolo si propone di frenare l’ingerenza e di vincere qualsiasi tipo di guerra, la nazione bolivariana diviene inespugnabile.

È il momento di mostrare che l’ultimatum non funziona, e che la resistenza e la dei popoli vincerà.

 

Il contesto

- Le Nazioni Unite riconoscono Maduro come presidente del Venezuela;

- L’Unione Africana (UA) ha espresso il suo appoggio a Nicolás Maduro come presidente legittimo del Venezuela;

- Il presidente venezuelano, Nicolás Maduro, ha chiamato sabato 2 febbraio a legittimare nuovamente l’Assemblea Nazionale (AN) con una convocazione a elezioni libere per rinnovare i membri del Parlamento.

 

Elson Concepción Perez, 6 febbraio 2019

 


 


Dichiarazione del Governo Rivoluzionario

Il Governo Rivoluzionario della Repubblica di Cuba denuncia l'escalation di pressioni e azioni del Governo degli Stati Uniti per preparare l’avventura militare camuffata da "intervento umanitario" nella Repubblica Bolivariana del Venezuela e chiama la comunità internazionale a mobilitarsi per impedire che si realizzi.

Tra il 6 e il 10 febbraio 2019 sono stati compiuti voli di aerei da trasporto militare verso l’aeroporto Rafael Miranda di Puerto Rico, la Base Aerea di San Isidro in Repubblica Dominicana e verso altre isole dei Caraibi, sicuramente senza conoscenza da parte dei rispettivi governi, provenienti dalle basi militari statunitensi nelle quali operano unità delle Forze Operazioni Speciali e della Fanteria della Marina utilizzate per azioni segrete, comprese quelle contro i leader di altri paesi.

Mezzi di informazione sia politici che di stampa, anche nordamericana, hanno rivelato che vi operano estremisti di questo governo con lunghe carriere di azioni e calunnie mirate a provocare e sostenere guerre, come ad esempio l’Assessore alla Sicurezza Nazionale John Bolton, il Direttore dell’Emisfero Occidentale del Consiglio di Sicurezza nazionale Mauricio Claver-Carone con la partecipazione del Senatore della Florida, Marco Rubio che, insieme, hanno organizzato il finanziamento direttamente da Washington e gestiscono il tentativo di colpo di Stato in Venezuela mediante l’illegale proclamazione di un presidente. 

Sono gli stessi che a titolo personale e attraverso il Dipartimento di Stato esercitano pressioni brutali contro numerosi governi per spingerli ad appoggiare l’arbitrario richiamo a nuove elezioni presidenziali venezuelane, mentre promuovono il riconoscimento dell’usurpatore, eletto parlamentare con soli 97.000 voti a fronte dei 6 milioni di venezuelani che nel mese di maggio scorso hanno eletto il Presidente Constituzionale Nicolás Maduro Moros.

Dopo la resistenza offerta dal popolo bolivariano e chavista dimostrata nelle manifestazioni di massa in apoggio al Presidente Maduro e nella lealtà della Forza Armata Nazionale Bolivariana, il Governo degli Stati Uniti ha intensificato la sua campagna politica e mediatica internazionale e le misure economiche coercitive unilaterali contro il Venezuela, con il furto dei ricavi dalla vendita del petrolio, un fatto che sta provocando danni umanitari e dure privazioni al suo popolo. 

Con questo crudele e ingiustificabile furto, gli USA vogliono costruire un pretesto umanitario per un’aggressione militare contro il Venezuela e spacciano aiuti umanitari introdotti con la forza che sono mille volte inferiore ai danni economici provocati con la politica d’assedio imposta da Washington. 

L’usurpatore e autoproclamato "presidente" ha vergognosamente dichiarato la sua disposizione a reclamare un intervento militare degli Stati Uniti con il pretesto di ricevere questo "aiuto umanitario", e ha definito la condanna sovrana e degna di questa manovra come "un crimine di lesa umanità".

Alti funzionari statunitensi ricordano ogni giorno, con arroganza e sfacciataggine, che "tutte le opzioni sono sul tavolo, compresa quella militare".

Il Governo degli Stati Uniti ricorre all’inganno e alla calunnia e ha presentato un progetto di risoluzione nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che cinicamente e ipocritamente esprime grave preoccupazione per "la situazione umanitaria e dei diritti umani, dei tentativi di bloccare gli aiuti umanitari, per l’esistenza di milioni di migranti e rifugiati, per l’uso esagerato della forza contro manifestanti pacifici, per la situazione di rottura della pace e per la sicurezza regionale" in Venezuela, e incita ad "adottare le misure necessarie".

È evidente che gli Stati Uniti preparano il terreno per stabilire con la forza "un corridoio umanitario" sotto "la protezione internazionale", invocando "l’obbligo di proteggere" i civili e applicare "tutte le misure necessarie".

È indispensabile ricordare che simili condotte e pretesti sono stati adottati dagli Stati Uniti prima delle guerre sferrate contro la Yugoslavia, Iraq e Libia, al prezzo di immense perdite di vite umane e enormi sofferenze. Il governo statunitense tenta d’eliminare il maggiore ostacolo che la Rivoluzione Bolivariana e Chavista rappresenta per l’esercizio del dominio imperialista su  "Nuestra América", e il furto al popolo del Venezuela della prima riserva di petrolio del pianeta e di altre preziose e strategiche risorse naturali. 

Non si può dimenticare la triste e dolorosa storia degli interventi militari degli Stati Uniti in precedenti situazioni: Messico, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Haiti, Cuba, Honduras e più recentemente a Granada e Panamá.

Come ha avvertito il 24 luglio 2017 il Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz: "l’aggressione e la violenza golpista contro il Venezuela danneggiano tutta 

'Nuestra América' e beneficia solo gli interessi di coloro che s’impegnano a dividerci, senza nessuna preoccupazione per i conflitti che avrebbero conseguenze incalcolabili, come quelli che vediamo in diversi luoghi del mondo. La Storia giudicherà severamente un nuovo intervento militare imperialista nella regione e la complicità di coloro che irresponsabilmente lo accompagneranno". 

Oggi si decidono in Venezuela la sovranità e la dignità dell’America Latina e dei Caraibi e dei popoli de Sud. Si decide anche la sopravvivenza delle norme del Diritto Internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, se la legittimità di un governo viene emanata dalla volontà sovrana del suo popolo o dal riconoscimento di potenze straniere.

Il Governo Rivoluzionario chiama a una mobilitazione internazionale in difesa della Pace in Venezuela e nella regione, basata sui principi del Proclama dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, adottata con la firma dei capi di Stato e di Governo della CELAC nel 2014, a L’Avana. Esprime il suo benvenuto e appoggio al Meccanismo di Montevideo, iniziativa di Messico, Uruguay, della Comunità dei Caraibi (CARICOM) e della Bolivia, che vuole preservare la pace in Venezuela basandosi, come dice la sua dichiarazione, sui principi di non ingerenza, sull’uguaglianza giuridica degli Stati e sulla soluzione pacifica delle controversie.

Il Governo Rivoluzionario rinnova la sua ferma solidarietà con il Presidente Costituzionale Nicolás Maduro Moros, la Rivoluzione bolivariana e chavista e l’Unione civico-militare del suo popolo e richiama tutti i popoli e i governi del mondo a difendere la pace e opporsi uniti al disopra delle differenze politiche e ideologiche, per fermare un nuovo intervento militare imperialista nell’America Latina e nei Caraibi che danneggerebbe l’indipendenza, la sovranità e gli interessi dei popoli, dal fiume Bravo alla Patagonia. 

L’ Avana, 13 febbraio 2019

Traduzione Gioia Minuti, Granma, 13 febbraio 2019