Fallimento del referendum in Macedonia: sconfitta per l'espansione della UE e della NATO

1 ottobre 2018

 

Il 30 settembre 2018  è stato un disastro per la UE e la NATO nei Balcani. La grande maggioranza dell'elettorato macedone ha boicottato il referendum che chiedeva: "Sei a favore dell'entrata nella NATO e nell'Unione Europea e accetti l'accordo tra la Repubblica di Macedonia e la Repubblica Greca?" Nel momento in cui scriviamo la commissione elettorale statale è in attesa di fornire il risultato finale, tra il 36 e il 37%, ben al di sotto del 50% richiesto perché il risultato sia valido. Mezz'ora prima della chiusura delle urne la percentuale era del 34%. Con l'80% delle schede scrutinate, risultava che il 90% dei votanti erano in favore dell'accordo. Ma nessuno poteva nascondere il disastro della bassa affluenza alle urne.

L'accordo su cui erano chiamati a votare i cittadini macedoni, chiamato Accordo di Prespa, aveva cercato di cambiare il nome del paese in Repubblica di Macedonia del Nord, per placare le preoccupazioni del governo greco che temeva che chiamarlo semplicemente "Macedonia" implicasse future ambizioni territoriali sulla Grecia. Ora la cosa è in discussione.

 

Asimmetria del potere tra Grecia e Macedonia

La Macedonia divenne indipendente dopo la dissoluzione della Iugoslavia nel 1992. Da allora Atene aveva bloccato l'entrata della Macedonia nelle varie organizzazioni internazionali e aveva fatto pressione perché si chiamasse Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia (FYROM).

L'ultima svolta vedeva ancora la Macedonia costretta ad ogni tipo di compromesso: doveva accettare di non chiamarsi come voleva e fare tutta una serie di rinunce, come quella di negare di aver mai avuto alcun legame con l'antica Macedonia ellenica.

Questo riflette una asimmetria di base nel potere. Non soltanto la Grecia è membro dell'Unione Europea e della NATO, ma le sue banche hanno acquisito più del venti per cento di tutto il settore bancario della Macedonia. La Grecia è uno dei più importanti partner commerciali della Macedonia, la Macedonia coi suoi due milioni di abitanti è un nano rispetto agli undici milioni di greci ai suoi confini. Tuttavia risultava chiaro che c'era un interesse fondamentale da parte delle capitali occidentali nel portare la Macedonia all'interno del campo euro-atlantico, per incrementare la rivalità in est Europa contro il nemico geopolitico, la Russia. La caduta nel gennaio 2016 di un governo macedone scomodo e sempre più vicino alla Russia è servita ad avere più possibilità di spostare la Macedonia in modo decisivo nel campo occidentale.

 

L'AGENDA ESPANSIONISTA DELLA NATO E DELLA UE

I potentati occidentali speravano di usare il governo greco di Tsipras come aiutante per realizzare questo voltafaccia della Macedonia. Benché sia stato eletto per contrastarli, Tsipras è completamente asservito ai potentati occidentali dopo aver accettato il programma di austerità imposto dalla cosiddetta Troika, cioè la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale, per risolvere la crisi del debito greco.

Tsipras ha convinto i potentati occidentali, in particolare gli Stati Uniti, che era pronto ad agire secondo i loro desideri – ha persino affossato la storica vicinanza della Grecia ai palestinesi in politica estera e ha partecipato ad esercitazioni militari congiunte con Israele, il cane da guardia degli USA in Medio Oriente.

E' in questo contesto che il nuovo premier socialdemocratico della Macedonia, Zoran Zaev, è giunto a un apparente compromesso per eliminare il veto greco ad entrare nella UE e nella NATO, rinunciando al nome di Repubblica di Macedonia.

 

L'OCCIDENTE E IL REFERENDUM MACEDONE

Quando Zaev ha indetto il referendum sull'accordo, ha reso chiaro che dietro il cattivo compromesso c'era l'obiettivo dell'entrata nella UE e nella NATO. Ciò emergeva chiaramente dalle domande che il referendum poneva.

Facendo un referendum sulla partecipazione alla UE e alla Nato, entrambe organizzazioni con una grande influenza sull'esito dell'accordo, Zaev aveva calcolato che la maggioranza dei macedoni avrebbero soprasseduto ai problemi relativi al nome in cambio della partecipazione all'elite del club imperialista occidentale.

Che Zaev non agiva da solo è stato chiaro quando molti dignitari occidentali hanno puntato le loro carte in favore del referendum. Capi europei e politici USA, come la cancelliera Angela Merkel e il segretario della difesa USA Jim Mattis, visitarono la Macedonia per sostenere Zaev.

Per sottolineare la loro volontà, all'inizio di settembre, il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, stabilì che il Ministro della Difesa macedone avrebbe partecipato al tavolo della Nato dal febbraio 2019, se il referendum avesse avuto successo.

Ancora più drammaticamente, il Commissario per l'Ampliamento della UE Johannes Hahn disse che, se la Macedonia avesse perso "la finestra di questa opportunità", la finestra avrebbe potuto "chiudersi per decenni, se non per sempre".

 

IL FALLIMENTO DELLE ELITE MACEDONIA

Forse non c'è da sorprendersi che la maggior parte del parlamento macedone non abbia fatto una campagna per boicottare il referendum. La coalizione al governo di socialdemocratici e partiti nazionalisti albanesi era in favore del "sì" al referendum, mentre il principale partito di opposizione il VMRO-DPMNE di centro-destra appariva ovviamente diviso e non ha preso una posizione ufficiale.

Sono stati i piccoli partiti che hanno portato avanti, separatamente, il movimento per il boicottaggio. Sebbene vari partiti della destra nazionalista abbiano avuto un ruolo preminente nel sostenere il boicottaggio, l'ala sinistra LEVICA era a favore del boicottaggio da posizioni internazionaliste e ha impedito che la destra avesse il monopolio su questo argomento.

Sembra che questi gruppi fossero molto più in sintonia con i sentimenti della popolazione che non i poteri occidentali e i partiti di maggioranza.

Dopo tutte le pressioni sulla popolazione, la misura della sconfitta del referendum di Zaev non poteva essere più dura. Si tratta di un'importante battuta d'arresto per questo governo, per i partiti di maggioranza e per l'espansione della UE e della NATO.

E' semplicemente chiaro che la maggioranza del popolo macedone ha sentito il bisogno di ribellarsi al comportamento prepotente ed arrogante del proprio governo e dell'Occidente.

 

LA RIBELLIONE DEL POPOLO

E' ancor più degno di nota il fatto che il referendum non sia fallito solo tra gli slavi macedoni, come era previsto dai sondaggi, ma anche tra gli albanesi, che i sondaggi dichiaravano favorevoli all'88 per cento. Avrebbe dovuto essere chiaro che, se la minoranza albanese avesse dovuto spostare l'ago della bilancia, si sarebbe potuto ritornare alla situazione di guerra civile del 2001, quando i nazionalisti macedoni al governo condussero una violenta campagna contro gli insorti tra la popolazione albanese.

Ora un senso di unità popolare ha prevalso, dimostrando che la popolazione ha visto più lontano delle elite interne e occidentali, che hanno continuato e continuano a scherzare col fuoco, come hanno fatto in Ucraina nel 2014.

 

LA POPOLAZIONE E LE ELITE IN CONTRASTO DOPO IL REFERENDUM

Sfortunatamente, anche dopo la chiusura delle urne e l'evidenza sotto gli occhi di tutti del boicottaggio del referendum, Zaev lo ha dichiarato un successo e ha promesso che la Macedonia diventerà nonostante tutto un membro della UE e della NATO.

Incurante del sentimento nazionale e rappresentativo dell'arroganza della classe dirigente, il leader di uno dei maggiori partiti albanesi, l'Unione Democratica degli Albanesi (DUI), ha anch'egli dichiarato che il suo partito ha avuto il mandato di votare in Parlamento per l'entrata nella UE e nella NATO.

Sorprendentemente, elementi esterni come Tsipras e Hahan hanno incoraggiato Zaev a ignorare il fallimento del referendum, sostenendo che il risultato ha dimostrato il favore della maggioranza della popolazione per l'accordo di Prespa.

L'idea che il Parlamento debba approvare ancora l'operazione mostra quanto grande sia ormai la distanza tra le classi dirigenti e la popolazione.

Ciò apre la possibilità a un movimento di sinistra di emergere con una logica differente, che può incanalare lo scontento in direzione della cooperazione e solidarietà tra differenti gruppi nazionali e contro le classi dirigenti.

La posizione di LEVICA Macedonia sul referendum lo ha reso la più importante opportunità, e dovrebbe essere imprescindibile per la sinistra locale e per quella internazionale sostenerlo ed aiutarlo in questo frangente. Se questa formazione dovesse fallire, l'alternativa potrebbe essere il rinnovarsi della guerra civile.

 

LA SCONFITTA DELL'OCCIDENTE APRE UNA PIU' AMPIA GAMMA DI OPPORTUNITA'

Nelle foto sopra i manifestanti agitano bandiere di fronte al Parlamento di Skopje durante una protesta contro il nuovo nome del paese, Repubblica Macedone del Nord. Così la posta in gioco è alta ma non è alta solo per la Macedonia. Il sentimento che ha portato al boicottaggio in Macedonia riflette l'abisso che si è aperto tra le elite capitaliste e le masse popolari, e che sta diventando evidente in tutto il mondo nel declino della globalizzazione neoliberista.

A questo proposito, non è il primo referendum che la NATO e la UE perdono, e non è la prima volta in cui la popolazione si rivolta contro i partiti di maggioranza.

Dal boicottaggio in Slovacchia del referendum NATO nel 1997, passando al "no" della Francia e dell'Irlanda alla Costituzione Europea nel 2005, poi all' „OXI“ della Grecia contro la Troika nel 2015 e al voto per la Brexit in GB nel 2016, il voto macedone conferma un rifiuto di lunga data dei popoli nei confronti dell'ordine dominante in Europa dalla fine della guerra fredda.

Ma il risultato del referendum macedone arriva in un contesto di approfondirsi della crisi globale nel quale le elite occidentali, nonostante alcune divisioni sulle stratregie globali, tentano disperatamente di aumentare l'espansione della UE e della NATO e di presentarla come l'inevitabile proseguimento del cammino della democrazia liberale sotto il loro dominio.

I loro continui fallimenti degli ultimi tempi sono coronati dalla incapacità di costringere una piccola nazione dei Balcani ad andare nella direzione da loro voluta. Il che può mettere in questione la loro legittimità.

Quelle forze di sinistra che rifiutano di sostenere le istituzioni del vecchio ordine e che sono abbastanza coraggiose da progettare un mondo senza UE e senza NATO ne avranno vantaggio.

 

Da lefteast - Traduzione di Sonia S. per civg.it