Odessa, la tragedia del 2 maggio 2014 nel palazzo dell’Associazione Sindacale: il racconto di un sopravvissuto

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Un partecipante ai tragici eventi, del 2 maggio 2014, sulla Piazza Kulikovo Pole in Odessa, un addetto ai servizi di sorveglianza privata, ha preso la decisione di condividere, per la prima volta, con i lettori quello che ha visto in quel terribile giorno, scrive il Timer-Odessa* (*il sito web di informazione di Odessa).

La verità è paragonabile ad un ago. Anche essa non può essere nascosta nel sacco, quanto l’ultimo può sembrare fitto ed infeltrito, scrive il Taimer-Odessa.

Igor Stepanenko, l’addetto ai servizi di sorveglianza privata (il nome ed il cognome sono modificati), racconta i suoi ricordi di quanto avvenuto il 2 maggio. 

 

Che io sappia non eri un attivista, come non lo sei nemmeno adesso, nel conflitto che ha avuto luogo sulla Piazza Kulikovo Pole. Parteggiavi però per una delle due fazioni?

 

Dall’inizio ero più dell’idea che la separazione di Odessa dall’Ucraina non fosse proprio una cosa giusta. Però rimanevo neutrale nella mia opinione. Finché non è successo quello che è successo il 2 maggio. Dopo quel giorno ho capito che sopportare questo stato di ‘orchi’ non fosse assolutamente corretto.

 

 Come è partito il tutto quel giorno e in che modo sei capitato nel palazzo dei Sindacati?

 

-     Tornavo a casa dal lavoro passando attraverso la piazza e così sono finito in mezzo agli scontri. La massa che ha attaccato si era subito dispersa. Il palazzo dei Sindacati era praticamente circondato e ci si doveva salvare con la fuga. Ma dove fuggire?  Dappertutto si vedevano passamontagna e mazze… Quindi solo dentro al palazzo. Aspettavamo che arrivasse la polizia e mettesse ordine, ma questo purtroppo non è mai successo.

 

Sono fuggito dentro l’edificio con altra gente. Quindi c’era la folla da un lato e una massa di gente con pietre e bastoni da un altro. Nessun’alternativa. Dentro regnava il panico. Tantissima gente! Eravamo più di 48! Quattro volte di più. Non ho certo fatto il conto. Però l’ammassamento era notevole. La gente era smarrita e non sapeva cosa fare e cosa aspettarsi. Solo quando è iniziato l’assalto ed hanno cominciato a rompere le finestre e buttare dentro le bombe Molotov, la gente si è messa a costruire le barricate.

Dalla scala centrale portavamo giù gli armadi e le porte o altre cose che potevano andare bene per bloccare le due entrate principali. Dovevamo difenderci dagli attaccanti. La nostra barricata però prese fuoco. Per quanto riguarda l’accusa di aver utilizzato delle armi, personalmente ho visto soltanto un revolver Flobert; è una cavolata con la cartuccia da 4 mm che serve piuttosto per sparare ai ratti. Solo questo. Ed ancora bastoni e fogli di compensato usato come scudi. Con gli scudi poi venivano coperte le finestre rotte per non fare entrare le bombe. Considerando che c’era un solo estintore, per quanto ho visto secondo me, la tragedia era imminente.

 

 

Dalle barricate è arrivato l’odore del gas e la gente si è diretta verso i piani alti. Il classico gas lacrimogeno. Subito ha dato fastidio alla gola, poi agli occhi. Aveva un odore aspro, del genere di "Черемуха/Cieriomukha" oppure "Терен 4/Teren 4". Il gas usciva con un forte getto, anche chi era a distanza di 3-4 metri veniva subito colpito. Abbiamo dovuto indietreggiare. Quando ci siamo ritirati su per la scala e ci siamo trovati fra il primo ed il secondo piano, dalle finestre del primo venivano lanciate le bottiglie Molotov. Nessuno era rimasto sotto per cercare di bloccarle. Non c’erano cose che potessero prendere fuoco, il pavimento è di pietra, le mura anche. Niente che potesse bruciare tranne le barricate.

 

Lo spazio si è riempito di fumo. La gente correva in tutte le direzioni. La scala è grossa e larga. Tutti entravano nelle diverse stanze. Non c’era spazio per tutti lungo la finestra della scala centrale; la gente cercava altre finestre per poter rispirare. Ed è questo che li ha rovinati in pratica. Il fumo che si è alzato era molto denso e nero. Io sono sopravvissuto solo grazie al fatto che ho l’esperienza nello spegnere il fuoco e so cosa vuol dire tanto fumo e come bisogna comportarsi. Mi sono attaccato al mancorrente, ho infilato il viso nella t-shirt e quasi gattonando sono salito verso i piani più alti.

Non saprei dire su che piano ero, dovrebbe essere il quinto. Spingevo le porte a sinistra e a destra, erano tutte chiuse. Il corridoio a sinistra era libero. Tenendomi contro il muro ho raggiunto la fine del corridoio; dove per fortuna c’era una porta aperta del bagno. Sono entrato; la finestra era bloccata; ho spaccato il vetro. 

 

 

Ho sentito dei rumori e della gente tossire in corridoio. Così sono uscito ed ho trovato due uomini e tre donne; li ho portati nella stanza del bagno. Il fumo entrava dalle fessure nella porta; ed era così fitto che tutti ci ficcavano nel finestrino per poter respirare. L’ossigeno stava finendo. Dovevamo fare qualcosa. Ho tolto la t-shirt, l’ho fatta a pezzi. Il rubinetto dell’acqua non funzionava. L’acqua era chiusa. Ho controllato nella vaschetta dello scarico, ma era di quelle che non si smontavano. Che fare? L’ho colpita con la mano, mi sono tagliato, ma sono riuscito a rompere il coperchio. Lì ho bagnato gli stracci e li ho dato a tutti e ne ho preso uno per me. Ecco come siamo riusciti a sopravvivere.

 

Il finestrino del bagno dava sulla via Pirogovskaya. Da quel lato c’è un palazzo adiacente e dalle finestre di fronte hanno iniziato ad arrivare delle persone… anche se non si può chiamare “esseri umani”…. non lo erano; erano tutti minorenni… minorenni armati. Sparavano su tutte le finestre dalle quale si vedeva qualcuno affacciato per cercare di respirare. Alla fine nel nostro finestrino deve essere entrato un caricatore intero di cartucce  di Makarov. Magari fosse di un arma non letale! I proiettili entravano nel muro, qui non bisogna essere un specialista… ed io sono pure del campo perché lavoro nella sicurezza.

 

 Ci siamo allontanati del finestrino. Il bersagliere è andato via, ha solo esposto la bandiera ucraina. Nel frattempo sul tetto è apparsa una persona. Era sotto shock, con lo sguardo stupito ed allegro per essere sopravvissuto. Dopo di lui gli altri… rimasti in vita miracolosamente. Uno di loro sì è fidato delle rassicurazioni di scendere di sotto perché non c’è più pericolo. Ma appena è sceso, pirla, gli sono venuti addosso con le bastonate. Cosa resta di un corpo quando viene preso a bastonate con violenza?  Sulla testa e sul viso? Diventa una bambola rotta.

 

 Gli altri hanno subito imparato la lezione. Sotto ti ammazzavano.

Ci serviva un piano di salvataggio! Ci siamo messi d’accordo con i ragazzi sul tetto di farci scendere i cavi dell’antenna. Una persona tenendosi con i piedi contro il bordo del tetto bloccava il cavo che abbiamo legato dall’altro lato al termosifone nella stanza dove eravamo e così abbiamo iniziato a far scendere per prime le donne.

Piano piano due donne e un ragazzo sono riusciti a calarsi. Una madre con il figlio non si sentivano di farlo vista l’altezza e sono rimasti dentro.

Ho sentito bussare alla porta. Ho pensato che potesse essere sopravvissuto qualcuno. Ho aperto la porta e quando il fumo si è un po’ diradato, la prima cosa che ho visto sono stati degli anfibi;  per terra c’era un uomo sulla cinquantina, vestiva una mimetica. Ho notato un’altra uscita nel corridoio e sperando che ci potesse essere meno fumo l’ho trascinato da quella parte. Dopo esser sceso di un piano, mi sono accorto che non aveva più battito.

 

 

Nello stesso istante mi è arrivata una botta sulla nuca.

Una botta decisa.

E’ stata per me l’occasione di conoscere i tre membri del Settore Destra; magari non lo erano nemmeno, non sì capiva esattamente chi potessero essere i vari attivisti coinvolti nel conflitto….

Invece ho visto benissimo che fra la gente che assaltava il palazzo c’erano gli uomini che indossavano i caschi dell’armata sovietica ed erano equipaggiati di scudi con la scritta ’14- я сотня’* (*uno dei gruppi di autodifesa/attivisti di Euromaidan). Quelli che mi picchiavano potevano essere loro in realtà. Le botte mi sono arrivate per bel un po’; si vede che erano portate con tanta voglia. 

 

 

Hanno sentito le mie preghiere di lasciarmi in vita o si sono solo stancati, ma hanno smesso di picchiarmi e mi hanno trascinato giù per le scale, lungo i corridoi dove c’era tantissima gente morta in terra; morti non solo dal soffocamento dal fumo.

Per capire, il fuoco non arrivava più alto del primo piano e le bombe Molotov, anche se potevano essere arrivate al terzo o quarto piano, non potevano aver bruciato nulla.

Mentre la gente morta aveva le braccia e la testa ustionate, quasi carbonizzate. Altri avevano ferite da coltellate o da arma da fuoco.

Ripeto, non sono stati tutti morti dal soffocamento.

            Mi hanno portato fuori.

Ero vestito con la divisa di lavoro: tuta nera con il gallone e gli anfibi.

Non so per chi mi abbiano preso perché quando mi picchiavano continuavano a chiedere: ‘chi sparava alla gente?’ Probabilmente avranno pensato che fossi uno dell’esercito a contratto. Mi hanno strappato la giubba per  controllare se avessi il segno del calcio che hanno i bersaglieri.

Non ce l’avevo ovviamente.

Se i manifestanti di Kulikovo avessero avuto le armi, nessuno si sarebbe avvicinato così facilmente  alle barricate, per fare un esempio. 

 

 Nel picchiarmi sono stati molto gentlemen, cioè tutti contro uno. Mi hanno inoltre obbligato a cantare l’inno di Ucraina. Poi… Stavo per dimenticare a menzionare…  dei valori di Europa democratica. Quando mi picchiavano questa gente europea mi ha scippato il portafoglio e il telefono. Tra l’altro un stronzo ha telefonato la mia moglie minacciandola con la mia morte: ‘Stasera non aspettare il suo marito a casa. Non ha più il marito. Avevo il coltellino in tasca, il temperino. Mi dicevano che mi picchiano specialmente per questo. Poi mi hanno passato alla polizia. Ho passato 12 ore nel corridoio. Le mie ferite ovviamente si peggioravano. Ero ricoperto di sangue ma ero vivo. Sono passati due polizotti, anche se non mi viene assolutamente a chiamarli polizotti, mi hanno guardato e uno ha detto all’altro ‘Lo picchiamo ancora un po’?’. Ho sopravvissuto là, per essere picchiato a morte qua…   

 

 

In seguito sono stato interrogato dal responsabile della ‘lotta contro il brigantaggio’.

Mi chiedeva dove avessi svolto il servizio militare, controllava il permesso per le armi e così via.

Mi hanno fotografato e preso le impronte.

Nell’ufficio di Amministrazione degli Affari Interni, dove ci trovavamo, portavano sempre più partecipanti al Kulikovo Pole.

  C’erano solo i sopravvissuti, circa 48, ma non i morti.

Inoltre le condizioni di salute di quelli che arrivavano negli uffici erano diverse. Ce n’erano tanti picchiati e non tutti erano attivisti. Lo so perché ho incontrato un mio conoscente che semplicemente abita lì nei paraggi. Mi ha raccontato che stavano celebrando il compleanno del figlio quando lui ha sentito un rumore ed è uscito a vedere cosa stava succedendo.

Gli è arrivata in faccia la mazza dei ‘patrioti’… frattura ad entrambi i rami della mandibola… per non aver fatto niente.

Solo più tardi, praticamente il giorno dopo, è arrivata l’ambulanza per portare in salvo quelli in condizioni più gravi. Parecchia gente era intossicata dall’ossido di carbonio. Alcuni venivano lasciati quando arrivavano i parenti con i loro documenti di identità.

Per vostra informazione: il cittadino Ucraino con passaporto recante la provenienza russa veniva considerato a priori un delinquente.

Ho paura che possa essere questa la ragione per la quale due persone di origine russa in gravi condizioni siano state portate in ospedale per ultime (solo grazie all’insistenza del  medico).

 

Sono stato portato al pronto soccorso dove mi hanno messo i punti alla ferita del braccio, lì mi hanno rilevato il trauma cranico e per questo sono stato spostato in un altro ospedale con cinque persone di scorta. Sono stati a sorvegliarmi per tre giorni, al quarto senza alcuna spiegazione se ne sono andati. Probabilmente la mia fortuna era nel non avere con me i documenti d’identità. Ovviamente ero obbligato a portarli, ma sono scappato dall’ospedale prima. Non nessuna voglia di finire di nuovo nelle loro mani. Sapevo che i manifestanti venivano tutti arrestati.

 

 

Siamo quasi giunti a settembre quando mi hanno rintracciato. Un giorno, prima dell’inizio dell’anno scolastico, ero in ospedale per la visita medica periodica del nostro bambino, quando ho ricevuto una telefonata di mia moglie che mi avvisava della visita a casa da parte della polizia. Per non andare in prigione, ho reagito scappando in Crimea.

Secondo me, non vale la pena andare in prigione ‘perché sei riuscito a sopravvivere’, ma purtroppo la Sicurezza Ucraina non la pensava allo stesso modo. Ho passato in Crimea quasi quattro mesi e poi sono tornato. Già al terzo giorno dal mio rientro mi è arrivata la lettera di convocazione in tribunale.

Ho deciso di andare sperando che non mi mettessero dietro le sbarre. All’inizio mi hanno accusato di ‘partecipazione ai disordini di piazza’ causando dei morti e danni alla proprietà statale. Hanno aggiunto anche altre accuse, incluso ‘il tradimento della patria’, ‘l’abuso delle funzioni pubbliche’, ‘l’omissione colposa’, ecc.

In tutto ciò però non  hanno mai considerato una cosa: che fossi un semplice passante. Di quale colpa stiamo parlando? L’abuso delle funzioni pubbliche? Ma se non sono nemmeno un dipendente statale.

 

La nostra polizia non solo reagisce operativamente ma anche è molto alfabeta. Ha scritto erroneamente il mio luogo e data di nascita e la provincia pur avendo davanti agli occhi i miei documenti. Ho poi dovuto andare a fare le code da loro per farmeli cambiare.

Da un mese mi hanno assegnato l’avvocato che mi ha fatto scoprire dell’esistenza dell’articolo 63 della Costituzione Ucraina secondo la quale ho il diritto di non rilasciare  testimonianza contro me stesso. Così da poco hanno cambiato il mio stato da sospettato a testimone. Meno male!

Solo a giugno ho saputo che la mia causa penale era stata stralciata a febbraio, per assenza degli estremi del reato.

Ecco il vero volto della giustizia in Ucraina.   02/05/2018

 

Traduzione di Julia K. Per SOS Ucraina resistente/CIVG

 

Fonte: https://rian.com.ua/analytics/20151104/376364211.html