Intervista a Falco Accame, Presidente del CIVG

 

Lei tenta da anni di fare un po' di luce sui retroscena della storia recente del nostro Paese, in particolare sulla cosiddetta strategia della tensione, che nel nostro Paese viene interpretata soprattutto come la convergenza tra estremismo politico e “servizi segreti deviati”. Lei al contrario ha cercato di spiegare l’importanza degli interessi stranieri. Come si può inquadrare il ruolo degli apparati statunitensi e della Nato in quegli anni?

La cosiddetta “strategia della tensione” è stata concepita dalla CIA: mettere in atto una provocazione per giustificare una risposta drastica che chiami in causa forze di repressione. E ciò al fine di ristabilire una situazione (vedi ad esempio il piano rinascita di Gelli per ristabilire una situazione favorevole agli interessi USA – della CIA). La CIA che sovrastava l’agire dei servizi segreti in Italia, mirava ad impedire la crescita del partito comunista in Italia (e anche almeno l’inizio del partito socialista – vedi operazioni come l’operazione delfino e l’operazione aquila bianca). Sull’operazione delfino svoltasi nella zona di Trieste-Monfalcone nel 1966, che aveva lo scopo di impedire che nascesse una “regione rossa” in quel territorio italiano, ho ampiamente scritto in passato. Vi fu anche un episodio molto clamoroso: il getto di otto bombe contro la sede del PCI di Trieste in via della Madonnina. La Cia ebbe l’idea (strategica) di creare delle forze disponibili ai suoi intenti che apparentemente avevano lo scopo di preparare una guerra del tipo dei partigiani contro l’invasione delle forze armate sovietiche in Italia, ma sostanzialmente avevano lo scopo di intervenire per impedire l’avanzata dei rossi. I Servizi della Cia, come si è detto, condizionavano fortemente l’agire dei Servizi Segreti nazionali. Lo stesso On. Cossiga ebbe a dire che non aveva un controllo dei nostri Servizi. La questione era di tutto rilievo perché i nostri servizi, in base alla legge 801/77 possono svolgere solo attività di informazione di Intelligence ma non attività “a fuoco”.  Gli interventi armati per la costituzione sono affidati all’esercito e non ai servizi segreti. In casi di rilevantissima necessità possono intervenire reparti speciali come i NOCS, GIS, COMSUBIN.

 

A suo avviso il compromesso storico promosso dal Pci negli anni Settanta ha avuto un'effettiva efficacia nel neutralizzare la prospettiva di un colpo di stato in Italia?

Il compromesso storico e il fatto di avere cercato di portare il Partito Comunista al governo crea l’essenza della politica sostenuta dall’On. Moro e non ha avuto, a mio avviso, alcuna efficacia nel neutralizzare la possibilità di un colpo di Stato in Italia. Il rapimento Moro può considerarsi come appartenente alla categoria politica del “regicidio” (nella versione di un “presidenticidio”). Un “presidenticidio” che ha comportato la strage della scorta e deve essere valutata anche nell’ottica della “categoria stragi”. L’avvicinamento dei comunisti ai democristiani era malvisto da parte dell’Unione Sovietica perché poteva portare a un annacquamento dei “valori” del comunismo nei “valori” della democrazia cristiana, ma era inviso anche dagli USA perché portava a un annacquamento delle posizioni della democrazia cristiana nell’ideologia comunista.

 

A distanza di 40 anni il capitolo delle ingerenza politico-militare degli Usa e delle strutture atlantiche in Italia si può considerare chiuso?

Non credo che il capitolo dell’ingerenza politico-militare degli Usa e delle strutture atlantiche in Italia si possa considerare chiuso. Le problematiche contenute nel “Field Manual”, a suo tempo compilato dal Generale WestMoreland, credo che abbiano ancora una notevole influenza. Un aspetto poco conosciuto è quello della legittimazione delle torture, che si trova nel Field Manual. Non dimentichiamo che in Somalia furono compiute delle violenza molto gravi (come lo stupro di una somala e l’applicazione di elettrodi ai genitali di un somalo). Una traccia di tutto questo si trova ad esempio nel diario del Maresciallo Aloi, per quanto ne ebbe conoscenza Ilaria Alpi. Il diario fu pubblicato a suo tempo dal giornale “L’Unità”.

 

In Italia sta aumentando sempre di più la presenza americana e della Nato, basti pensare al rafforzamento della presenza militare a Sigonella e a Napoli. Quale sarà il ruolo strategico dell'Italia nel Mediterraneo e all'interno dell'Alleanza Atlantica nel prossimo futuro?

Non so se si può parlare di un ruolo “strategico” per l’Italia, nel senso che il termine aveva prima della caduta del muro di Berlino (l’Italia come avamposto contro l’eventuale aggressione degli eserciti del patto di Varsavia. Si può forse parlare di un ruolo strategico per quanto riguarda le basi USA in Italia: a Napoli (Bagnoli) e in Sicilia (Sigonella); forse dovremmo tener conto anche dell’importanza della base di Vicenza. Questi sono per gli USA degli avamposti per le possibili operazioni USA in Mediterraneo e non solo (le basi intese come “portaerei non affondabili” in Mediterraneo). È bene tener presente anche che gli Stati Uniti costituiscono un pilastro per la NATO e la NATO può giocare ruoli difensivi ma non solo. Occorre quindi considerare sia la questione di un influenzamento diretto degli USA sia di un influenzamento indiretto attraverso la NATO.

 

Il tema delle armi all'uranio è sempre meno al centro del dibattito politico e mediatico. Lei da decenni si impegna per sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sul tema. Quali sono le tappe attraverso cui si è concretizzato il suo impegno nel corso del tempo? Esistono realtà oggi della società civile e della politica che continuano a battersi in questa direzione?

La questione dell’uranio si pose, per quanto riguarda la mia Associazione “ANAVAFAF”, al tempo del nostro intervento in Somalia, quando riscontrammo che in zone operative i reparti USA adattavano severissime precauzioni come le tute che non lasciavano scoperto nemmeno un cm di pelle, le maschere, i filtri e quant’altro. Il problema si ripropose negli interventi nella ex-Jugoslavia quando la parte governativa venne asserì che non c’era alcun rischio perché non era stato sparato neppure un proiettile all’uranio impoverito. Ma la NATO ci disse che in Bosnia erano stati sparati 10mila proiettili e oltre 30mila nel territorio della ex-Jugoslavia. Esiste oggi interesse alla problematica, specie per quanto riguarda la questione “risarcimenti alle vittime”. La Commissione d’inchiesta sull’uranio ha dato un contributo a varie tematiche. L’ANAVAFAF si occupa delle vittime dell’uranio impoverito e di altre sostanze tossiche. Ho pubblicato in merito numerosi interventi. Anche per l’amianto esistono Associazioni che si occupano della questione.

Come ex Presidente della Commissione Difesa della Camera ha seguito vicende come quelle dello scandalo Lockheed. Come si sta sviluppando l'intreccio fra mondo degli affari, grandi imprese e commesse militari rispetto al passato?

In larga parte la questione riguarda il cosiddetto “Complesso militare industriale”. Si tratta del passaggio di alti gradi delle Forze Armate nell’industria. La questione della compra-vendita di armi interessa ad esempio anche il caso Moro, perché Moro aveva favorito un commercio di armi con i movimenti di liberazione palestinese (vedi il caso dei “missili Strela” ad Ortona detto anche “caso Pifano” e il caso della barca a vela Papago che trasportava armi dal medio-oriente in Italia).

Negli ultimi anni Lei si è occupato molto dello sviluppo di una cultura della non violenza o come la chiama Lei della "Minimizzazione della violenza". Quali sono i punti cardine di un simile discorso nello scenario attuale? Che ruolo possono ricoprire le forze armate?

Mi sono occupato della questione della minimizzazione della violenza perché credo sia uno degli elementi costitutivi dell’agire strategico che si fonda fondamentalmente sull’astuzia (cogliere di sorpresa l’avversario, concepire qualcosa di sorprendente che spiazzi l’avversario). Lo stratagemma come elemento costitutivo della strategia dà un’idea di questa tematica. Già nel mito di Ulisse la figura del cavallo di Troia (frutto dell’astuzia) si pone in alternativa al massimo uso della violenza che caratterizzava l’agire dei greci nei confronti dei troiani (gli epici duelli “all’ultimo sangue” di Achille Aiace, Ettore, ecc…). Il cavallo di Troia sorprende i troiani (solo Cassandra e Lacoonte hanno dei dubbi). Potremmo aggiungere che la strategia chiama in causa l’inconscio; Ulisse scopre che i troiani nel loro inconscio desiderano la pace e i loro gridi e proclami di guerra ad oltranza sono “fasulli”. Ulisse punta con il cavallo sul soddisfacimento del desiderio di pace dei troiani.  Il ricorso alla violenza è ridotto al minimo, a ciò che è costitutivo del linguaggio che porta in sé un tasso di violenza esercitato dalle parole (un problema affrontato dalla linguistica – vedi allegato “Perché la strategia è più importante delle armi”). Il minimo ricorso alla violenza è legato anche al fine che una strategia si propone di ristabilire condizioni di pace dopo il conflitto, tenendo conto del fatto che l’esercizio della violenza rende più difficoltoso il ristabilimento di condizioni di pace. Questa concezione della minimizzazione della violenza è stata da me formulata anche nella caratteristica “transazionale” della strategia, cioè di un tacito compromesso con la violenza. Una strategia implica in qualche misura un compromesso con la violenza. Una strategia non può eliminarla del tutto ma deve cercare un compromesso per tener conto del fatto che la strategia deve sempre guardare al “dopo” rispetto alla fase dell’ostilità.

 

Abbiamo letto in questi mesi di una violenta polemica di cui è stato protagonista, inerente la questione “G71” e “SIM”, interna all’audizione del gen. Paolo Inzerilli (8 marzo 2017) presso la Commissione Moro.  In questa audizione, che ha avuto luogo nel 2017, ma avrebbe potuto avere luogo 20 o 30 anni prima si denuncia il fatto che il libro “L'ultima missione di G71” (Mursia, 2013) è frutto di pura fantasia, e che anche la sigla G71 non è mai esistita nella realtà. Una vera e propria mistificazione gravissima a danno dei cittadini italiani e delle istituzioni, oltreché della Costituzione. Potrebbe farci una sintesi, negli elementi più rilevanti di questa sua battaglia?

La polemica è ancora in “vigore” perché la denominazione G71 è falsa. Si tratterebbe dell’abbreviazione delle iniziali del numero di matricola di Antonino Arconte che è 71VO155M. A questo numero di matricola è stata aggiunta una lettera G facendola diventare G71VO155M. Quanto al significato della lettera G ci sono varie interpretazioni come: G per indicare l’appartenenza a un presunto Nucleo Gamma di Comsubin, G come iniziale di Gladio, G come iniziale di Guastatori. Ma Arconte non era niente di tutto questo, egli dichiara essere stato un “Centurione”, appartenente alla 2° Centuria Lupi. Le Centurie sarebbero state tre: Aquile, Lupi e Colombe. Ma ad oggi non sappiamo di che si tratta, da chi dipendevano i cosiddetti Centurioni. Arconte afferma anche di aver fatto un giuramento dei Centurioni presso l’Altare della Patria a Piazza Venezia. Il SIMM (Servizio Informazioni Marina Militare) non è mai esistito (è esistita una idea di costituire un Servizio Segreto per ciascuna delle Forze Armate. Ciò si è concretizzato nella struttura SIOS – SIOS Marina, SIOS Esercito…).

 

A cura di Andrea B. e Andrea C. - CIVG