Il caso “Vanunu”

“Il Primo Ministro di Israele ha una notevole influenza sulla politica estera degli

Stati Uniti maggiore di quanta egli ne abbia nel suo stesso paese.” (Former Congressman

Paul Findley, nel suo libro They Dare to Speak Out, p. 92.)

 

All’inizio degli anni ’60, Israele aveva segretamente sviluppato il proprio

programma di ricerca per dotarsi delle armi nucleari nei laboratori di

Dimona nel deserto del Negev. Persino gli Stati Uniti, l’alleato più fedele,

erano stati tenuti all’oscuro del progetto pur avendo chiesto ripetutamente chiarimenti

ai dirigenti israeliani che avevano sempre negato dicendo che si trattava di ricerche

per fini pacifici. Il presidente John Kennedy fece pressioni e chiese a Ben Gurion

assicurazioni che non giunsero mai. Kennedy fu ucciso e i programmi israeliani si

svilupparono fino alla costruzione di circa 200 ordigni nucleari capaci di distruggere

tutti gli stati arabi confinanti con Israele nel caso di un conflitto generale.

 

Nella centrale nucleare di Dimona aveva lavorato dal 1976 al 1985 un tecnico, un

ingegnere, Mordechai Vanunu, che conosceva i progetti segreti israeliani di costruzione

degli ordigni atomici in contrasto con le convenzioni internazionali.

Nel settembre del 1986, Vanunu concesse un’intervista al Sunday Times, nella

quale affermava che Israele tra gli anni 70’ ed ‘80, durante il governo Peres e sotto

la sua responsabilità, aveva costruito un arsenale di armi atomiche, violando i trattati

internazionali. Egli fotografò i laboratori segreti della produzione di armi nucleari e

alcune di queste foto, insieme alla sua testimonianza diretta, furono pubblicate sul

London Sunday Times nel 1986 col titolo “I segreti dell’arsenale nucleare di Israele”.

I capi del servizio segreto (Mossad) incaricarono una donna americana, Cheryl

Hanin267 , di avvicinarlo, sedurlo e stabilire una relazione amorosa. Così avvenne e

267- Cheryl Ben Tov, nata Cheryl Hanin (1960 -) agente del Mossad nota sotto il nome di “Cindy”. Era nata

negli Stati Uniti, ma si era trasferita in Israele quand’era adolescente. È cresciuta in Pennsylvania e a Orlando

(Florida) in una famiglia ebrea. Trascorse un semestre in Israele durante le scuole superiori e si arruolò, dopo

la laurea nel 1978, nell’esercito israeliano. Nel 1985, si sposò con Ofer Ben Tov, anch’egli agente dell’intelligence

israeliana, e fu reclutata e addestrata dal Mossad. Vanunu, subito dopo il suo rilascio dalla prigione in

aprile del 2004, disse di non credere che “Cindy” fosse un agente del Mossad: “Era un agente o dell’FBI o della

CIA. Ho trascorso una settimana con lei. Ho visto la sua foto. Cindy era una giovane donna di Philadelphia.”

 

Vanunu propose alla donna di fare un viaggio insieme a Roma. Qui, cinque giorni

prima della pubblicazione delle rivelazioni di Vanunu, gli agenti del Mossad lo

narcotizzarono, lo rapirono illegalmente e, tramite una imbarcazione, lo portarono in

Israele dove fu rinchiuso in una cella e processato per spionaggio contro il suo paese.

In realtà Vanunu, accusato di essere una spia, pur non essendo uno scienziato

ma un tecnico della centrale, non ha mai rivelato segreti nucleari a potenze straniere,

bensì ha reso pubblico un progetto illegale e clandestino, sconosciuto alla stessa

popolazione israeliana.

Vanunu, che era nato nel 1954 in Marocco da una religiosa famiglia ebrea poi

trasferitasi in Israele, nel 1986, dopo la scelta dell’obiezione di coscienza al nucleare, si

era convertito al cristianesimo; anche questa scelta contribuì a renderlo più vulnerabile

e attaccabile dal governo israeliano, che identificò in lui un traditore, una minaccia alla

sicurezza ed integrità nazionale. Dopo la cattura, Vanunu fu processato in Israele e

condannato “per alto tradimento” a 18 anni di carcere di cui 11 trascorsi in assoluto

isolamento. Fece il giro del mondo una fotografia scattata durante uno dei suoi

trasferimenti per il processo che lo ritrae mentre mostra, attraverso il finestrino di

una automobile, la propria mano su cui aveva scritto: “I was hijacked in Rome Italy

30.1.86” (Sono stato rapito a Roma, Italia, il 30.1.86).

Per due anni è stato quindi confinato in una cella illuminata 24 ore su 24, e ha

trascorso undici anni in assoluto isolamento, con un trattamento definito “degradante

ed inumano” dalle associazioni per la difesa dei diritti umani, perché considerato un

pericolo per la sicurezza di Israele; infatti, ogni richiesta avanzata per una scarcerazione

anticipata è stata per anni respinta dalle autorità israeliane.

Il 21 aprile 2004, Vanunu fu finalmente liberato dal carcere di Shikma ad Ashkelon.

Uscì dalla prigione assieme al fratello Meir con le dita incrociate a V come segno di

vittoria e dichiarò di non avere alcun rimorso per quello che aveva fatto.

A tutti coloro che mi hanno chiamato traditore io dico che sono orgoglioso e felice di ciò che ho fatto –

disse - Ho subito trattamenti crudeli e barbari nelle mani dei servizi di sicurezza israeliani durante la

mia detenzione. Ho sofferto 18 anni qui perché sono un Cristiano... Se fossi ebreo non avrei ricevuto

un tale trattamento e isolamento.

Vanunu dichiarò che, dopo la sua liberazione, desiderava solo lasciare Israele

e ricostruire la propria vita. In realtà rimase un prigioniero ancora sottoposto dalle

autorità israeliane a limitazioni della sua libertà dopo la sua scarcerazione. Le restrizioni

si basano sulle clausole 108-109 dello Statuto per lo Stato di Emergenza del 1945.

Secondo questo regolamento Vanunu potrà scegliere la città di residenza, ma non

potrà superarne i confini senza darne preventiva comunicazione alla polizia locale.

Inoltre gli sarà vietato di avvicinarsi a qualsiasi luogo di confine, aeroporto, porto e, in

particolare ai confini sottoposti all’Autorità Palestinese. Non gli sarà consentito avere

contatti di nessun tipo con stranieri, neanche quelli che sono residenti in Israele. Non

gli sarà permesso rivolgersi ad ambasciate straniere e divulgare a nessuno informazioni

su Dimona, dove lui lavorava prima di essere rapito e trasportato nella prigione

israeliana il 30 settembre 1986. Non avrà inoltre la possibilità di lasciare il paese. Tutte

queste restrizioni valgono per 6 mesi. Se egli si comporterà bene potrebbero rivederle

e annullarle. Se invece violerà le restrizioni potrebbe essere di nuovo incarcerato e

processato. Ma Vanunu non ha più nulla da dire in relazione al reattore di Dimona e ai

segreti che conosceva. Ha già detto tutto ciò che sapeva. Tutto questo testimonia un

desiderio di vendetta nei confronti di un prigioniero di coscienza, costretto a pagare di

persona per aver coraggiosamente spezzato un muro di silenzio in nome della pace e

di un mondo senza armi nucleari.

In questi anni, la campagna per la sua scarcerazione è stata incessantemente portata

avanti dai suoi sostenitori in tutto il mondo: per anni ogni sabato sono stati organizzati

presidi sotto l’ambasciata Israeliana a Londra, una volta al mese a Washington D.C. In

Australia, nella Chiesa Anglicana a Sydney dove Vanunu fu battezzato, ogni domenica

è stata accesa una candela per tutti gli ultimi 100 giorni della sua sentenza. Anche in

Italia, era stato costituito il “Comitato Libertà per Vanunu”, al quale avevano aderito

numerosi parlamentari.

Il giorno della sua scarcerazione, una delegazione internazionale, composta da

americani, inglesi, israeliani, olandesi, italiani, ungheresi, giapponesi, norvegesi ed altri,

partì per Israele e lo attese all’uscita del carcere.

Nel mese di gennaio 2008, la Corte israeliana l’ha condannato a sei mesi di prigione

per aver parlato con degli stranieri. Ma Vanunu ha dichiarato di voler essere libero di

lasciare Israele e di continuare la sua campagna contro gli armamenti nucleari.

Il “caso Vanunu” è una delle pagine più abiette della storia di Israele. Dopo aver

rubato ad un uomo 18 anni della sua vita per aver rivelato notizie di pubblico interesse,

lo stato di Israele non è ancora soddisfatto: esso impone a Vanunu la restrizione ad

ogni minima libertà di parola e di movimento giustificandola con la ragione superiore

che egli rivelerebbe segreti esiziali per la sicurezza dello stato. Vanunu ha già rivelato

ciò che c’era da rivelare, ma egli intanto si batte anche per il popolo palestinese, per i

suoi diritti e per la sua libertà. Questo è intollerabile per lo stato sionista etnocratico

e confessionale. Vanunu ha già rilasciato diverse interviste in cui accusa Israele di

genocidio e contesta in radice la natura democratica dello stato. Concedergli la libertà di

emigrare significherebbe permettergli di girare il mondo per raccontare la propria storia

e far conoscere il vero volto di Israele. Lo stato sionista non lo può permettere se vuole

continuare a fare ciò che ha finora sempre fatto ovvero: tutto senza alcuna sanzione.

Molti pensano sia credibile il sospetto che Vanunu possa rivelare dettagli importanti

riferibili al ruolo svolto dagli Stati Uniti nella costruzione degli armamenti nucleari

israeliani, ufficialmente avversati ma in segreto favoriti e incoraggiati. Simili probabili

rivelazioni contrasterebbero clamorosamente con la guerra che i vari governi americani

hanno indirizzato contro l’Iraq, l’Iran e la Corea del nord impegnati in programmi

di proliferazione nucleare. Questa condotta dei “due pesi e due misure”, largamente

praticata da Israele e Stati Uniti, evidenzia meglio lo strano comportamento dell’Italia

nella gestione dell’affaire Vanunu. Non risulta, infatti, che il rapimento di Vanunu,

avvenuto a Roma, sia stato solennemente condannato dal governo italiano dell’epoca

come atto di pirateria internazionale e sanzionato da un tribunale. Amnesty International

e altre organizzazioni per i diritti umani e civili hanno in questi anni organizzato

manifestazioni, petizioni, pressioni sui parlamenti ma senza alcun esito apprezzabile.

Sembra che le vere preoccupazioni di Israele riguardino due dichiarazioni rese alla

stampa estera da Vanunu: la prima riguarda la guerra americana all’Iraq e l’invenzione

delle armi di sterminio di massa, mai trovate; e la seconda riguarda il ruolo svolto da

Israele nell’assassinio di J. F. Kennedy a Dallas nel 1963.268

“Secondo me, Kennedy fu assassinato a causa della sua dura opposizione al [Primo

Ministro israeliano] Ben Gurion”. Questi voleva ad ogni costo l’arsenale nucleare

per Israele e il presidente americano era diventato pericoloso per questo progetto.

Per questa ragione, ha detto Vanunu, “dietro l’assassinio di Kennedy” vi sarebbe un

gruppo che faceva riferimento a Ben Gurion.

Oggi Vanunu vive a Gerusalemme est in libertà vigilata ed ha trovato rifugio nel

recinto della chiesa anglicana di S. George, a pochi passi dal Consolato degli Stati Uniti.

“In Israele – ha dichiarato Vanunu – se sei giudeo sei accettato, ma non se sei cristiano

o musulmano”.

Ma le sue sofferenze non sono finite. Il 23 maggio 2010 è stato di nuovo arrestato

e condotto in prigione per tre mesi con l’accusa di non aver osservato il divieto di

comunicare con gli stranieri. L’accusa ridicola consisteva in un incontro tra Vanunu ed

una cittadina norvegese avvenuto nella hall di un albergo alla quale poteva comunicare

notizie classificabili come spionaggio. L’ex tecnico nucleare aveva chiesto di essere

assegnato a compiti sociali presso la comunità a maggioranza araba di Gerusalemme

Est e non nella parte occidentale popolata da ebrei che lo odiano, lo considerano un

traditore e sono pronti ad aggredirlo. I giudici hanno rifiutato la proposta di Vanunu

che è stato costretto ad accettare la prigione. La reazione di Vanunu è stata violenta:

Sono sopravvissuto 18 anni – ha detto rivolto alla Corte Distrettuale di Gerusalemme – e

potrei sopravvivere altri sei. Volete sottomettermi? Non potete togliermi la mia libertà di espressione.

La libertà è libertà. Non avrete da me in tre mesi ciò che non avete avuto in 18 anni.

Poiché lo Shin Bet controlla le prigioni, Vanunu ha detto che tenteranno di torturarlo

psicologicamente, come hanno sempre fatto, per piegarlo e distruggere la sua resistenza.

Vergognati, Israele – ha continuato – Lo stupido Shin Bet e le spie del Mossad mi rimettono in

prigione dopo 24 anni per aver detto solo la verità. Vergognatevi, tutti voi arabi, che avete permesso

che fossi rimesso in prigione. Vergognatevi, democrazia, Knesset, sinagoghe e stampa di tutto il mondo.

Vergognatevi, Senato, Congresso, e il presidente della International Atomic Energy Agency per

non aver protetto la mia libertà. Vergognatevi, religioni del mondo, stupide spie, ebrei, cristiani e

musulmani. Tutti sanno che Israele ha le armi nucleari, ma nessuno ne vuole parlare… Il mondo non

vuole le armi nucleari, né in Israele, né in Medio Oriente e in nessuna parte del mondo.269

Nel silenzio generale, solo Amnesty International ha fatto sentire la sua voce in difesa

di Vanunu definito “prigioniero di coscienza”. Sulla stampa e le televisioni italiane?

 

268- Fonte: http://www.peacelink.it/pace/a/6247.html

269- Ha’aretz, 23 maggio 2010.

 

Rumoroso silenzio. Ai tempi dell’Unione Sovietica, un dissidente, per molto meno,

aveva la tribuna internazionale ai propri piedi.

Ma il calvario di Vanunu non finisce mai. L’Alta Corte di Giustizia israeliana,

nel giugno del 2011, gli ha proibito di lasciare Israele, di entrare in Cisgiordania. Le

motivazioni sono le solite: egli è ancora considerato un vero pericolo per la sicurezza

di Israele, poiché detiene i segreti di stato che non sono stati rivelati in passato ma

che egli rivelerebbe se si presentasse l’occasione. Allo stesso modo è stata respinta la

richiesta di Vanunu di rinuncia alla cittadinanza israeliana. Quindi tutti i contatti coi

giornalisti e personaggi stranieri gli sono vietati in quanto, dicono i giudici nella loro

ordinanza, “c’è una reale preoccupazione che alleviare le restrizioni imposte a Vanunu

comprometterebbe gravemente la sicurezza dello stato.”270

 

270- Yedioth Ahronoth, 10 giugno 2011.

 

Diego Siragusa, “ Il Terrorismo impunito”- Ed. Zambon.