Olanda: “Solo gli ucraini avrebbero potuto abbattere l’MH17”

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Uno strano silenzio ha avvolto il disastro dell’aereo malese MH17, abbattuto in Ucraina due anni fa, dove sono morte 298 persone, i cui familiari ancora attendono di sapere la verità e ottenere giustizia. Stranamente ciò accade dopo alcuni mesi di martellante copertura mediatica dei media internazionali con accuse infondate ma esplicite contro le milizie popolari del Donbass e la Russia, accuse che hanno prodotto un unico risultato: le sanzioni alla Russia.

 Poi è calato il silenzio sulle indagini, sulle prove ritrovate, sulle indagini, sulle ipotesi scientifiche di esperti tecnici e militari. Come mai?

Poi è calato il silenzio sulle indagini, sulle prove ritrovate, sulle indagini, sulle ipotesi scientifiche di esperti tecnici e militari. Come mai?

Forse che l’occidente e la NATO non vogliono trovare la verità su quanto è accaduto?

La Russia continua inascoltata a richiedere una commissione internazionale di esperti indipendenti, in cui ciascuno porti le prove documentali in modo da arrivare ad una sintesi condivisa.

A marzo di quest’anno in una relazione alla Camera olandese del Consiglio di sicurezza, il presidente Joustra ha dichiarato di essere pessimista circa le possibilità che i responsabili dell’attacco possano finire in carcere.

In questi giorni la BBC inglese ha annunciato un l’uscita di un documentario che gli autori annunciano come "scioccante" e pieno di nuovi dettagli circa il disastro. Secondo questo documentario della BBC, il Boeing Malese MH17 è stato colpito da un caccia ucraino. 

 

Anche il quotidiano britannico Express ne ha parlato, anticipando che vengono citati testimoni dell’incidente che affermano di “aver visto due aerei nel cielo sopra quello malese”.  Alcuni di loro sostengono addirittura che "hanno visto il lancio di razzi, e poi sentito il rumore di un'esplosione".

La BBC ha citato una residente del Donbass, Natalia Beroninoy che parla di quello che aveva visto: “due aerei per alcuni istanti prima dello schianto. Uno di loro subito dopo l'esplosione ha girato e ha iniziato a dirigersi nella direzione opposta”.
Un giornalista tedesco riferisce che di aver intervistato 100 testimoni, sette dei quali hanno visto un combattimento con i propri occhi.
Sulla seconda versione dello schianto del Boeing, quella di un ordigno a bordo, che viene citata nella seconda parte del documentario come ipotesi, questa viene indicata come opera della CIA, assistita dai servizi speciali ucraini; ma anche i servizi segreti olandesi sarebbero coinvolti e questo perché in nessun altro luogo, rispetto al punto di partenza, sarebbe stato possibile introdurre un ordigno esplosivo.
Nel documentario si ritiene che l'Ucraina abbia ordito tutto questo per tre motivi di fondo, rivolti agli occhi della comunità internazionale: rafforzare la pressione delle sanzioni nei confronti della Russia, denigrare la stessa davanti al mondo intero, qualificandola come uno stato canaglia, ed infine rafforzare la presenza della NATO in Europa orientale, in particolare in Ucraina. 

 

                       

 

 

Questa la clamorosa dichiarazione del deputato olandese Pieter Omtzigt a proposito dell'aereo malese abbattuto nel Donbass        

 

 

L’MH17 non può che essere stato abbattuto dagli ucraini. A dirlo non è Sputnik oppure Russian Today ma il deputato olandese Pieter Omtzigt, il quale come si usa fare in questi tempi dove la civiltà elettronica ha raggiunto vette inesplorate, lo comunica su twitter evitando di prendersi la briga di organizzare una conferenza stampa e soprattutto di esporsi alla raffica di giustificate domande da parte della stampa.

Ora qualcuno dirà ”il solito amico di Putin”, sembra di no almeno a giudicare dalla veemenza con cui Omtizgt si è battuto per la liberazione della Timoshenko. Il deputato ha dato la notizia dopo aver partecipato il 22 gennaio ad una riunione a porte chiuse dove la supercommissione di difesa e spionaggio olandese è arrivata a tali conclusioni. Specificando che solo gli ucraini avevano in quel periodo un sistema antiaereo BUK completo ed operativo in Donbass.

In realtà per chi ha seguito fin dall’inizio la tragedia del Boeing abbattuto con 298 persone a bordo, la prova del nove della colpevolezza ucraina si è avuta quando, sia il governo di Kiev si è rifiutato di rendere pubblici i contatti radio tra il controllore di volo di Dniepropetrosk e l’MH17, sia quando gli USA hanno affermato con assoluta convinzione di avere le prove dell’abbattimento da parte delle forze russe in Donbass del Boeing, richiedendo pesanti sanzioni contro Mosca e poi negando la visione di tali prove anche al fedele alleato olandese.
Tecnicamente si sono fatte tante congetture sui possibili ”oggetti ipersonici” che hanno distrutto la cabina di comando del Boeing. Ma pochi giornalisti si sono interessati ad un elemento macroscopico: la scia che lascia dietro di se un missile BUK.
In pratica dai video reperibili su Youtube si evince che è un piccolo missile balistico, qualcosa che non sfugge alla vista umana figuriamoci ai satelliti americani.
Obama e company avrebbero avuto facile gioco a dimostrare la ”cattiveria” dei russi nel caso di colpevolezza, invece costrinsero i loro fedeli servitori europei, olandesi in testa ad un atto di fede.
Quindi è facile dedurre che queste foto satellitari o esistono e non vengono tirate fuori perché colpevolizzerebbero Kiev oppure non esistono ed allora andiamo all’ipotesi sostenuta da diverse fonti russe e cioé che il Boeing fu abbattuto dal Sukoi 25 ucraino che era a meno di due chilometri dall’MH17, in questo caso un abbattimento programmato, una ennesima ”false flag” che ha immolato 298 innocenti all’espansione della NATO in est Europa.
Una cosa è certa, ci avviciniamo al giro di boa dei due anni dall’abbattimento del Boeing ed il colpevole non riesce ad uscire fuori dall’inchiesta che avrebbe battuto il guinnes dei primati se non ci fossimo noi italiani con il caso Ustica a salvare i nostri alleati di Amsterdam.
Eh sì il bello della NATO è che siamo tutti una grande famiglia in qualche maniera ci aiutiamo l’un l’altro.

Max Bonelli