In memoria di Raja. Dal Kosovo Methoija

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Oggi c’è stato un morto per terrorismo che nessun giornale, sito, televisione s’affannerà a ricordare. Non l’hanno finito su una spiaggia, non c’era nessun smart phone pronto a riprendere, non l’hanno sgozzato, non è stata una fine spettacolare.

Mettiamo che la vittima si chiamasse Raja Spasic, supponiamo che fosse allarmato dalle notizie che rimbalzano dalla Tunisia, dalla Francia, poniamo il caso che vivesse in un quartiere circondato da persone ostili, certo niente di paragonabile all’Isis, ma nemmeno a un normale vicino di casa.

Questi ci odiano” dice la moglie, facendo un polpettone che va dagli islamici agli albanesi, dal califfato nero ai nazionalisti.

 

Lui tace, conosce la loro lingua, da bambini giocavano assieme, sempre shqiptare contro serbi e serbi contro shqiptare, c’era la Jugoslavia e lui guidava una Yugo.

Poi le guerre, un casino, le bombe, una vita difficile, la resistenza, alla paura, al desiderio d’andare via, quella caparbietà ottusa di non dargliela vinta.

Questi ci odiano” e stavolta lei sembra avere ragione. 

Nella sua testa avrà pensato di non farsi trovare impreparato, ha creduto che la soluzione più semplice fosse la canna, che a queste latitudini è principalmente quella del fucile.

Così l’ha tirato fuori, l’ha ispezionato. Un’arma ridicola, che non difese nessuno nel ’99, con le pere che arrivavano dal cielo, che non difese nessuno nel 2004, quando l’UCK ti entrava in casa con il lanciafiamme, ma chissà che minchiata gli sarà venuta in mente.

Sousse, la Francia, l’Islam, tutto è un gran polpettone che si mescola all’odore della benzina per lucidare il pezzo, per tenerlo in ordine.

Quel colpo nascosto in chissà quale meccanismo sovietico, non era previsto.

BUM.

Così se n’è andato Raja, temendo l’Isis s’è tirato una pallottola sulla gamba. Si è dissanguato in meno di un’ora, senza un pronto soccorso a portata di mano, perché in Kosovo c’è il ministro per la ricerca spaziale, ma un ospedale decente dove andare…

Arteria femorale recisa di netto, hanno scritto i medici, nessuno ha il coraggio di raccontarlo ai suoi tre ragazzi che da oggi sono a tutti gli effetti legali, orfani.

 Non so se vi ricordate chi fosse Raja, Giovanni l’ha fotografato un fottio di volte, rotondo, dallo sguardo bovino, stempiato, bassino.

Autista, guidava uno dei nostri combi. Ripeteva all'infinito l'unica parola d'italiano posseduta: "andiamo?"

Se lo ricorderanno di certo Mario, Antonio, Angiola e Elisa, che furono prelevati da lui a Durazzo, in un mattino gelato con il combi ancora profumato dalla consegna dei maiali, il giorno prima.

Se lo ricorderà spero, l’Anna, che nell’alba del tragitto kosovaro albanese gli ruppe le palle ogni due per tre, perché voleva fare una sosta per fumare.

C’è una fine più insulsa? E’ la prima delle mie domande. Perché mi fa tanto male, è la seconda, perché Raja mi turba come le labbra sulla fronte gelida del mio babbo appena un anno fa, il cui ricordo, qualche notte, ancora mi visita?

Raja non era intelligente e per dirla tutta, nemmeno onesto. Caricava sui kilometri percorsi per scucire qualche soldo in più. Ricordo ancora quando mi mise un bel 500 km Zac Pristina Zac.

“Cosa pensi Raja, che sia imbecille? Credi che non mi accorga che vuoi rubare?”

“Scusa Franjo”

“Scusa un cazzo Raja, io mi fidavo di te”

“Scusa Franjo”

“Perché l’hai fatto” e lui parlotta fitto con Isaija. Il monaco scuote la testa.

“Che dice?”

“Dice che ha messo kilometri in più perché gli si è rotta la lavatrice”

“Ah, ma allora sei veramente idiota, se mi dicevi che ti si era rotta la lavatrice, te l’avrei comprata io, che bisogno c’era di imbrogliare…”

“Scusa Franjo”

“Vaffanculo Raja”

E dopo un’ora, ancora vicino alla fontana del Monastero. Squilla il mio cellulare, è Isaija: “Tu non ci sai parlare con questi”

“Perché?”

“Raja mi chiede se veramente gliela compri la lavatrice, lui vorrebbe un modello tedesco”

 Adesso non c’è più. Andato, s’è addormentato nella maniera più sciocca, che il Signore possa custodire la sua anima e accoglierlo tra i giusti.

 E’ tutto senza senso amici miei, la morte di Raja, questo paese imbottito d’armi da guerra come un panino al salame, i falsi rapporti che parlano di pacificazione, di normalizzazione, le facce stupite di Claudio e Leonarda che mi guardano come si guarda un matto, quando gli racconto la verità più probabile sull’inizio della guerra di Kosovo, il sesso orale più dannoso della storia.

Alle volte mi sento senza senso anch’io, perduto nel vortice delle cose da fare, assediato dalle mille emergenze, senza profondità, senza attenzione.

 

Raja se n’è andato, che il Signore t’accolga fratello, ma quanto mi saresti servito ancora, qui. Questa superficialità non te la perdono, che Dio onnipotente maledica le armi e la nostra arroganza.

 Se vi ho raccontato questa storia è perché spero in una vostra preghiera per il nostro fratello Raja, in un pensiero solidale per questa vedova e questi tre ragazzi, perché nessuno dimentichi quanta merda ci sia ancora in Kosovo e Metohija, perché accanto agli eroi di Vidovdan, questa sera io ricorderò il più sciagurato dei miei autisti, che preoccupato dall’Isis, ha pulito un maledetto fucile e se ne è andato.

Il Signore ti doni la luce e la pace

 

Francesco,  Associazione Amici di Decani