Un funerale a Priština, Kosovo Methoija

La lotta di Milijana, che era un simbolo di coraggio perché, con una croce sul petto, camminò da casa sua nel villaggio di Aktaš alla chiesa, si è conclusa troppo presto.

Verrà il momento di lasciare questo mondo per tutti noi. E’ un percorso normale questo, anche se ormai le vite si spengono nei modi più insoliti e innaturali.

Ma quando a Priština, oggi, se ne va un’anima ortodossa, il sentimento è completamente diverso...

Ce ne sono ormai una trentina di vecchie signore che si sono spente. Nonna Rada Savić, una novantenne, come anche nonna Vuka Ivanović e Nada Djordjević, sono state sepolte là dove non hanno vissuto, e forse nemmeno avrebbero voluto essere sepolte. Olivera Jočić, l’abbiamo sepolta nel cimitero di Priština, accanto al marito. La lotta di Snežana Borzanović per la giustizia e la verità si spense all’improvviso e prematuramente, e la sua anima ora ha trovato pace.

 

Qualche anno fa, ci ha lasciato anche un’ex detenuto, il vecchio Bora Drmončić, che ricordava le ingiustizie subite e soffriva molto, con tutta sua famiglia. All’ultimo saluto, c’erano sua moglie malata, sua figlia Milijana e il figlio e un suo altro figlio con la moglie.

In qualche modo, la morte la aspettiamo che venga e ci prende con ordine... Ma spesso non è cosi. Ora anche la lotta di Milijana la serba, è finita. Attacco al cervello, al cuore, allo stomaco, che importa ora quale è stata la causa? Da come ha vissuto, è possibile che le sia successo tutto quanto in un colpo. Raccontava dei rifiuti che si accumulavano sotto la sua grondaia durante il disgelo nella neve, messi lì per disprezzo e oltraggio. Anche il cancello era coperto da immondizie. O come, durante una notte, gli ruppero tutte le finestre di casa. E tante altre cose ancora… E loro, non sollevano le tapparelle e continuano ad umiliarci.

Milijana era una di quelli che andavano sempre alla liturgia nella Chiesa di San Nicola, anche se li, a volte, era l’unica, insieme alla moglie del prete e i loro figli. Comprava le medicine per i malati anche  quando non gli è stato chiesto. Accendeva le candela per i morti che solo lei conosceva. Non si preoccupava di se stessa. Si potrebbe dire che neanche i medici hanno preso sul serio i suoi dolori, durante i suoi ultimi giorni. O forse è proprio cosi che tutto doveva accadere.

Anche il fatto che non è stato possibile seppellirla accanto a suo padre. Perché, nella parte del cimitero serbo dove fu sepolto Bora Drmončić, gli arbusti erano cresciuti cosi tanto che non si poteva neanche avvicinarsi. Neanche suo figlio Mića è riuscito a rimuoverlo.

E fu così che hanno trovato un posto per Milijana, accanto a due tombe in un luogo più accessibile. L'anno precedente ci fu sepolto un uomo buono, che non battezzato, e una donna che nessuno conosceva. Ci fu portata dai figli, albanesi di un villaggio vicino, con una croce sopra, ma senza invitare il sacerdote per servire il requiem.

Ma le assurdità non finiscono mai. Il cimitero di Raka è stato scavato con un’escavatore. Tiravano fuori le ossa dei deceduti senza nome. Il fratello di Milijana ricorda che in questa parte c’era un cartello con scritto: "Qui riposano sergenti i Aleksandar e Mrša.” Dal fatto che nelle vicinanze si trova il memoriale: "Qui riposano i soldati serbi caduti nelle guerre 1914-1918" e dietro il monumento sono sparsi frammenti con tracce visibili o invisibili, si può concludere che non tutte le ossa sono state messe nella fossa comune. Infatti, quando andavamo al cimitero per i giorni dei morti, vedevamo le ossa sparse sull'erba. Ora le ossa dei martiri e dei soldati si sono riuniti per la seconda volta, sepolti di nuovo in una tomba scavata con l’escavatore, più un buco che una vera tomba, accanto a quello di Milijana. L’hanno sepolta suo fratello e i nostri padri. Duole di meno quando le grosse zolle di terra vengono spezzate con una zappa e il tumulo si fa con dignità. La volontà di suo fratello e dei padri a farlo era sentita, anche sotto un sole pieno.

Quelli di Priština che ora vivono a Gračanica non sapevano che fosse morta la loro concittadina, né del suo funerale. Così vicino, eppure così lontano per una notizia, anche se dicono che la notizia di una morte si diffonde rapidamente. Sorpresi, con il cuore stretto, bruciano una candela per il riposo della sua anima, e anche per quella di Snežana, Vuka, Rada, Olivera, Nada, Bora e quei soldati e civili che hanno lasciato le loro ossa nella ritirata in Albania durante la Seconda Guerra Mondiale. Molti sono stati sepolti nel vecchio cimitero vicino alla chiesa, ma anche qui, a Dragodan.

 

*Radmila Todic Vulićević è la referente dei Progetti di Solidarietà di SOS Yugoslavia-SOS Kosovo Methoija e Presidente dell’Associazione “Srecna Porodica” ( Per una Famiglia Felice) delle Vedove e Profughe di guerra del Kosovo Methoija. 16/07/015                                                                         

 

Traduzione di Andjielia K. Per SOS Yugoslavia-Kosovo Methoija