SREBRENICA 1995-­‐2015: Solamente i fatti, senza propaganda o abbellimenti

 

Srebrenica Historical Project www.srebrenica-­‐project.org

 Che cosa è irrefutabilmente stabilito, e che cosa no

 Per 20 anni interi, il quadro completo di che cos'è accaduto, e che cosa no,

dentro e attorno alla supposta "zona sicura" nella città di Srebrenica in Bosnia-­‐Erzegovina nel luglio del 1995, è stato soppresso.

È tempo di sollevare il velo della segretezza e della disinformazione

 

Questo breve libro informativo è basato sul lavoro di vari esperti americani, britannici, olandesi, serbi e musulmano-­‐bosniaci, impegnati ad analizzare o investigare gli eventi di Srebrenica nel corso degli ultimi 20 anni, i reportage dei media, e le testimonianze di persone direttamente coinvolte o afflitte..

 

Introduzione

Il ventesimo anniversario della caduta dell'enclave di Srebrenica in Bosnia-­‐Erzegovina, nel luglio del 2015, è un'occasione importante. Questo breve libro informativo è dedicato a tutti quelli che sono interessati alla verità, piuttosto che alla politicizzazione. Dopo 20 anni, è tempo di guardare con occhio critico ai fatti, e ai fatti soltanto. Ciò è particolarmente importante non solo dal punto di vista della ricerca della verità, ma anche perché gli eventi di Srebrenica sono diventati non soltanto una questione locale, e nemmeno solo regionale, ma d'importanza globale; una questione che attira costantemente copertura mediatica, provoca controversie politiche e serve come strumento di destabilizzazione politica.

Lo scopo di base di questo libretto è di fornire, sia agli esperti che al pubblico più ampio, una panoramica di tutti i fatti noti concernenti Srebrenica, stabiliti sulla base dei verdetti emanati dal Tribunale Penale Internazionale per l'ex-­‐Jugoslavia (ICTY), la corte adhoc stabilita dall'ONU nel 1993, all'apice della guerra civile jugoslava, su insistenza statunitense. Ciononostante, un compito ugualmente importante è dimostrare che cosa non è stato stabilito e che tuttavia continua ad essere (mal)trattato come fatto, sulla cui base vengono prese considerazioni e decisioni politiche di vasta portata.

 

Quali sono i principi di base dietro a questa pubblicazione?

‐ La verità è sempre necessaria, per le vittime come per gli accusati e i condannati, per gli storici interessati ai fatti piuttosto che alla propaganda, e per i personaggi pubblici che desiderano lavorare sinceramente nell'interesse pubblico; tuttavia, in merito a Srebrenica, la verità fino ad ora non è stata ben servita, come verrà mostrato;

‐ Anche se non può ancora essere affermato con certezza che cos'è accaduto esattamente a Srebrenica nel 1995, abbastanza è stato accertato nel corso degli ultimi 20 anni per essere in grado di asserire con sicurezza che cosa nonè avvenuto – e che tuttavia viene presentato come la verità. I numeri che vengono costantemente e acriticamente spinti nei media locali, regionali, e internazionali, nei forum e nelle istituzioni e strutture politiche – centrate attorno all'affermazione che "forze serbe" commisero "genocidio" di oltre 7-­‐8000 prigionieri di guerra – musulmano-­‐bosniaci – semplicemente non reggono sotto attento esame, e non sono sostenuti dalle prove fino ad ora stabilite;

‐ Numeri arbitrari e accuse infondate, "risoluzioni" parlamentari e internazionali, insieme a condanne dell'ICTY, sono (ab)usati per avvelenare le relazioni sociali, politiche, interreligiose, interetniche e internazionali, seminare divisione e instabilità, aggravare tensioni, e fomentare l'estremismo nella regione balcanica e oltre. Ciò serve solo gli interessi di quelli che traggono profitto dalla permanente destabilizzazione, turbolenza, divisione artificiale e "scontro di civiltà";

‐ La tragedia di Srebrenica è stata (ab)usata numerose volte, e continua a venire (ab)usata, come pretesto per organizzare interventi politici e/o militari contro stati sovrani, o per intromettersi nei loro affari interni e fomentare tumulti su basi "umanitarie". "Dobbiamo prevenire un'altra Srebrenica!" è l'urlo  di  guerra  sentito  spesso  nell'ultimo  decennio  circa,  come  preludio  all'intervento  militare occidentale in Jugoslavia (Kosovo), Congo, Macedonia, Iraq, Siria, Libia. Srebrenica è anche un importante pilastro nell'ideologia che sta dietro alla cosiddetta dottrina della "Responsabilità di Proteggere" (R2P), costruita per legalizzare l'interventismo globale istigato dall'Ovest. Questo è il motivo per cui la verità su Srebrenica, per quanto sgradevole o incriminante per tutti i coinvolti, è una questione d'importanza e ramificazione globale;

‐ Dopo quasi 20 anni di lavoro, rinvii a giudizio, testimonianze, processi e milioni di pagine di "prove", l'ICTY non è ancora riuscito a stabilire la verità. Tra gli unici successi che l'ICTY può rivendicare c'è che è riuscito, con mezzi discutibili, ad etichettare gli eventi di Srebrenica come "genocidio" – senza prove adeguate, e usando ragionamenti legali assai discutibili.

Pertanto, dopo due decenni di futilità, offuscamento intenzionale e giochi d'astuzia con una tragedia umana, è tempo di provare qualcosa di nuovo. In modo da fare finalmente un tentativo credibile ad accertare che cosa è veramente avvenuto a Srebrenica nel luglio del 1995, il percorso migliore e più legittimo da prendere sarebbe di stabilire una Commissione internazionale della Verità su Srebrenica realmente indipendente. Questo sarebbe il miglior modo per porre fine ad ogni ulteriore sgradevole politicizzazione e (ab)uso di questo tragico evento, come anche per portare finalmente pace alle sue vere vittime, su tutti i lati del conflitto, e soddisfazione alle loro famiglie, con le quali tutte le persone benintenzionate condividono il dolore. Poiché, un crimine di certo ebbe luogo a Srebrenica, e solo la sua piena e completa risoluzione può permettere ad ognuno di affrontare apertamente e pienamente il passato, riconciliarsi e finalmente guardare avanti.

Questa pubblicazione è un contributo rivolto a tale fine, uno sforzo per facilitare l'istituzione della piena verità riguardo a quel che è avvenuto a Srebrenica, e non solo nel 1995, nella speranza che sarà utile ai media, al pubblico generale, ai dirigenti politici e a tutti quelli aventi il potere di intraprendere misure appropriate per finalmente affrontare questo problema internazionale e metterlo nella prospettiva adatta – senza manipolazioni, abuso dei fatti, o ulteriori motivi.

 

Srebrenica: fatti, supposizioni, fatti ignoti

 

1. Secondo le sentenze emesse dal Tribunale Penale Internazionale per l'ex-­‐Jugoslavia (ICTY), quante persone furono uccise a Srebrenica nel 1995?

Il Memoriale di Potočari, vicino a Srebrenica, elenca 8372 vittime.

Secondo "l'Atlante bosniaco dei crimini di guerra", pubblicato dal Centro per la Ricerca e Documentazione di Sarajevo, 6886 persone furono uccise dentro e attorno Srebrenica nel luglio del 1995; tuttavia, una tabella separata, pubblicata dal Centro, elenca 4256 uccisi e 2673 musulmano-­‐ bosniaci scomparsi (è qui evidente che i conti non tornano).

La sentenza dell'ICTY nel caso del generale serbo-­‐bosniaco Radislav Krstić, cita la cifra di "7000-­‐8000 persone" (Sentenza ICTY, par. 487). La sentenza dell'ICTY nel caso del colonnello serbo-­‐bosniaco Vujadin Popović, dice: "La Corte ha stabilito che, dal 12 luglio 1995 alla fine del mese, parecchie migliaia di uomini musulmano-­‐bosniaci furono giustiziati (Sentenza ICTY, par. 793). La Corte ha inoltre dichiarato che ha "stabilito che almeno  5336 individui identificati furono uccisi nelle esecuzioni successive alla caduta di Srebrenica, e che questo numero potrebbe arrivare fino a 7826" (Sentenza ICTY, nota 2862).

Nella sentenza dell'ICTY nel caso del generale serbo-­‐bosniaco Zdravko Tolimir, viene fornita la figura di "4970 vittime" (Giudizio d'Appello ICTY, par. 426)

Così, non solo le cifre offerte e presumibilmente accertate dall'ICTY variano consistentemente, esse pure confondono convenientemente la distinzione tra i caduti che furono a) effettivamente vittime di esecuzioni, b) quelli che morirono per altre cause, sia in combattimento contro forze serbe, che per cause naturali, per risultato di suicidio, combattimento o lotte intestine tra le forze musulmane stesse, e c) quelli che sono ancora scomparsi e quelli la cui sorte certa è sconosciuta. Solo quelli sotto a) possono essere considerati vittime di crimini di guerra. Eppure, tutte queste categorie di vittime sono accorpate sotto una cifra comune, in modo da gonfiarla sufficientemente a giustificare l'affermazione di "genocidio".

 

Conclusione: né l'ICTY né qualsiasi altra istituzione ha, al luglio del 2015, determinato con precisione il numero dei prigionieri giustiziati. Inoltre, le vittime di esecuzioni, i caduti in battaglia, da scontri intestini, i suicidi, i morti per cause naturali e gli scomparsi, vengono costantemente accorpati. Il numero preciso di vittime giustiziate deve ancora venire stabilito – e solo queste possono in questa situazione essere classificate come vittime di un crimine di guerra.

 

2. Quante persone sono state condannate dall'ICTY come diretti autori o complici nelle esecuzioni di prigionieri dentro e attorno a Srebrenica nel luglio del 1995?

L'unica persona condannata dall'ICTY come diretto autore di crimini a Srebrenica non è un serbo, ma un croato-­‐bosniaco, Drazen Erdemović, identificato come membro della "10a Unità di Sabotaggio" dell'esercito serbo-­‐bosniaco, condannato nel 1998 per aver partecipato "alla morte di centinaia di civili maschi musulmano-­‐bosniaci, il cui numero esatto non è stato accertato" (Sentenza ICTY, 5 marzo 1998) – e condannato a 5 anni esatti. Tale sentenza assurdamente bassa è stata emessa dopo che Erdemović fece un accordo con l'Ufficio del Pubblico Ministero dell'ICTY, sulla base della propria testimonianza, da lui cambiata più volte, e alla condizione che testimoniasse contro imputati serbi tutte le volte l'ICTY lo avrebbe convocato. Un altro aspetto dell'accordo fu che ad Erdemović venne garantito lo status di testimone protetto, sulla cui base gli venne data una nuova identità e residenza in un non specificato paese occidentale.

Per sua stessa ammissione, Erdemović combattè da tutte e tre le parti della guerra di Bosnia: l'esercito musulmano-­‐bosniaco, l'esercito croato-­‐bosniaco e l'esercito serbo-­bos Erdemović mentalmente inabile e non in grado di seguire il processo. Ciononostante, solo pochi giorni più tardi, il 5 luglio 1996, Erdemović, ancora formalmente sotto accusa, apparve come testimone per l'Accusa nel processo contro il leader serbo-­‐bosniaco Radovan Karadzić e contro il comandante dell'esercito serbo-­‐bosniaco, generale Ratko Mladić. Anche se l'ICTY aveva appena giudicato Erdemović "non in grado di essere interrogato", la testimonianza "non verificata e incontestata" (e incontestabile) di questo uomo malato e pluriomicida ancora sottoposto a processo e condanna" (Prof. Edward Herman) fu usato per emettere mandati di arresto per Karadzić e Mladić.

 

Erdemović fu inizialmente arrestato dalle autorità jugoslave il 3 marzo 1996 e quasi immediatamente incriminato, ma fu consegnato all'ICTY sotto pressione degli U.S.A. e dell'ICTY e su sua stessa insistenza il 30 marzo 1996.

La testimonianza contraddittoria e inconsistente di Erdemović è stata analizzata e smascherata in dettaglio nel libro "Star Witness" di Germinal Civikov, un giornalista bulgaro, corrispondente al processo nell'ICTY per la radio pubblica tedesca Deutsche Welle.

Uno degli argomenti chiave che discreditano Erdemović è il fatto che, nello stesso luogo in cui testimoniò di aver partecipato all'esecuzione di "circa 1200 prigionieri", le squadre forensi dell'ICTY dissotterrarono un totale di 127 resti di potenziali vittime, di cui 70 con bende e/o legature, il che indicherebbe morte da esecuzione.

Tuttavia, questa lampante inconsistenza non impedì all'ICTY dal continuare ad usare Erdemović come il suo "testimone chiave" su Srebrenica.

Inoltre, Erdemović non fu in grado di confermare davanti all'ICTY la data esatta del "massacro" al quale avrebbe partecipato, offrendo alternativamente, come possibili date, il 16 e il 20 luglio 1995.

Erdemović non potè nemmeno offrire testimonianza consistente circa il grado che portava all'epoca del suo presunto crimine, affermando alternativamente di essere o un sergente o di essere stato degradato a soldato semplice.

Infine, ad oggi, Erdemović non "riesce a ricordare" chi dette l'ordine delle esecuzioni a cui ha presumibilmente preso parte. Nella sua versione, fu "un qualche tenente colonnello", il quale non è ancora stato identificato, dopo quasi 20 anni.

Alcuni, ma non tutti, dei suoi complici identificati furono successivamente condannati, ma non dall'ICTY, bensì dalla Corte per i Crimini di Guerra della Bosnia-­‐Erzegovina nel 2012.

Franc Kos, Stanko Kojić, Vlastimir Golijan e Zoran Goronja furono condannati a varie pene detentive per esecuzioni portate a termine alla fattoria di Branjevo. Ciò che è specialmente interessante è il fatto che né loro né alcuno degli altri sette complici, o i due superiori nella catena di comando indicati da Erdemović, furono mai incriminati dall'ICTY o neppure chiamati a deporre come testimoni, probabilmente perché l'ICTY era riluttante a correre il rischio di sentire testimonianze che potessero contraddire quello del suo "testimone chiave". Se ci si pensa bene: i complici in quello che si presume essere "il più grave crimine del dopoguerra in Europa" ¬ non sono mai stati un soggetto di interesse del tribunale internazionale incaricato del caso. Ciò sarebbe come se una qualsiasi corte penale ignorasse tutti i partecipanti di un omicidio di gruppo, ed emettesse un mandato di cattura e interrogatorio di un solo membro del gruppo, senza essere interessato ad ascoltare le testimonianze degli altri complici.

Erdemović e i suoi complici erano membri di un'unità militare serbo-­‐bosniaca, il "Decimo Distaccamento di Sabotaggio", un'unità multietnica comprendente serbi, croati, musulmani e uno sloveno, i cui legami alla catena di comando dell'esercito serbo-­‐bosniaco non sono mai stati stabiliti, e i cui membri erano, secondo testimonianza davanti all'ICTY, in congedo dal servizio per 10 giorni all'epoca delle presunte esecuzioni. Un numero dei membri dell'unità erano chiaramente mercenari, ingaggiati dagli interessi francesi in Africa dopo la guerra in Bosnia-­‐Erzegovina. Erdemović stesso testimoniò di aver ricevuto fino a 12 chili d'oro per certi "servizi resi", che semplicemente non è il modo in cui un esercito regolare opera.

 

3.  Quali verdetti ha emesso l'ICTY contro altri condannati per crimini o "genocidio" a Srebrenica?

Dragan Obrenović (2003), condannato a pena detentiva di anni 17 per persecuzione della popolazione musulmana di Srebrenica, dopo patteggiamento con il Pubblico Ministero.

Vidoje Blagojević (2005), come complice in omicidio, persecuzione e trattamento inumano, a pena detentiva di anni 15.

Dragan Jokić (2005), come favoreggiatore a sterminio e crimini contro l'umanità, condannato a pena detentiva di anni 9.

Vujadin Popović (2010), per genocidio e crimini contro l'umanità, condannato all'ergastolo. Ljubisa Beara (2010), per genocidio e crimini contro l'umanità, condannato all'ergastolo.

Drago Nikolić (2010), come complice di genocidio e crimini contro l'umanità, condannato a pena detentiva di anni 35.

Radivoje Miletić (2010), per crimini contro l'umanità e violazione del diritto o consuetudini di guerra, condannato a pena detentiva di anni 18.

Vinko Pandurević (2010), per crimini contro l'umanità e violazione del diritto o convenzioni di guerra, condannato a pena detentiva di anni 13.

Ljubisa Borovcanin (2010), per crimini contro l'umanità e violazione del diritto o convenzioni di guerra, condannato a pena detentiva di anni 17.

Nessuno degli individui di cui sopra fu mai accusato o condannato per aver giustiziato prigionieri di guerra, ma sulla base di "responsabilità di comando" e la controversa dottrina della "Impresa Criminale Congiunta" (Joint Criminal Enterprise, o JCE), sviluppata dall'ICTY, per la quale gli esperti legali hanno adottato una traduzione appropriata: "Condanna Semplicemente Tutti" ("Just Convict Everybody"). Usando questo conveniente espediente legale, l'ICTY ha potuto condannare anche persone che non erano a conoscenza di crimini commessi, e ancora meno avevano partecipato ad essi, o li avevano ordinati.

 

4.   Dopo quasi 20 anni di procedimenti penali, è riuscito l’ICTY a stabilire chi ha dato gli ordini per l’esecuzione dei prigionieri di guerra?

No. Nella sua opinione separata e parzialmente dissenziente al giudizio d’appello nel caso Tolimir (aprile 2015), il giudice della camera d’Appello Jean-­‐Claude Antonetti ha scritto che, se qualche membro delle famiglie delle vittime gli chiedesse chi ha ordinato le esecuzioni e perché, egli sarebbe impossibilitato a rispondere (Giudizio d’appello pag.400). Nessun altro giudice del ICTY ha osato questa valutazione.

In aggiunta a questo c’è un’altra testimonianza largamente pubblicizzata che non deve essere semplicemente ignorata, se vogliamo mettere l’intera tragedia di Srebrenica nel giusto contesto e tentare, in buona fede, di raggiungerne le cause alla radice.

In diverse occasioni e attraverso vari media, Hakija Meholjić, ex capo della polizia di Srebrenica e membro della presidenza del tempo di guerra, ha citato le parole di Alija Izetbegović, il presidente musulmano in tempo di guerra, pronunziate alla presenza di Meholjić a un incontro nel 1993, riassunte nel seguente rapporto delle Nazioni Unite:

Alcuni membri sopravvissuti della delegazione di Srebrenica hanno dichiarato che il presidente Izetbegović aveva anche detto di aver saputo che un intervento NATO in Bosnia-­‐Erzegovina era possibile, ma poteva accadere solo se i serbi fossero stati sul punto di entrare a Srebrenica, uccidendo almeno 5000 della sua gente. Il Presidente Izetbegović ha categoricamente negato una tale dichiarazione. [La Caduta di Srebrenica (A/54/549), Rapporto del Segretariato-­‐Generale seguente la risoluzione 53/35 delll’Assemblea Generale, 15 novembre 1999, par.115]. Meholjić ha continuato fino ad oggi a proclamare di essere uno dei nove testimoni che sentì Izetbegović dirlo, e che questa era un’offerta comunicata direttamente a Izetbegović dall’allora presidente statunitense Bill Clinton. Forse è per questo che un altro leader dei tempi di guerra, Ibran Mustafić, in occasione della visita di Clinton a Srebrenica nel 2003, dichiarò che era il caso del criminale che ritorna sulla scena del crimine.

 

5.   Quanti corpi sono stati seppelliti fin qui nel Memoriale di Potočari vicino a Srebrenica, il cimitero riservato alle vittime musulmane del luglio 1995?

Fino al 2015, 6300 "nomi" sono stati seppelliti nel cimitero (facendo un sostanziale progresso verso il numero di 8372 inciso sul monumento del Memoriale, anche se la base per questa cifra è poco chiara). La procedura di sepoltura è completamente controllata dall’Istituto per le Persone Disperse di Bosnia-­Erzegovina (Missing Persons of BiH), con sede a Sarajevo, e dalle autorità religiose musulmane che, con il pretesto del rispetto per le regole e prescrizioni, non hanno permesso a una terza parte l’accesso al contenuto delle bare, così come non hanno permesso alcun esame indipendente ai resti interrati. Ciò significa che anche le squadre di difesa degli accusati dell’ICTY hanno avuto l’accesso negato a una conferma indipendente dell’identità dei resti umani seppelliti a Potočari.

Per illustrare la natura opaca del Memoriale di Potočari e gli oscuri giochi che lo circondano, è istruttivo leggere le parole di Hasa Omerović, una donna Musulmana bosniaca che ha perso il marito, il padre e il fratello intorno a Srebrenica nel luglio 1995, ma ha rifiutato di seppellire il marito nel cimitero del Potočari Memorial Center:

Ci sono altre famiglie che hanno evitato di parlare apertamente, ma che hanno silenziosamente, a loro spese, seppellito i loro cari in altri luoghi, fuori da Potočari. Ci sono anche persone seppellite a Potočari che non sono stati uccisi nel 1995, erano soldati o comandanti. Sono seppelliti a Potočari e i loro monumenti sono gli stessi di coloro che sono stati veramente uccisi nel luglio 1995. Vi sono anche seppelliti quelli uccisi in scontri reciproci o altri tipi di battaglie. Quella è stata la guerra più sporca, iniziata da mafiosi, non da gente normale.

(Hasa Omerović – Un’altra faccia di Srebrenica – Novi Reporter Magazine, Banja Luka, Bosnia-­‐ Erzegovina, 2 marzo 2011)

E uno dei fondatori del principale partito politico musulmano-­‐bosniaco, e membro da lungo tempo dell’Organizzazione del Comitato per la Memoria di Srebrenica (Organization Committee for Srebrenica Remembrance), Ibran Mustafić, dice:

Per molto tempo Srebrenica è stata oggetto di manipolazione e il capo manipolatore è Amor Masović (presidente della Commissione per la ricerca dei dispersi della Federazione di Bosnia-­‐Erzegovina) il cui piano era di vivere sulle vittime di Srebrenica per i prossimi 500 anni. Ce ne sono molti altri, vicini a Izetbegović, che subito all’inizio della primavera del 1992 iniziarono il loro progetto di gonfiare al massimo i numeri delle vittime bosniache.

(Mustafić:  Più  di  500  musulmano-­‐bosniaci  a  Srebrenica  sono  stati  uccisi  da  musulmano-­‐bosniaci, quotidiano Politika, Belgrado, Serbia, 20 febbraio 2013)

 

6.  E’ stato definitivamente accertato che tutti i corpi seppelliti nel Centro memoriale di Potočari sono le vittime di Srebrenica?

No. A parte il personale forense dell’ ICTY e del ICMP (Commissione Internazionale per le Persone Disperse -­‐ International Commission on Missing Persons) a Tuzla, controllati dal governo U.S.A., nessuno ha accesso ai resti o il diritto a una loro verifica indipendente.

I dati demografici e le sentenze dell’ICTY hanno mancato di menzionare le perdite in combattimento nella 28° Divisione dell’esercito musulmano-­‐bosniaco – che era stato di base a Srebrenica zona smilitarizzata durante i precedenti tre anni – durante la sortita attraverso le linee serbo-­‐bosniache verso la città bosniaca di Tuzla a nord alla metà di luglio 1995. In media i rapporti dell'ONU e di altre fonti competenti stimano il numero di queste perdite in combattimento intorno a 3000. Dobbiamo sottolineare che queste morti, sebbene tragiche senza dubbio, sono infortuni di guerra e non possono essere classificate come vittime di crimini di guerra.

Mirsad Tokaca, direttore del Centro di Informazione e Documentazione (Information and Documentation Center) di Sarajevo ha dichiarato nel 2010 che “circa 500 residenti di Srebrenica vivi“ classificati in precedenza “scomparsi” sono stati trovati, insieme a “70 persone seppellite al Memoriale di Potočari, che non erano state uccise a Srebrenica”.

Ibran Mustafić, un funzionario musulmano-­‐bosniaco di Srebrenica, ha dichiarato che circa 1000 persone erano state uccise in combattimenti micidiali durante la loro ritirata da Srebrenica nel luglio 1995.

Nel suo libro, Srebrenica testimonia e accusa (Srebrenica Testifies and Accuses, 1994, pag. 190-­‐244), il comandante delle forze musulmane in Srebrenica, Naser Orić, ha pubblicato i nomi di 1333 uomini della pretesa enclave smilitarizzata di Srebrenica che erano stati uccisi in battaglia prima della caduta di Srebrenica nel luglio 1995, quando le unità di Orić lanciavano mortali attacchi ai villaggi serbi dei dintorni. Tuttavia molti di questi sono stati classificati e seppelliti come vittime del genocidio.

Il direttore del Memorial Center di Potočari, Mersed Smajlović, e il direttore del Centro per le persone disperse della Bosnia-­‐ Erzegovina, Amor Masović, hanno ammesso che circa 50 persone uccise nel 1992, ma che erano strettamente imparentate a persone classificate quali vittime di esecuzioni, sono seppellite nel cimitero del Memoriale di Potočari.

L’ex capo della polizia di Srebrenica, Hakija Meholjić, ha affermato di essere “arrabbiatocon tutti quelli” responsabili della sepoltura nel cimitero del Memoriale di Potočari di 75 persone che non sono state uccise nel luglio 1995.

L’americano Philip Corwin, l’ufficiale civile più alto in grado dell'ONU sul terreno in Bosnia-­‐Erzegovina nel luglio 1995, ha dichiarato coerentemente nel corso degli anni che 700–800 persone erano state giustiziate nelle vicinanze di Srebrenica all’epoca.

Yossef Bodansky, direttore della Congressional Task Force on Terrorism e Unconventional Warfare del Congresso statunitense dal 1988 al 2004, riferiva la cifra delle 7000 vittime di Srebrenica come disinformazione aggiungendo che “tutte le prove forensi indipendenti puntano a perdite musulmane nell’ordine delle centinaia, possibilmente poche centinaia. La continua enfasi su un tale presunto alto numero di morti musulmane a Srebrenica offusca anche le precedenti uccisioni di civili serbi da parte musulmana”.

(Rapporto speciale dell’International Strategic Studies Association, Osama bin Laden si focalizza sui Balcani per la Nuova ondata di Terrorismo Anti-­‐occidentale, 29 agosto 2003.)

 

7.  Quante persone sono state uccise nei combattimenti intorno a Srebrenica nel luglio 1995?

Richard Butler, perito dell'ICTY, ha stimato che circa 2000 combattenti musulmano-­‐bosniaci furono uccisi; l’ufficiale osservatore portoghese dell'ONU, Carlos Martins Branco, valuta a sua volta in 2000 i combattenti musulmano-­‐bosniaci uccisi; John Schindler, un analista della National Security Agency americana, da una stima di 5000 soldati musulmano-­‐bosniaci uccisi; l’ex alto funzionario e inviato ONU e UE, Carl Bildt, nelle sue memorie dà una stima di 4000 combattenti musulmano-­‐bosniaci uccisi; l'ONU ha stimato il numero di combattenti musulmano-­‐bosniaci uccisi intorno ai 3000. Tutte queste stime puntano invariabilmente al fatto che un significativo numero di persone disperse dal lato musulmano-­‐ bosniaco – che ciò malgrado sono state uniformemente etichettate dai funzionari occidentali e dai media come vittime di genocidio – è stato ucciso in battaglia, come legittime perdite di guerra, non come vittime di esecuzioni genocide.

 

8.    Secondo le prove forensi raccolte sotto la supervisione dell’ICTY, quante persone sono state identificate come vittime indiscutibili delle esecuzioni che avrebbero avuto luogo nel luglio 1995?

L’esumazione dei resti umani dalle varie fosse, che potrebbero potenzialmente ma non necessariamente, essere legati agli avvenimenti di Srebrenica nel luglio 1995, avvenne sotto il controllo dell'ICTY dal 1996 al 2001. In quel periodo un totale di 3.568 casi è stato elaborato e classificato. Tuttavia, si deve notare che un caso non corrisponde necessariamente a un corpo, ma può solo rappresentare una parte di un corpo. Infatti, quasi il 44,4% dei casi si riferiscono a una singola parte di un corpo, spesso solo un osso. L’analisi di medicina legale di questi casi ha prodotto i seguenti risultati:

‐ Solo 442 corpi esumati poterono essere classificati come indiscutibili vittime di esecuzioni, perché avevano bende sugli occhi o le mani legate;

‐ 627 corpi avevano ferite da shrapnel o da frammenti di metallo, cosa che suggerisce una morte in combattimento  piuttosto  che  un’esecuzione;

‐ 505 corpi avevano ferite da pallottole, che potevano indicare una morte per esecuzione, ma anche morte in battaglia;

‐  causa della morte indeterminata per 411 corpi;

‐ 1.583 casi presentavano solo frammenti ossei e gli esperti forensi del ICTY hanno concluso che la causa della morte non poteva essere determinata per il 92,4% di loro;

per raggiungere la stima più prossima al numero dei corpi fra 3.568 casi, è stato impiegato un metodo secondo il quale le ossa della coscia destra e sinistra (femori) venivano fatte combaciare, questo significa che il numero totale dei corpi era sotto i 2.000.

Per riassumere: i rapporti forensi originali, prodotti sotto la supervisione e il controllo dell’ICTY fra il 1996 e il 2001, indicano la presenza di meno di 2.000 corpi. Comunque, in base a un esame più attento, è chiaro che i corpi rappresentano le vittime di un combattimento o di altra causa indeterminata di morte – piuttosto che vittime di esecuzioni.

Dal 2002 l’esumazione dalle fosse comuni e l’identificazione dei corpi sono state sotto l’esclusivo controllo dell’International  Commission  on Missing Persons (ICMP)  e  della Commission for Missing Persons della Bosnia-­‐Erzegovina fondati dal Dipartimento di Stato U.S.A. e finanziati dall’Occidente. Nessuno del pubblico in generale, dei media indipendenti o di qualsiasi organizzazione indipendente di esperti è stato mai autorizzato ad accedere liberamente nell’area operativa del principale laboratorio di medicina legale a Tuzla, dove i dati sono analizzati, né il lavoro vi è condotto in modo trasparente e aperto a una verifica internazionale indipendente.

Il personale di queste organizzazioni ha radicalmente allargato la portata del lavoro di esumazione dal 2002, estendendolo a una vasta area regionale intorno a Srebrenica, senza distinzione fra sepolture di potenziali vittime di esecuzioni e quelle contenenti i resti dei morti in battaglia della 28° Divisione dell’esercito musulmano-­‐bosniaco in scontri contro le forze serbo-­‐bosniache, durante la loro avanzata verso il territorio controllato dai musulmano-­‐bosniaci.

Finalmente, con grande fanfara mediatica, un’altra metodologia, disegnata per raggiungere la largamente pubblicizzata cifra di 8.000 vittime di genocidio, è stata adottata negli ultimi anni – lo sforzo di far corrispondere i campioni di DNA delle vittime esumate e dei membri delle loro famiglie. Come risultato, sepolture contenenti resti umani di vario tipo e origine, spesso molto lontane da qualsiasi sorta di crimine di guerra sono state usate ora come illimitato magazzino di vittime del genocidio i cui resti sono cerimoniosamente seppelliti a centinaia ogni 11 luglio nel cimitero del Memoriale di Potočari.

Questo è molto fuorviante. La similarità del DNA non può determinare il tempo, la causa e il metodo della morte, ma solo l’identità del corpo. Questo è stato persino confermato dal direttore dell'ICMP, Thomas Parsons, durante un esame incrociato al processo a Karadžić il 22 marzo 2012:

L’ICMP non si preoccupa dei se – in particolare se le loro morti erano legali o meno. Io sto riferendo sulle identificazioni che sono state fatte a riguardo dei resti mortali recuperati da queste sepolture. (Processo Karadžić, trascrizione, pag. 26633)

Dato che è un fatto assodato che, insieme alle esecuzioni che hanno indubbiamente avuto luogo, feroci combattimenti erano iniziati nelle immediate vicinanze, lungo i 60 chilometri del percorso fra Srebrenica e Tuzla, è ovvio che una semplice identificazione dei corpi trovati in quell’area, che fosse basata sul DNA o su qualsiasi altra metodologia, è inutile agli scopi di un’investigazione criminale e, specialmente, alla qualificazione legale della causa della morte. Nulla può rimpiazzare un solido, responsabile esame forense, verificabile indipendentemente.

L’ ICMP ha dichiarato che un totale di 6.600 persone mancanti sono state identificate per nome con il metodo della similarità del DNA. Da parte sua l’ICTY ha accettato implicitamente questo numero a rappresentare il numero di vittime per esecuzione. Se questa lista di nomi esiste, nessuno ha potuto vederla o ha avuto il permesso di tracciarne le origini. Alle squadre della difesa degli accusati in relazione a Srebrenica davanti all’ICTY è stato negato il diritto di verificare indipendentemente l’esistenza di tali persone e di investigare se queste persone erano di fatto decedute o fossero ancora vive.

Mettendo da parte tutte queste considerazioni, i media occidentali e gli interessi politici hanno continuato a imporre l’equazione: identificazione basata sul DNA = vittima di genocidio. Questo è semplicemente non vero.

 

9. Quanti serbi di Srebrenica e dintorni sono stati uccisi dalle forze musulmano-­‐bosniache che operavano da Srebrenica fra la primavera 1992 e il luglio 1995?

Secondo i dati forniti dallo studio Serbian Victims of Srebrenica, 1992-­‐1995, condotto con stretti criteri in accordo con gli standard legali internazionalmente accettati per definire le vittime civili e pubblicato dalla NGO Olandese, Srebrenica Historical Project, 705 civili serbi sono stati uccisi nel territorio di Srebrenica durante quel periodo di tempo.

L’Institute for Research of Serb suffering in the 20th Century (Istituto per la ricerca delle sofferenze dei Serbi nel XX secolo) ha pubblicato una lista di nomi per un totale di oltre 3.200 vittime serbe delle forze dei musulmano-­‐bosniaci che operavano sotto il comando del comandante di Srebrenica, Naser Orić, fra il 1992-­‐1995, coprendo le municipalità di Zvornik, Osmači, Sekoviči, Vlasenica, Miliči, Bratunac e Srebrenica.

 

10.  E' stato condannato qualcuno dall'ICTY per questi crimini contro la popolazione serba?

Nessuno è stato condannato per questi crimini commessi contro i civili serbi nella regione di Srebrenica tra il 1992 e il 1995, quando furono uccisi a migliaia, incluse donne, bambini ed anziani, alcuni dopo torture selvagge e amputazioni. L'ICTY ha messo sotto accusa Naser  Orić, comandante delle forze musulmano-­‐bosniache a Srebrenica, ma costui è stato scagionato per "mancanza di prove" benché avesse spontaneamente raccontato delle uccisioni dei civili serbi ad alcuni media occidentali prima del 1995. Ecco due di quei resoconti:

1)    "Srebrenica, Bosnia: I trofei di guerra di Nasir Orić non stanno allineati sulla parete del suo confortevole appartamento – uno dei pochi dotati di corrente elettrica in questa enclave musulmana sotto assedio, incuneata nelle proibitive montagne della Bosnia orientale. Essi sono invece registrati sul nastro di una videocassetta: case serbe bruciate, uomini serbi decapitati, i loro corpi attorcigliati in una catasta penosa.

'Quella notte abbiamo dovuto utilizzare armi non da fuoco', spiega Orić mentre scene di uomini morti squartati con le lame sono passate in rassegna dal suo Sony 21 pollici. 'Questa è la casa di un serbo di nome Raco', spiega, mentre la camera inquadra le rovine consumate dal fuoco. 'Ha ucciso due dei miei uomini, perciò gli abbiamo dato fuoco. Sfortuna!'

Steso su di un sofa esagerato, vestito in mimetica dalla testa ai piedi, con un distintivo dell'esercito U.S.A. orgogliosamente esibito sul cuore, Orić sembra un leone nella sua tana. Di certo, il comandante musulmano è il tipo più duro di questa città che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha dichiarato 'zona di sicurezza'."

(“Weapons, Cash and Chaos Lend Clout to Srebrenica's Tough Guy,” John Pomfret, Washington Post Foreign Service, The Washington Post, February 16, 1994.)

 

2)  "Orić,il guerriero più assetato di sangue che abbia mai attraversato un campo di battaglia, è scappato da Srebrenica prima che questa cadesse. Alcuni ritengono che stia guidando le forze musulmano-­‐ bosniache nelle enclavi vicine di Zepa e Goražde. La scorsa notte queste forze hanno sequestrato veicoli corazzati per trasporto truppe ed armi dei caschi blu dell'ONU per proteggersi meglio. Orić è un tipo temibile, ed è fiero di esserlo.

Io l'ho incontrato nel gennaio 1994 nella sua casa nella città di Srebrenica, circondata dai serbi. In una notte fredda in cui cadeva la neve, sono stato seduto nel suo soggiorno a guardare una scioccante versione video di quelle che si potrebbero definire le 'Greatest Hits' di Nasir Orić.

C'erano case bruciate, cadaveri, teste mozzate, e gente che scappava. Orić sorrideva tutto il tempo, soddisfatto della sua opera.

'Abbiamo teso loro un'imboscata', disse, mentre sullo schermo apparivano un certo numero di serbi morti. La sequenza successiva di cadaveri era il frutto di esplosivi: 'Li abbiamo spediti sulla Luna', esclamò. Quando si vide la ripresa di una città fantasma crivellata di proiettili, senza cadaveri in evidenza, Orić volle subito precisare: 'Lì abbiamo ucciso 114 serbi'.

In seguito ci furono delle celebrazioni, con cantanti e voci sinuose che onoravano le sue imprese." (“Fearsome Muslim warlord eludes Bosnian Serb forces,” by Bill Schiller, The Toronto Star, July 16, 1995.)

Nessuna di queste testimonianze né altre, ancora più impressionanti e dirette, sono state considerate sufficienti all'ICTY per condannare Orić.

 

11. Srebrenica è stata veramente demilitarizzata, in linea con il suo status di Area Protetta ONU?

Nonostante l'accordo raggiunto nel maggio 1993, in base al quale l'enclave di Srebrenica veniva dichiarata "zona di sicurezza" dell'ONU, essa non fu mai demilitarizzata, come evidenziato nelle seguenti dichiarazioni:

 

1)   Resoconto del Segretario Generale dell'ONU, 30 maggio 1995:

"Negli ultimi mesi, le forze governative hanno aumentato considerevolmente la loro attività militare dentro e attorno alla gran parte delle aree protette, e molte di queste, incluse Sarajevo, Tuzla e Bihać, sono state inserite nella più vasta campagna militare da parte del governo... Il governo mantiene anche un sostanzioso quantitativo di truppe a Srebrenica (caso questo di violazione dell'accordo di smilitarizzazione), Goražde e Zepa, mentre Sarajevo è la sede del Comando Generale dell'esercito governativo e di altre strutture militari."

(Documento ONU S/1995/444)

 

2)    Yasushi Akashi, ex capo della missione ONU in Bosnia-­‐Erzegovina, in un articolo per il Washington Times del 1 Novembre 1995, scrisse:

E' un dato di fatto che le forze governative bosniache hanno utilizzato le 'zone protette' [che avrebbero dovuto essere smilitarizzate] di Srebrenica nonché di Sarajevo, Tuzla, Bihac e Goražde per l'addestramento, il recupero e il rifornimento delle loro truppe."

 

3)    Dal resoconto del Netherlands Institute for War Documentation (NIOD) "Srebrenica, a 'safe' area", aprile 2002 [http://www.cnj.it/documentazione/srebrenica.htm#niod , ndt]:

L'ipotizzata smilitarizzazione della enclave è rimasta in pratica lettera morta. L'esercito bosniaco (ABiH) ha deliberatamente perseguito una strategia di utilizzo di azioni militari limitate per incastrare una parte relativamente larga di forze umane dell'esercito della Repubblica Serba di Bosnia (VRS) per impedirgli di dirigersi nel pieno delle forze verso l'area principale attorno a Sarajevo. Questo è stato fatto anche dall'enclave di Srebrenica. Le truppe dell'ABiH non si sono fatte scrupoli a infrangere tutte le regole nelle scaramucce con la VRS. Hanno provocato il fuoco dei serbo-­‐bosniaci e poi hanno cercato copertura da parte di una unità del Dutchbat [battaglione olandese dell'ONU, ndt] la quale corse il rischio di essere presa in mezzo tra due fuochi."

 

12.    Quale era l'entità comparata delle forze serbo-­‐bosniache attorno a Srebrenica e delle forze musulmano-­‐bosniache dentro la "zona smilitarizzata" dell'enclave di Srebrenica all'inizio  di  luglio 1995?

Il film documentario norvegese "Srebrenica: a Town Betrayed", diretto da Ola Flyum e David Hebditch (2011), fornisce la cifra di 400 regolari dell'esercito serbo-­‐bosniaco, più circa 1600 locali armati.

Philip Hammond, “The UK Press on Srebrenica,” Risultati del Gruppo di Ricerca su Srebrenica [http://www.cnj.it/documentazione/Srebrenica/SrebrenicaMassacre.rev.3.pdf , Cap.9, ndt]:

"Forse la spiegazione più interessante è stata offerta dal corrispondente militare del Times, Michael Evans, in  un resoconto  di prima  pagina apparso  il 14  luglio, dal  titolo 'I soldati  musulmani hanno <mancato di difendere la città dai serbi>', basato su fonti militari e di intelligence. L'articolo notava che le forze musulmano-­‐bosniache a Srebrenica 'hanno dato vita solo a un breve combattimento... e i loro comandanti sono andati via nella notte prima che i cingolati serbi entrassero in città'. Secondo una delle 'fonti di intelligence', 'la Bosnia-­‐Erzegovina se l'è in pratica squagliata da Srebrenica e gli ufficiali superiori se ne sono andati la notte prima'. Srebrenica è stata in effetti abbandonata 'a un numero relativamente piccolo di forze serbe in avanzata'. Contraddicendo altri resoconti in base ai quali 'fino a 1500 serbi furono coinvolti nell'assalto', Evans ha menzionato stime di intelligence secondo cui 'l'attacco principale è stato portato avanti da una forza di circa 200 elementi, con cinque carri armati'. Secondo una delle sue anonime fonti di intelligence, 'è stata una operazione di livello abbastanza basso, ma per qualche motivo che non comprendiamo i soldati bosniaci (governativi) non hanno investito molto sulla lotta'. Questa descrizione di una 'operazione di livello abbastanza basso' è in netto contrasto con la campagna coordinata di genocidio suggerita dai resoconti successivi."

Per quanto riguarda l'entità delle forze musulmano-­‐bosniache, il documentario norvegese parla di un ammontare di "circa 5500 soldati".

Il generale musulmano Sefer Halilović ha testimoniato all'ICTY che ci sarebbero stati almeno 5500 soldati dell'ABiH a Srebrenica dopo che essa ebbe ottenuto lo status di "zona di sicurezza", e che egli aveva personalmente organizzato numerosi rifornimenti di armi sofisticate via elicottero. Questo è attestato anche da John Schindler, ex primo analista per la Bosnia-­‐Erzegovina presso la U.S. National Security Agency (NSA), il quale nel documentario norvegese affermò che la "zona smilitarizzata" di Srebrenica veniva rifornita di armi attraverso "voli clandestini" che le forze ONU non erano in grado di fermare, in quanto lo spazio aereo sulla Bosnia-­‐Erzegovina era sotto controllo NATO, cioè a dire statunitense.

Perciò, le forze bosniaco-­‐musulmane all'interno della "zona smilitarizzata" di Srebrenica erano superiori numericamente alle forze serbo-­‐bosniache, ed armate molto bene, grazie al fatto che la NATO chiudeva opportunamente gli occhi. Chiaramente, le forze serbo-­‐bosniache, inferiori sia numericamente che tecnicamente, non potevano realisticamente concepire di intraprendere alcun tipo di "uccisione di massa" o "piano genocida". Questa è anche la conclusione del Netherlands Institute for War Documentation (NIOD), “Srebrenica, a „safe‟ area”:

Retrospettivamente non ci sono indicazioni che la maggiore attività del VRS nella Bosnia orientale, all'inizio del luglio  1995, aveva  lo scopo  di qualcosa  di più di  un ridimensionamento  della zona  di sicurezza di Srebrenica e di una presa di controllo della strada principale per Zepa.

Il piano di battaglia fu redatto il 2 luglio. L'attacco iniziò il 6 luglio. Esso ebbe un tale successo e così poca resistenza fu offerta che si decise, nella tarda sera del 9 luglio, di premere e verificare se fosse possibile prendere l'intera enclave."

 

13.   Qual'è l'argomentazione principale a sostegno della tesi, di ispirazione occidentale, secondo cui a Srebrenica avrebbe avuto luogo un "genocidio"?

La prima importante sentenza dell'ICTY, quella che ha dato il maggior contributo alla costruzione della "versione ufficiale" secondo cui a Srebrenica nel luglio 1995 fu commesso "un genocidio", è stata quella del caso del generale dell'esercito serbo-­‐bosniaco Radislav Krstić, emessa nell'agosto 2001.

La sentenza contro Krstić è stata così riassunta dal professore britannico Tara McCormack:

"Quella di 'impresa criminale congiunta' è una nuova tipologia che non implica di dover provare che l'accusato abbia avuto direttamente alcun intento di commettere, o conoscenza, del crimine. Al processo Krstić è stato stabilito che Krstić non sapeva che fosse in corso alcuna uccisione, né che vi avesse partecipato in alcun modo. Per di più, l'ICTY ha anche ammesso che Krstić aveva impartito personalmente ordini a che sui civili musulmano-­‐bosniaci non fosse commessa violenza. La sua condanna fu basata sul fatto che aveva preso parte a una "impresa criminale": la presa di Srebrenica.”

(“How Did Srebrenica Become a Morality Tale,” Spiked-­‐online, 3 agosto 2005.)

Nelle parole di Michael Mandel, Professore di Diritto Internazionale alla York University di Toronto: “Tuttavia se il caso Krstić significa qualcosa, esso significa che a Srebrenica non c'è stato genocidio. E la conclusione della Corte significa che questa non può essere considerata altro che una forma legale di propaganda, ed è un ulteriore contributo alla diffusione dell'idea che il Tribunale è più uno 'strumento politico' che non una 'istituzione giuridica', per parafrasare il suo difensore più famoso.

La tesi del Tribunale per cui a Srebrenica si sarebbe verificato un genocidio non è stata sostenuta dai fatti riscontrati né dalla legge chiamata in causa. Nemmeno la conclusione della Corte, secondo cui 'le forze serbo-­‐bosniache uccisero svariate migliaia di uomini musulmano-­‐bosniaci [per un] numero totale di vittime ... probabilmente tra le 7000 e le 8000', è stata avvalorata dalle sue risultanze esplicite. Il numero dei corpi esumati ammonta a soli 2028, e la Corte ha ammesso che tra questi una parte morirono in combattimento, arrivando ad affermare che l'evidenza 'suggeriva' solamente che 'la maggior parte' degli uccisi non erano stati uccisi in combattimento: 'I risultati delle indagini forensi suggeriscono che la maggioranza dei corpi esumati non sono stati uccisi in combattimento; sono stati uccisi con esecuzioni di massa'."

(“The ICTY Calls it ‘Genocide’”, Srebrenica Research Group, 2005.)

Efraim Zuroff, Direttore del centro Wiesenthal e certamente una autorità indiscussa in tema di cosa costituisce un genocidio, nel giugno 2015 ha avuto a dire quanto segue sulla qualifica di Srebrenica come "genocidio", in  una  dichiarazione  rilasciata al  quotidiano  belgradese  "Politika" [http://www.politika.rs/rubrike/dogadjaji-­‐dana/Efraim-­‐Zurof-­‐Srebrenica-­‐se-­‐nikako-­‐ne-­‐moze-­‐porediti-­‐sa-­‐ holokaustom.lt.html , ndt]:

"Per quanto ne so io, quello che è successo lì non si adatta alla descrizione o definizione di genocidio ed io ritengo che la decisione di chiamarlo genocidio è stata presa per motivi politici."

 

14.   Nel suo Rapporto del 2004, la Commissione governativa della Repubblica Serba ha veramente "ammesso il genocidio"?

No. Nel suo rapporto, la Commissione usò il termine "genocidio" solo in citazione alla sentenza dell'ICTY contro il generale dell'esercito serbo-­‐bosniaco Radislav Krstić. La Commissione non accettò la figura di "8000 prigionieri giustiziati", concludendo invece che ci fu una lista di 7108 nomi di persone date per scomparse nel periodo 10-­‐19 luglio 1995. La Commissione non affermò nemmeno che tutte le persone nella lista furono uccise o scomparse. Dichiarò invece che la lista contiene persone uccise in operazioni di guerra precedenti al 1995, come anche quelle che morirono per cause naturali, mentre altre risultarono avere cambiato la loro identità e luogo di residenza, o aver servito pene detentive per attività criminali.

Il rapporto stesso fu redatto sotto circostanze altamente irregolari, sotto diretta pressione dell'Alto Rappresentante per la Bosnia-­‐Erzegovina, Paddy Ashdown, come descritto dal professore emerito Edward Herman dell'università della Pennsylvania:

"I serbo-­‐bosniaci in realtà emisero un rapporto su Srebrenica nel settembre del 2002[http://www.slobodan-­‐milosevic.org/news/smorg-­‐sreb101604.htm,in italiano su “Il Dossier nascosto del ‘genocidio’ di Srebrenica”, ed. La Città del Sole, 2007, ndt], ma questo rapporto fu respinto  da  PaddyAshdown perché non giungeva  alle  conclusioni  corrette.  Forzò  dunque  un  ulteriore  rapporto  licenziandoun fiume di politici e analisti della Repubblica Serba, minacciando il governo della RS, ed infine estraendo un rapporto preparato da persone che sarebbero giunte alle conclusioni ufficiali approvate. Questo rapporto, pubblicato l'11 giugno 2004, fu poi accolto  nei  media  occidentali  come  una  convalida significativa della linea ufficiale ¬ il ritornello era, i serbo-­‐bosniaci "ammettono" il massacro, il che dovrebbe finalmente risolvere ogni questione." ("The Politics of the Srebrenica Massacre", 7 luglio 2005, da   Globalresearch.org)

Ricordiamo che secondo la legge generale e internazionale, atti commessi sotto coercizione non possono essere considerati legittimi.

 

Conclusioni

 

Dopo 20 anni, con tutta l'attenzione e i riflettori puntati dei media, l'unica conclusione che può essere fatta con certezza è che niente di certo è stato determinato in merito a Srebrenica. Il numero della vittime di crimini di guerra è ancora da determinare, come lo è il numero delle vittime totali, sia dal lato musulmano-­‐bosniaco che da quello serbo-­‐bosniaco. La principale ragione di questo fallimento sta nel fatto che, nel caso di Srebrenica, la politica e gli interessi pragmatici hanno sconfitto la giustizia e la ricerca della verità. Solo una commissione d'inchiesta indipendente, rappresentativa, internazionale su Srebrenica può stabilire l'intera verità. È ormai tempo d'istituire una tale commissione.

Per ricapitolare, ecco cos'è noto su Srebrenica, 20 anni dopo:

‐ Non c'è alcuna connessione stabilita tra le esecuzioni di prigionieri e strutture ufficiali né della Serbia né della Repubblica Serba;

‐ Le esecuzioni di prigionieri che si verificò fu effettuata da un piccolo numero di persone, di verie nazionalità, il che distrugge le pretese di qualsiasi tipo di "colpa serba" collettiva in merito a Srebrenica;

‐ Il numero di prigionieri dei quali può essere affermato con un alto grado di certezza che furono vittime di esecuzioni -­‐ è da 10 a 20 volte più basso del numero di "7000-­‐8000" costantemente promosso acriticamente nei mass media. L'unica ragione plausibile per questa esagerazione infondata è l'intento di costruire artificialmente un'immagine di "colpa serba" collettiva come giustificazione per l'ingerenza permanente nei Balcani, nonché come giustificazione per l'intervento occidentale a livello mondiale, su "basi umanitarie", per "prevenire nuove Srebrenica";

‐ Il numero finora provato di prigionieri giustiziati, uccisi da persone che sono state o condannate a pene detentive, o furono successivamente ingaggiate come mercenari occidentali in Africa, è più basso del numero di civili serbi uccisi o massacrati a Srebrenica e dintorni ¬ un crimine per il quale nessuno ha pagato, e per cui nessun sta provando ad attribuire l'etichetta "genocida" ai musulmano-­‐bosniaci.

Pertanto, la Serbia, la Repubblica Serba e il popolo serbo nel suo complesso, non sono obbligati a chiedere collettivamente scusa per tutto quello che accadde a Srebrenica, non solo nel luglio del 1995, ma durante tutto il corso della guerra civile in Bosnia-­‐Erzegovina, tra il 1992 e il 1995.

Se eventuali scuse e ammissioni di colpa sono dovute, lo sono da a) i funzionari statunitensi che hanno continuamente sabotato gli sforzi per giungere a una soluzione pacifica in Bosnia-­‐Erzegovina, dal fallito Accordo di Lisbona nel marzo del 1992, con il quale i serbo-­‐bosniaci furono addirittura disposti ad accettare una Bosnia-­‐Erzegovina indipendente e la separazione dalla ex-­‐Jugoslavia, fino al piano Owen-­‐ Stoltenberg del 1993,

b)    la dirigenza musulmano-­‐bosniaca diretta dall'ex presidente Alija Izetbegović, il quale rifiutò le iniziative di pace di cui sopra, importò attivamente migliaia di combattenti mujaheddin nella Bosnia-­Erzegovina durante la guerra, e intraprese azioni deliberate che sabotarono i tentativi di pace allo scopo di provocare l'intervento statunitense in Bosnia-­‐Erzegovina e nei Balcani, e

c)  tutti quelli che stanno ostacolando gli sforzi per giungere alla reale, genuina verità circa Srebrenica, come unica strada percorribile per conseguire una vera giustizia, punendo i veri colpevoli e aprire la strada ad una sincera e durevole riconciliazione nei Balcani.

 

Belgrade, Den Haag, Washington

Luglio 2015

Traduzione italiana di AD-­‐AM-­‐JTMV – Bologna, Milano, Oslo – per Srebrenica-­‐project.org