Ai miei occhi, la Palestina è il paradiso

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Un'intervista con Leila Khaled, icona palestinese e responsabile del Dipartimento rifugiati e per il diritto al ritorno in seno al Fronte Popolare di Liberazione della Palestina.

Intervista del 3-04-2014 di Frank Barat

 

Leila Khaled , con in mano la celebre foto presa nel '69, dopo il dirottamento aereo

 

Frank Barat: Come sta Leila? Cosa fa attualmente ad Hamman?

 

Leila Khaled-Io sto bene nella misura in cui partecipo alla lotta per la libertà, per il nostro

diritto al ritorno e per uno stato indipendente con Gerusalemme come capitale. Lo so che

questo non si realizzerà nel prossimo futuro ma io mi batto lo stesso. Qui ad Hamman sono la responsabile del Dipartimento rifugiati e per il diritto al ritorno, in seno al Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FPLP).

 

FB: Voi siete una rifugiata palestinese , una fra 6 milioni. Pensate sempre che un giorno ritornerete?

Cosa fate per le condizioni dei rifugiati in Libano, per coloro cui sono stati rifiutati i diritti più elementari e che sono criticati per la volontà di migliorare la loro vita in Libano , cosa che potrebbe nuocere al loro diritto al ritorno in Palestina?

Leila Khaled: I palestinesi sono stati distribuiti in diversi paesi. Ciascun paese ha avuto un

impatto sulle persone che ci vivono. Quelli in Libano degli anni '70/80 sino al 1982 erano quelli che contribuirono maggiormente alla lotta armata per difendere la rivoluzione. Israele attaccava e invadeva continuamente e ha anche occupato parte del paese. Dopo il 1982  la principale missione dei palestinesi è stata di veder riconosciuti i loro diritti civili e sociali, di cui sono privati in Libano. Ciò li metterà in condizione di essere protagonisti nella lotta per il diritto al ritorno. I palestinesi in genere considerano il diritto al ritorno come un concetto e una cultura. Ciascun palestinese vi dirà che egli si batte per i suoi diritti civili e sociali, ma ciò significa che si prepara al proprio ritorno. Le due cose sono indissociabili.

 

FB: In quest'ultimo decennio la questione dei rifugiati, nei negoziati, è stata sempre più oscurata,

divenendo qualcosa che non corrisponde più a un diritto inalienabile ma che rimane oggetto di negoziato. Ciò vale altresì per i “negoziati Kerry”, come vi ponete? Cosa pensa vada delineandosi dopo il 29 aprile quando i negoziati saranno prevedibilmente conclusi?

Leila Khaled -Il FPLP e io stessa siamo contrari ai negoziati dal 1991. Il problema è che le due parti sono aggrappate ai loro fucili. Gli israeliani pensano che la Palestina è il paese degli ebrei del mondo intero. I palestinesi sono sicuri che il paese gli appartenga e che sono stati costretti ad abbandonarlo nel 1947/48. Quando tale conflitto passa da uno stadio al seguente i due campi sono considerati innanzitutto nel loro diritto,ma il fatto è che noi non siamo considerati parte della soluzione. La direzione palestinese ha scelto di andare verso gli accordi di Oslo, il numero dei coloni è raddoppiato, sono state confiscate sempre più terre e inoltre, hanno costruito il muro. Il muro dell'apartheid. Israele è uno stato dell'apartheid. Gli ultimi negoziati sono finalizzati ad aiutare Israele, non i palestinesi. Abbiamo già avuto modo di vedere cosa intende Israele per negoziati. Israele non rispetta mai le sue promesse e persegue semplicemente il suo progetto che è di trasformare in inferno la vita dei palestinesi. Noi del FPLP siamo contrari a questa ultima tornata di negoziazioni. Gli americani sostengono il progetto israeliano. Vi è un accordo sponsorizzato dagli Usa che prevede la cessazione degli insediamenti coloniali in Cisgiordania e il rilascio di 104 prigionieri in 3. Ma gli israeliani hanno già rifiutato di rispettare tale accordo e di liberare gli ultimi

contingenti di prigionieri. Comunque sia, le persone che sono state liberate vengono spesso riarrestate in breve tempo. E' a questo che gli israeliani alludono quando parlano della politica della “porta girevole”. I politici sostengono che i detenuti dovrebbero essere liberati ma, in seguito, li arrestano di nuovo. Parecchi fra di loro sono già tornati in prigione. Da ciò si deduce chiaramente che gli israeliani non sono interessati a fare la pace con i palestinesi. Sono favoriti dal fatto che gli arabi sono impegnati da ben altri problemi e non sostengono i palestinesi. Di conseguenza nessuno condanna Israele quando straccia gli accordi che sottoscrive. Inoltre cosa vuole Kerry? Quale è il suo piano? Sono solo parole. Niente di  tangibile. La direzione palestinese dovrebbe rifiutare ciò che Kerry propone. Comunque sia Kerry non è tornato a Ramallah con una nuova proposta. Ciò significa che la direzione deve ricorrere alla seconda opzione e ritornare alle Nazioni Unite. Ancora oggi gli Usa hanno affermato che essi si opporranno a una tale eventualità. Che cosa significa?

Penso che dobbiamo in primo luogo considerare la natura dello stato di Israele.In secondo luogo dobbiamo comprendere  maggiormente gli obiettivi dei loro progetti e piani. Sappiamo che gli israeeliani sono ben più potenti di noi al riguardo. Ma anche noi siamo potenti. Ciò dipende dal nostro popolo. Abbiamo la volontà di affrontare le sfide a cui gli israeliani ci sottoporranno. C'è un proverbio inglese che dice:”la dove c'è una volontà, c'è cammino”. Noi crediamo sempre che è un nostro diritto e dobbiamo lottare per questo diritto. Noi abbiamo lottato, lottiamo sempre e lotteremo ancora. Da una generazione all’altra la libertà ha bisogno di persone forti e coraggiose che continuano a lottare per i propri sogni. Per questo non penso che ci sarà un accordo questa volta. Gli americani vogliono sempre prolungare i negoziati ma ciò non servirà a nulla.

 

 FB: Se i negoziati non conducono alla pace per i palestinesi ,che cosa la porterà? Cosa dovrebbe

 fare la direzione palestinese ?

Leila Khaled: Resistere! E' così che si realizzano i propri diritti come popolo. La storia ce lo ha dimostrato. Nessun popolo ha guadagnato la sua libertà senza lottare. Laddove c'è una occupazione c'è resistenza. Non è una invenzione palestinese. Infatti noi lanciamo un appello per una conferenza da tenersi sotto gli auspici dell'ONU precisamente per applicare le risoluzioni decise da questa organizzazione a proposito della questione palestinese. La risoluzione 194 chiede a Israele di accettare il ritorno dei rifugiati. Bene. Mettiamo dunque l'ONU sotto i riflettori. Organizziamo una conferenza che ricorderà questo principio a tutti. Il problema è che le premesse a tutti i negoziati che hanno avuto luogo sono state elaborate dagli americani, di cui conosciamo la parzialità a favore di Israele.

 

FB: L'OLP significa organizzazione per la liberazione della Palestina.Pensate che abbia smarrito

il suo senso reale? Nel 2008 Bassam Sceka mi ha detto che innanzitutto l'OLP ha bisogno di

ritornare alle proprie radici in quanto movimento di liberazione.

Leila Khaled- Nessuna liberazione può essere ottenuta senza resistenza. Il mio partito non è cambiato. E' rimasto ancorato al suo programma iniziale. Noi invitiamo alla escalation nella resistenza. Le persone parlano di resistenza popolare .Ciò non significa altro che manifestazioni.

Usare le armi è altrettanto popolare. Abbiamo combattenti pronti a combattere.

 

FB: Che significa resistenza pacifica e nonviolenta per qualcuno come voi che ha scelto la

 resistenza armata come mezzo di liberazione?

Leila Khaled: La resistenza comprende molteplici aspetti, le forme di resistenza non violente

e  violente. Non ho problemi con coloro che scelgono la non violenza. Non libereremo il nostro

paese con la sola lotta armata. Altre forme di resistenza sono necessarie. La resistenza politica, la diplomazia, la non violenza. Dobbiamo utilizzare tutto ciò in nostro possesso. Da oltre 10 anni le persone manifestano a Bil' in, a Nabi Saleh...essi protestano contro il muro e contro l'annessione delle terre. Come reagisce Israele?Con la violenza, i gas, le bombe...Pensate sia accettabile utilizzare l'esercito, con un arsenale impressionante, contro persone che portano bandiere? Io sono per il ricorso a tutte le forme di resistenza .Non possiamo dire che la resistenza non violenta ci consentirà da sola di realizzare i nostri diritti. Siamo di fronte a uno stato dell'apartheid,al sionismo come movimento,agli americani e , in generale, allo occidente che sostiene Israele. Quando i rapporti di forza cambieranno, allora potremo considerare possibile una trattativa.

 

FB: E' sempre più facile perorare la causa della resistenza armata quando l'opinione pubblica sa chi è l'oppressore e chi è l'oppresso. Le vostre azioni nel 69-70 miravano a questo? Fare conoscere la Palestina. Pensate che il processo educativo consistente nel mostrare un altro volto della Palestina abbia fornito sufficiente legittimità alla resistenza dagli anni '70?

Leila Khaled -Prendiamo l'esempio del Vietnam o dell'Algeria o dell'Africa del Sud.

C'è voluto del tempo per quei popoli a convincere il mondo intero della legittimità della loro lotta. Alla fine il mondo ha compreso che gli oppressi hanno il diritto di resistere secondo le modalità prescelte. Nessuno può imporci una forma di resistenza. Non abbiamo realizzato i nostri obiettivi. Dopo l'intifada è esplosa e il mondo intero ci ha preso sul serio. Ciò nonostante non abbiamo realizzato i nostri obiettivi, poichè la direzione palestinese non era abbastanza coraggiosa allora per imprimere una escalation all'intifada,per portarla a un livello superiore. Israele era pronta a ritirarsi dalla Cisgiordania e da Gaza. L'intifada è stata la scelta del popolo. Se voi tornate all'inizio della Resistenza armata era una necessità per i palestinesi dopo il '67. Noi dipendevamo dai paesi arabi per riconquistare la nostra patria. Ma ci hanno fatto false promesse. Israele ha occupato parti sempre più ampie della Palestina.Quindi abbiamo deciso di prendere in mano il nostro destino,lanciandoci nella lotta armata. Oggi le persone aspettano ma capiscono che questi negoziati non porteranno a nulla di concreto. Le nostre esperienze passate verso Israele ci hanno dimostrato che non è possibile avere  fiducia. Essi non rispettano la parola data. Non cessano di minacciarci. Abou Mazen non è

un partner per la pace? Chi lo è? Sharon? Netanyau? Questo governo di destra? Non è un governo, è una gang che rappresenta essenzialmente i coloni , i fascisti, i razzisti. La menzogna è cominciata nello scorso secolo, pretendendo che la Palestina era la terra degli ebrei. La bibbia gliela avrebbe donata. Tutto ciò è democratico? Il mondo nel 1948 ha accettato tale menzogna: Dio ci ha promesso la terra. Come se Dio fosse un agente. Si tratta di un progetto colonialista. Ecco il principale problema di questo conflitto.

     

FB: La lotta mira a porre fine al progetto coloniale di insediamenti israeliani, quindi porre fine

all'apartheid. Cosa succederà secondo lei in seguito? Il giorno dopo la vittoria? Una soluzione

all'algerina o una soluzione alla sudafricana?

Leila Khaled-Noi abbiamo sempre proposto la soluzione più umana. Un territorio su cui

ciascuno vive su basi egualitarie. Ebrei, musulmani, io non mi preoccupo della fede religiosa delle persone. Io credo nell'essere umano. Gli esseri umani possono sedersi insieme e decidere il futuro del paese. Ma non posso accettare di non avere il diritto di ritornare nella mia città. Come 6 milioni di palestinesi. Noi proponevamo una soluzione umana e democratica. Nessuno può dirmi che non possiamo discutere del futuro del nostro paese in quanto rifugiati. Ciò che è successo costituisce un precedente nella storia. Si cacciano le persone dalle proprie case e un altro popolo venuto da molto lontano prende il loro posto. Gli israeliani erano cittadini di altri paesi. Grazie a diverse organizzazioni, Israele, prima del 1948, ha formato un esercito. Ma non c'era una società. Sono state trasferite persone dall'estero. Anche oggi vi sono enormi contraddizioni in quel paese. Le persone provengono da culture diverse, alcuni non parlano neppure l'ebraico. Noi non vogliamo altro sangue ma siamo obbligati a resistere. Abbiamo il diritto di vivere nella nostra patria, quando gli israeliani capiranno che fintanto che non cambieranno atteggiamento questo conflitto sarà interminabile, essi accetteranno la nostra soluzione. Alcuni israeliani lo hanno già compreso che non è possibile continuare a battersi eternamente. In vista di cosa?

 

FB:  Può parlare del ruolo delle donne nella resistenza? Pensate che le vostre azioni abbiano portato

 vantaggio alla Palestina (i dirottamenti del 69-70), per le donne nel mondo, o per entrambi?

Leila Khaled -I dirottamenti non erano altro che strumenti tattici. Volevamo liberare i prigionieri ed eravamo obbligati ad adottare una posizione forte. Dovevamo egualmente svegliare l'opinione pubblica mondiale per dire che noi palestinesi non siamo altro che rifugiati. Siamo un popolo con un obiettivo politico ed umano. Il mondo ci ha dato aiuti, vestiti e generi alimentari. Hanno costruito dei campi per noi. Ma noi eravamo ben più che dei rifugiati. Oggi vi sono piani per smantellare i campi in quanto testimoni del 1948. Le donne, in quanto componente costitutiva del nostro popolo, risentono le stesse ingiustizie. Così si impegnano. Le donne donano la vita. Così sentono i pericoli quanto gli uomini. Quando sono coinvolte sono più fedeli alla rivoluzione perchè difendono la vita dei propri figli. Quando ho avuto i miei 2 figli sono stata sempre più convinta che dovevo fare  del mio meglio per difenderli e costruire un futuro migliore. Ho percepito ciò che provavano le donne che avevano perso i loro figli. Così penso che le mie azioni abbiano avuto un impatto su tali questioni. Lo slogan del Fronte  Popolare era questo: “ uomini e donne insieme nella lotta  per la liberazione della nostra patria.”.Il FPLP ha applicato tale principio dando spazio alle donne nell'esercito. Nel contempo le donne hanno anche giocato un ruolo importante nella difesa del fronte interno, le famiglie. Migliaia di donne palestinesi sono oggi responsabili delle loro famiglie. Dopo tutte le guerre, i massacri,gli arresti, gli omicidi di Israele, queste donne hanno protetto le loro famiglie impedendo la loro dispersione. Oggi le donne ricevono una formazione, lavorano, viaggiano, frequentano l'università. Prima della rivoluzione ciò non esisteva. Potete rendervi conto che le donne sono coinvolte in numerosi aspetti della lotta e della società. Sia all'interno che all'esterno della Palestina.

 

FB: Lina Makboul che ha realizzato il film “Leila Khaled: Hijaker”, lascia intendere nella sua

ultima domanda del film che le vostre azioni hanno fatto più danno che altro alla causa

 palestinese. Il film si chiude dopo tale interrogativo. Cosa ha risposto?

Leila Khaled: Mi ha detto che lo ha fatto per finalità cinematografiche. Ma non mi è piaciuto.

Purtroppo le persone non potevano conoscere la mia risposta. La mia risposta era no! Le nostre azioni erano un contributo al mio popolo, alla sua lotta. Non abbiamo ferito nessuno. Abbiamo dichiarato al mondo intero che eravamo/siamo un popolo che subisce una ingiustizia,che il mondo deve aiutarci a conquistare il nostro fine. Sono rimasta seduta con Lina per molte ore a raccontargli tutta la storia. Mi ha detto in seguito che la tv svedese era interessata unicamente a tale questione.

 

 FB: Ripensate talvolta al passato? Cosa è stato fatto, cosa si poteva fare di diverso di fronte allo

 stato attuale delle cose. Cosa è andato male?

 Leila Khaled: Di recente il mio partito ha tenuto la settima conferenza e ha rivisto le proprie

 posizioni. Abbiamo elaborato un programma per estendere le nostre relazioni con le forze

 progressiste internazionali, in particolare a livello arabo. Abbiamo anche deciso di rafforzare

 le nostre strutture interne. Ho anche appreso che devo rivedere le mie posizioni. Ogni anno, verso dicembre, riesamino il passato e decido di fare qualcosa per il prossimo anno. Quest'anno ho deciso di smettere di fumare ed è ciò che ho fatto. Ho preso tale decisione e mi è stato facile applicarla.

 

FB: Perchè a suo parere la Palestina è divenuta un simbolo del movimento di solidarietà?

Leila Khaled: La Palestina per me è il paradiso. Le religioni parlano di paradiso. Per me la Palestina è il paradiso. Perciò merita i nostri sacrifici.

 

Da “ La voix de la Libye”

Traduzione di Fabrizio G. per civg.it