Notiziario Patria Grande - Maggio/Giugno 2025
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NOTIZIARIO MAGGIO-GIUGNO 2025
GRANMA (CUBA) / ESTERI / RICHIAMO ALLA PACE A TUTTE LE FORZE DI SINISTRA
Dichiarazione del Partito Comunista di Cuba a favore dell’unità di tutte le forze di sinistra e progressiste per salvare l’umanità dalla deflagrazione nucleare
TELESUR (VENEZUELA) / ANALISI / LA SICUREZZA IN AMERICA LATINA
Il triangolo della “sicurezza” in America Latina: un modello “import”
TELESUR (VENEZUELA) / ANALISI / LA SITUAZIONE IN VENEZUELA
Venezuela 2025: il nuovo mondo che vuol nascere
TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / HAITI
Erik Prince sbarca ad Haiti sotto l'ombra di Trump
Col silenzio di Washington, il fondatore di Blackwater estende la sua influenza mercenaria ad Haiti, confermando le denunce sull'ingerenza statunitense in America Latina
GRANMA (CUBA) / ESTERI / ANNIVERSARIO DELLA VITTORIA SUL NAZISMO
La sfilata dei vincitori
GRANMA (CUBA) / ESTERI / RUBIO RESPONSABILE DEL GENOCIDIO A GAZA
Marco Rubio, complice dell’inferno di Gaza
GRANMA (CUBA) / ESTERI / RICHIAMO ALLA PACE A TUTTE LE FORZE DI SINISTRA
Dichiarazione del Partito Comunista di Cuba a favore dell’unità di tutte le forze di sinistra e progressiste per salvare l’umanità dalla deflagrazione nucleare

Il Partito Comunista di Cuba condanna, nei termini più energici, i brutali bombardamenti perpetrati dal Governo degli Stati Uniti contro le installazioni nucleari iraniane di Fordow, Natanz e Isfahán.
Queste azioni criminali, contrarie al Diritto Internazionale e ai propositi e i principi della Carta delle Nazioni Unite, costituiscono una grave minaccia globale le cui conseguenze per l’ umanità potrebbero essere imprevedibili.
In questi momenti cruciali, dal Partito Comunista di Cuba
rinnoviamo la piena solidarietà con il popolo e il Governo della Repubblica Islamica dell’Iran che, come Stato sovrano, ha diritto alla libera determinazione e sviluppo.
Il Partito Comunista di Cuba, storico difensore della pace, richiama i partiti, i movimenti sociali e le forze politiche di sinistra e progressiste a mobilitarsi nella denuncia di queste illegali azioni commesse dal governo fascista statunitense, che contrastano gli sforzi di una soluzione negoziata del conflitto in Medio Oriente e confermano il loro pieno appoggio alle ambizioni genocide di Israele nella regione.
I fatti sono eloquenti e hanno dimostrato quanto può andare lontano l’impero yanquee per imporre le sue politiche espansionistiche e di dominio, ponendo in pericolo il futuro dell’umanità.
Unirci per salvare i nostri popoli da una conflagrazione nucleare è improcrastinabile.
Redazione Granma e GM per Granma Internacional, 22 giugno 2025
TELESUR (VENEZUELA) / ANALISI / LA SICUREZZA IN AMERICA LATINA
Il triangolo della “sicurezza” in America Latina: un modello “import”

Il recente rifiuto da parte del Consiglio Nazionale Elettorale ecuadoriano dei ricorsi presentati da Revolución Ciudadana e la conseguente conferma della rielezione di Daniel Noboa in Ecuador, rappresentano un amaro messaggio per la regione. La democrazia continuerà a cedere di fronte al modello di “sicurezza“ che si radica, si amplia ed è già un tratto comune a nazioni quali Ecuador, El Salvador e Argentina.
L'Ecuador sta vivendo una crisi di sicurezza che dal 2012 si è man mano acutizzata, finché il Paese nel 2023 è diventato uno dei più pericolosi del continente. Il governo del presidente Daniel Noboa ha risposto ricorrendo alla militarizzazione, dichiarando che la nazione, da gennaio 2024, è in "conflitto armato interno" contro bande criminali. È anche significativo che sia ricorso all'aumento dell'IVA, la più popolare fra tutte le imposte, per finanziare la sua crociata "antiterrorista" e che tra la fine dello scorso anno e questo, abbia utilizzato almeno 8 volte la dichiarazione dello stato d’emergenza, un mezzo che sospende le garanzie costituzionali e che, tra l’altro, abilita l'intervento delle Forze Armate su questioni di sicurezza interna.
In tal senso, il 12 aprile 2025, un giorno prima del ballottaggio nelle elezioni presidenziali, dichiarò nuovamente lo stato d’emergenza per 60 giorni. Altro dato che non è circolato molto nelle grandi catene d’informazione, è che, oltretutto, lo fece applicare a Quito e nelle 7 province in cui Revolución Ciudadana storicamente ha sempre ottenuto buoni risultati.
El Salvador, Ecuador e Argentina: alunni esemplari degli USA
Negli ultimi decenni l'America Latina ha imboccato una svolta pericolosa verso una logica di “assicurare sicurezza” funzionale ad interessi esterni.
El Salvador, Ecuador e Argentina si stanno consolidando nella regione come modelli di nazioni in cui “assicurare sicurezza” è prioritario. Ci riferiamo al processo in cui i governi convertono certi fenomeni sociali - come la povertà, la migrazione o la protesta - in minacce cui bisogna rispondere con la forza militare o poliziesca. Questo cambiamento sostituisce la funzione storica delle forze armate come difesa del territorio da minacce esterne, con un apparato di sicurezza per l’intervento interno sulla popolazione.
Questi governi con visioni autoritarie e neo-reazionarie definiscono i loro nemici interni a partire dalla dottrina di sicurezza statunitense, secondo cui, con la scusa della lotta al crimine organizzato, si stigmatizzano i migranti, i poveri e tutti coloro che decidono di manifestare in strada e protestare. Vengono presentati all'opinione pubblica come minacce, giustificando così l'uso della forza militare o poliziesca, in modo illecito e arbitrario.
In Ecuador, comunque, la provenienza del giovane presidente da una delle famiglie più benestanti del Paese, le cui imprese sono state vincolate da un'indagine giornalistica all'esportazione verso l'Europa di cocaina insieme alle banane, non ha suscitato grande scalpore nell'opinione pubblica. Al contrario, Andrés Durán, il giornalista che rese pubbliche tali connessioni, dovette abbandonare il Paese in seguito alle minacce ricevute.
La vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti favorì l’estendersi dell’influenza di tale modello nella regione. L’effetto è: aumento del controllo e disciplinamento sociale in nome della "sicurezza dei cittadini, lotta contro il crimine, le bande urbane e il narcotraffico".
Dall'inizio del suo mandato, Daniel Noboa ha sviluppato tale modello di approccio alla violenza nel Paese in stretta cooperazione col governo degli Stati Uniti e le sue istituzioni: il Dipartimento di Stato, il Comando Sud e il Dipartimento di Sicurezza Nazionale.
A marzo di quest’anno, in piena campagna elettorale per il ballottaggio, Noboa si recò negli Stati Uniti per riunirsi in privato con Donald Trump, manifestando così la sua posizione, alleanza e dipendenza dal padrone del Nord, sebbene sia stato poi piuttosto criticato per non essere riuscito a frenare i pesantissimi dazi comminati a vari Stati del continente.
Sempre in marzo il presidente ecuadoriano convalidò un accordo con l'impresario ed ex militare statunitense Erik Prince, fondatore della società di sicurezza privata Blackwater, argomentando il "grave contesto situazionale d’insicurezza che attraversa lo Stato ecuadoriano".
Non di meno ricordiamo che nel dicembre 2024, il governo ecuadoriano concordò che le Forze Armate nazionali cedessero l'uso delle Galapagos al Comando Sud degli USA per l'installazione di una base militare. Quattro mesi più tardi, nell’ambito della campagna elettorale, la CNN pubblicò una notizia circa il possibile nuovo insediamento di truppe statunitensi nella città di Manta. Fu promessa durante la campagna elettorale la modifica della costituzione del 2008, per eliminare proprio il punto che proibisce l'installazione di basi militari straniere.
El Salvador, da parte sua, sperimentò nel corso della storia modelli di sicurezza noti come “Piano di Mano Dura e Legge Antimaras” del 2003, “Piano Super Mano Dura” nel 2004, “Legge di Proscrizione delle bande” del 2010, fra i tanti. Il "grande" modello del presidente Nayib Bukele arrivò nel 2019, quando per la sua candidatura a presidente promise di consolidare il programma di sicurezza per mettere finire alla violenza nel Paese.
Bukele ha eseguito il Piano di Controllo Territoriale puntando al controllo dei centri penali, all'impedimento del finanziamento al crimine organizzato ed al rafforzamento dei corpi di sicurezza. Nel 2021 rinnovò il suo mandato con oltre l’80 % dei voti e ottenne la maggioranza al Congresso. Dopo sei anni di governo, El Salvador prosegue col Piano di Controllo Territoriale come suo "cavallino di battaglia".
Con l'elezione di Trump, El Salvador strinse nuovi accordi politici ed economici. Nel febbraio 2025 il sottosegretario USA, Marco Rubio, annunciò un accordo sui migranti, tale per cui il Centro di Detenzione del Terrorismo di El Salvador (CECOT), conosciuto come il mega-carcere, cominciò a ricevere deportati di altre nazionalità, come criminali pericolosi che attualmente scontano pene negli Stati Uniti. Al momento ospita circa 288 persone, tra cui almeno 250 sono venezuelani.
In quest’ambito la Segretaria di Sicurezza Nazionale USA, Kristi Noem, visitò il Paese e firmò un Memorandum di Cooperazione destinato ad aggiornare l'Alleanza di Sicurezza per l'Esecuzione dei Fuggiaschi (SAFE), che permette lo scambio d’informazioni sui precedenti penali, garantendo che "individui pericolosi" non siano liberati senza la dovuta verifica, proteggendo tanto le comunità di El Salvador, quanto degli Stati Uniti.
Nel suo account X, Kristi Noem scrisse: "Ho visitato il CECOT, Centro di Detenzione del Terrorismo di El Salvador. Il presidente Trump ed io abbiamo un messaggio chiaro per gli immigrati illegali criminali: “Andatevene ora. Se non vai via, ti daremo la caccia, ti arresteremo e potresti finire in questa prigione salvadoregna".
Lo Stato salvadoregno implementa questa politica già da tre anni, dopo un massacro attribuito a bande nel marzo 2022. Il governo sostiene che ha ridotto drasticamente gli omicidi e permesso la cattura di oltre 85.000 persone. Tuttavia, organizzazioni dei diritti umani denunciano gravi violazioni dei diritti fondamentali, condizioni inumane nelle prigioni e migliaia di detenzioni arbitrarie.
Nel mese di aprile il presidente degli Stati Uniti sollecitò Bukele a costruire altri penitenziari simili al mega-carcere Centro di Detenzione del Terrorismo, in cui deporterà tanti criminali quanti "sarà possibile".
Anche in Argentina il governo di Javier Milei risponde al modello proposto dagli USA. Nell'orbita della ministra per la Sicurezza Patrizia Bullrich e del suo show mediatico di lotta al terrorismo e al narcotraffico, definiti come crimine transnazionale, viene imposta la Dottrina delle nuove minacce, ovvero la versione della "Dottrina di Sicurezza Nazionale 2.0", guidata da Stati Uniti, Israele e potenze occidentali in tutto il continente latinoamericano.
Il governo argentino lavora alla promulgazione ed esecuzione di leggi come la Legge Omnibus, "protocollo anti-picchetti", "Legge Antimafia o anti- bande come nuova modalità di persecuzione penale contro il crimine organizzato", “Legge di Legittima difesa” e ristabilimento del "Regolamento Generale per l'Impiego delle Armi da fuoco da parte dei Membri delle Forze Federali di Sicurezza", Pattugliamento cibernetico, creazione dell'Unità di Intelligenza Artificiale Applicata alla Sicurezza (UIAAS) per la "prevenzione, rilevamento, investigazione e persecuzione del crimine e delle sue connessioni mediante l'utilizzo dell'intelligenza artificiale". Nel mese d’aprile il Ministro Luis Petri avviò l'Operazione "Julio Argentino Roja" dispiegando oltre 10.000 membri delle Forze armate in spazi terrestri, fluviali ed aerei per rafforzare la vigilanza ed il controllo delle frontiere a nord e nordest del Paese.
Risulta evidente l'influenza USA nel continente, percepibile non solo negli accordi politici e nei movimenti strategici, ma anche negli accordi economici. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) è un attore fondamentale nello sviluppo della “sicurezza”, attraverso accordi economici che condizionano la sovranità delle nazioni latinoamericane e la realtà socioeconomica della popolazione. El Salvador approvò alla fine di febbraio 2025 un nuovo accordo col FMI nell’ambito del Servizio Ampliato del Fondo (SAF) per il Paese, con un ingresso equivalente a 1.4 miliardi di dollari. A inizio aprile 2025, il governo argentino di Javier Milei approvò un nuovo prestito del FMI per 20 miliardi di dollari, contando su un primo pagamento di 12 miliardi. Sulla stessa linea il governo dell'Ecuador spera di ottenere un nuovo credito richiesto a metà 2025, per un importo di circa 4 miliardi di dollari.
Che cosa opporre a questo modello?
Questo processo di “assicurare sicurezza” con la scusa della dottrina delle nuove minacce, non è altro che un'ulteriore manifestazione delle tensioni che scuotono lo scacchiere globale nell’ambito della disputa G2: USA - Cina.
Di fronte a ciò ci chiediamo quale strategia porre in atto a partire dai progetti popolari latinoamericani e caraibici. Le tensioni e contraddizioni con le forze di sicurezza sono di lunga data, basta pensare alla storia delle dittature regionali. Oggi le mazzate alla democrazia adeguano mezzi e strategie. La democrazia è un'illusione ridotta al voto, se per caso ne deriva un processo affidabile in cui qualcuno creda.
È una sfida per le organizzazioni popolari recuperare l'idea o la concezione di una difesa nazionale emancipatrice, pensata dal popolo per il popolo, con una visione territoriale, ambientale, regionale e popolare. La difesa non è uno strumento del capitale né delle élite militari. Può e deve essere uno strumento al servizio dell'autodeterminazione dei popoli, in alleanza coi movimenti sociali e con una visione latinoamericana condivisa.
Paula Giménez e Matías Caciabue, 3 maggio 2025
Articolo originale: El triángulo de la securitización en América latina: un modelo “imported”
https://www.telesurtv.net/opinion/triangulo-securitizacion-america-lat/
Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG
TELESUR (VENEZUELA) / ANALISI / LA SITUAZIONE IN VENEZUELA
Venezuela 2025: il nuovo mondo che vuol nascere

Foto: Telegram di Freddy Ñáñez.
Mentre nella politica venezuelana Nicolás Maturo gioca a scacchi calcolando le mosse per andare avanti, l'opposizione continua il gioco dell'oca, attenta al gesto immediato, puntando tutto su un colpo di fortuna e, oltretutto, lasciando che i dadi li lancino per lei da fuori, cioè dagli Stati Uniti. Non stupisce la batosta che ha subito. Il chavismo ha ottenuto l’82.6 % dei voti all'Assemblea Nazionale, 256 seggi dei 285 in disputa (29 per l'opposizione), con una partecipazione del 42.63 %. Analogamente, il chavismo ha vinto in 23 Stati e l'opposizione soltanto in uno.
Mentre il Gran Polo Patriottico Simón Bolívar si è presentato insieme ad altre dodici forze politiche, l'opposizione si è mostrata un'altra volta divisa - 10 forze d’opposizione - e con posizioni contrastanti perfino sul rispetto delle regole del gioco. Mentre il chavismo ha messo insieme un fronte ampio e continua su questa strada seguendo un percorso costituzionale, come ha fatto dal 1998 quando Hugo Chávez vinse le elezioni, la parte dell'opposizione internazionalmente più aizzata continua a puntare a spaccare la scacchiera, giacché le cose non vanno come vorrebbe. Attori politici d'opposizione come Manuel Rosales o Henrique Capriles, che avevano fatto parte del fronte oppositore, hanno invece deciso di partecipare alle elezioni. Sono stati espulsi dalla MUD (1) e María Corina Machado, se potesse, li manderebbe in carcere in El Salvador.
Il settore rabbioso dell'opposizione voleva non si convocassero queste elezioni, per dimostrare così che in Venezuela non si rispetta la democrazia. Ciò che fece, in effetti, fu far circolare su carta intestata del Consiglio Nazionale Elettorale la falsa informazione che le elezioni venivano annullate. Supportati da molto denaro, la divulgarono in modo capillare sui social. Vollero anche, come in altri Stati latinoamericani, scatenare la violenza e addirittura alcuni membri di quell'opposizione rabbiosa e aggressiva complottarono, senza successo, per compiere attentati durante la giornata elettorale. Non avendo più l’appoggio popolare, vennero rapidamente catturati ed il loro tentativo nuovamente fallì. Cosicché, neanche l’asso nella manica della violenza gli fece buon gioco.
Insistettero poi sulla frode, su elezioni illegittime, sul Consiglio Nazionale Elettorale di parte, ma nuovamente si presentarono i partiti d'opposizione a constatare come, nonostante il cattivo risultato generale, i voti ricevuti diventassero seggi nell'Assemblea nazionale, nelle assemblee legislative e nel governo di uno Stato, Cojedes, dove lo stesso CNE, da quegli altri vituperato, aveva convalidato il trionfo di un oppositore.
Ci sono 4 punti di enorme rilevanza in queste elezioni che la stampa internazionale ha tentato di silenziare chiedendo l’invalidazione, rimarcando un'astensione che sta solamente nei desideri antagonisti di María Corina Machado. La negazione della realtà da parte di questa signora si spiega solo con quanta insistenza han presentato le sue fantasticherie come reali e per quanto funzionale risulti ad alcune cancellerie un'alleata disposta a sostenere perfino l'intervento armato di altri Stati in Venezuela.
Primo punto: constatare che, mentre l'opposizione continua ad essere divisa, il chavismo ha creato un Fronte Ampio che rende il Gran Polo Patriottico Simón Bolívar più somigliante al Venezuela che qualsiasi altro partito da solo.
Secondo punto, rilevante: il Venezuela è cambiato, cosa che l'opposizione non capisce, da qui le sue difficoltà a connettersi con la gente. Se non capisci il tuo popolo, come ti può votare? Questa trasformazione riguarda il cambio generazionale che legge il mondo in modo diverso (per esempio, mentre il chavismo include le donne - 5 sono governatrici - l'opposizione continua ad avere enormi problemi al riguardo). Analogamente, la proliferazione delle tecnologie digitali ha orizzontalizzato le relazioni; la sofferenza della gente per le sanzioni e il blocco la rende più esigente; l'esperienza acquisita uscendo dal Paese provoca contrasti al rientro (il venezuelano torna sempre alla sua patria); l'emergere di una classe imprenditoriale nata in risposta al blocco e alle sanzioni.
Terzo punto: ci sono nuove esigenze che hanno a che fare col cambiamento geopolitico che stiamo vivendo a livello mondiale. La questione territoriale sta guadagnando peso su quella ideologica, ovvero: la difesa degli interessi nazionali nel contesto del mondo post-globalizzato, conta di più che il tradizionale asse "destra-sinistra". Non è che sparisca l'asse sinistra-destra, ma, in molte occasioni, si subordina alle istanze dei territori. Un esempio chiaro sta nelle alleanze di blocchi in America Latina, dove non necessariamente si condivide l'ideologia del blocco dei BRICS, pur tuttavia si fanno alleanze con quelle nazioni per frenare le pretese egemoniche di USA e NATO.
Quarto punto: benché la grande vittoria del chavismo dia tranquillità al governo e lanci un'avvertenza a Donald Trump, che non gli sarà facile mettere in ginocchio il Venezuela, il governo ne esce comunque con delle sfide. Perché? Io credo che il presidente Maduro lo sappia. Confrontiamo per un attimo due nazioni, Argentina e Venezuela, Javier Milei e Nicolás Maturo e che il diavolo mi perdoni. In Argentina si stanno sopprimendo mansioni che sono dello Stato per affidarle alla governance economica, un modo elegante per dire che si danno al mercato. Ovviamente, vi sono anche privatizzazioni, deregolamentazioni e interventi polizieschi, per frenare le proteste dei lavoratori che si vedono pregiudicati da tale politica a beneficio delle imprese.
A fronte abbiamo il Venezuela: anch’esso toglie competenze che sono dello Stato per consegnarle, non alle imprese, bensì ai consigli comunali, ovvero inietta democrazia al governo rappresentativo, rende partecipativa la democrazia. Nel caso di Milei, lo Stato si disinteressa e lascia che i cittadini regolino i conti col mercato, in modo che colui che non trionfa sia un perdente, si assuma il proprio fallimento e non reclami niente da nessuno, bensì interiorizzi la propria sfortuna, destino o punizione per non essersi sforzato abbastanza.
Al contrario, nel caso del Venezuela, vi è una volontà che il popolo si responsabilizzi. Intanto è stato il popolo a scegliere durante le primarie i candidati che, in seguito, ha votato il 25 maggio. Se dai al popolo la fiducia di scegliere chi presentare alle elezioni, è più facile che quel popolo porti a termine il compito eleggendo il candidato o candidata che aveva selezionato. Inoltre i consigli comunali decidono su una parte della spesa pubblica, in modo che, coerentemente, si impegnano a stabilire in che cosa si usa il denaro di tutti.
È vero che, in questo primo momento, il livello di complessità non è molto alto ed i consigli comunali non possono decidere subito, ad esempio, quali risposte dare ai dazi o alle sanzioni nordamericane. Ma il popolo ha già cominciato a prendere decisioni. Si tratta di continuare a provare, saggiare, aggiustare il tiro. È evidente che la strada scelta è quella democratica, perché è del popolo, mentre quella del mercato e delle imprese è sempre traviata dalle enormi disuguaglianze di partenza e da quelle che genera man mano.
Il popolo che inizia a partecipare all'economia e alla politica in modo nuovo, o con rinnovati slanci, sta imparando anche ad esigere dallo Stato che sia diverso dallo Stato tradizionale venezuelano ereditato dalla colonia spagnola (in realtà era una capitaneria generale perché il Venezuela non aveva miniere, né fu un vicereame), uno Stato ulteriormente indebolito dai conflitti del XIX secolo e che, alla fine, fu strutturato come redditiere, ovvero come strumento delle élite per vivere di rendita mediante la gestione del petrolio nel corso del XX secolo.
La nuova borghesia imprenditoriale emersa in risposta al blocco e alle sanzioni, chiede a questo Stato una maggiore efficienza, che non sia corrotto e non favorisca gli imbroglioni, che non consegni il mercato venezuelano che tanto è costato loro costruire agli interessi nordamericani. Per questo motivo la nuova borghesia venezuelana non sta con l'opposizione legata agli USA, ma col governo.
E anche il popolo, cui si è affidata la capacità di prendere decisioni e che si è potenziato, chiede allo Stato cose simili: efficienza, lotta contro la corruzione, essere ascoltato. Aggiungiamo anche quei venezuelani e venezuelane che hanno fatto lo sforzo di andar via dal Paese per colpa delle sanzioni e del blocco: quando tornano lo fanno come chi rientra da una guerra, essendo molto esigenti tanto con coloro che di fatto li hanno espulsi dalla patria sostenendo sanzioni e blocco, quanto con la dirigenza politica della nazione.
L’affluenza al voto è stata alta, trattandosi di elezioni non presidenziali. Il 42%, inclusi i votanti all’estero, è un'alta partecipazione che ha superato quella di quattro anni fa. Chi critica il Venezuela dimentica che alle elezioni locali USA partecipa meno del 20%. Non il 42%, bensì meno del 20%!
Percepisco che sta iniziando una nuova tappa nella politica venezuelana, coerente col nuovo Venezuela sorto da questi anni di difficoltà e di superamento delle difficoltà, in un contesto mondiale anch’esso di cambiamento. L'opposizione ha visto che la popolazione venezuelana non la sostiene, sicché dovrà reinventarsi. Alla morte di Franco, i franchisti si ostinarono a voler tornare al franchismo partendo dalla democrazia. Manuel Fraga, ministro di Franco, fondò Alleanza Popolare, ma non ebbe alcun successo, finché non cedette il passo ad una generazione che nulla aveva a che fare con la dittatura. Tutto il contrario di ciò che accade all'opposizione venezuelana: continua ad essere la stessa del colpo di Stato contro Chávez di oltre 20 anni fa.
Il governo dovrà rendere più efficiente lo Stato, dovrà lottare contro i cattivi funzionari pubblici e, compito essenziale, dovrà collaborare alla formazione di un popolo cui sta affidando responsabilità per le quali deve essere preparato. L'università delle Comunas (2), dove si potranno formare i membri - uomini e donne -delle comunità, va nella giusta direzione, così come è importante che lo Stato formi funzionari in grado di dare risposte alle nuove istanze popolari. Esempio: per dirigere imprese pubbliche è importante avere la preparazione adeguata.
Se un vecchio mondo non se n’è ancora andato del tutto, a differenza di ciò che vedeva Gramsci negli anni ‘30, il nuovo mondo che vuole nascere pare stia spingendo nella direzione giusta e continua ad emergere.
N.d.T. (1) La MUD (Tavolo di Unità Democratica) era una coalizione politica di partiti formata nel 2008 con l'obiettivo di unificare l'opposizione al governo di Hugo Chávez. Ottenne un’apprezzabile rappresentanza al Congresso nelle elezioni parlamentari del 2010, ma perse poi l’appoggio di alcuni partiti e si sciolse definitivamente nel 2021.
N.d.T. (2) Le “Comunas” sono unità territoriali decentrate volte a sviluppare la partecipazione delle comunità nella gestione di politiche pubbliche, in cui assumono un ruolo protagonista. Rientrano nel piano lungimirante di decentrare il potere, rafforzare quello popolare favorendo forme di autogoverno, come parte di progetto più ampio di costruzione dello Stato Comunale, avviato dal governo di Hugo Chavez e proseguito con quello di Nicolas Maduro. La Legge Organica delle Comunas del 2010, così le definisce: "comunità vicine con una memoria storica condivisa, tratti culturali, usi ed abitudini, che si riconoscono nel territorio che occupano e nelle attività produttive che servono al suo sostentamento". I Consigli Comunali hanno un ruolo organizzativo fondamentale nel fomentare la partecipazione attiva dei cittadini nell’affrontare tematiche proprie, deciderne soluzioni, gestire forme di autorganizzazione e politiche pubbliche.
Juan Carlos Monedero, 28 maggio 2025
Articolo originale: Venezuela 2025: el nuevo mundo que quiere nacer
https://www.telesurtv.net/opinion/venezuela-2025-nuevo-mundo-quiere-nac/
Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG
TELESUR (VENEZUELA) / ESTERI / HAITI
Erik Prince sbarca ad Haiti sotto l'ombra di Trump
Col silenzio di Washington, il fondatore di Blackwater estende la sua influenza mercenaria ad Haiti, confermando le denunce sull'ingerenza statunitense in America Latina

Prince donò oltre 250.000 dollari per appoggiare l’elezione di Trump nel 2016 secondo i registri finanziari della campagna. Foto: immagine da teleschermo
28 maggio 2025. Il governo haitiano ha formalizzato un accordo con Erik Prince, il fondatore dell'impresa Blackwater - attualmente denominata Academi - finanziatore ed alleato di Donald Trump, per realizzare operazioni contro le bande che assediano Porto Principe. L'informazione è stata rivelata dal New York Times (NYT), sottolineando l'impatto di questo intervento nella già critica situazione della nazione caraibica.
Da marzo la squadra di Prince ha operato con droni che, come riportato, hanno causato la morte di oltre 200 persone. Ciò nonostante, non viene confermata la neutralizzazione di alcun leader criminale, né la cattura di obiettivi rilevanti.
Il piano di Prince include il reclutamento di veterani haitiano-statunitensi e il dispiegamento di 150 mercenari durante l'estate. Inoltre, si riporta l'invio di un importante carico di armi ad Haiti.

Jimmy Chérizier, alias Barbecue, capo della coalizione di bande haitiane "Viv Ansanm" (Vivere Insieme) che opera a Porto Principe, e che attualmente si sta scontrando con la Polizia nazionale. Foto: EFE
L'amministrazione Trump nega qualunque coinvolgimento in tale operazione. Le autorità haitiane non hanno rivelato l'importo del contratto con Prince, e non esiste un registro pubblico che riporti una licenza ad esportare difesa statunitense. La mancanza di trasparenza alimenta gli allarmi sulla portata reale dell'intervento.
Secondo quanto riportato, Prince sta cercando di estendere il contratto a settori quali dogane, riscossione d’imposte ed altri servizi governativi. Se si concretizzasse, ciò implicherebbe la privatizzazione di funzioni statali fondamentali, concedendo al mercenario un controllo importante all’interno del governo haitiano.
La situazione ad Haiti è critica. La polizia locale si trova ad essere scavalcata dalle bande e le missioni internazionali non riescono a stabilizzare il Paese. Le bande armate hanno occupato prigioni, incendiato commissariati e provocato lo sfollamento di un milione di persone. L'ONU allerta circa il rischio che la capitale cada in mano ai gruppi criminali.
Il curriculum del mercenario professionista Erik Prince è segnato da operazioni militari contestate, compreso il massacro di Baghdad nel 2007, perpetrato da mercenari assoldati dalla Blackwater, per cui fu accusata di violazioni di diritti umani durante l'invasione statunitense in Iraq. I critichi notano che la sua presenza ad Haiti potrebbe esacerbare la violenza e destabilizzare ancora di più la nazione.
Secondo il NYT, la presenza di contractors militari ad Haiti è motivo di polemiche, quali l'accusa che mercenari colombiani, ingaggiati da un'impresa statunitense, abbiano eseguito l'assassinio del presidente Jovenel Moïse nel 2021.

Rod Joseph vicino a Prince. Foto dal NYT
Rod Joseph, veterano haitiano-statunitense, ha riferito di conversazioni con Erik Prince sulla fornitura di personale, inizialmente sotto la presunta approvazione USA, per poi passare alle dipendenze del governo haitiano. Prince pianificava d’inviare soldati salvadoregni ed elicotteri per combattere le bande.
I mercenari di Prince in America Latina
Recentemente Prince ha presenziato ad alcuni operativi in Ecuador, a Guayaquil, in compagnia dei ministri degli Interni e della Difesa del governo di Daniel Noboa. L'anno scorso, lanciò la campagna "Tra poco il Venezuela", cercando di raccogliere fondi per tentare azioni terroristiche contro il governo di Nicolás Maturo, mediante la contrattazione di mercenari.
La vicepresidente del Venezuela, Delcy Rodríguez, denunciò un complotto tra Exxon Mobil, il presidente della Guyana ed Erik Prince per attaccare una piattaforma petrolifera nell'Esequibo, con l'obiettivo di giustificare azioni militari contro il Venezuela.
Attualmente, Prince opera come "consulente per la sicurezza" per alleati degli Stati Uniti nella regione, mantenendo vincoli coi tentativi di destabilizzazione a danno di governi avversi a Washington.
Redazione, 28 maggio 2025
Articolo originale: Erik Prince desembarca en Haití bajo la sombra de Trump
https://www.telesurtv.net/haiti-prince-desembarca-haiti-mercenarios/
Traduzione a cura di Adelina B., Patria Grande/CIVG
GRANMA (CUBA) / ESTERI / ANNIVERSARIO DELLA VITTORIA SUL NAZISMO
La sfilata dei vincitori

Il 9 maggio si è svolta nella Piazza Rossa del Cremlino, come in tutta la Russia, la celebrazione per gli 80 anni della Grande Vittoria sul fascismo nella Grande Guerra Patria
Mosca, Federazione Russa. Com’è tradizione dal 24 giugno del 1945, verso le dieci di mattina è iniziata la celebrazione del Giorno della Vittoria nella Piazza Rossa del Cremlino. Da diverse ore erano giunti nel luogo della celebrazione gli amici venuti a festeggiare con la Federazione della Russia queste ore d’allegria e di orgoglio.
I presidenti erano una trentina. Per Cuba era presente il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partido Comunista e Presidente della Repubblica Miguel Díaz-Canel.
Vladímir Putin era sorridente, ed era logico perché il 9 maggio è il Giorno della Vittoria. Al suo fianco c’era Xi Jinping, presidente della Repubblica Popolare della Cina. L’immagine era più che eloquente: gli amici devono stare uniti in questo mondo segnato dall’incertezza, specialmente quelli che guidano nazioni forti destinate a cambiare l’iniquo ordine mondiale.
17500 militari hanno sfilato nella cerimonia di celebrazione che dal 1995 si realizza ogni anno. In apertura, Vladímir Putin ha salutato tutti: i cittadini della Russia, gli «amati veterani», gli invitati, i compagni soldati e marinai, i sergenti e i sottufficiali, i guardamarina e sottoufficiali, i «compagni ufficiali, generali e ammiragli». Si è congratulato con tutti per l’80º anniversario della Vittoria nella Grande Guerra Patria e poi ha affermato: «Oggi tutti siamo uniti da sentimenti d’allegria e tristezza, orgoglio, gratitudine e ammirazione per la generazione che schiacciò il nazismo e che al costo di milioni di vite conquistò la libertà e la pace per tutta l’umanità».
Il mandatario ha sottolineato che la Russia conserva fedelmente la memoria di avvenimenti storici e trionfali: «Come eredi dei vincitori – ha detto – celebriamo la festa del 9 maggio come nostra, come la festa più importante per il Paese, per la nazione intera, per ogni famiglia, per ognuno di noi. I nostri genitori, nonni e bisnonni salvarono la Patria e ci hanno trasmesso il dovere di difenderla, di stare uniti, di difendere fermamente i nostri interessi nazionali, la nostra storia millenaria, la nostra cultura, i nostri valori, tutto quello che amiamo, tutto quello che per noi è sacro. Ricordiamo le lezioni della Seconda Guerra Mondiale e non saremo mai d’accordo con la mistificazione dei fatti, con i tentativi di giustificare i boia e calunniare i veri vincitori. Il nostro dovere è difendere l’onore dei soldati e dei comandanti dell’Armata Rossa, la grande prodezza dei rappresentanti di differenti nazionalità che resteranno per sempre nella storia mondiale come soldati russi».
In un messaggio ben chiaro per il mondo, il Presidente ha detto che la Russia è stata e sarà una barriera irriducibile contro il nazismo, la russofobia e l’antisemitismo, e che lotterà contro le atrocità commesse dai difensori di queste idee aggressive e distruttive.
Il sacrificio di una grande nazione
Il Presidente ha ricordato a tutti i presenti che l’Unione Sovietica sopportò il peso degli attacchi nemici più brutali e spietati, ha sottolineato che «milioni di persone e lavoratori pacifici presero le armi resistendo fino alla morte determinando l’esito della Seconda guerra Mondiale grazie alle vittorie nelle battaglie più grandi vicino a Mosca e a Stalingardo, a Kursk e nel Dniéper».
Putin ha quindi ricordato il coraggio dei difensori della Bielorussia, che furono i primi ad affrontare il nemico, e la fermezza dei partecipanti alla difesa della Fortezza di Brest e Mogilev, Odessa e Sebastopoli, di Murmansk, Tula, Smolensk; l’eroismo degli abitanti di Leningrado assediata, il valore di tutti quelli che lottarono al fronte, nei distaccamenti partigiani e nella clandestinità;
il valore di chi evacuò le fabbriche del Paese sotto il fuoco del nemico, che lavorarono nella retroguardia al limite delle loro forze. Alla stessa stregua, ha ricordato che i piani dei nazisti d’appropriarsi dell’Unione Sovietica furono annullati dalla ferrea unità del Paese. L’eroismo fu di tutti, e tutte le Repubbliche sopportarono il pesante carico della guerra: «Il contributo degli abitanti dell’Asia Centrale e della Transcaucasia fu enorme: da qui, i treni continuarono a muoversi senza interruzioni, qui c’erano gli ospedali dove centinaia di migliaia di evacuati trovarono la loro seconda casa, condivisero rifugio, pane e solidarietà. Onoriamo ogni veterano della Grande Guerra Patria, ci inchiniamo alla memoria di tutti coloro che eroicamente diedero la loro vita per la vittoria».
Espressioni di riconoscenza
«Cari amici, quasi l’80% della popolazione del pianeta fu trascinata nell’orbita di fuoco della Seconda Guerra Mondiale», ha detto Putin nel suo discorso, e ha proseguito: «La sconfitta completa della Germania nazista, del Giappone militarista e dei loro satelliti in diverse regioni del mondo si ottenne grazie agli sforzi congiunti dei paesi delle Nazioni Unite. Ricorderemo sempre che l’apertura di un secondo fronte in Europa dopo le battaglie decisive nel territorio dell’Unione Sovietica avvicinò la vittoria. Abbiamo alta considerazione per il contributo alla nostra lotta dei soldati dell’esercito alleato, i partecipanti alla resistenza e il valoroso popolo della Cina. Tutti coloro che hanno lottato per un futuro di pace. Continueremo ad ammirare i veterani, il loro amore sincero per la Patria, la loro determinazione a difendere la loro casa, i valori dell’umanesimo e della giustizia. Diamo a queste tradizioni, a questo grande patrimonio, la devozione del nostro cuore e trasmettiamola alle future generazioni. Confideremo sempre nella nostra unità, nella capacità di raggiungere obiettivi strategici, nella soluzione dei problemi in nome della Russia, della sua grandezza e prosperità».
I simboli e i gesti della celebrazione
Un nastro arancione con tre righe nere era appuntato sulla giacca di molti partecipanti alla cerimonia. Si tratta del simbolo dell’Ordine di San Giorgio, una delle distinzioni onorifiche russe più antiche per meriti militari. Il suo significato è stato riacceso dopo la scomparsa della URSS, e nel contesto della celebrazione di venerdì 9 ha segnato lo spirito d’una vittoria che tutti gli uomini e le donne di buona volontà accolgono come propria. Anche Putin lo portava.
Al termine del discorso è cominciata la sfilata. I primi reparti sono stati quelli dei combattenti dell’Operazione Militare Speciale, nel cui gruppo c’erano 24 Eroi. Poi le accademie militari, seguite da diversi gruppi delle forze terrestri, navali e aeree. Hanno chiuso la sfilata i reparti tecnici blindati di combattimento.
I capi di Stato presenti hanno accompaganto Putin sino al Giardino di Alejandro per collocare corone di fiori sulla Tomba del Milite Ignoto.
La sfilata di venerdì 9 è stata indimenticabile, il mondo ha ricevuto il messaggio che fu un popolo gigante, quello sovietico, che fu capace di fermare la macchina nazista della morte, e che il mondo intero deve essere grato e deve conservare la memoria storica, senza la quale non si potrebbe sapere da che parte stanno i gli eroi.
Alina Perera Robbio e GM per Granma Internacional, 9 maggio 2025
GRANMA (CUBA) / ESTERI / RUBIO RESPONSABILE DEL GENOCIDIO A GAZA
Marco Rubio, complice dell’inferno di Gaza

Il membro del Buró Politico e Ministro delle Relazioni Estere di Cuba Bruno Rodríguez Parrilla ha pubblicato sul suo account X che il segretario di Stato degli Stati Uniti Marco Rubio, che riceve finanziamenti dalla lobby pro-Israele e che è “ben noto” per la sua opposizione allo Stato palestinese indipendente, per le sue critiche alla UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati) e per il suo appoggio incondizionato alle politiche israeliane di sterminio della popolazione palestinese, è complice del genocidio in Gaza.
Nel marzo scorso è stata approvata la consegna di circa 4 miliardi di dollari per supportare militarmente Israele e Marco Rubio, che ha evocato d’autorità l’emergenza per mobilitare il presunto aiuto, è stato l’incaricato che ha apposto la firma sul provvedimento. Nell’occasione, Rubio ha affermato che «l’amministrazione del presidente Donald Trump ha approvato la spesa di quasi 12 miliardi di dollari per importanti dispositivi militari stranieri per Israele», e che continuerà a «utilizzare tutti gli strumenti disponibili per portare a termine l’impegno degli Stati Uniti per la sicurezza di Israele, includendo i mezzi per arrestare le minacce alla sua sicurezza».
Dal 7 ottobre del 2023, il sionismo israeliano ha lanciato 100 mila tonnellate di esplosivi su Gaza e ha compiuto almeno 12000 azioni di massacro; 11926 famiglie palestinesi sono state assassinate e 2200 sono state completamente distrutte.
Le cifre degli assassinii fanno rabbrividire: 52800 palestinesi sono morti e tra loro circa 12400 sono donne; 1411 sono lavoratori della Salute, 113 sono riscattisti civili e 214 giornalisti.
Il Sistema Sanitario e le relative infrastrutture sono totalmente collassate. La sofferenza infantile a Gaza è atroce e, secondo Unicef, almeno cento bambini muoiono o sono feriti ogni giorno.
In pieno XXI secolo l’umanità sta presenziando l’inferno di un altro olocausto, e anche quando gli esseri umani buoni denunciano il crimine non s’intravvede la fine di questo spaventoso scenario.
Redazione e GM per Granma Internacional, 30 maggio 2025












