Le tante ragioni del Bündnis Sahra Wagenkneckt all’alba del Terzo Conflitto Mondiale (I)
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- Scritto da Enzo Pellegrin
12 ottobre 2024
Nel momento in cui scrivo, nella guerra scatenata sin dal 2014 contro la Russia, l’occidente costituito da USA UE e NATO vede il suo aggressore ucraino per procura mostrare i primi segni di massivo cedimento, nonostante sia stato rifocillato di soldi ed armamenti come una vera e propria fortezza collettiva dell’occidente guerrafondaio. Il fronte mediorientale vede tuttavia da parte della potenza israeliana la violenta invasione del Libano, la prosecuzione del massacro ai danni della popolazione Palestinese, la perpetrazione di diversi attacchi terroristici a Siria, Libano ed Iran.
Sussiste per molti analisti il rischio che la mano libera lasciata ai sionisti israeliani sia volta a unificare i fronti e attrarre in un fronte unico le potenze considerate nemiche dall’occidente a guida USA. A Israele l’Occidente sembra permettere tutto, compreso il deliberato attacco alle basi ONU della missione UNIFIL in Libano dove vi sono militari italiani, forse per togliere di mezzo scomodi limiti e testimoni per le azioni che si vuole intraprendere, il tutto nella imbarazzante inerzia dei sedicenti patrioti al governo dell’Italia.
Una simile evenienza getta – se ce ne fosse ancora bisogno – un’ennesima ombra di sventura sul futuro economico e sociale dell’Europa e dei suoi popoli, condannati a pagare con le proprie risorse – e senza alcun vantaggio - i tentativi statunitensi di disfarsi dei propri concorrenti geopolitici.
Questo stato di cose genera contraddizioni enormi sulle classi popolari europee. Le ultime consultazioni elettorali lo hanno dimostrato. In ogni caso in cui le classi popolari hanno trovato una forza politica che parli dell’assurdità suicida della guerra, di farla finita col servaggio delle classi dirigenti UE e NATO (come in Slovacchia, Ungheria, Germania e parzialmente in Francia), si sono recate a sostenerle, riportando l’affluenza elettorale a livelli che non si vedevano da tempo. Dove non le hanno trovate, hanno disertato platealmente le urne. In questi ultimi casi, le sedicenti democrazie si sono puntellate su una minoranza di elettori-sponsor-clienti garantiti dal sistema, per ora non sufficientemente toccati dalle contraddizioni.
In Italia l’affluenza alle elezioni è progressivamente in calo dalle politiche del 2022, anno in cui hanno raggiunto la più bassa affluenza di sempre, mentre alle ultime elezioni europee, l’affluenza è scesa sotto il 50% (49,69), uno dei segni più evidenti della stagnazione oligarchica dei principali regimi politici occidentali (1). In stati come la Francia, viene poi utilizzato ogni mezzo per impedire alle forze popolari che hanno vinto la contesa elettorale di governare legittimamente.
Il cataclisma elettorale tedesco
Le classi dirigenti asservite al sistema di sfruttamento globale imperniato sullo schema Ponzi del Dollaro USA sono quindi oggi nude come il Re del celebre motto. Una profonda frattura si è incuneata tra gli oligarchi, sostenuti da una platea sempre più esigua di soggetti sociali garantiti da una parte, e le classi popolari bersaglio di ogni contraddizione dall’altra.
E’ accaduto così anche nelle recenti elezioni europee e nelle consultazioni di alcuni Länder in Germania.
Già nelle elezioni europee, forze a favore del recupero della sovranità nazionale e popolare, e della cessazione del conflitto con la Russia, hanno ottenuto percentuali importanti, infliggendo una sonora sconfitta alla coalizione “semaforo” che sta portando alla rovina lo stato tedesco.
Su scala nazionale, nel campo della sinistra ancorata a reali valori sociali, ha compiuto un convincente balzo il Bündnis Sahra Wagenkneckt (BDS), forza elettorale che ha rifiutato una volta per tutte la deriva neoliberale della Linke, relegando quest’ultima a percentuali minime.
Il BDS ha raccolto il 6,17 per cento, totalizzando 2.453.652 voti, quasi la metà del Partito Socialdemocratico, oltre la metà di quelli dei verdi, il doppio di quelli ottenuti dalla Linke, conquistando sei seggi. Il tutto su scala nazionale, dove nella partita giocano anche gli elettori ricchi e ipergarantiti, come quelli di Baviera, Assia e Westfalia.
Ma è con le elezioni nei Länder appartenuti ai territori dell’ex DDR che si è avuto il vero cataclisma. I cittadini di questi Stati federati hanno sofferto ieri le maggiori contraddizioni dell’Anschlüss con la Germania occcidentale, e soffrono oggi le maggiori contraddizioni della guerra, nonché le sferzate della finanza globale sullo stato sociale.
I risultati per il BSW sono impressionanti.
Nello Stato libero di Turingia, Katjia Wolf, candidato della neoformazione del BSW, totalizza ben il 15, 8 % dei voti con 16 seggi conquistati, installandosi come terzo partito sopra la vecchia Linke e poco dietro i Cristiano democratici (23,6) e Alternative für Deutschland, partito di destra che ha catalizzato la protesta di pancia contro guerra e politiche neoliberiste vincendo le elezioni (32,8%, 32 seggi).
Il precedente governo della Turingia era una coalizione di minoranza tra la Linke (31 %, 29 seggi), il Partito Socialdemocratico (8,2%, 8 seggi) e i Verdi-alleanza 80 (5,2%, 5 seggi). Tale coalizione, che si avvaleva del bieco sostegno del partito dei Verdi, storicamente insieme a quell’alleanza 80 che rappresentava l’opposizione liberale alla vecchia DDR, è stato duramente punito. I verdi – sono fuori dal Parlamento della Turingia (3,2%, 0 seggi), insieme con i liberali (1,1% 0 seggi rispetto al 5% 5 seggi delle precedenti consultazioni. Ridotto al 6,1% e a 6 seggi il Partito Socialdemocratico.
Nello Stato libero di Sassonia, dove la CDU è rimasta davanti ad Afd, BSW si conferma come terzo partito con l’11,8 per cento e 15 seggi, lasciandosi dietro socialdemocratici liberali e Verdi (coalizione semaforo) relegando la Linke a 6 seggi, 8 in meno delle precedenti elezioni.
Alternative für Deutschland è un partito nato e strutturato da anni nei Länder della ex DDR. Ha furbescamente accarezzato la pancia del malcontento creato dalla politica neoliberale adottata in Germania, puntando però – come tradizione della destra – soprattutto sulle contraddizioni create dall’immigrazione. Ha però inoltre adottato una furba postura critica anche nei confronti della guerra suicida alla Russia. Da anni raccoglie in tale modo sempre più voti, e in queste elezioni ha raggiunto un suo climax, dato dall’apice dei disagi causati dalla guerra e dalla recessione economica, in concomitanza con la scomparsa di una idonea classe dirigente nella CDU.
Tuttavia AfD è partito estremamente liberista in economia, nemico dell’assistenza sociale: il classico apparato comodo all’oligarchia padronale per drenare il malcontento verso posizioni innocue per il sistema.
Contro il drenaggio a destra dei voti popolari
In tale scenario, si rivela di importanza cruciale la funzione del BSW.Esso, nella sua prima assoluta apparizione politica, è stato capace di frenare il drenaggio dei voti popolari verso il partito padronale di Afd, pur rimanendo chiaro antagonista dell’egemonia neoliberale di sinistra e fermamente contrario alla continuazione delle guerre UE e Nato verso il mondo multipolare.
Sahra Wagenknecht, nata a Jena, formatasi politicamente e culturalmente nella DDR e nella SED, ha sempre rappresentato all’interno della Linke la corrente della piattaforma comunista, che riuniva i componenti più ortodossi e scettici verso l’Anschlüss alla Germania Ovest. Il contrasto tra la deriva movimentista o neoliberale della Linke e i valori reali sociali si erano già manifestati con la fuoriuscita di Oskar Lafontaine nel WASG, in aperto contrasto con le politiche neoliberali dell’SPD di Schroeder, autore delle varie riforme di precarizzazione del mercato del lavoro, dell’introduzione dei “minijobs” e della riduzione delle garanzie sociali soprattuto nei confronti degli stessi precari.
In seguito alle polemiche generate dalle critiche all’assorbimento quesi totale nel 2019 della quota di immigrati da parte della Grossekoalition guidata da Merkel, senza l’adozione di piani di equilibrio con le contraddizioni sociali esistenti, le posizioni della Wagenknecht si sono dimostrate sempre più in antitesi con la deriva liberale della Linke.
La suicida guerra contro la Russia e l’inerzia della Germania verso l’attacco compiuto contro il North Stream 2 per colpire la timida ambiguita delle posture tenute verso la Russia hanno fatto il resto. Mentre la Linke inalberava nelle manifestazioni bandiere ucraine ed antirusse, inibendo l’esposizione di striscioni che inneggiavano alla pace, la classe dirigente ortodossa, contraria al tradimento degli interessi dei lavoratori tedeschi, consumava la sua frattura col partito, fuoriuscendone. Prima di lasciare, nel 2023, proprio la Wagenknecht si era fatta promotrice insieme alla scrittrice Alice Schwarzer del “Manifesto per la pace”: un’iniziativa per chiedere (invano) al cancelliere Olaf Scholz di assumere un ruolo di leadership per negoziare un accordo di pace tra Ucraina e Russia.
L’8 gennaio di quest’anno, Sahra Wagenknecht, ha presentato la sua alleanza, alla quale hanno aderito personaggi importanti della classe dirigente di sinistra: Amira Mohamed Ali, che aveva guidato il drappello parlamentare del partito di sinistra dal 2019 al 2023 insieme a Dietmar Bartsch, Shervin Haghsheno, docente del Karlsruhe Institute of Technology, Fabio de Masi, ex deputato della Linke uscito dal partito nel 2022, esperto di economia e di finanza, parlamentare europeo dal 2014 al 2017, sarà lui a guidare il nuovo partito alle elezioni europee di giugno, insieme all’ex sindaco di Düsseldorf ed ex membro della SPD Thomas Geisel.
Il manifesto per una sinistra che torna ai valori sociali
La linea del partito era stata preparata anche attraverso la pubblicazione del libro “Die Selbstgerechiten (i pieni di sé n.d.r.)”, apparso in Italia con il titolo “Contro la Sinistra Neoliberale, con prefazione di Vladimiro Giacchè. Il libro contiene dapprima un’analisi socio-economica della nascita di questa sinistra definita neoliberale o alla moda, dei suoi stilemi, delle sue contraddizioni e dell’impatto negativo sulle classi lavoratrici. Vi è poi una seconda parte in cui si propone un programma di rinascita sociale. In questo primo articolo ci soffermeremo per brevità sulla prima parte. In un articolo successivo meriterà in esame la parte “construens”, anche alla luce delle critiche portate dalla sinistra, cercando di capire quali possono essere fondate e quali meno.
Come nasce la sinistra neoliberale
Nella prima parte del libro, partendo dalle analisi socio economiche reali contenute in “Capitale ed Ideologia” di Thomas Piketty, si analizzano le ragioni sostanziali della nascita della sinistra neoliberale. Dalla fine degli anni 80, nei principali paesi euroccidentali, la crescita economica installa nella parte medio alta dello spettro sociale una compagine composta da soggetti di formazione liceale ed universitaria, destinata a ricoprire posizioni professionali di una certa rilevanza con un reddito cospicuo. Questa compagine era (o era erede) negli anni 70 di posizioni di sinistra nel senso tradizionale del termine: tutela degli svantaggiati, concezione dello Stato come strumento di perequazione sociale ed eliminazione delle diseguaglianze sostanziali, promozione della crescita culturale delle classi lavorarici e svantaggiate, critica nei confronti del pensiero liberale borghese, sia nella sua forma padronale tradizionale, sia nella forma piccolo-borghese.
La rivoluzione del Capitale: finanza, globalizzazione e digitalizzazione
Negli anni 90, il libro individua mutamenti sostanziali. Anche a seguito del crollo del mondo socialista, si afferma in Occidente la strategia globalista e finanziaria della lotta di classe dei capitalisti sotto la guida del dollaro. Questa rivoluzione ha trasformato il paesaggio produttivo e la società in una deindustrializzazione sempre più massiccia, affidando le catene produttive a stati dove era possibile effettuare dumping sociale, terziarizzando in modo sempre più massiccio e oligarchico le economie europee.
Questo tipo di rivoluzione non ha giocato da sola, ma ha goduto della rivoluzione tecnologica della digitalizzazione dell’economia. Primo frutto di essa è stato la progressiva liberalizzazione della circolazione dei capitali. Capitali e investimenti erano sempre più liberi di girare il mondo, lasciare l’economia del proprio paese, installarsi in paradisi fiscali sempre più vantaggiosi e schemi di investimento sempre più controllati dalla grande finanza e dagli strumenti di speculazione finanziaria (Hedge Funds).
Tale rivoluzione ha anche provocato una bolla di crescita iniziale che ha coltivato una classe dirigente sempre più nutrita da successi professionali, contaminata da questa strategia economica e dal velo cosmopolita e progressista con cui si nascondeva il controllo finanziario sempre maggiore delle economie sovrane. Questo matrimonio ideologico è stato consumato sul tornaconto professionale di queste classi istruite, eredi della sinistra. Il pacchetto “Globalizzazione-Finanziarizzazione-Informatizzazione” è stato acriticamente celebrato come elemento di progresso, che doveva seppellire sia il vecchio regime statalista e fondato sulla sovranità nazionale degli stati, sia le concezioni politiche fondate sulla lotta tra le classi, accusate a torto del declino del mondo socialista.
Siccome l’economia è reale e non solo immaginaria, con l’affermarsi di tale modello, si sono prodotte le conseguenti fratture e contraddizioni nello spettro sociale. Le limitazioni di sovranità statale sono state il grimaldello per la demolizione del Welfare State e dell’eredità sociale delle Costituzioni europee. Il globalismo ha provocato la deindustrializzazione e la precarizzazione di ampie fasce del mondo produttivo, ha creato nel mondo sfruttato sempre maggiori meccanismi di immigrazione e di conseguenza ha amplificato le contraddizioni sociali nei paesi che accoglievano gli immigrati, trasformando spesso questi ultimi in esercito di sfruttamento sommerso e schiavistico, soprattutto nel Sud dell’Europa.
Si è così generata un’ampia e salda barriera sociale che ha tracciato una dicotomia tra ipergarantiti vincenti, chierichetti dell’onda del profitto, occupati garantiti adibiti alle professioni terziarie da un lato, e dall’altro perdenti, smarriti, privi di garanzie ed esposti alla tempesta della deindustrializzazione dei settori produttivi, alla precarizzazione e concentrazione di capitali dell’economia, anche nelle fasce della piccola borghesia professionale ed imprenditoriale.
La conversione delle oligarchie europee
Il libro non affronta questo cruciale punto, ma chi scrive è convinto che non possa essere dimenticato un passo fondamentale di questa rivoluzione, la quale ha agito trasformando profondamente le oligarchie economiche europee, soprattutto negli ultimi tempi. Ne parla in tal senso anche William Todd nel suo libro “La sconfitta dell’Occidente”.
Una delle vittorie fondamentali del capitale finanziario globale a guida USA è stata l’imposizione della caduta del segreto bancario nella confederazione elvetica. Precedentemente, tale tipo di garanzia consentiva il drenaggio e la circolazione sommersa (e il favore fiscale) dei capitali finanziari delle oligarchie europee e dei loro vassalli. Questo trittico di favori, se non consentiva agli Stati il controllo di questi capitali, permetteva comunque di conservarli in una dimensione europea, in gran parte indipendente dal controllo della finanza USA e dei fondi di investimenti legati allo schema-Ponzi del Dollaro statunitense. Tolto il segreto bancario, i pur residui paradisi fiscali europei alla luce del sole (Lussemburgo, City of London, Irlanda, ecc), entravano in concorrenza coi paradisi fiscali caraibici, sotto il completo controllo della finanza USA, i quali potevano garantire la circolazione sommersa oltre al favore fiscale, il tutto condito dalla digitalizzazione, che poteva consentire mobilitazione immediata del denaro in modo discreto, al riparo da ogni occhio ostile.
Continuare a godere di questo trittico in altri lidi ha comportato però la destinazione degli investimenti di capitali in strutture e strumenti finanziari sempre più sotto il controllo dei fondi di investimenti statunitensi e conseguentemente della finanza Usa, ed anche della stessa FED.
Si è pertanto esaurita la relativa indipendenza dei capitali europei e dei loro detentori, i quali si sono sempre più ritrovati economicamente dipendenti dalla strategia del dollaro USA sui mercati mondiali, e soprattutto della necessità di raccogliere sempre più risorse, per rimpolpare il gigantesco debito dietro al dollaro statunitense, il più grande di tutta la storia dell’economia, che lo rivela ormai come un colossale schema Ponzi.
La perdita di indipendenza di questi capitalisti ha provocato un mutamento anche nelle classi dirigenti politiche promosse dal sistema mediatico politico al governo degli stati europei, o mediante le elezioni, o mediante vere e proprie imposizioni di comitati di asserita salute pubblica non votati dai cittadini, come i governi Monti e Draghi in Italia.
La dipendenza sempre più marcata di queste classi dirigenti dalle politiche USA appare oggi di fronte agli occhi di tutti. La politica guerrafondaia e russofoba dei Verdi in Germania, la politica suicida di tutte le oligarchie europee, volta alla guerra contro la Russia e al mantenimento di uno stato antidemocratico e fallito come l’Ucraina in veste di proxy-warrior, l’indegno appiattimento del governo Meloni all’agenda Draghi, con la sconfessione di tutte le promesse elettorali con un grado di sicumera quasi pari alla plateale inadeguatezza e incapacità dei ministri schierati, sono tutti sintomi di questa stessa malattia.
La sinistra liberale e intollerante
Tornando però alla sinistra, la Wagenknecht osserva come questa classe sociale agiata, un tempo legata culturalmente ai valori della sinistra sociale, oggi appoggia una costellazione di valori vaghi, declinati per lo più su scelte di vita individuali, tutti elaborati all’interno della falsa coscienza dell’ideologia neoliberale (il cosmopolitismo, l’ideologia woke, la cancel culture, le gender fluid theories, il contrasto agli stati sovrani liberi e antagonisti agli USA, definiti come regimi dittatoriali e autoritari).
La particolarità di questa postura, sedicente progressista e liberale, si manifesta attraverso una caratteristica che di liberale non dovrebbe aver nulla: l’intolleranza delle posizioni avverse o critiche. I vecchi sodali di sinistra vengono appellati come rossobruni, populisti, complottisti, antiscientifici sulla base di un asserito principio di “autorità” della scienza ufficiale (principio che notoriamente è antiscientifico, essendo la scienza, sempre soggetta a confutazione sperimentale), negazionisti, antiprogressisti, antisemiti ove muovano critica al governo di Israele, omofobi, statalisti.
La nuova classe dirigente medioalta “ben pensa” e necessariamente ritiene che, chi pensa diversamente, pensa male.
Nel libro sono citati gustosi esempi di moralismo senza empatia di questa sinistra alla moda tedesca. Essa è cosmopolita ed attentissima al linguaggio e alle quote razziali o delle minoranze culturali.
Una grossa azione fu promossa per imporre alla Unilever di cambiare il nome ad una sua “salsa Tzigana” venduta in Germania, ritenendo che il termine fosse di per se offensivo.
In un altro caso, Karen Parkin della Adidas fu costretta alle dimissioni solo perché accusata di aver “sminuito” il tema del razzismo e della “diversity”, parzialmente contestando che la composizione dei ruoli dirigenti di Adidas fosse particolarmente carente di dirigenti e impiegati non bianchi.
Nessuno ebbe invece da ridire sul peggioramento del contratto collettivo dei 550 lavoratori Adidas rimasti nello stabilimento di Heilbronn, dopo una ristrutturazione, sotto minaccia della chiusura degli impianti, peggioramento che non ha badato ai colori o alla diversity…
Non una parola è mai neanche stata spesa sulle pessime condizioni di lavoro dei dipendenti dei fornitori asiatici di Adidas.
Cosmopolita e Pro Europa
Il rappresentante della sinistra alla moda vive in una bolla del tutto separata dalle contraddizioni reali:
- è cosmopolita, favorevole all’Europa e ad ogni cessione di sovranità, non sapendo che la cede a un gruppo di capitalisti
- si preoccupa per il clima, soprattutto nella convinzione che siano i comportamenti individuali necessitati delle classi povere e non evolute ad ostacolare una società green e pulita.
- Si impegna a favore dell’emancipazione dell’immigrazione e delle minoranze sessuali e vede la proe del linguaggio mozione di una società progrdita e giusta attraverso il mutamento di comportamenti individuali, di promozione di simboli, di un linguaggio che deve mutare nei significati, nell’ortografia e persno in nuovi simboli di scrittura, per di ogni più svariato orientamento sessuale che deve essere promosso fin dalla più tenera età, più che non attraverso la democratizzazione dell’economia, l’innalzamento collettivo degli stipendi, delle pensioni e del potere di acquisto di tutti
- Tende a giudicare i propri privilegi sociali come frutto di virtù personali, più che della privilegiata posizione che mantengono a danno di altri sfruttati.
- Tende a presentare la propria visione del mondo come quintessenza della responsabilità e del progresso.
Nei circoli della sinistra alla moda tedeschi vengono visti come nemici sociali gli uomini bianchi attempati, apostrofati come “cafoni” o “Umweltsau” (zozzoni n.d.r), perché sono costretti a comprare carne di poco prezzo ma impattante al Lidl, anziché generi alimentari nei costosi negozi biologici.
I circoli dei Fridays for Future promossero una manifestazione nel 2019 a favore della chiusura del ciclo del carbone in Germania, a Lansitz, centro carbonifero. Quando videro marciare in corteo i circa 1000 abitanti del paese che rischiavano di perdere il lavoro per la chiusura delle aziende, intonando i canti sociali dei lavoratori delle miniere, li apostrofarono apertamente e pubblicamente come “nazisti del carbone”, incuranti delle contraddizioni economiche che li colpivano.
La freddezza e la mancanza di empatia con la quale esprimono disprezzo per i comportamenti delle classi disagiate, rivela la l’origine sociale agiata della sinistra alla moda, fatta di figli con innumerevoli (e spesso fallimentari) esperienze scolastiche “multiculturali” all’estero, le quali foraggiano i bilanci di scuole e centri sportivi magari dei paesi baltici, indipendentemente da una qualisiasi utilità e merito scientifico, ma promossi come iniziative multiculturali.
Cresciuti da “genitori elicottero” abbienti e premurosi, molti fondano il loro cosmopolitismo sul piccolo gruzzolo di famiglia che dà la sicurezza necessaria ad affrontare tirocini gratuiti di lunga durata e fiaschi professionali. In un tale ambiente, è chiaro come si propaghi come un virus l’assoluta indifferenza per le questioni sociali, viste spesso come colpa e incultura delle classi non abbienti.
Da queste biografie infarcite di semestri all’estero, si generano soggetti che apprezzano l’autonomia e l’autorealizzazione (spesso permessa solo da un capace gruzzoletto familiare) più che la tradizione, la crescita e l’intelligenza collettiva, la comunità.
La linea di equivalenza che blocca il fascismo padronale
Il BSW, nell’esordio nella contesa politica, ha sperimentalmente dimostrato di aver trovato una linea di equivalenza che possa radunare le domande insoddisfatte degli “esclusi” e delle classi popolari che soffrono le più rilevanti contraddizioni reali. Ciò avviene in un momento in cui queste ultime picchiano duro, all’alba di quello che ha tutta l’aria di essere il terzo conflitto mondiale.
Ciò che è di massima importanza è l’aver ricondotto la linea politica ai valori sociali della sinistra tradizionale, evitando di limitarsi ad accarezzare superficialmente la pancia del malcontento, deviando la responsabilità del disastro socio-economico sugli immigrati, su eccessivo complottismo o sulla mancanza della mano libera al piccolo padronato, come veicolato dalla propaganda pluriennale dell’AfD.
I valori fondamentali nella costruzione della controegemonia agitata dal BSW sono tutti ancorati ad un recupero della sovranità democratica dei lavoratori sulle risorse della comunità:
- la concezione di uno Stato indipendente e sovrano che si emancipi dal vassallaggio degli attuali oligarchi verso l’eterodirezione della finanza globale egemonizzata dal dollaro USA, e dalle istituzioni internazionali che tentano per tali fini di annullare la sovranità statale e l’indipendenza dei popoli;
- la valorizzazione delle forze produttive reali rispetto al parassistismo feudale della finanza globale;
- la valorizzazione del ruolo dello stato controllato democraticamente come regolatore principale dei destini dell’economia collettiva, non più al servizio del profitto di alcune oligarchie con il cuore oltre i confini, ma al servizio del benessere comune, della sicurezza sociale, dell’eliminazione delle diseguaglianze e della promozione culturale delle classi popolari alla direzione della società.
- la costruzione di una solida posizione internazionale multilaterale, e svincolata dagli obiettivi guerrafondai del blocco UE USA NATO, il rigetto della sinofobia e della russofobia, improntando i rapporti economici e diplomatici al reciproco benessere ed alla collaborazione, anziché al conflitto ed alla guerra suicidio d’Europa;
- l’analisi della questione dell’immigrazione evitando di negare le contraddizioni provocate da una politica fintamente umanitaria ma sostanzialmente schiavista, promuovendo l’azione del multilateralismo dei BRICS per sconfiggere la becessità di migrare dal sud del mondo;
Tale linea di equivalenza, in un momento così delicato, nel quale l’Afd minaccia di avvicinare il malcontento ad una rinnovata versione degli interesi padronali, diventa della massima importanza. L’Afd, nelle parole soffia quasi esclusivamente sui mali dell’immigrazione, invocando una politica di esclusione dell’immigrato. Dall’altra promuove come ricetta economica un ultraliberismo stile Milei, rischiando di versare il malcontento delle classi popolari in un nuovo strumento a favore dello sfruttamento padronale, similmente a ciò che è avvenuto al tramonto della Repubblica di Weimar.
Come dice giustamente un caro amico, ci si deve preoccupare del fascismo, quando questo si allea col capitale. Aggiungo che sperimentalmente mi preoccupo anche di certo antifascismo, agitato solo quando serve all’interesse padronale. Il voto favorevole dell’Eurodeputata della sinistra radicale Carola Rackete (figlia di professionista delle armi e della guerra) a favore dell’utilizzo di armi europee contro la Russia, la sguaiata cantata a Strasburgo di Bella Ciao, quando il Presidente di turno dell’UE Viktor Orban conduce un discorso volto ad interrompere il corso della guerra ed a cercare la pace, sono un fulgido esempio di tali preoccupanti situazioni.
Fascismo, elitarismo della sinistra alla moda, sono fenomeni perfettamente complementari alla continuazione del dominio dell’oligarchia finanziaria, oggi alla base del suicidio dell’Europa. Il BSW ha sperimentalmente dimostrato di atrezzare uno strumento per contrastarli entrambi. Svincolandosi dall’eclissi del “politico” nelle principali posizioni antagoniste o radicali, sporcandsi di nuovo le mani con i valori sociali reali e comunitari, ha eretto per ora un piccolo muro alla libera azione sul popolo dell’egemonia padronale.
Anche dal punto di vista del linguaggio, ha condotto uno sforzo culturale di impostazione brechtiana: misurarsi con la realtà per quanto dura, attraverso una lingua che non indulge ad artifici retorici o perbenismi dell’ortografia, ma curando il fine pratico e politico della conoscenza.
In contrasto, come Brecht, con ogni forma di perbenismo o moralismo individualistico, riporta il linguaggio a divenire veicolo diretto della politica sociale e della lotta, contro la mistificazione della destra e della sinistra alla moda.
Quanto ciò sia di estrema importanza, lo ricorda una bella poesia politica di Bertolt Brecht che qui riportiamo come chiusura e riflessione.
“Quelli che portano via la carne dalle tavole
Insegnano ad accontentarsi.
Coloro al quale il dono è destinato
esigono spirito di sacrificio.
I ben pasciuti parlano agli affamati
Dei grandi tempi che verranno.
Quelli che portano all’abisso la nazione
Affermano che governare è troppo difficile
Per l’uomo qualsiasi.
(Bertolt Brecht – Poesie Politiche) (2)
Note:
(1) https://pagellapolitica.it/articoli/storia-affluenza-elezioni-italia
(2) Dall’edizione Einaudi 2014, p. 229: “Die das Fleisch wegnehmen von Tisch/ lehren Zufriedenheit/ Die, für die die Gabe bestimmt ist/verlangen Opfermut/Die Sattgefressenen sprechen zu den Hungernden/von der großen Zeiten, die kommen werden/Die das Reich in den Abgrund führen/ nennen das Regierenzu schwer/ für den einfachen Mann.
Da Prospettiva