Ancora due sorveglianze speciali richieste dalla questura di Cosenza: “l’attacco alla parte sana della città”

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17 / 12 / 2021

 

Sorveglianza speciale Cosenza

Alcuni giorni fa la Questura di Cosenza ha emesso le richieste di sorveglianza speciale Jessica Cosenza e Simone Guglielmelli, studenti universitari di 25 e 26 anni, entrambi incensurati. I due fanno parte del comitato Prendocasa, che ha al suo attivo diversi anni di lotta per il diritto all’abitare in città, e delle FEM.IN. collettivo transfemminista intersezionale, che lo scorso anno ha avuto risonanza nazionale soprattutto per le mobilitazioni per la sanità pubblica.

Poco più di due mesi fa c’era stata un’altra richiesta di sorveglianza speciale nei confronti di un sindacalista di USB e qualche settimana dopo sono stati multati tre attivisti - con decreto penale di condanna - a pagare oltre 1.000 euro a testa per aver organizzato una passeggiata nel centro storico in cui si sensibilizzava la popolazione sul degrado architettonico.

Di seguito un comunicato scritto da Le Cosentine e i Cosentini contro la nuova inquisizione.

Dovete soffrire in silenzio. Se in Calabria non ci sono ospedali, se siete donne e subite violenza, se la mancanza di lavoro vi costringe a emigrare, dovete stare zitti. Altrimenti sarete trattati come mafiosi e terroristi. È questo il messaggio lanciato ieri dalla questura di Cosenza che ha ordinato le misure di sorveglianza speciale per due studenti cosentini, Jessica e Simone, presenti nelle manifestazioni per denunciare la mancanza dei vitali servizi sanitari nella nostra regione. Jessica e Simone sono due ragazzi stimati da tutti e tutte, in città e fuori, due persone che hanno scelto di dedicare le proprie esistenze ai valori della solidarietà e al rispetto della dignità umana.

Dunque a pagare non sarà la classe politica responsabile di tanto sfacelo, colpevole di non aver attivato nell’ultimo anno le terapie intensive e i posti letto nella nostra regione, facendola sprofondare di nuovo in zona gialla. Per la questura di Cosenza, il vero problema è il pubblico dissenso. Alla digos di questa città non importa che sia manifestato alla luce del sole e in forma pacifica. Bisogna spegnerlo e basta. Si prepara infatti a colpire tanti altri ragazzi con una raffica di pesanti provvedimenti che ne limiteranno la libertà, troncandone i progetti di vita, confinandoli nel recinto di solito riservato ai delinquenti incalliti. Persone che ogni giorno costruiscono una Calabria migliore, impegnate in azioni solidali concrete a sostegno delle famiglie indigenti e dei senza-tetto, saranno confinate nelle proprie abitazioni, costrette per anni a firmare ogni giorno in caserma, limitate nelle libertà fondamentali, private della vita sociale e dei propri affetti.

Questi provvedimenti, degni della peggior dittatura, sono una ripicca e una minaccia verso quanti nelle ultime ore hanno espresso solidarietà agli abitanti del centro storico colpiti, da condanne penali per aver osato fare una passeggiata tra i ruderi del quartiere e per aver denunciato il rischio che crollino i tanti edifici pericolanti.

Queste richieste di sorveglianza speciale escono dalle stanze di una questura e una procura finite di recente sotto osservazione dalla Commissione parlamentare antimafia per le loro negligenze e probabili connivenze. È noto che in quegli uffici persino i pochi inquirenti realmente impegnati nel contrasto delle organizzazioni criminali sono stati costretti a isolarsi e a svolgere le attività investigative in stanze separate da quelle dei loro stessi colleghi, pur di evitare talpe, sabotaggi delle inchieste e fughe di notizie.

La parte insana che da tanti anni s’annida in quelle stanze ha deciso adesso di mettere in atto l’ennesima manovra diversiva. Così va di nuovo in scena un copione già visto in questa città: dare la caccia ai sovversivi, pur di non indagare nel malaffare istituzionalizzato, nella malapolitica, nel connubio tra criminalità e imprenditoria predona. È una forma di depistaggio studiata a tavolino. Venti anni fa, questa malefica strategia fallì, perché decine di migliaia di persone si strinsero intorno agli innocenti arrestati dagli stessi poliziotti ancora oggi in servizio. Stavolta i depistatori che si annidano nella questura, come sciacalli, approfittano delle leggi d’emergenza in tempo di pandemia per esercitare al massimo le armi liberticide di cui dispongono. Ma siamo certi che anche stavolta la parte sana di questa città non resterà in silenzio.

Jessica, Simone e Francesco liberi subito! Giù le grinfie dai nostri ragazzi migliori.

 

Da globalproject