Pensavamo che fosse hybris, ma era cirrosi

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6 novembre 2021

 

Relazioni internazionali e geopolitica - 2018 :: Scienze per la pace ::  Categorie :: Mediateca - Università di Pisa

 

Dopo aver seguito con qualche interesse le miserande elezioni amministrative e con interesse maggiore le manifestazioni contro il green pass obbligatorio, se non altro perché in contrasto con gli encefalogrammi dei partiti, appiattiti sul fenomeno Draghi che più fenomenale non ce n'è, dopo aver cercato, con fatica, di prestare attenzione agli inconcludenti abbai della Lega, ai rari squittii dei 5 Stelle e alle continue sonnacchiose fusa del PD (che, come dice Luciano Canfora, basta che stia al potere e il resto non conta), dopo queste poco eccitanti attività ho ripreso un po' ad occuparmi di quel che succede nel resto del mondo.

E ricomincio dalle relazioni internazionali.

 

Era il 2015 e al vertice Nato di Antalya i delegati si misero a cantare sguaiatamente “We are the world”. I rappresentanti di un ottavo della popolazione mondiale urlavano a squarciagola di essere tutto il mondo. Una scena da ubriachi: https://youtu.be/0y7vs9cV3iA

Una delle voci canterine era quella di Federica Mogherini, all'epoca Alta rappresentante dell'Unione Europea per gli affari esteri e la sicurezza, una signora che per la carriera ha tradito ogni singola sinapsi della sua giovinezza.

Nella Bibbia si condanna chi non è leale con la moglie della propria giovinezza (Malachia 2,14). Proviamo a mettere la parola “ideale” al posto di “moglie”. Penso che la condanna possa essere la stessa. Non ho indulgenza per chi non è leale con gli ideali della sua giovinezza. Ovviamente si possono rivedere criticamente man mano che si acquisisce esperienza. E ovviamente si possono rivedere i modi per raggiungerli, per farli vivere. Ma non si possono tradire, perché gli ideali della nostra giovinezza sono i più puri che mai avremo, preesistono alla inevitabile corruzione del tempo e quindi delle nostre vite e vanno dunque preservati in ogni modo e a qualsiasi costo, non svenduti per far carriera.

 

Ottobre 2021, al vertice Nato di Bruxelles il segretario Jens Stoltenberg ammonisce severamente: “I Talebani devono rendere conto, a noi della Nato, del terrorismo e dei diritti umani” (“the Taliban are accountable to NATO... “).

Ora, non è che i Talebani mi facciano impazzire,  tutt'altro, ma mettiamoci un attimo nei loro panni: “Noi dobbiamo rendere conto a voi? Ne siete proprio sicuri? Ma se neanche due mesi fa vi abbiamo fatto scappare a gambe levate. Siate seri!”.

Seri? Ubriachi molesti, ormai strafatti. Aveva ragione Macron a decretare la morte cerebrale della Nato (“What we are currently experiencing is the brain death of NATO”). Provocazione opportunistica la sua, ovvio, ma in realtà doveva essere presa alla lettera.

We are the world, il mondo intero ci deve rendere conto. Più che hybris ormai è cirrosi epatica.

 

Cambiamo scenario. Sempre ottobre 2021, ma a Mosca. Vertice internazionale sulla ricostruzione dell'Afghanistan (perché la NATO in 20 anni non ha costruito un bel nulla ma ha solo distrutto - e in più terrorizzato le donne: leggersi, please, le inchieste sul campo e le interviste alle contadine e alle altre donne non appartenenti a ristrette élite professionali e intellettuali).

L'America al vertice di Mosca non c'è. La Russia l'aveva invitata, ma non è venuta. Problemi logistici (sic!) insormontabili, ha detto. Poco male, tanto se si eccettua una parte d'Europa nell'immediato secondo dopoguerra, l'America non è mai stata in grado di ricostruire alcunché (nel primo dopoguerra riuscì a strangolare persino gli alleati). In compenso ci sono Pakistan, Cina, India, Iran e tutti gli “stan” centroasiatici. E ovviamente l'Afghanistan. Nessun proclama surreale e irritante alla Stoltenberg, ma parole concrete: “Signori Talebani, per ora non riconosciamo il vostro governo. Siete ancora sotto osservazione (a parte il fatto che i Talebani sono ancora una formazione bandita in Russia). State a sentire: qui ci sono i soldi per la ricostruzione, ma voi dovete giurarci e stragiurarci che non ospiterete nessun gruppo jihadista sul vostro territorio. Inoltre dovete eradicare la produzione di droga”.

E Putin butta lì, con nonchalance, che la Russia sa che nel nord dell'Afghanistan ci sono 2.000 miliziani dell'Isis-K (e sa anche che vengono dalla Siria, aviotrasportati chissà da chi, vero?). Siccome l'Isis-K sta cercando di destabilizzare il governo talebano a furia di attentati (specialmente nelle moschee), il sottotesto è chiaro: basta che facciate una richiesta formale di aiuto e noi li spazziamo via uno ad uno perché la nostra intelligence sa esattamente dove si trovano e i nostri agenti sono già lì pronti a dirigere con precisione millimetrica i nostri missili (altro che droni americani che massacrano intere famiglie a casaccio).

E i “diritti umani” così cari alla Nato? Bisogna sapere che uno dei capisaldi della politica estera russa e cinese è la non ingerenza negli affari interni degli altri Paesi.

Può sembrare ipocrita. Ma solo se si vive nel mondo di Papalla. A parte il fatto che è un principio dell'ONU, il suo opposto è il mito del “fardello dell'uomo bianco” (Kipling) con cui abbiamo massacrato e schiavizzato mezzo mondo per secoli. Il suo opposto sono gli atroci “bombardamenti umanitari” che hanno fatto centinaia di migliaia di vittime civili. Il suo opposto sono il mezzo milione di bambini iracheni uccisi dall'embargo, il “prezzo giusto” che secondo Madeleine Albright le mamme irachene dovevano pagare per sbarazzarsi di Saddam Hussein.

Ad ogni modo, in questo caso i partecipanti ai colloqui di Mosca si sono spinti un po' più in là: “Il vostro governo deve essere inclusivo dal punto di vista etnico, religioso e politico”. E tuttavia, se si guarda bene, anche questa è una richiesta a garanzia della sicurezza dei Paesi confinanti. Ovvero una garanzia di sicurezza internazionale.

Per quanto riguarda i diritti civili, che avremmo detto noi se negli anni del dopoguerra gli USA ci avessero minacciato di sanzioni se non avessimo abolito il delitto d'onore o il reato d'adulterio, non avessimo istituito il divorzio o non avessimo messo donne in ruoli governativi? La risposta è ovvia. Gli USA non l'hanno fatto, ma noi ci siamo arrivati da soli. Ovviamente siamo stati influenzati dai Paesi con cui eravamo in più stretto contatto. Ma questo è quanto normalmente succede. È storico, sono gli innesti e gli incroci che sempre sono spontaneamente avvenuti (a meno che a una potenza dominante faccia comodo che una potenza vassalla rimanga allo stato culturalmente e politicamente retrogrado in cui si trova: è il caso, ad esempio, del rapporto USA-Arabia Saudita).

 

Avevo scritto all'inizio di settembre che in Afghanistan sarebbero avvenuti episodi di intolleranza o vendetta, anche violenti, nonostante la nuova posizione dei vertici talebani (per altro non omogenei). Questi episodi ci sono stati e purtroppo ancora ci saranno.

Ma c'è un altro dato da registrare: i Talebani hanno tenuto al loro posto ben mezzo milione di persone impiegate dall'amministrazione collaborazionista sconfitta. Un dato notevole, per molti evidenti motivi. Le sue implicazioni e il suo significato si vedranno nel tempo, ma, ripeto è di per sé un dato notevole. Tuttavia è ignorato o tenuto nascosto dai nostri media e dai nostri politici.

Quel che da noi conta è la propaganda, pura e semplice propaganda di guerra. Prendete l'Iran. I dirigenti iraniani hanno ribaltato in un contropiede lo strappo aggressivo di Trump degli accordi sul nucleare e anche i successivi mugugni pavidi, ridicoli e senza seguito dell'Europa. Ora Biden cerca di ricucire in mille modi (tra l'altro ritirando dai Paesi alleati vicini all'Iran molti sistemi antiaerei), ma Teheran fa sapere che di quegli accordi ormai ne può fare a meno.

Nessuna meraviglia. Non si tratta di un atteggiamento più bellicoso. Si tratta semplicemente che nello show-down della crisi sistemica le dinamiche si fanno convulse e i punti di riferimento di ieri, oggi sono già cambiati (si pensi alla Brexit, si pensi agli accordi AUKUS o, per l'appunto, al ritiro dall'Afghanistan).

L'atteggiamento iraniano spiazza e irrita Washington e i suoi alleati regionali. Di  conseguenza, irrita anche la nostra stampa servile. Che quindi, in mancanza di una donna condannata alla lapidazione per adulterio ma in realtà all'impiccagione per omicidio e infine né lapidata né impiccata ma liberata proprio per via delle stesse leggi islamiche che l'avrebbero condannata alla lapidazione per adulterio ma in realtà..., insomma, Sakineh, ve la ricordate? sulla sua lapidazione mai comminata e mai avvenuta pianse e si stracciò le vesti persino la signora Sarkozy, in mancanza di ciò, si diceva, la nostra stampa continuerà con la manfrina delle donne con il velo (in realtà ormai tenuto pro forma vezzosamente molto indietro sulla nuca) e non dirà, per fare un esempio, che la maggioranza dei medici in Iran sono donne, che i posti dirigenziali sono in maggioranza occupati da donne (e senza bisogno di ridicole quote rosa) o che il 70% degli ingegneri sfornati ogni anno dall'eccellente sistema formativo pubblico iraniano, sono donne. Così preparate che spesso trovano subito lavoro negli sguarniti Stati Uniti [1].

Chissà se almeno la Boldrini o la Cirinnà lo sanno. Mah!

 

[1] Per altro negli USA le donne nel braccio della morte in attesa del boia sono decine, senza che per questo la signora Sarkozy si stracci le vesti. A proposito, l'ex presidente iraniano Ahmadinejad era contrario alla pena di morte. Ma è stato il più odiato dagli occidentali perché antimperialista e laico. Sì, proprio così: era odiato perché laico e progressista, come Gheddafi e come al-Assad, cosa inammissibile anche ideologicamente dal nostro Occidente non laico, ma devoto alla religione laicista della frantumazione sociale dell'atomo.



“Piotr”