I cinesi boicottano i boicottatori del cotone dello Xinjian

  • Stampa

       

https://www.liberationnews.org/wp-content/uploads/2021/04/5f72fbc5a31024adbd974c89-780x470.jpg

Il settanta per cento della raccolta del cotone nello Xinjang è meccanizzata. 

 

Ancora una volta la Repubblica popolare cinese è accusata dal governo degli Stati Uniti e dai suoi partner imperialisti minori di grave violazione dei diritti umani nei confronti degli uiguri musulmani della regione autonoma dello Xinjiang - uigura.

Il Congresso degli Stati Uniti ha recentemente imposto sanzioni ai funzionari cinesi per il presunto uso del lavoro forzato nel territorio nordoccidentale ricco di cotone dello Xinjiang, lavoro dipinto dai media occidentali come "neo-schiavitù".

Queste accuse hanno avuto l’effetto di costringere un gran numero di ditte di abbigliamento come Nike, Burberry e PVH,  Calvin Klein,  Tommy Hilfiger  e in particolare H&M Group, a smettere di acquistare cotone proveniente dallo Xinjiang.

L'imperialismo umanitario

La cosiddetta retorica del lavoro forzato è infondata. Così come il mito generale che lo sostiene, vale a dire che il governo cinese attua una specie di "guerra all'Islam" e che ha incarcerato più di 1 milione di uiguri e altre minoranze etniche.

Questi racconti, che naturalmente provocano molte emozioni con l’aiuto della manipolazione mediatica secondo la strategia “dell'imperialismo umanitario”, possono essere ricondotti principalmente a una sola persona: il fondamentalista cristiano di estrema destra Adrian Zenz. Zenz non è mai stato nello Xinjiang, ma afferma che la sua è una missione "ricevuta da Dio" che gli impone di salvare gli uiguri musulmani dal "tirannico" Partito Comunista Cinese.

I “presunti” studi di Zenz, non si basano su fatti concreti o ricerche fatte sul campo, ma rispondono solamente a esigenze di propaganda  con il solo scopo di criticare la Cina; Infatti  costituiscono la spina dorsale delle accuse di lavoro forzato fatte circolare dal Newlines Institute for Strategy and Policy, e che ha il compito di farle ripetere alle principali testate giornalistiche occidentali, spacciandole come verità provate ed oggettive.

Il tasso di raccolta meccanizzata del cotone nello Xinjiang è quasi del 70%, secondo Elijan Anayat, che riporta i dati ufficiali verificati, dell'Ufficio informazioni del governo regionale dello Xinjiang. La natura stagionale del lavoro difficilmente potrebbe essere descritta come schiavitù poiché molti lavoratori si riversano nella regione durante la stagione del raccolto, in quanto la raccolta del cotone ha una paga vantaggiosa rispetto alla paga percepita per altri lavori.

Il signor Zenz, oltre alle falsità sul lavoro in schiavitù degli uiguri, afferma pure l’esistenza di vessazioni e incarcerazioni di massa, sostenendo che in Cina esiste un reale genocidio verso le minoranze mussulmane uigure; queste notizie sono apparse su The Journal of Political Risk

che è una pubblicazione  guidata da  ex agenti della NATO e degli Stati Uniti per la sicurezza nazionale.

Ipocrisia delle corporazioni occidentali

Il conglomerato di Nike, Burberry, PVY, H&M e altre società, le quali affermano di voler difendere i "diritti umani" e di essere  contro gli "abusi sul lavoro" in Cina, sono semplicemente e fondamentalmente “ipocrite”. Queste stesse aziende sono note per sfruttamento seriale del lavoro di donne e bambini, prevalentemente, musulmani del sud-est asiatico. 

Esaminiamo alcuni comportamenti di queste grandi aziende occidentali che si indignano contro il trattamento degli operai cinesi uiguri.

-Nei suoi negozi in Indonesia, un paese a maggioranza musulmana, Nike è stata denunciata per anni per aver impiegato bambini . Questi bambini lavorano molte ore con salari di povertà e sono ammassati in fabbriche prive di qualsiasi protezione antinfortunistica.  

-H&M,  questa azienda non è riuscita a fornire giustizia e risarcimenti ai lavoratori in Bangladesh quando la fabbrica di Rana Plaza è crollata. I lavoratori avevano avvertito la direzione che lo stabilimento presentava margini di grande pericolo per la loro sicurezza. Più di 1.100 lavoratori perirono a causa del crollo. H&M  era un  marchio importante in Bangladesh; aveva più di 200 fabbriche che lavoravano con forme di appalto per lei.

L'azienda è stata il primo e il più grande marchio ad aver firmato l'Accordo sul fuoco e la sicurezza degli edifici del 2013. Il rapporto 2018 dell'Asia Floor Wage Alliance sulle condizioni di lavoro negli stabilimenti dei fornitori di H&M ha affermato che "a causa del mancato rispetto dell'accordo, 78.842 lavoratori dell'abbigliamento in Bangladesh continuano a produrre indumenti per H&M in edifici senza uscite di sicurezza".

Non è solo in Bangladesh. In un rapporto di Wage Alliance sulle fabbriche H&M all'estero, basato su interviste a 251 lavoratori di 12 fornitori H&M in Cambogia e quattro fornitori in India, i ricercatori hanno scoperto che i lavoratori lavoravano dalle nove alle 17 ore al giorno. Questo supera il limite di 12 ore per gli straordinari settimanali stabilito da H&M. Inoltre, i lavoratori hanno riferito che le dipendenti che erano incinte venivano spesso licenziate.

Oltre ad essere dei super sfruttatori, ciò che accomuna tutte queste aziende che boicottano il cotone cinese è questo: sono membri della Better Cotton Initiative, un'organizzazione senza scopo di lucro  non governativa che afferma di essere indipendente, ma è finanziata in parte dall'Agenzia  Internazionale dello Sviluppo  degli Stati Uniti ( USAID).

 L’USAID, è un ramo  del governo degli Stati Uniti con una lunga storia di fomentazioni di colpi di stato controrivoluzionari e reazionari e di cambio di regime in tutto il Sud del mondo.

Inoltre, il presidente del consiglio BCI Marc Lewkowitz è il CEO di Supima Cotton, che coltiva cotone negli Stati Uniti. Supima è in competizione con il cotone dello Xinjiang. Il governo degli Stati Uniti e le società statunitensi hanno interesse a boicottare il cotone cinese, ma le loro presunte  "prova" del lavoro forzato degli uiguri è inconsistente. Secondo Reuters, anche il rappresentante della Bci a Shanghai ha affermato che negli studi effettuati dal 2012 “ non ha mai riscontrato un solo caso relativo a episodi di lavoro forzato ” nello Xinjiang.  

Colpire l'industria cinese del cotone e del tessile, pilastri chiave dell'economia nazionale, è un tentativo degli Stati Uniti e di altre potenze imperialiste di isolare la Cina dal mercato globale, dove le aziende statunitensi dovrebbero competere con le aziende cinesi.

La Cina non è più “l'officina del mondo” ma un importante, se non centrale, motore economico dell'economia globale. Con 1,4 miliardi di persone, ha una delle economie in più rapida crescita e più dinamiche al mondo ed è l'unico grande paese a registrare una crescita economica positiva nel 2020.

La realtà è che la Cina è strutturata nella catena di approvvigionamento globale e risulta abbastanza difficile, se non impossibile, isolarla. Molte aziende occidentali incontrerebbero serie difficoltà da una rottura dei rapporti con l’economia cinese.

Anche il New York Times ha dovuto ammetterlo, sottolineando: “La Cina è la fonte di quasi la metà di tutto il tessuto di cotone esportato nel mondo. La maggior parte di quel materiale include il cotone raccolto nello Xinjiang ".

La Cina oggi non si limita a produrre, ma anche a consumare. Ha una classe media in espansione e quasi 1 miliardo di lavoratori e contadini sono stati sollevati dalla povertà.

H&M, ad esempio, ha 502 negozi in Cina, il terzo per numero di paesi dopo Stati Uniti e Germania, secondo il suo sito web. Secondo il Global Times : “La Cina ha rappresentato il 5,2% delle vendite totali di H&M nel 2020, il quarto mercato più grande dopo Germania, Stati Uniti e Regno Unito. Chiaramente il mercato cinese è estremamente prezioso per H&M ".

I consumatori cinesi hanno risposto agli attacchi razzisti del loro paese con il boicottaggio del marchio. Ciò ha costretto H&M a rilasciare una dichiarazione che ritrattava le sue precedenti affermazioni.

L’imperialismo statunitense ha organizzato le multinazionali del commercio in una rete di boicottaggio verso la Cina; siamo in presenza ad una nuova guerra fredda nei confronti del “dragone cinese”.

L’intento degli USA è non solo di abbattere la Cina economicamente, ma anche e soprattutto di balcanizzare il paese utilizzando le differenze etniche e nazionali, cioè vorrebbero attuare la tattica usata con l’Unione Sovietica e con la Jugoslavia.

Ma gli obiettivi di Washington non saranno facili da raggiungere.

 

da China Daily.