Via della Seta… e della Salute - L’opinione di Maria Morigi

 

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Non voglio qui riesumare le previsioni fatte dagli scienziati almeno 20 anni fa sul possibile dilagare di una pandemia, né affrontare problemi di competenza sanitaria e/o misure per fronteggiare la crisi e superarla. Non voglio neppure parlare di accuse alla Cina, perché, secondo la mia opinione, tali accuse rivelano solo la pochezza etica di chi le formula e danno espressione alle paure della gente comune che crede disperatamente di trovare tutela allineandosi in uno schieramento o nell’altro.

Per parlare di Via della Seta e della Salute inizierei dalle affermazioni di Tedros A. Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, pronunciate in un discorso del 18 agosto 2017 dal titolo “Verso una via della seta sanitaria”. Dice Ghebreyesus:«La Cina ha molto da insegnarci su questi temi. È leader mondiale nella sorveglianza delle malattie e nel controllo delle epidemie ed è stato uno dei primi paesi a intervenire durante l’epidemia di Ebola. La Cina ha realizzato un sistema di assicurazione sanitaria nazionale che copre oltre il 95% della sua popolazione. Il paese ha anche una grande capacità di ricerca e sviluppo ed è stato uno dei primi paesi a raggiungere l’obiettivo di sviluppo del millennio per la salute materna. Dobbiamo basarci su queste esperienze».

Un impegno dunque che la Cina si è data non da oggi: il governo cinese, convinto che economia e salute siano interconnessi, si impegna a fornire assistenza sanitaria ai paesi attraversati dalla Via della Seta.

La pronta reazione cinese di fronte alla sfida della pandemia ha reso operativo il progetto della Via della Salute, proposta lanciata nel 2017 nell’ambito della BRI. Ma già dal 2016 si parlava di rafforzamento della cooperazione nella prevenzione e nel controllo delle principali malattie infettive, e ora, in piena emergenza da Coronavirus, tali affermazioni acquisiscono un significato particolare.

Non si tratta di pura teoria, ma di azioni pratiche: tonnellate di materiale sanitario e presidi medici, insieme a personale qualificato sono stati inviati in numerosi paesi in difficoltà (a 90 paesi sono stati destinati kit, mascherine, indumenti protettivi, occhiali, termometri frontali e ventilatori polmonari). Personale sanitario cinese e forniture sono stati inviati in 28 Paesi in Asia, 26 in Africa, 16 in Europa, 10 nel Pacifico meridionale e 9 nelle Americhe. Il 27 marzo sono state inviate 130 tonnellate di materiale protettivo in Italia. Negli Stati Uniti il sindaco di New York ha chiesto aiuto alla Cina come anche altri amministratori e organizzazioni caritatevoli che hanno concluso accordi per forniture d’emergenza data l’incapacità dello stato di farvi fronte.

Anche in Africa, che soffre da sempre di carenze sul piano sanitario e dove la Cina già dai tempi di Mao era intervenuta costruendo ospedali, l’intervento è stato attuato nell’ambito e in continuità col progetto Via della Seta e della Salute.

Da non trascurare l’attivazione degli aiuti verso il Messico e i paesi dell’America latina che sono interessati (19 firmatari) agli accordi infrastrutturali relativi alla Nuova Via della Seta per approdi marittimi e il mega-progetto sul Canale di Panama che tanto infastidisce il presidente Trump.  Il ministro degli esteri messicano Marcelo Ebrard ha twittato “Gracias China!!!”, pubblicando la foto dell’aereo che trasportava 100mila maschere, 50mila kit di prova e ventilatori donati dalla Cina. Anche il ministro degli Esteri argentino ha applaudito la Cina dopo aver ricevuto una grande spedizione di mascherine.

Osserviamo anche: dal 2016 il soft power cinese in America latina si è rafforzato con la creazione di 41 Istituti Confucio, finalizzati a rafforzare i legami culturali trans-pacifici. Pechino ha finanziato la formazione di centinaia di giornalisti ogni anno attraverso scambi professionali e stage in Cina.

Per tutta risposta il presidente americano è riuscito a suscitare l’ira dei paesi latinoamericani bloccando, come una nave pirata, l’export di dispositivi di protezione individuale e ventilatori già acquistati.  Trump, che ora è in dissidio con l’OMS considerata filo-cinese, ha anche tagliato i contributi all’Organizzazione Panamericana per la Salute, agenzia sanitaria pubblica multilaterale progettata per prevenire e contenere focolai di malattie infettive nelle Americhe. Non trascuriamo che il Messico è stato penalizzato ben prima della Cina dalla “guerra dei dazi” scatenata da Trump…

Tutti i casi segnalati dimostrano che al centro dell’intervento cinese c’è l’uomo e non la rapina delle risorse.

E in realtà, oltre agli aiuti umanitari, anche i risultati dell’azione cinese contro il virus sono sorprendenti. Se contiamo i morti in percentuale sulla popolazione ogni 100mila abitanti (sui dati forniti dalla John Hopkins University di Baltimora) troviamo davanti il Belgio (54), seguito da Spagna (46) e Italia (41), mentre la situazione migliore è quella della Cina (0,33) nonostante lo svantaggio nell’aver affrontato per prima l’epidemia. I paesi asiatici hanno percentuali simili perché hanno imparato rapidamente dal Regno di Mezzo.

La Cina ha condiviso la sua esperienza con 180 Paesi e più di 10 organizzazioni internazionali e regionali. Piani diagnostici e terapeutici, documenti tecnici frutto dell’esperienza cinese hanno messo in grado il resto del mondo di affrontare l’infezione nel modo migliore.

La pianificazione socialista è stata in grado di lavorare sui bisogni dell’uomo e della collettività e non solo in funzione del profitto privato. La pianificazione socialista con il determinante intervento dello Stato si è concretizzata con l’investimento di 3 mila miliardi di RMB (circa 430 miliardi di dollari) in infrastrutture; tuttavia, si sarebbe dimostrata inefficace se non si fosse affiancata all’impegno partecipato di tutti gli anelli della catena sociale (ad esempio è stato chiesto a tutte le province cinesi di aumentare gli interscambi con l’Hubei, la provincia più colpita dall’epidemia).

La Cina ha risolto il problema prima di altri con metodi che in Occidente sono stati rifiutati ideologicamente. Ancora una volta, la Civiltà occidentale si è dimostrata inadeguata e incapace a risolvere situazioni critiche rispetto alla Civiltà confuciana.

L'antagonismo tra gli approcci e le azioni degli Stati Uniti e della Cina di fronte alla pandemia sta rivelando che questa lotta permea tutte le relazioni internazionali. Come prevedibile, si formano allineamenti attorno alle due posizioni, con il risultato di creare campi di forza opposti, anche quando non esistono ancora alleanze formalmente create. La Cina sta avanzando sempre di più con la sua lotta intelligente e abile per costruire una comunità di futuro condiviso per l'umanità e per promuovere la diplomazia della fraternità, il beneficio reciproco, la cooperazione globale e l'inclusione

José Reinaldo Carvalho

Giornalista e segretario generale del Centro Brasiliano di Solidarietà ai Popoli e Lotta per la Pace

 

Maria Morigi è membro del Comitato Scientifico del CIVG e collabora con l’Osservatorio Italiano sulla Nuova Via della Seta. È autrice di numerosi articoli e saggi di storia delle religioni e geopolitica, fra cui La Perla del Drago – Stato e religioni in Cina e Xinjiang ‘Nuova Frontiera’ – Fra antiche e nuove Vie della Seta (Anteo Edizioni).