Cenni storici sulla costituzione italiana

 25 luglio 2020

 

Italia. Costituzione e Covid-19. Pro e Contro. – SenzaNubi

 

Il primo esempio in Italia di Statuto Costituzionale si ebbe a Palermo il 19 luglio 1812, quando il Parlamento di Sicilia borbonico, riunito in seduta straordinaria, promulgò la Costituzione Siciliana che poi di fatto fu soppressa nel dicembre 1816 con la nascita del Regno delle Due Sicilie.

Nel 1848 dai sovrani di alcuni stati italiani furono concessi alcuni statuti; quello Napoletano, quello del Ducato di Parma, quello dello Stato della Chiesa e in Piemonte quello Albertino.

Mi soffermerò in particolare sullo Statuto Albertino del 1848 concesso da Carlo Alberto e avvallato anche dal suo successore Vittorio Emanuele II.

 Lo Statuto Albertino rese l’Italia una Monarchia Costituzionale ereditaria: la sovranità apparteneva al re il quale, da sovrano assoluto, si trasformava in Principe Costituzionale. Lo statuto Albertino era giuridicamente flessibile e, proprio per merito  di questa flessibilità, fu possibile portare l’Italia da una forma di Monarchia Costituzionale pura a quella di Monarchia Parlamentare (modello inglese).

 La continuità fra il Regno di Sardegna e il Regno d’Italia avvenne con l’estensione dello Statuto Albertino a tutti i territori del Regno d’Italia progressivamente annessi al Regno Sabaudo.

Lo Stato Italiano nacque, da un punto di vista istituzionale, con la legge del 17 marzo 1861 che attribuì a Vittorio Emanuele II, Re di Sardegna, e ai suoi successori il titolo di Re d’Italia. 

Lo Statuto Albertino rimase operante per 100 anni, fino a quando non entrò in vigore la Costituzione Repubblicana.

Vogliamo qui ricordare che il primo Parlamento dello Stato Unitario, all’inizio del 1861, si formò con un suffragio universale ristretto al 2% della popolazione, circa 600.000 cittadini, maschi e con una determinata capacità contributiva; con la legge del 22 gennaio 1882 il diritto di voto venne concesso ai possessori della licenza scolastica elementare, coinvolgendo così il 7% degli italiani (circa 2.000.000 su una popolazione di 28.452.000 cittadini). Con una successiva legge del 30 giugno 1912, si aumentò il numero dei possibili votanti, consentendo di accedere al voto a tutti i cittadini maschi con più di 30 anni, o che pur minori di tale età, ma maggiori di 21 anni, avessero un reddito di almeno 19.20 lire, o avessero la licenza scolastica elementare, oppure avessero già prestato il servizio militare. Si raggiunse così una percentuale del 23% della popolazione che ottenne il diritto al voto, il che vuol dire 6.543.960 persone su una popolazione di 28.452.000 cittadini.

Infine nel 1918, al termine della prima guerra mondiale, con la legge del 16 dicembre 1918, si ebbe il suffragio universale maschile ai maggiori di 21 anni o a coloro che avessero già prestato il servizio militare

Durante il ventennio fascista (dal 29 ottobre 1922 al 25 luglio 1943) lo Statuto Albertino non venne abbandonato, infatti il fascismo non optò per una propria costituzione, preferendo l’utilizzo di quella esistente modificandola però fortemente e cioè svuotandola completamente nella sua sostanza.

Quindi lo stato fascista deviò naturalmente verso un regime autoritario, infatti le opposizioni vennero bloccate, la Camera di deputati fu abolita e sostituita dalla “Camera dei fasci e delle corporazioni”, il diritto di voto fu cancellato, i diritti come quello di riunione e di libertà di stampa furono piegati alle esigenze dello Stato fascista.

Il 25 luglio 1943 Benito Mussolini venne estromesso ed il re Vittorio Emanuele III nominò il maresciallo Pietro Badoglio per presiedere un nuovo governo, governo che ripristinò in parte le libertà liberali garantite dal vecchio Statuto Albertino; ebbe inizio un “regime transitorio” che durò 5 anni e che terminò con l’entrata in vigore della nuova Costituzione e le successive elezioni politiche dell’aprile 1948.

Ma ritorniamo al 1944: in quell’anno ricomparvero i partiti antifascisti costretti, durante il regime fascista alla clandestinità, riuniti poi nel Comitato di Liberazione Nazionale. Tutti questi partiti erano intenzionati a modificare completamente le istituzioni per poter attuare uno Stato democratico.

La situazione che si stava creando impedì al Re di riproporre lo Statuto Albertino, pur cercando di operare delle modifiche, perché di fatto era ormai la monarchia a essere messa in discussione in quanto accusata della sua compromissione con il regime fascista.

 Si trovò un compromesso e cioè una “tregua istituzionale” in cui un proclama del Re, 12 aprile 1944, deliberava di trasferire i poteri del Re all’erede al trono (Umberto II di Savoia) che assumeva così la carica di “luogotenente del regno”.

Nel giugno del 1944 fu decisa la convocazione di un’Assemblea Costituente eletta a suffragio universale con l’incarico di scrivere una nuova carta costituzionale.

 Nel febbraio del 1945 con un decreto del governo Bonomi, fu esteso il diritto di voto anche alle donne.

Il 2 giugno 1946 fu indetto il referendum per la scelta fra repubblica e monarchia che sancì la nascita della Repubblica Italiana.

In quel giorno, 2 giugno 1946, si svolsero contemporaneamente il REFERENDUM ISTITUZIONALE e l’elezione dell’ASSEMBLEA COSTITUENTE, a cui parteciparono l’89% degli aventi diritto al voto.

Il 54% dei voti (più di 12 milioni) fu per lo stato repubblicano, superando di due milioni i voti a favore della monarchia.

L’Assemblea Costituente fu eletta con un sistema proporzionale e furono assegnati 556 seggi distribuiti in 31 collegi elettorali; si poté quini constatare la rappresentatività dei partiti antifascisti che componevano il Comitato di Liberazione Nazionale: 35,2% dei voti e 207 seggi per la Democrazia Cristiana, 20,7% dei voti e 115 seggi per il Partito Socialista, 18,9% dei voti e 104 seggi per il Partito Comunista. I liberali riuniti nella coalizione “Unione Democratica Nazionale” ottennero il 6,8% dei voti e 41 seggi, il Partito Repubblicano ebbe il 4,4% dei voti e 23 seggi, mentre il Partito d’Azione, nonostante il ruolo di primo piano che ebbe durante la resistenza, ebbe solo l’1,5% dei voti con relativi 7 seggi.

In opposizione alla politica del C.N.L. i cittadini che avevano nostalgia per il vecchio regime fascista si aggregarono sostanzialmente attorno a due formazioni: l’Uomo Qualunque che ottenne il 5,3% dei voti ed ebbe 30 seggi, il Blocco Nazionale della Libertà che ottenne 2,77% dei voti e 16 seggi (già prima della fine dei lavori della costituente, i membri di questa formazione si divisero

tra Partito Liberale Italiano,  Fronte dell’Uomo Qualunque ed il nascente Partito Nazionale Monarchico).

L’assemblea nominò quale Capo di Stato Provvisorio l’avvocato napoletano Enrico De Nicola.

Appena eletta l’Assemblea nominò al suo interno una Commissione per la Costituzione, composta da 75 membri, con l’incarico di stendere il progetto generale della carta costituzionale. A loro volta  

i 75 membri si suddivisero in tre sottocommissioni:

  1. diritti e doveri dei cittadini (presieduta da Umberto Tupini della DC),
  2. organizzazione costituzionale dello stato (presieduta da Umberto Terracini del PCI),
  3. rapporti economici e sociali (presieduta da Gustavo Ghidini del PSI).

Il progetto costituzionale venne presentato all’Assemblea nel febbraio del 1947 e così iniziò il dibattito in aula che si protrasse per circa nove mesi. Si trovò poi una convergenza tra le varie forze politiche e di conseguenza il testo definitivo fu approvato il 22 dicembre 1947 con 458 voti favorevoli, 62 contrari e nessun astenuto, su di un totale di 520 votanti.

La Costituzione venne infine promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948.

Ricordiamo che per ciò che riguarda il funzionamento del Parlamento, del Governo, il ruolo del Presidente della Repubblica ed i rapporti tra tali soggetti, le norme Costituzionali furono subito applicate nella vita della nascente Repubblica ed inoltre l’Assemblea Costituente si occupò di approvare la legge sulla libertà di stampa, la legge elettorale e gli statuti di quattro delle cinque regioni autonome.

Altri istituti e altri diritti costituzionali dovettero attendere diversi anni prima di poter essere attuati.

La Corte Costituzionale prevista nell’articolo 134 venne attuata solo nel 1955, idem per il Consiglio Superiore della Magistratura che entrò in funzione solo nel 1958, mentre per la legge necessaria per regolare l’istituto del referendum si dovete attendere il 1970 in occasione della legge sul divorzio 

La Costituzione è la legge fondamentale dello stato italiano, cioè quella da cui dipendono gerarchicamente tutte le altre normE giuridiche che regolano la vita sociale e l’ordinamento dello stato.

La nuova Costituzione dello Stato Repubblicano, fu approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947, fu pubblicata lo stesso giorno nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.298 in edizione straordinaria ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948.

La costituzione è composta di 139 articoli, divisi in quattro sezioni:

A.    Principi fondamentali (dall’art 1 all’art. 12)

B.     Diritti e doveri dei cittadini (dall’art. 13 all’art, 54)

C.     Ordinamento della Repubblica (dall’art. 55 all’art. 139)

D.    Disposizioni transitorie e finali.

Noi abbiamo cercato di presentare un quadro storico e cronologico della genesi costituzionale, con l’intento di stimolare la curiosità ed il desiderio di conoscenza, siamo coscienti che già molto è stato detto e scritto su questo argomento.

Il risultato di questo fiume di parole è stato ed è, nella maggior parte dei casi, un “chiacchiericcio” retorico che ottiene lo scopo di annacquarne l’importanza, di svilirne il contenuto, di chiederne la modifica, di optare per una sua revisione in nome di una modernità (per tener presente che i tempi sono cambiati dal momento della sua formulazione) e via sragionando.

Noi crediamo che la Costituzione sia poco conosciuta e che il chiacchiericcio non operi conoscenza, ma solo propaganda ad uso di formazioni partitiche che non hanno interesse alla sua attuazione completa, ma solo ad uno scriteriato interesse di bottega.

Noi come CIVG, pensiamo che una conoscenza del dettato costituzionale, a livello popolare, sia importante per poter acquisire una coscienza di cittadinanza, la quale permetterebbe di avere l’esatta dimensione dei nostri diritti e di non cadere vittime di nozioni propagandistiche controproducenti.

Non stiamo dicendo di voler trasformare le masse italiche in una massa di giuristi saccenti e azzeccagarbugli, ma sapere i punti qualificanti in modo d’avere una visione ragionata dei diritti e doveri che come cittadini garantiscono la nostra quotidianità.

Noi non siamo per le modifiche e per gli aggiornamenti, almeno nella fase attuale, ma siamo per la piena applicazione della “COSTITUZIONE”.

Pensiamo che anche con i dati sommari e schematici che abbiamo presentato, i nostri lettori siano invogliati ad approfondire ed eventualmente a scriverci per arricchire di contenuti i vari articoli della Costituzione, in un’opera di intervento collettivo, ognuno a seconda delle proprie competenze e conoscenze.  Un grazie anticipato a tutti.

Luigi Cecchetti, CIVG