Iran: fra tensioni internazionali, Vie della Seta, antiche culture e religioni

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L’Iran oggi: vittima designata o “stato canaglia”?

Il 21 febbraio 2020 sono stati chiamati alle urne circa 58 milioni gli elettori iraniani per le undicesime elezioni parlamentari della Repubblica Islamica dell’Iran. La tornata elettorale per il rinnovo dell'organismo legislativo (Majilis) monocamerale cade in un momento di tensione internazionale – per l'uccisione del generale Qassem Soleimani e l'abbattimento del Boeing ucraino da parte della contraerea iraniana - ma anche in un periodo di grande sfiducia della popolazione.

I risultati del voto confermano quanto annunciato alla vigilia: sarà un Majilis a trazione conservatrice. Ai conservatori andranno almeno 221 seggi su 290, soltanto 16 seggi ai riformisti, 5 ad esponenti di minoranze religiose, 34 a candidati indipendenti. Tra i trionfatori c’è Mohammad Bagher Qalibaf, ex generale dei Pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione, ed ex sindaco di Teheran: molti già lo considerano il probabile candidato alle elezioni presidenziali del 2021. Crollo di consensi invece per Hassan Rohani (vincitore delle due precedenti tornate elettorali) e per i gruppi politici moderati e riformisti che lo sostengono, dopo che il programma di distensione con l'Occidente e le promesse di liberalizzazione interna sono rimaste per lo più deluse. Anche Il naufragio dell’accordo sul nucleare e il peso insostenibile delle sanzioni statunitensi hanno portato l’inflazione e la disoccupazione a cifre preoccupanti. Ha vinto in tal modo l’astensionismo.

Un risultato di cui - per l’aggressiva politica estera basata sulle sanzioni - possiamo ringraziare Donald Trump. Costui è determinato, insieme ai partner israeliani, ad ostacolare con ogni mezzo i rapporti commerciali dell’Iran con la Cina. Inoltre possiamo ringraziare il sonno profondo dell’UE che, incapace di sostenere una politica propria e coerente nei confronti di Siria e altri vicini mediorientali, non ha saputo cogliere le richieste di legittimazione internazionale dell’Iran, ma trainata dagli interessi dei padroni americani, con sospetto guarda ai progetti cinesi di inter-connettività.

Per comprendere un po’ di più dell’Iran, non è sufficiente giudicare il sistema fondato dalla Rivoluzione di Ruhollah Khomeyni che nel 1979 ha creato la Repubblica Islamica sciita (oggi gli eredi di quella Rivoluzione sarebbero “conservatori” nella definizione occidentale). Per spiegare i motivi di tante profonde tensioni, è bene tornare alla fine del XIX secolo.

Dopo la Grande carestia persiana del 1870-1871 (circa 2 milioni di morti), la Persia della Dinastia Qajar (1794-1925), potenza che aveva tentato di riaffermare la sua influenza sui paesi caucasici, ebbe una profonda trasformazione. Infatti, attraverso l’approvazione di una Costituzione, il paese divenne una Monarchia costituzionale (1906) e da allora smise qualsiasi aggressività nei confronti degli Stati vicini. Al contrario fu vittima di continue intromissioni straniere. Nel 1908, infatti la scoperta del petrolio nel Khuzestan, grazie a prospezioni inglesi, generò un rinnovato interesse economico verso la Persia da parte dell'impero britannico. Il controllo del Paese fu pertanto conteso tra Regno Unito e Russia (uno degli esiti del Grande Gioco coloniale) e sancito dalla Convenzione anglo-russa del 1907, che divise la Persia in sfere di influenza straniere. Durante la I Guerra Mondiale il paese venne occupato militarmente dai britannici, dagli ottomani e dalle forze russe. Nel 1919, dopo la rivoluzione russa e il ritiro delle forze russe dal territorio, la Gran Bretagna tentò senza successo di formare un protettorato.

Nel 1921, un colpo di stato militare impose la leadership di Reza Khan, un ufficiale della brigata russo persiana, il quale nel 1925 divenne re della Persia, imponendo la dinastia Pahlavi. Solo nel 1935 la Persia adottò ufficialmente il nome di Iran, "Paese degli ariani", insistendo sul carattere nazionalista della politica pahlavide.

 

 

 

Durante la II Guerra Mondiale, l’Iran fu sospettato di alleanza con la Germania nazista, subì quindi l'occupazione anglo-sovietica e le mire delle potenze straniere sui giacimenti di petrolio iraniani si fecero sempre più manifeste. Quando Mohammad Reza Pahlavi prese il posto del padre sul trono nel 1941, “modernizzazione” volle dire assoggettamento agli interessi delle potenze vincitrici, ma all’Iran arrivavano solo le briciole dei proventi petroliferi gestiti da Germania e Regno Unito. La Dinastia quindi si affidò agli ingenti prestiti statunitensi e alla CIA, che promettevano di tenere botta non solo all’embargo (imposto dalla Gran Bretagna con rottura delle relazioni diplomatiche nel 1952) ma anche al dissenso interno di Mohammad Mossadeq, nuovo primo ministro che aveva auspicato la nazionalizzazione dell'industria petrolifera. Mentre si formava una ricca classe borghese a servizio degli interessi americani, la popolazione, il cui malcontento era recepito dalle gerarchie religiose, si impoveriva sempre di più. Lo Scià Reza Pahlavi fu deposto l'11 febbraio 1979 dalla Rivoluzione khomeinista. Il Paese divenne una Repubblica Islamica sciita, la cui costituzione si ispira alla legge coranica: in tal modo gli interessi americani furono pesantemente delusi e del tutto osteggiati (e criminalizzati) dalla predicazione rivoluzionaria dell’Ayatollah Khomeini.

Gli anni ’80-‘90 videro la questione dell’occupazione dell’Ambasciata americana e la crisi degli ostaggi, conclusasi nel 1981 con la liberazione degli stessi in cambio della fornitura di armi da parte dell’amministrazione Reagan al paese allora impegnato nella guerra contro l'Iraq (allora finanziato e armato dagli USA…).

 

La guerra Iran-Iraq tenne impegnati i due paesi dal settembre 1980 fino all'agosto 1988. Dopo 8 anni e con una stima approssimativa di oltre 1 milione di vittime soprattutto civili, Iran ed Iraq accettarono la risoluzione dell'ONU di cessazione delle ostilità e i termini di uno status quo. La pesantezza dell’ingerenza americana in Iran, mostrata al resto del mondo come esigenza democratico-umanitaria, è continuata nel tempo, parallelamente alla politica di Israele anch’essa intesa a impedire/controllare tramite sanzioni ogni possibilità di sviluppo per il paese, non solo in campo nucleare.

E quanto al pericolo ventilato (da USA e Israele) di minacce dell’Iran o di sue improbabili aggressioni al mondo intero, va ribadito che l’Iran non conduce una campagna militare al di fuori dei propri confini da più di un centinaio d’anni.

 

Il ruolo della Cina e il petrolio

Ora l’Iran, duramente colpito dalle sanzioni americane, cerca di rientrare nello scacchiere dei commerci internazionali proprio grazie alla Belt and Road Initiative lanciata dalla Cina, proponendosi di recuperare un proprio ruolo nell’antica via carovaniera che un tempo univa l’Europa all’Estremo Oriente. Per cui, cambiati i tempi, la Nuova Via della Seta diventa interconnessione di canali energetici oltre che di scambi commerciali… e questo non piace a Trump, e poco piace anche all’Europa!

Ma intanto le cose vanno avanti. Le relazioni economiche tra Cina e Teheran si sono progressivamente sviluppate a partire dai primi anni Cinquanta. Una decisa accelerazione si è registrata all’inizio degli anni Novanta, quando la Cina in pieno boom economico ricercava partner che colmassero la sua sete di energia. Nel 2015 Pechino risultava il maggior acquirente di petrolio iraniano, all’incirca l’11% del totale delle importazioni petrolifere cinesi.

Il passo decisivo nelle relazioni Cina-Iran è stata la visita di Xi Jinping a Teheran il 23 gennaio 2016, la prima di un leader straniero, durante la quale si è concordato di espandere l’interscambio commerciale fino a 600 miliardi di dollari entro il 2026. Il dato risulta particolarmente significativo se confrontato con l’andamento delle relazioni commerciali negli ultimi anni. Infatti, se fino al 2003 il valore dei beni scambiati fra Cina e Iran era di 4 miliardi di dollari, nel 2009 era già cresciuto di cinque volte e nel 2014 superava i 50 miliardi.

 

 

Nel febbraio 2016 un convoglio merci proveniente dalla provincia cinese di Zhejiang è arrivato allo scalo ferroviario di Teheran dopo 14 giorni: 10.000 km in due settimane, il record assoluto raggiunto lungo la Via della Seta negli ultimi venti secoli! Il convoglio, costituito da 32 container, ci ha messo 30 giorni di meno rispetto alla tradizionale via commerciale usata da Pechino per gli scambi con Teheran durante gli anni delle sanzioni internazionali, ovvero la navigazione dal porto di Shangai a quello iraniano di Bandar Abbas.

Ma, quello che più interessa tutti i protagonisti della sfida, è il petrolio. L’Iran è infatti il terzo paese al mondo per giacimenti petroliferi, vantando riserve inferiori solo ad Arabia Saudita e Canada. Le numerose misure restrittive introdotte e la “massima pressione” di Trump contro l’Iran mettono in forte difficoltà il settore petrolifero iraniano, come dimostra il significativo calo delle esportazioni di greggio registrato nel 2019. La strategia USA-Israele mira infatti a mettere in ginocchio l’economia del paese e forzare l’amministrazione iraniana a stipulare un nuovo accordo sul nucleare. A questo fine, già l’8 maggio 2018 Trump aveva annunciato la fuoriuscita unilaterale degli Stati Uniti dall’Accordo sul nucleare JCPOA, accompagnata da una nuova imposizione di sanzioni contro l’Iran.

Per quanto riguarda le esportazioni di petrolio, nel mese di novembre 2018 il Tesoro USA ha concesso delle esenzioni per permettere il proseguimento di esportazioni di petrolio iraniano da parte di otto paesi tra cui Italia, Grecia, Cina, India. Nonostante questo sistema di esenzioni, le esportazioni di petrolio iraniano nei primi mesi del 2019 hanno subito un forte calo. Nel maggio 2019, alla scadenza delle esenzioni, Trump ha annunciato di non voler concedere deroghe o rinnovi, esplicitando così l’obiettivo - in accordo con Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti - di voler azzerare le esportazioni petrolifere di Teheran. Questo ulteriore giro di vite sull’economia iraniana ha causato un nuovo calo delle esportazioni di greggio, a partire da giugno.

Nel mese di agosto 2019, durante l’incontro tra i rispettivi ministri degli esteri, la Cina ha rinnovato la propria politica di avvicinamento a Teheran, firmando diversi accordi commerciali e confermando di voler aumentare le importazioni petrolifere dal paese. Pechino ha infatti continuato a importare da Teheran, anche se a volume ridotto. Inoltre, come rappresaglia alla decisione di Pechino di continuare gli scambi con Teheran, il 25 settembre 2019 il presidente Trump ha annunciato nuove sanzioni contro due società appartenenti all’armatore cinese COSCO, accusate di aver trasportato petrolio iraniano. Ad ottobre si sono registrati i primi effetti delle sanzioni statunitensi sulle controllate COSCO, le cui navi hanno subito rallentamenti o forzate interruzioni di navigazione per la paura generalizzata dei noleggiatori di incorrere in sanzioni secondarie. Le esportazioni petrolifere iraniane dunque attraversano un momento di grande vulnerabilità, con il conseguente indebolimento dell’economia del paese, già in forte crisi.

Tuttavia, malgrado le varie interruzioni, da maggio 2019 sono state almeno 12 le petroliere iraniane che hanno trasportato e consegnato petrolio, metà delle quali dirette verso la Cina. Altre petroliere hanno attraversato il Canale di Suez, in direzione di Turchia e Siria, visto che, nonostante le sanzioni USA, c’è chi decide di proseguire le proprie importazioni di greggio da Teheran.

 

Antica civiltà iranica e Via della Seta

Poiché sono convinta che senza coscienza della Storia non può esserci né sviluppo né tantomeno comunicazione, propongo una riflessione sul contributo della Persia antica alla nostra civiltà occidentale, la quale, di fatto, sembra riconoscere superiorità, centralità e primato alla sola cultura greco-romana. Così, brevemente, da appassionata di civiltà antiche e centroasiatiche, ripercorro l’influenza e il ruolo della Persia.

Innanzitutto la lingua, il Farsi, che lo si ascolti negli ammonimenti della Guida Suprema o parlato dal contadino che vende frutta al mercato, ha il potere di emozionare per la sua severa dolcezza e musicalità. La lingua persiana, praticata anche da milioni di abitanti di Afghanistan, Pakistan, India, Asia centrale e caucasica, è infatti di origine indoeuropea, strettamente collegata al greco, al latino e a comuni parole familiari come baradar, brother in inglese (fratello), madar, mother (madre), e pedar, father (padre). Una lingua insomma, che risulta relativamente facile a tutti coloro che parlano l’inglese. Lo scritto, come conseguenza della conquista, usa i caratteri dell’alfabeto arabo, e nel vocabolario sono frequenti le parole in lingua araba.

Guardando ai principali eventi storici dell’antichità, si nota come sin dall’VIII secolo a. C. l’Impero Achemenide avesse unificato Vicino e Medio Oriente in una sola organizzazione statale. Assunto a capo della confederazione delle tribù persiane, infatti, l’Imperatore achemenide Ciro II condusse spedizioni fino ad occupare vasti territori centrasiatici. E le regioni storiche di Battriana, Sogdiana, Margiana e Corasmia (Khorasan, in arabo Khwārizm) vera culla e ‘dispensatrice’ di cultura iranico-islamica, furono in origine satrapie dell’Impero persiano Achemenide. Ciò fa comprendere la rilevanza dei modelli persiani, ampiamente dominanti in Asia Centrale, e individuabili nell’architettura monumentale, nell’edilizia urbana e palaziale, nell’arte toreutica di tipo animalistico e nelle tracce della religione zoroastriana.

Anche la Via Persiana dei Re, voluta dal Re Dario I nel V secolo a.C., dal cuore della Persia alla costa mediterranea dell’Anatolia (da Susa a Sardi), è segno della civilizzazione persiana: copriva circa 3000 km e, come riporta Erodoto, poteva essere percorsa in 9 giorni dalle staffette reali.

La successiva penetrazione dell’ellenismo in Asia si deve all’impresa di Alessandro Magno che, tra 330 e 327 a.C., sconfitto l’impero persiano Achemenide, conquistò l’Oriente. Alessandro passò in Persia e Asia centrale per poi discendere verso l’India. Fu fondatore di molte città: Alessandria nella Margiana, Alessandria degli Arî-Herāt, Alessandria di Aracosia-Kandahar, Alessandria del Caucaso-Begram, Alessandria Escate-Hodžent. Quasi tutte queste città erano di più antica fondazione persiana, almeno come luoghi fortificati. Con Alessandro e i suoi eredi, la cultura greca si innestò quindi su un substrato persiano preesistente.

 

 

L’Impero dei Parti, nel I secolo a.C. separazione tra l'Impero romano e l'Impero Han della Cina, era attraversato dalla Via della Seta. Ma anche i Parti adottarono religione e costumi persiani atteggiandosi ad eredi dell’Impero Achemenide. L’ultima dinastia persiana fu quella dei Sasanidi che regnò dalla caduta dell’Impero dei Parti (224 d.C.) alla conquista araba (640 circa). Ebbe notevole importanza politica: tenne testa in lunghe e sanguinose guerre a Roma e poi a Bisanzio, promosse un’intensa attività culturale e diede alla Persia una salda struttura amministrativa e sociale, che venne ereditata dai musulmani. L’intera Asia centrale fu dunque un’area “intermedia” tra il mondo greco-romano e il mondo cinese. Snodo di due flussi di civilizzazione antica (l’Ellenismo, proveniente da Occidente, e l’Indo-Buddhismo, proveniente da Oriente) i quali si innestarono in un’area già largamente iranizzata.

La Via della Seta centroasiatica, che dalla Cina degli Han portava fino al Mediterraneo, fu un’arteria di comunicazione fondamentale. Le sue tappe praticate anche dopo la diffusione dell’Islam e la conquista dei Mongoli del XIII secolo, passavano per la Valle di Fergana, per le regioni storiche di Battriana, Sogdiana, Corasmia e Margiana, oltrepassando a Sud il Mar Caspio. Le tappe più importanti, procedendo dal bacino del Tarim verso Occidente, furono Kashgar, Samarcanda, Bukhara, Merv, e Hamadanin Persia, ovvero l’antica Ecbatana (presa dall'imperatore Ciro il Grande nel 549 a.C.); a Ecbatana si innestavano poi altre vie commerciali provenienti da India e Asia Centrale, sempre sotto la protezione della dinastia persiana dei Sasanidi.

Sulle rotte della Via della Seta si sono mosse credenze, apostolati, sette e culti: lo Zoroastrismo, religione monoteista dominante dal Pakistan all'Arabia Saudita (ancor oggi piccole comunità zoroastriane persistono in Iran, Tagikistan, Azerbaigian e India);  il Manicheismo protetto dal sovrano sasanide Shahpuhr I, ebbe una diffusione vastissima, favorita dalla circolazione di uomini, merci e idee lungo la Via della seta e a partire dall’VIII secolo, fu adottato come religione di Stato dall’Impero Turco Uiguro (nelle oasi e grotte del bacino del Tarim sono stati reperiti e studiati centinaia di manoscritti con testi manichei in lingua uigura e sono raffigurati i preti manichei, che godevano di grande prestigio presso le comunità locali). Zoroastrismo e Manicheismo erano ambedue di origine iranica.

Oltre all’influenza persiana in campo politico e spirituale, è anche utile fare il punto sulle acquisizioni tecnologiche di cui siamo debitori alla Persia: alcuni dei più antichi mattoni trovati dagli archeologi sono di fattura persiana (6000 a.C.); al quarto millennio pare risalire l’invenzione del vino; lo ziggurat di Sialk, risale al III millennio a.C., precedendo quello di Ur ed ogni altro della Mesopotamia. In tempi più “recenti” (521 a.C.) venne inventato in Persia il gioco del polo; nel 500 a.C. furono introdotti il primo sistema di tassazione, il primo servizio di posta (con la Via Persiana dei Re), la coltivazione degli spinaci e vennero esportati in Europa i primi polli domestici. Quanto alle opere ingegneristiche, al 400 a.C. si deve l’invenzione dello Yakhchal, antica ghiacciaia persiana che sfrutta la convezione e utilizza le “torri del vento”, gli antichi climatizzatori che hanno 3000 anni di storia e ancora oggi possiamo vedere in uso nelle città iraniane. Infine, testimoniati fin dalla dinastia Han, a Turpan, oasi della Via della Seta in Xinjiang, sono i Karez o kārīz, qanāt (in arabo), sistemi di trasporto idrico inventati dai persiani per l’approvvigionamento degli abitati e per l'irrigazione.

 

L'occupazione araba e la cultura arabo-persiana

Sconfitti i Bizantini nella battaglia del Yarmuk (636), il secondo califfo ʿUmar al Khaṭṭāb combattè l’Impero Sasanide. Lo scontro decisivo avvenne a Qādisiyya (637), dove l'esercito persiano fu sconfitto al termine di una lunga battaglia: tutto il basso Iraq passò agli Arabi che vi fondarono le basi fortificate di Bassora e al-Kūfa. Da qui essi avanzarono, occuparono il Khūzistān (639), presero la città di Ctesifonte, aprendosi così la strada verso l'Iran centrale. I conquistatori offrivano tolleranza religiosa ai popoli che si sottomettevano, ed entro il IX secolo la conversione all’Islam fu completata.

Matematici, scienziati, mistici e poeti hanno reso grande la cultura persiano-araba a partire dall’VIII secolo, tanto che l’UNESCO ha riconosciuto ben 33 Persiani nella sua lista dei personaggi che hanno contribuito al progresso scientifico e culturale dell’umanità.

Ne citiamo solo qualcuno: Muḥammad Khwārizmī (780-850), noto come il padre fondatore dell’algebra, intorno all'820 nominato astronomo e capo della biblioteca della Casa della Saggezza a Baghdad, scrisse il popolare trattato sull'algebra tra 813 e 833, presentando la prima soluzione di equazioni lineari e quadratiche e introducendo i metodi di “riduzione” e “bilanciamento”. La statua che gli rende omaggio si trova all’ingresso della cittadella di Khiva (Uzbekistan); Firdusi (935-1020) con lo Shāhnāmeh (“Libro dei Re”) portò alla rinascita della cultura iraniana e all'espansione della sua sfera culturale; Avicenna, Ibn Sinā (980-1037) filosofo, medico e letterato, nato a Bukhara, scrisse il “Canone della Medicina”, manuale fondamentale della scienza medica. Il sistema filosofico di Ibn Sina che studiò la Metafisica di Aristotele, ebbe profonda e durevole influenza sulla filosofia europea del Medioevo; Omar Khayyam (1048-1131) contribuì a tracciare i fondamenti dell'algebra (soluzione delle equazioni cubiche e studi sul V postulato di Euclide) e fu compositore di famose roba’yyāt (quartine), tanto che è annoverato nell’elenco dei grandi poeti del mondo insieme ad Omero, Shakespeare, Dante e Goethe; Nasir Al-Din (1201-1274), nato a Qom, fu  poeta, filosofo, oratore, esperto di giurisdizione islamica, astronomo, matematico, medico, architetto e politico, uno dei saggi più famosi dell’epoca dei Mongoli. L’osservatorio astronomico di Marāgheh, da lui ideato e costruito sotto la sua supervisione, fu istituto scientifico di ricerca ed insegnamento con una biblioteca di 40.000 volumi, di cui scelse come responsabili i più famosi scienziati dell’epoca di ogni nazionalità e religione. Questo osservatorio fu il modello dell’osservatorio di Samarcanda fondato da Ulug Beg, nipote di Tamerlano, e assolutamente fondante per le scoperte della scienza astronomica europea (Tycho Brahe). Infine il mistico e poeta persiano Hafez di Shiraz (1315 -1390) - il cui nome significa “Colui che sa recitare a memoria il Corano” - è un classico della letteratura persiana, noto quanto da noi Dante Alighieri, per il canzoniere (Divan). La gente di ogni livello sociale va in pellegrinaggio alla sua tomba a Shiraz e adopera i suoi ghazal come oracolo, aprendo il libro a caso per leggerne un distico.

 

Monumento a Muḥammad Khwārizmī, padre dell’algebra

 

Maria Morigi è membro del Comitato Scientifico del CIVG e collabora con l’Osservatorio Italiano sulla Nuova Via della Seta. È autrice di numerosi articoli e saggi di storia delle religioni e geopolitica, fra cui “La Perla del Drago – Stato e religioni in Cina” e “Xinjiang ‘Nuova Frontiera’ – Fra antiche e nuove Vie della Seta” (Anteo Edizioni).