Cuba Notizie - Dicembre 2019

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CUBA SU CUBA

Dicembre 2019

 

 

Cuba aggiorna le leggi sulla violenza contro le donne e i  bambini

"Una commissione per ognuna delle 50 leggi già esistenti per decidere se creare un unico nuovo corpo legislativo per l’attenzione alla violenza contro la donna o riorganizzare l'impalcatura attuale". E' ciò che ha spiegato in un’intervista al portale Cubasí la dottoressa Mariela Castro Espín, Presidente del Centro Nazionale d’Educazione Sessuale (Cenesex).

Il Cenesex si è unito a diverse istituzioni e organizzazioni della società civile e dello Stato per attuare interventi concreti mirati a una miglior politica di protezione della donna e dell'infanzia.

Mariela Castro Espín ha sottolineato che lo Stato cubano è sensibile al tema, come del resto si è potuto riscontrare in occasione del 1º Simposio Internazionale Contro la Violenza di Genere, il turismo sessuale, la tratta delle persone e la prostituzione, che ha stabilito che nel programma nazionale d’educazione e salute sessuale si includa il Programma d’Attenzione a tutte le forme di violenza. "A settembre abbiamo consegnato al Ministero di Salute Pubblica la proposta della Politica d’Educazione Integrata della Sessualità e dei Diritti Sessuali, dove è compreso il programma d’attenzione alla problematica della violenza", ha precisato.

Quindi ha denunciato gli attacchi mirati a mettere in cattiva luce le istituzioni e le persone, e partendo dalla mistificazione dei suoi messaggi «sono partiti attacchi ingiusti senza fondamenta in totale malafede e ignoranza nella specifica materia e dei relativi problemi, azioni che non aiutano la corretta comprensione e gestione ", ha affermato.

Inoltre ha denunciato che «c’è molto denaro proveniente soprattutto dal governo degli Stati Uniti per cinque Chiese Evangeliche principali che in questo momento stanno cercando di sabotare molte iniziative e utilizzano il linguaggio dell'ideologia di genere, creato da un vescovo cattolico negli anni ’60 per screditare i progressi globali nel campo dei diritti delle donne e il pensiero marxista relativo a questi temi. La nostra Rivoluzione,  come ha detto Fidel, ha il diritto di difendersi, ha il diritto di difendere le sue conquiste sociali, la sua Costituzione e il sistema legislativo, che oggi stanno cambiando grazie all'esercizio di un processo di grandissima democrazia".

Mariela Castro ha inviato un messaggio alle donne cubane: "Studiamo, prepariamoci bene perchè molte persone cadono nelle trappole delle campagne di discredito dei nostri sforzi".

Poi ha richiamato a non agire in maniera isolata: "Dobbiamo unirci, fare alleanze perchè quando solo così possiamo essere efficaci, possiamo realizzare cambiamenti. Non dobbiamo fare il gioco dei nemici della Rivoluzione, dobbiamo unirci, organizzazioni e istituzioni, ed essere apert a tutte le idee autentiche e impegnate nell’opera rivoluzionaria".

Mariela Castro Espín ha ricordato che le origini di questo problema sociale risalgono ai secoli scorsi ed erano espressione dei luoghi di potere. Ha ricordato il ruolo della Chiesa cattolica, di come ha fomentato nove secoli di persecuzione contro le donne: "Ancora oggi ci sono paesi dove la donna è totalmente schiava e soffre. Già negli anni ’70 sono sorti termini più specifici come 'femminicidio' che allude principalmente - come disse l’antropologa messicana Marcela Lagarde - all’irresponsabilità e all’abbandono dello Stato".

La direttrice del Cenesex ha ricordato le lotte per i diritti delle donne nel mondo, i movimenti femministi e le organizzazioni delle donne che, impegnate nello studio, hanno portato nuovi modi di pensare e agire e hanno suggerito proposte di legge.

Cubasí, GM per Granma Internacional, 2 dicembre 2019

 

Mariela Castro: Cuba controllerà 50 leggi per attualizzare le normative per l’attenzione alla violenza contro la donna e le bambine. Photo: tomada de Cubasí

 

 


 

Evo Morales è a Cuba per un consulto medico

L'ex ministra della Salute nel Governo di Evo, Gabriela Montaño, ha informato l’agenzia Reuters che l’ex presidente della Bolivia ha raggiunto Cuba dal Messico nella mattina di venerdi 6 dicembre per sottoporsi a una visita medica. La notizia è stata pubblicata dal quotidiano messicano La Jornada.

Morales si trova in Messico dalla metà di novembre in condizione di esiliato dopo che l’esercito della Bolivia aveva sollecitato le sue dimissioni accusandolo di frode in occasione della sua vittoria nelle elezioni presidenziali.

"Il Presidente è a Cuba per una visita medica presso lo staff che lo aveva assistito in Bolivia tempo addietro", ha detto la Montaño alla Reuters. La cancelleria messicana ha detto che il viaggio è "temporaneo".

Nel 2017 Morales fu curato per un nodulo alla gola. In precedenza, l’ex leader “cocalero”, 60 anni, era stato operato dai medici cubani per una correzione alle prime vie respiratorie e successivamente aveva subito un intervento a un ginocchio  per una lesione provocata giocando a calcio. Dopo la partenza di  Morales, che ha governato la Bolivia per circa 14 anni, la presidente interina Jeanine Añez ha annullato le controverse elezioni d’ottobre e ha delineato una convocazione a nuove elezioni senza la partecipazione di Evo Morales.

La Jornada, GM per Granma Internacional, 6 dicembre 2019

 

 



Quattro milioni di turisti nonostante il sabotaggio del blocco statunitense

"Nonostante l’inasprimento del blocco economico, commerciale e finanziario degli Stati Uniti contro il nostro paese che colpisce direttamente lo sviluppo del turismo, l’11 dicembre abbiamo varcato la soglia dei quattro milioni di visitatori internazionali e ne aspettiamo ancora di più", ha scritto nel suo account Twitter Manuel Marrero Cruz, Ministro di questo settore strategico del Piano di Sviluppo della Nazione, il quale resta dinamico e continua a dare importante sostegno all’economia.

Non è bastata l’aberrante cancellazione della destinazione di Cuba per le navi da crociera delle compagnie statunitensi, nè l’eliminazione dei voli per nove destinazioni dell’Isola grande delle Antille, veti entrati in vigore il 10 dicembre, Giorno Universale dei Diritti Umani, e nemmeno la persecuzione finanziaria e le multe agli investitori esterni a Cuba hanno potuto frenare il desiderio di visitare una terra ospitale, sicura e allegra, dove la pace è una garanzia.

Il turismo mostra i progressi dell’investimento straniero nel paese, settore nel quale all'aprile scorso si contavano 97 contratti di amministrazione e commercio alberghiero e un contratto di amministrazione straniera.

Granma, GM per Granma Intrenacional, 11 dicembre 2019

 

 



Cuba ha inviato un messaggio attraverso l'incaricata degli affari degli Stati Uniti all’Avana

Yuri Gala López, direttore dei Temi Bilaterali della Direzione Generale degli Stati Uniti del Ministero delle Relazioni Estere di Cuba, ha incontrato nella sede della cancelleria cubana Mara Tekach, incaricata degli affari degli Stati Uniti.

Il diplomatico cubano ha spiegato sul suo profilo Twitter di aver chiesto alla rappresentante statunitense di trasferire al suo governo le profonde preoccupazioni e insoddisfazioni di Cuba per la condotta deplorabile degli Stati Uniti in materia di diritti umani.

La Casa Bianca ha scatenato negli ultimi mesi una escalation di misure e restrizioni contro il popolo cubano con l’obiettivo di asfissiare l’economia dell’Isola grande delle Antille e screditare la Rivoluzione cubana a livello internazionale.

Questa situazione è stata denunciata dal cancelliere cubano, Bruno Rodríguez Parrilla nel suo intervento alla più recente sessione del’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel novembre scorso: "L’obiettivo degli Stati Uniti è danneggiare l’economia e il benessere delle famiglie cubane con una chiara violazione dei più elementari diritti umani del nostro popolo", ha affermato Rodríguez Parrilla.

Granma, GM per Granma Internacional, 22 dicembre 2019

Yuri Gala, direttore ai Temi bilaterali degli Stati Uniti della Cancelleria cubana, offre dichirazioni alla stampa nella Missione di Cuba a Washigton. Photo: Ismael Francisco

 


 

CUBA SU

LATINOAMERICA E MONDO

Dicembre 2019

 

 

Colombia: si potrà curare la metastasi?

Oggi la Colombia è in pieno fermento popolare contro un governo neo liberale che spende più tempo e denaro per cercare di destabilizzare il Venezuela che per migliorarne il funzionamento.

Un articolo del quotidiano statunitense The New York Times, con il titolo "Colombia, il paese delle urgenze rimandate", descrive il dramma vissuto dal giovane studente di 18 anni che reclamava con altri mille giovani l’accesso all’educazione superiore quando è stato ucciso dallo squadrone anti sommossa della polizia colombiana il 23 novembre scorso, esattamente il giorno in cui riceveva il suo diploma liceale.

La Colombia, come forse pochi paesi nella regione, conosce molto bene i flagelli come la violenza, il terrore, il narcotraffico, il paramilitarismo e anche l'assenza di politiche coerenti da parte di governi di destra che danno spazio alla totale impunità e alla farsesca situazione di funzionari e governanti che hanno sguazzato in questa situazione.

In questo intreccio  politico e sociale sono esistiti ed esistono movimenti guerriglieri che non sono riusciti a coagularsi in una forza unica e sono coesistiti soffrendo in un universo di azioni militari e di terrorismo condotte da forze paramilitari, così come l’impunità dei narcotrafficanti protetti da grandi somme di denaro distrarre l’esercito e la polizia dal combatterli.

Non è un caso che sia di opinione diffusa in Colombia la convinzione che il potere governativo sia legato a doppio filo ai narcotrafficanti e ai paramilitari. Cinquant'anni di guerra, durante i quali morti e feriti si sono contati a centinaia di migliaia, sembravano essere giunti alla fine quando la guerriglia delle FARC e il Governo dell’allora presidente Juan Manuel Santos, dopo lunghe conversazioni e sforzi internazionali per evitare la frattura, firmarono all'Avana l’Accordo di Pace considerato il più importante avvenimento della nazione colombiana degli ultimi anni.

L’altra guerriglia, quella dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), aveva iniziato le conversazioni di pace con il Governo che furono però bruscamente interrotte quando giunse al potere il presidente Iván Duque, nel 2018.

Il nuovo mandatario del partito Centro Democratico si è trasformato in un personaggio mosso dalle abili manovre di Álvaro Uribe che ha sempre boicottato gli Accordi di Pace e per mantenere, se non l’appoggio diretto, la discrezione necessaria per far sì che i paramilitari continuassero a imporre la loro legge: uccidere gli ex guerriglieri, i contadini, gli indigeni e i dirigenti sociali impegnati nella pace.

Uribe, oltre ad aver sostenuto un operato politico contrario al processo di pace con la guerriglia, ha infiniti legami con i settori interessati a destabilizzare il Venezuela e si oppone anche ad ogni processo integratore della regione. Per lui, l’America Latina non deve diventare zona di pace come approvato nel Vertice della Comunità degli Stati  Latinoamericani e Caraibici (Celac), perché questo toglierebbe la giustificazione di impunità con cui agiscono i gruppi paramilitari.

Non va dimenticato che nel territorio colombiano esistono nove basi militari statunitensi, denunciate non poche volte per presunti vincoli con il narcotraffico, e nemmeno che gli Stati Uniti sono il maggior consumatore di droghe a livello mondiale.

La Colombia soffre alla metastasi che grazie ad Álvaro Uribe e ai suoi continuatori ha fatto della frontiera tra Colombia e Venezuela uno scenario di conflitto, dove penetrano  i paramilitari colombiani per azioni di terrorismo nel paese vicino, dove le forze appoggiate da Duque hanno portato l’impostore autoproclamato presidente venezuelano, Juan Guaidó, in territorio colombiano con la guida e la protezione di un gruppo noto come "Los rastrojos".

Le manifestazioni di massa di queste ultime settimane hanno avuto inizio per il rifiuto delle riforme del lavoro e per le pensioni annunciate dal governo di Ivan Duque. Ora si stanno ampliando e si chiede la rinuncia del presidente e lo scioglimento dello Squadrone Anti Sommosse che ha provocato morti e più di 700 feriti.

Concludo citando l’opinione dell’economista britannico James Robinson, professore dell’Università di Chicago, che spiega: "La classe elitaria colombiana vive come si vive nel primo mondo, però si trova in un paese prevalentemente povero e tra i più disuguali".

Autore del libro "Perchè falliscono le nazioni", Robinson sostiene che "la prosperità di un paese dipende dall’inclusione sociale, politica ed economica". E nel caso colombiano, dice, l’esclusione ha generato guerre, povertà e narcotraffico, come si legge in un’intervista con BBC Mundo.

Sarà molto difficile, ma è possibile e necessario trovare un rimedio alla metastasi colombiana.

Elson Concepción Pérez, GM per Granma Internacional, 1° dicembre 2019

Dilan Cruz è stato ucciso dallo squadrone anti disturbi della polizia colombiana il 23 novembre nello stesso giorno in cui aveva ricevuto il diploma liceale. Photo: El País

 

 



La Celac: visione comune della Patria Grande

Discorso del Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba, Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, in occasione dell’inaugurazione del I, II  III Vertice della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici.

Nel dicembre del 2011, a Caracas, la Celac apriva il cammino a un nuovo paradigma di cooperazione regionale e internazionale. I paesi dell’America Latina e dei Caraibi hanno dovuto affrontare numerose sfide e pericoli; per la pace, sono presenti in varie parti del mondo e tante nazioni fraterne sono state oggetto di minacce, misure coercitive unilaterali e denunce legali internazionali per azioni che hanno legittimamente adottato in difesa della loro sovranità.

Sappiamo che esistono pensieri e sensibilità diverse, e anche molte differenze, ma la CELAC, la Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi, è sorta su un patrimonio di 200 anni di lotta per l’indipendenza e si basa in una profonda comunanza di obiettivi.

La CELAC non è quindi un mero programma di riunioni né di coincidenze pragmatiche, ma una visione comune della Patria Grande latinoamericana e caraibica che si deve solo ai suoi popoli.

La creazione di uno spazio politico comune nel quale avanzare verso la conquista della pace e il rispetto tra le nostre nazioni deve essere la priorità, uno spazio nel quale si sia capaci di superare gli ostacoli oggettivi e quelli che intenzionalmente ci vengono imposti, in cui si possano utilizzare le risorse in maniera sovrana e per il benessere comune, ponendo le capacità scientifiche e tecniche al servizio del progresso dei nostri popoli, in cui noi facciamo valere i nostri principi irrinunciabili come l’autodeterminazione, la sovranità e l’uguaglianza sovrana degli Stati.

Dobbiamo stabilire un nuovo paradigma di cooperazione regionale e internazionale.

Nella cornice della CELAC abbiamo la possibilità di costruire un nostro proprio modello adattato alle nostre realtà, basato sui principi del benessere comune e della solidarietà, che consideri le esperienze migliori sviluppate negli ultimi anni dai paesi della regione e dalle organizzazioni latinoamericane e caraibiche d’integrazione come Mercosur, ALBA, PetroCaribe, Unasur, Caricom, Sica e altre che negli anni hanno già tracciato un cammino.

D’altra parte, non possiamo dimenticare che i Piccoli Stati Insulari dei Caraibi in via di sviluppo necessitano una speciale attenzione sui loro specifici problemi.

Per ottenere l'imprescindibile inclusione sociale e la sostenibilità ambientale dovremo creare una nostra propria visione sui sistemi economici, sugli indici di produzione e consumo, sulle relazione tra crescita economica e sviluppo e anche sull’efficacia dei modelli politici.

Cosa penseranno le decine di milioni di emarginati dalla democrazia e dai diritti umani? Quale sarà il loro giudizio sui modelli politici? Che penseranno delle leggi elettorali? È questa la società civile che considerano i governi e le  organizzazioni internazionali? Cosa direbbero se li consultassimo sulle politiche economiche e monetarie?

La firma dei Capi di Stato e di Governo del Proclama dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, è stata un passo storico e offre un riferimento per le relazioni tra i nostri Stati e con il resto del mondo.

La solidarietà in Nuestra America sarà decisiva per far avanzare gli interessi comuni.

Raúl Castro Ruz, GM per Granma Internacional, 4 dicembre 2019

Fonti: Discorsi del Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito

Comunista di Cuba, Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, nell’inaugurazione del I, II  III Vertice della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici

Raúl Castro Ruz, GM per Granma Internacional, 4 dicembre 2019

 

 



La Cina rinnova la volontà di appoggiare lo sviluppo di Internet a Cuba

Nell’attuale scenario internazionale che vorrebbe distruggere il multilateralismo, ignorare il diritto internazionale, legittimare l’uso militare del ciberspazio e utilizzare la tecnologia con fini di destabilizzazione politica, Cuba e la Cina rafforzano l’alleanza per affrontare questa realtà e favorire l’accesso a Internet nell’Isola Grande delle Antille.

E' stato affermato nella capitale cubana: "Nonostante la costante ostilità del Governo degli Stati Uniti e l’inasprimento del blocco economico, commerciale e finanziario contro Cuba, l’Isola è completamente rivolta all'aggiornamento del modello economico grazie al ricorso delle tecnologie dell’Informazione e delle Comunicazioni, settore strategico per la nazione e  priorità dello Stato cubano", ha affermato Wilfredo González Vidal, primo vice ministro delle Telecomunicazioni della nazione caraibica.

"Oggi il Governo cubano porta avanti il processo d’informatizzazione della società incrementando l’accesso alle telecomunicazioni e ai servizi. Attualmente sono più di sei milioni i clienti che accedono a Internet a Cuba", ha informato durante il Forum Internet tra Cina e Cuba che si è svolto all’hotel Meliá Cohíba dell’Avana, e ha proseguito: "Queste cifre non sarebbero possibili senza l’appoggio del paese asiatico e senza la cooperazione tra le due nazioni mantenuta da decenni".

"Cuba è stata la prima nazione latinoamericana a stabilire relazioni diplomatiche con la Cina, nel 1960.  Sessant'anni anni dopo, i vincoli si stringono ulteriormente, questa volta nell’area della ciber-sicurezza e nell’uso delle nuove tecnologie", ha confermato Sheng Ronghua, vice ministro dell’Amministrazione del Ciber-spazio della Repubblica Popolare Cinese, proseguendo: "Qui a Cuba, Internet si sviluppa rapidamente e con una grande potenza, ed è volontà della Cina continuare ad appoggiare l’Isola in questo sviluppo, ampliare l’infrastruttura, l’uso dell’intelligenza artificiale, la rete mobile 5g, nella promozione di nuovi settori di cooperazione per rinforzare il controllo del ciber-spazio e la sua sicurezza, e vegliare per il rispetto delle norme internazionali".

Alejandra García Elizalde, GM per Granma Internacional, 6 dicembre 2019

 

 



Alberto Fernández: "Alziamoci in piedi e riprendiamo la nostra marcia"

Buenos Aires, Argentina. Il nuovo Presidente Alberto Fernández ha chiamato tutti gli argentini, senza distinzioni, a rimettere in piedi la nazione «perchè  ricominci a camminare con dignità». Un discorso forte e chiaro all’Assemblea Legislativa, dopo aver giurato come Capo di Stato, martedì 10 dicembre 2019.

Durante la toccante cerimonia alla quale ha partecipato il Presidente della Repubblica di Cuba, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, il mandatario argentino ha invocato l’unità del paese per costruire un nuovo contratto di cittadinanza sociale.

Accompagnato dalla vice presidente Cristina Fernández de Kirchner, Alberto Fernández ha reso pubblico il desiderio che le sue parole esprimessero «nel modo più fedele possibile il sentimento di milioni di voci che ancora risuonano in tutta la nostra Argentina».

«Superare le barriere emotive, ha detto, significa che tutte e tutti siamo capaci di convivere pur nelle differenze e che riconosciamo che nessuno è di troppo nella nostra nazione. Dobbiamo ripartire dagli ultimi per arrivare a tutti perché, facendo il bilancio dello scenario da affrontare, più di 15 milioni di persone soffrono per insicurezza alimentare in un paese che è uno dei più grandi produttori di alimenti al mondo. E' doloroso dover constatare che un bambino su due nel nostro Paese è povero. Per questo la prima riunione ufficiale del nostro governo avrà come priorità il Piano 'Argentina contro la fame'».

Descrivendo con dovizia di dettagli il momento particolarmente difficile che attraversa la nazione  sudamericana, ha riferito che le famiglie sono asfissiate da alti livelli di indebitamento, e la situazione delle piccole e medie industrie ha proporzioni drammatiche, le fabbriche sono a rilento, le industrie e il commercio sprecano energia produttiva e la disoccupazione danneggia il 30% dei giovani, tra i quali più di un milione e 200.000 non studiano e non lavorano.

"Sono sicuro che siamo tutti d'accordo che siamo giunti a questa situazione perché sono state male applicate le politiche economiche. Per rovesciare la strutturale rotta di ritardo sociale, si metteranno in marcia particolari Accordi di Solidarietà", ha affermato Fernández, e ha proseguito: "Stiamo applicando misure per ristabilire gli indispensabili equilibri macroeconomici sociali e produttivi per ché l’Argentina possa tornare a camminare".

Ha aggiunto che l’inflazione è la più alta degli ultimi 28 anni, superiore del 50%; il tasso di disoccupazione è il più alto dal 2006; il cambio con il dollaro è passato da 9 a 63 in soli quattro  anni; nel 2019 il PIL è stato il più basso dell’ultimo decennio; la povertà presenta i valori più alti dal 2008; il debito estero è il peggiore dal 2004; 20.000 imprese hanno chiuso in quattro anni e sono stati persi nell’industria 141.000 posti di lavoro nel settore privato: "Dietro a questi numeri terrificanti ci sono esseri umani con aspettative mortificate; in questo presente che affrontiamo, i soli privilegiati saranno coloro che sono rimasti intrappolati nel pozzo della povertà e dell’emarginazione".

Ha spiegato che il governo che ha appena terminato il suo mandato ha lasciato il paese in una situazione di virtuale default, e che in questi momenti il Paese sta attraversando lo stesso labirinto che lo intrappolò nel 2003 e dal quale uscì solo con l'unità sociale.

«Il paese che raccolgo è fragile, prostrato e danneggiato. Cercheremo di attuare una ricostruzione cooperando con il Fondo Monetario Internazionale e con i nostri creditori. Il paese ha la volontà di pagare, ma manca la capacità di farlo».

Tra i primi impegni che il suo Governo deve affrontare, ha citato il piano delle opere pubbliche associate alla sfida tecnologica, lo sviluppo di un ambizioso piano di edilizia e l’assistenza alla salute degli argentini. In materia di relazioni internazionali ha avvertito che l’Argentina metterà in marcia un’integrazione pluralistica e globale perche è terra d’amicizia e di relazioni mature con tutti i paesi: «Sentiamo l’America Latina come la nostra casa comune e irrobustiremo il Mercosur e l’integrazione regionale».

La scommessa del suo Governo è per un’America Latina unita, che permetta di inserirsi con successo e dignità nel mondo: "In questo senso difenderemo la libertà e  l’autonomia dei popoli che difendono i loro propri destini".

Nel suo messaggio alla nazione, Fernández ha assicurato che saranno applicati tutti gli sforzi per universalizzare l’educazione della prima infanzia: "Non avremo pace finchè un bambino in una zona di campagna non avrà lo stesso accesso ai programmi educativi di una bambina dei centri urbani".

Parlando delle donne ha affermato: «Cercheremo di ridurre le disuguaglianze di genere, economiche, politiche e culturali. Lo Stato deve ridurre drasticamente la violenza contro le donne fino alla totale eliminazione. La discriminazione deve divenire imperdonabile».

Il nuovo mandatario dell’Argentina non ha dimenticato la sua cara amica Cristina Fernández de Kirchner, seduta al suo fianco tutto il tempo, la nuova vice presidente della Patria di San Martín.

Il Presidente ha parlato emozionato della sua generosità e della visione strategica espressa in questo tempo sull’Argentina e ha voluto ricordare anche Néstor Kirchner, insieme al quale 2003 lavorò all'avventura di far uscire l’Argentina dalla prostrazione. Fernández, che ha parlato poco più di un’ora, ha concluso esprimendo la convinzione che "insieme si dimostrerà che con la democrazia si cura, si educa e si mangia", e ha incitato tutti ad alzarsi e ricominciare la nuova marcia dell’Argentina.

In una giornata di speranze per la nazione e anche per Nuestra America, l’agenda del Presidente Fernández è stata ricca d’impegni, tra i quali il saluto personale alle delegazioni che lo hanno accompagnato nella sua nomina presidenziale.

Uno di questi è stato il Capo di Stato cubano, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, che con la sua compagna Lis Cuesta si è recato alla Casa Rosada per abbracciare il nuovo mandatario e augurargli il successo che merita.
Leticia Martínez Hernández e Yaima Puig Meneses, GM per Granma Internacional, 10 dicembre 2019

 


 

 

Cresce la protesta per le sanzioni della WADA alla Russia

La decisione dell’Agenzia Mondiale Antidoping  (WADA, la sua sigla in inglese) di proibire alla Russia la partecipazione per quattro anni alle competizioni sportive internazionali, comprese le prossime Olimpiadi di Tokio 2020, ha suscitato forti proteste.

La reazione di Cuba è stata immediata: il Presidente Miguel Díaz-Canel ha scritto sul suo account Twitter che «Cuba si oppone alle ingiuste sanzioni dell’Agenzia Mondiale Antidoping alla Russia. Le decisioni nella sfera dello Sport e del Movimento Olimpico Internazionale non possono basarsi su considerazioni politiche a doppio taglio».

Anche il cancelliere Bruno Rodríguez Parrilla ha espresso il suo parere sulle sanzioni che vogliono eliminare la Russia e ha denunciato la parzialità della WADA, dato che esistono altri casi di doping in diversi paesi che non sono stati trattati nello stesso modo: «Le pratiche politicizzate e le applicazioni a doppio taglio toccano nuovamente la sfera dello sport. Cuba condanna fermamente la decisione della WADA sulla Russia, paese di prestigio sportivo internazionale", ha affermato.

Osvaldo Vento, presidente del Inder, ha espreso il ripudio alla decisione della WADA e ha segnalato via Twitter che «la Russia è una nazione che ha dato molto allo sviluppo dello sport mondiale e merita un trattamento adeguato alla realtà».

Il presidente russo Vladimir Putin ha detto che la decisione di non permettere al suo paese di partecipare alla principali competizioni internazionali è in contraddizione con la Carta Olimpica. Per questo Mosca ha tutte le ragioni di presentare l’appello presso il Tribunale di Arbitrato Sportivo (TAS, la sua sigla in francese).

La Cina è stato uno dei primi paesi a reagire chiedendo che siano protetti i diritti degli atleti. Inoltre, ha considerato la misura davvero «esagerata». Il grande paese asiatico riconosce che la Russia è un membro importante della famiglia olimpica e i suoi contributi allo sviluppo del settore sono enormi.

Yelena Isinbayeva, campionessa di salto con l’asta di Atene 2004 e Pechino  2008, ha affermato che «si tratta di sanzioni estremamente crudeli, ingiuste, atroci e assassine». Granma, GM per Granma Internacional, 11 dicembre 2019

 

Díaz-Canel nel XV Anniversario dell’ALBA-TCP: "Le sole forze militari e di sicurezza che interferiscono e minacciano, sono quelle statunitensi"

Discorso pronunciato da Miguel Díaz-Canel, Presidente della Repubblica di Cuba, durante l’incontro politico-culturale per il XV Anniversario dell’Alleanza Bolivariana per i popoli di Nuestra America, Trattato di Commercio dei Popoli, sulla scalinata dell’Università dell’Avana il 14 dicembre 2019, “Anno 61º della Rivoluzione”.

 

Buona sera.

Questo incontro è al rovescio: Maduro, Ralf e Daniel hanno parlato poco e adesso io dovrò parlare un po’ di più...

Caro  Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba;

Stimati capi di Stato e di Governo dell’ALBA-TCP;

Stimati capi delle delegazioni e invitati;

Studenti delle nostre università, presente e futuro della nazione cubana,

Oggi ci rivolgiamo a voi, giovani di Cuba, dell’America Latina e dei Caraibi!

Siamo venuti su questa gloriosa scalinata per celebrare i 15 anni dell’ALBA-TCP, perchè questa alleanza ha le sue radici nel primo incontro di due giganti di Nuestsa America: il Comandante in Capo della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro Ruz, e l’allora (giovane) leader del Movimiento Bolivariano 200, Hugo Rafael Chávez Frías.

Quell’incontro, che cambiò la storia dell’America Latina e dei Caraibi e colpì il mondo, avvenne dal 13 al 15 dicembre del 1994. Oggi viviamo giorni complessi e incerti per la regione e per il mondo. Fu qui vicino, nell’Aula Magna dell’Università dell’Avana, che si poterono ascoltare per la prima volta analisi e proposte che anticiparono ciò che col tempo e l’avanzata e l'unione dei governi progressisti, si cristallizzò nel 2004 come paradigma dell’integrazione solidale che conosciamo come ALBA-TCP.

Abbiamo scelto la scalinata, la porta della nostra Università, una delle più antiche d’America, perché qui transitano ogni giorno il presente e il futuro di Cuba e di buona parte del resto del mondo, giovani provenienti da nazioni fraterne, studenti che condividono aule e sogni con i nostri figli.

Crediamo fermamente che le università non possono essere slegate dal nostro mondo e dai suoi  assillanti problemi. Qui Fidel è diventato rivoluzionario, qui Hugo Chávez ha parlato ai suoi contemporanei dell’America Latina, qui si studia e si pensa a quel mondo migliore possibile che noi rivoluzionari ci siamo proposti di conquistare.

Sorelle e fratelli:

Esattamente un anno fa, l’Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra America si è riunita con l’obiettivo di stabilire posizioni comuni di fronte alla prevedibile intensificazione delle aggressioni contro le nostre nazioni. I pronostici d’allora non erano esagerati. Il Governo degli Stati Uniti e i loro alleati hanno dispiegato ingenti risorse e insistono in una feroce campagna senza scrupoli per la destabilizzazione della regione. Lo fanno riprendendo la brutale applicazione della Dottrina Monroe con cui l’attuale amministrazione di Washington si è impegnata in maniera sfrontata e prepotente. Intensificano le azioni contro la fraterna Repubblica Bolivariana del Venezuela, violando i più elementari principi del Diritto  Internazionale.

Sono giunti al punto di decidere chi deve parlare in nome del Venezuela, del destino, del denaro e degli immobili del paese al di fuori del suo territorio. Mai nella storia era stata offesa così tanto la democrazia, parlando a suo nome mentre la si calpesta.

La recente applicazione contro il Venezuela dell’obsoleto Trattato Interamericano d’Assistenza Reciproca (TIAR) che non è mai servito per salvaguardare gli interessi della regione, è un’altro segno che la pace, la democrazia e la sicurezza sono seriamente minacciate.

Quale altro obiettivo può avere il riscatto di un’istituzione come il TIAR che ha avallato colpi di Stato, favorito dittature militari e non è stato capace d’appoggiare nemmeno uno dei suoi membri quando una potenza extra regionale occupava territori e scatenava guerre?

Gli Stati Uniti hanno perpetrato attacchi contro la patria di Bolívar e Chávez senza comprendere che la determinazione del suo popolo si rinforza sempre più di fronte alle aggressioni esterne. Hanno fallito e continueranno a fallire di fronte alla solida unione civico militare, al coraggio di milioni di venezuelani che hanno giurato d’essere sempre leali  e non tradire mai.

Qui c’è il nostro fratello Nicolás Maduro in rappresentanza di questa unione vittoriosa e ferma. Viva la Rivoluzione Bolivariana!

Reiteriamo la nostra solidarietà con la Rivoluzione Popolare Sandinista che con il suo presidente alla guida, il Comandante Daniel Ortega Saavedra, resiste agli attacchi imperialisti contro il Nicaragua, senza timore delle minacce e sempre alla ricerca di riconciliazione, pace e sviluppo per il suo paese. Viva la Rivoluzione Sandinista!

Celebriamo la liberazione del leader dei lavoratori brasiliani ed ex presidente di questo paese, il compagno Luiz Inácio “Lula” da Silva, e chiamiamo tutti a continuare a reclamare la sua piena libertà, il recupero della sua innocenza e la restituzione di tutti i suoi diritti politici. Di fronte alle cospirazioni imperiali e alla politicizzazione dei sistemi giudiziari, di fronte alla corruzione e al discredito della politica attraverso agenti dell’imperialismo, del neoliberalismo e dei media di comunicazione, Lula è l’esempio che avremo sempre la forza di lottare per la verità, la dignità e la solidarietà per battere la menzogna.

Bolivia, il fratello assente, merita una citazione a parte.

Il colpo di Stato al presidente costituzionale Evo Morales Ayma ha confermato che agli Stati Uniti e alle forze reazionarie non importa schiacciare con qualsiasi mezzo le libertà e i diritti umani dei popoli, con il fine di rovesciare i processi emancipatori nella regione. Come sempre hanno usato il loro pedone fedele: L’Organizzazione degli Stati Americani  (OSA). Non sorprende che, come impone il copione imperialista, la prima azione di politica estera dei golpisti in Bolivia à stato uscire dall’ALBA.

In paesi come Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador e Brasile vediamo con dolore e indignazione che cresce il numero dei morti, e sono migliaia i feriti, mentre aumentano le lesioni oculari provocate a centinaia di giovani in azioni di repressione brutale  che ricordano i giorni tenebrosi delle dittature militari. Si assassinano gli attivisti sociali, i giornalisti, gli ex guerriglieri. I casi di violenza, tortura e violazioni di detenuti sono già centinaia.

Molti dei capi militari e della polizia che sono protagonisti dell’orribile repressione hanno studiato e sono stati addestrati nella scomparsa Scuola delle Americhe. Quelli che perseguitano i leader della sinistra e i progressisti hanno studiato nell’attuale Accademia Internazionale per l’Applicazione della Legge, anch’essa di origine yankee.

Con ammirazione, seguiamo di giorno in giorno il corso drammatico della resistenza dei popoli e la loro crescente mobilitazione. Da qusta tribuna condanniamo con forza il silenzio complice e vergognoso di molti e la manipolazione e l’allineamento dei media di comunicazione internazionali e dell’oligarchia su quello che è avvenuto in Bolivia.

Qui, oggi, Cuba conferma il suo appoggio e la sua solidarietà con il compagno Evo Morales Ayma. Vivano i governi e i popoli che onorano la propria dignità e la sovranità accogliendo e appoggiando i leader perseguitati!

Il nostro personale sanitario che prestava servizio in Bolivia conosce da vicino la brutalità dei golpisti, le cui forze repressive guidate direttamente dagli Stati Uniti hanno aggredito fisicamente due collaboratori cubani, e 54 di loro sono stati ingiustamente detenuti per diversi giorni.

Membri della Brigata Medica Cubana, senza alcun motivo, sono stati perquisiti e umiliati, spogliati dei loro oggetti personali. Le autorità golpiste hanno istigato l’odio contro i cubani. La vigliaccheria di questi golpisti repressori è in contrasto con la dignità e il coraggio dei nostri abnegati professionisti che meritano un riconoscimento per il loro atteggiamento fermo, figlio della tradizione internazionale cubana. Tutti sono già tornati in patria, pronti a difenderla e a tornare per una prossima missione.

I fatti accaduti in Bolivia ci scuotono e ci allertano. Ancora una volta “la tigre si apposta”, come diceva Martí nel suo magnifico saggio “Nuestra América”: “La colonia continua a vivere nella repubblica e Nuestra America si sta salvando dai suoi gravi errori (…) per la virtù superiore, seminata con il sangue necessario della repubblica che lotta contro la colonia. La tigre aspetta dietro ogni albero, raggomitolata in ogni angolo”.

Nella  nostra  recente visita in Argentina per assistere alla nomina presidenziale di Alberto e Cristina, abbiamo sostenuto un intenso dialogo con importanti intellettuali e artisti. Abbiamo raccolto da tutti loro la più formidabile critica al neoliberalismo, “la tigre in agguato”, e alle sue gravi conseguenze per i popoli d’America, che sono stati distrutti dai loro esperimenti neoliberali.

Il cineasta e attuale ministro della Cultura argentino, Tristán Bauer, ha appena documentato i gravi costi sociali del neoliberismo nei quattro anni di macrismo, in un documentario intitolato "Terra  spianata".

Altri hanno ricordato che questi processi si insinuano grazie a una poderosa rete mediatica che i progetti progressisti devono affrontare in una battaglia asimmetrica. Si è proposto di promuovere una sorta di strategia culturale che risolva queste asimmetrie.

Quello che resta della mentalità coloniale in America deve sparire prima che scompaiano i nostri popoli e i loro sogni d’emancipazione e integrazione, il grande debito dai tempi di Bolívar. È essenziale seminare idee e valori per difendere le nostre conquiste.

E' d'obbligo integrarci nell’area della comunicazione per far sì che la mentalità coloniale non c’inghiotta con il suo carico di simboli falsi, come gli specchietti che i conquistadores davano ai nostri nobili abitanti in cambio delle ricchezze naturali con le quali hanno costruito il loro potere.

Le magnifiche idee che in appena due ore sono state formulate nell’incontro con gli amici argentini, ci confermano le enormi potenzialità della creativa intellettualità latino americana, i cui  migliori esponenti sono sempre stati alleati delle battaglie per la giustizia sociale.

Compagne e compagni:

Di fronte alle più brutali pressioni statunitensi, Cuba ha ottenuto una sonante vittoria alle Nazioni Unite, quando 187 paesi hanno votato a favore della risoluzione  che reclama la fine del blocco economico, commerciale e finanziario degli Stati Uniti.

Quelli che non hanno avuto il coraggio di resistere alle pressioni yankee e non hanno osato condannare il blocco imposto a Cuba, si assumano la responsabilità di appoggiare una politica che nessun popolo di questa terra approva, perchè è criminale, perchè viola i diritti umani di milioni di persone, perchè è extraterritoriale, illegale e infame. E perchè quello che fanno oggi contro Cuba lo faranno  domani contro altre nazioni, com’è stato provato più di una volta negli ultimi anni.

Nessuno è libero dalla frusta dell’impero e permettere che si colpisca un altro è come aprire il cammino per colpuire chiunque. Ci fa piacere sapere che questa attitudine non riflette quello che realmente sentono i popoli fratelli di Brasile e Colombia.

Nelle vittorie come quella della condanna al blocco all'ONU, l’ALBA è stata e deve continuare ad essere fronte d’unità e resistenza all’impero, al golpismo e alle ingerenze che attentano alla dignità degli uomini e delle donne libere, onore del nostro continente.

Ci stimolano e salutiamo le vittorie progressiste in Messico e  Argentina, i cui nuovi governi hanno già mostrato in questo breve tempo il loro impegno nella pace, nella democrazia, nello sviluppo e nella giustizia sociale dei popoli e nella genuina unità e integrazione di Nuestra  America.

Negli ultimi mesi abbiamo ascoltato accuse ridicole contro le rivoluzioni cubana e bolivariana nel  vile tentativo di giustificare quello che non vogliono capire: le profonde ragioni delle ribellioni popolari contro il neoliberismo che continuano a succedersi in vari paesi della regione. Non ci sorprendono.

Le manifestazioni popolari sono il risultato delle lotte contro la disuguaglianza e le ingiustizie sociali accumulate durante anni e cresceranno fino a quando non si elimineranno le loro cause.

Chi reprime queste manifestazioni si rifiuta di leggerne le vere cause, perché per affermarsi  il neoliberalismo cerca di impedire la creazione di una coscienza storica proponendo la distorsione del tempo. Per questo i suoi ideologi, come Francis Fukuyama, insistono che “la storia è terminata”. Vogliono convincerci che il capitalismo è eterno, e così vogliono rendere eterna la disuguaglianza sociale, la miseria, l’esclusione.

Il tempo è storia, e la nostra si appoggia su Bolívar, San Martín, Sucre, Martí, Che, Fidel, Chávez, Sandino, la lotta contro la schiavitù, contro il dominio spagnolo, contro le invasioni e contro il blocco a Cuba da parte dell’imperialismo genocida.

Il neoliberismo obbliga l’economia mondiale a passare dalla produzione alla speculazione, mentre il Prodotto Interno Lordo  mondiale cresce a una media annuale dall'1 al 2%, la resa finanziaria cresce più del 5% l’anno.  Mentre 820 milioni di persone sono minacciate dalla morte per fame, i paradisi fiscali custodiscono venti trilioni di dollari! Il neoliberismo produce quello che Marx aveva presvisto: la gente non vale per essere umana, ma per il valore della merce che porta. È  la brutale disumanizzazione.

Il neoliberismo non promuove la globalizzazione, ma è globo-colonizzazione. Il suo proposito è fare del mondo un grande mercato al quale hanno accesso solamente i ricchi, e gli altri restano esclusi. Sono esseri marginali condannati a una morte precoce. Il neoliberismo si basa sulla competitività, mentre il socialismo sulla solidarietà. Il neoliberalismo sull'accumulo privato della ricchezza, mentre il socialismo sulla condivisione della ricchezza. Il neoliberismo si basa sulla difesa degli interessi del capitale, mentre il socialismo sui diritti umani e su quelli della natura.

Quello che gli Stati Uniti e gli oligarchi non ci perdonano è che abbiamo costruito modelli inclusivi e nel rispetto del popolo, anche sotto le pressioni e gli assedi delle sanzioni e dei blocchi. Possiamo dargli la formula: noi costruiamo modelli per l’1%, non construiamo modelli d’esclusione. Costruiamo modelli solidali e pratichiamo l’integrazione.

Non ci perdonano di creare unioni solidaristiche tra i popoli latino-americani e caraibici senza la "benedizione" imperialistica. Non ci perdonano perchè scegliamo di far prevalere l'indipendenza, la libertà, la sovranità delle nostre risorse e la libera determinazione, e abbiamo dimostrato d’essere capaci di difenderle.

Quello che non perdonano a Cuba è che difende la condivisione solidale di ciò che abbiamo, di portare salute e conoscenza dove altri portano armi, di insegnare a leggere e scrivere o ridare la vista o salvare la vita a coloro che non avevano mai avuto servizi di salute degni.

Ora, quando come risultati della congiura imperialista e oligarchica in alcuni luoghi si è interrotta la cooperazione che offre Cuba, osserviamo con preoccupazione che milioni di latinoamericani sono stati spogliati del loro diritto alla salute. Agli oligarchi non importa e si piegano alla patologica campagna yankee.

Le sole forze militari e di sicurezza che interferiscono nei temi interni dei paesi, che minacciano l’America Latina e i Caraibi, sono quelle statunitensi.

Cuba resisterà a tutte le minacce. Resisteremo nella lotta. Abbiamo un popolo unito.  Contiamo sulla solidarietà del mondo, dei popoli dell’America Latina e dei Caraibi e specialmente sui nostri fratelli dell’ALBA.

Non rinunceremo al socialismo! 

Non rinunceremo alla solidarietà!

Non rinunceremo all’amicizia! 

Non rinunceremo alla dignità!

Compagne e compagni dell’ ALBA:

Rinnovo l’abbraccio di questo popolo nobile, valoroso e solidale da questa bella città che ha appena compiuto 500 anni di storia e di lotte, alla quale potranno sempre tornare per ricevere l’affetto di coloro che non si arrendono e che continueranno la Rivoluzione che ci ha portato fino a qui.

Terminemo come terminano sempre le manifestazioni in questa storica scalinata: con la celebrazione della vita, del futuro che si forma qui per rendere possibile il mondo migliore per il quale hanno versato il loro sangue e dato le proprie vite  tante generazioni.

Siamo Cuba!

E siamo anche America Latina e i Caraibi, tutti uniti per l’ALBA-TCP!

Hasta la victoria siempre!

Versione Stenografata della Presidenza della Repubblica

Traduzione di Gioia Minuti per Granma Internacional

 

 



Bolivia: l’ambasciata del Messico assediata dalla polizia

Il vice segretario per l’America Latina e i Caraibi della Segreteria delle Relazioni Estere del Messico, Maximiliano Reyes,  ha denunciato l’arrivo di altre pattuglie e veicoli militari attorno alla residenza del Messico a La Paz, in Bolivia. Il funzionario aveva già confermato che le installazioni diplomatiche e il personale erano assediati. 

Il Governo di Andrés Manuel López Obrador ha condannato la persecuzione da parte dei corpi di sicurezza e d’intelligenza boliviani che rimangono attorno all’ambasciata e alla residenza ufficiale in Bolivia da lunedì 23 dicembre: "Contrariamente a quanto hanno dichiarato i funzionari della Bolivia, è in atto un assedio della polizia che controlla il movimento delle persone che entrano ed escono dai recinti che delimitano gli spazi diplomatici messicani", riporta un comunicato della Cancelleria.

Il governo di fatto della Bolivia ha comunicato che “i poliziotti non disturbano la libera circolazione dei funzionari messicani e non violano il recinto diplomatico”.

Telesur, Granma, GM per Granma Internacional, 25 dicembre 2019

 


 

 

Il Governo di fatto della Bolivia valuta di sospendere il suo paese dalla Celac

Il Governo di fatto della Bolivia, guidato dalla autoproclamata presidente Jeanine Áñez, ha emesso un comunicato nel quale annuncia di voler valutare la sospensione del suo paese dalla Comunità degli Stati Americani e dei Caraibi (Celac), adducendo come motivi alcune azioni dell’amministrazione del Messico.

Il presidente legittimo, Evo Morales, ha affermato nel suo account Twitter che questa giunta golpista che governa la Bolivia non ha autorità per ritirare il paese da questo Forum d’unità degli Stati liberi e sovrani.

Nel  comunicato emesso il 23 dicembre, il ministero delle Relazioni Estere della Bolivia spiega che l’eventuale ritiro "si basa sulla decisione del Governo del Messico di non riconoscere gli attributi della presidenza pro tempore occupata dalla Bolivia nella Celac durante il 2019,  le riunioni convocate dalla segreteria delle Relazioni Estere del Messico per organizzare l’inizio della sua presidenza pro tempore e la reiterata condotta  senza amicizia del Messico".

«La Bolivia non parteciperà all’inizio della prossima presidenza pro tempore della Celac che sarà assunta  dal Messico per colpire i procedimenti istituzionali e tentare di stabilire un’agenda propria», aggiunge il documento.

Dopo il colpo di Stato consumato dalla destra contro il presidente Evo Morales, il Governo di Andrés Manuel López Obrador rifiuta di riconoscere un’amministrazione in Bolivia che non è stata eletta dal popolo in maniera democratica.

Nel frattempo avanza l’organizzazione della prossima presidenza pro tempore in questo organismo regionale con l’obiettivo di rinforzare l’unità dell’America Latina e dei Caraibi.

Il governo di fatto della Bolivia continua con la sua agenda allineata con le politiche di destra della regione ed ha annunciato il ritiro della nazione dagli organismi come l’Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra America - Trattato di Libero Commercio (ALBA-TCP).

Telesur, Granma, GM per Granma Internacional, 24 dicembre 2019