Cuba su Latino America e mondo - Ottobre 2019

Cuba e Cina unite nel socialismo per costruire un futuro migliore

Discorso pronunciato da Salvador Valdés Mesa, membro del Burò Politico e Primo Vicepresidente dei Consigli di Stato e dei Ministri durante la cerimonia per il 70º  anniversario della fondazione della Repubblica Popolare della Cina svoltasi nella Sala Universale delle FAR il 1º ottobre del 2019, «Anno 61º della Rivoluzione».

 

Compagno Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Partido Comunista di Cuba;

Compagno Miguel Díaz-Canel Bermúdez, Presidente dei  Consigli di Stato e dei Ministri della Repubblica di Cuba;

Compagno  Esteban Lazo Hernández, Presidente dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare;

Compagno Chen Xi, Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Republica Popolare della Cina;

Compagni del Burò Politico del Comitato Centrale;

Distinti invitati:

Il 1º ottobre del 1949 è una data di speciale significato per la storia dell’ umanità. In questo giorno, davanti a centinaia di migliaia di persone riunite in Piazza Tiananmén, il presidente Mao Zedong,  il cui apporto alla lotta rivoluzionaria e valore saranno sempre ricordati con rispetto e ammirazione, annunciò al mondo la fondazione de un nuovo Stato socialista: la Repubblica Popolare della Cina.

Il trionfo rivoluzionario fu il momento culminante di un lungo processo di lotta  antifeudale e antimperialista, e segnò l’inizio di una nuova era di sviluppo e progresso per una nazione millenaria. La storia moderna dell’umanità sarebbe stata diversa senza il trionfo della Rivoluzione cinese.

Questo Paese, la cui popolazione era soprattutto contadina, conquistò la desiderata sovranità e indipendenza che permisero la costruzione del socialismo partendo da un ancestrale sottosviluppo, combattendo contro l’isolamento e il blocco economico imposto  per 28 anni. Molti ostacoli resero più difficile, ma non impossibile il suo sviluppo.

La Cina del 2019 è molto differente da quella del 1949, non è più il paese povero e sottosviluppato che era 70 anni fa. La sua economia, in sostenuta crescita, ha consolidato il potere e il prestigio di questa nazione. Oggi può contare su una solida base economica dopo 41 anni di riforma e apertura con politiche solide, una memoria storica conservata ed esperienze accumulate nel processo di costruzione del socialismo.

Può contare su un popolo laborioso e unito, un immenso mercato interno, una cultura millenaria e un Partito che ha percorso il cammino socialista e ha saputo collocare lo sviluppo integrato, l’istituzionalità, la legalità e la fedeltà al popolo al centro delle sue preoccupazioni.

È diventata  la seconda più forte economia a livello mondiale. Negli anni ’70 ha ottenuto una crescita media annuale del PIL superiore all'8% e ha tolto dalla povertà più di 800 milioni di persone, una conquista senza precedenti nella storia dell’umanità. La Cina è la principale produttrice mondiale di alimenti ed è stata capace di alimentare il 24 % della popolazione mondiale con solo il 7 % delle terre coltivabili.

Con la preziosa direzione del compagno  Xi Jinping, Segretario Generale del Partito Comunista, il paese avanza in una tappa decisiva per il conseguimento degli obiettivi di raddoppiare per il 2020 il PIL e le entrate pro càpite rispetto al 2010, e nel 2019 divenire un paese socialista moderno.

Cuba saluta e auspica fortemente il progresso di una Cina socialista e prospera. Nella difficile congiuntura internazionale attuale, il suo sviluppo costituisce un fattore di stabilità, equilibrio e opportunità per tutto il pianeta e, in particolare, per  i paesi in via di sviluppo e la regione dell’ America Latina e i Caraibi.

Permettetemi in un’occasione tanto speciale come questa, di ricordare il leader storico della Rivoluzione cubana, Fidel Castro Ruz, quando nel suo prologo all’edizione cinese di "Cento Ore con Fidel" aveva previsto: «Dovremo contare sulla Cina nel panorama mondiale del XX secolo e molte delle grandi sfide dell’umanità non avranno soluzioni senza la sua attiva e imprescindibile partecipazione».

Valutiamo positivamente i vincoli della Cina con la Russia, con l’America Latina e i Caraibi, che si sono stretti e ampliati come non era mai avvenuto prima. Il XIX Congresso del Partito Comunista della Cina ha appoggiato l’iniziativa della Via della Seta annunciata dal segretario generale Xi Jinping nel 2013, e in virtù della quale la Cina ha proposta di condividere in maniera inclusiva e integrale le opportunità offerte dal suo sviluppo, con focus particolare sulla cooperazione, verso le infrastrutture e la connettività per le vie terrestri, aeree, marittime e digitali.

L’ampliamento di questo progetto verso l’America Latina e i Caraibi evidenzia che non è precisamente la Cina quella che non rispetta le norme del commercio internazionale costruendo muri o imponendo misure di protezione o sanzioni unilaterali. Non è nemmeno quella che blocca l’adozione delle tecnologie chiudendo il suo mercato o frenando gli investimenti.

Distinti invitati:

L’amicizia tra Cuba e la Cina iniziò con l’arrivo a Cuba dei primi emigranti cinesi 170 anni fa, i quali contribuirono con tanta lealtà, coraggio e patriottismo alle nostre guerre d’indipendenza contro il colonialismo spagnolo. Si legge in lettere indelebili sul Monumento eretto in un parco centrale della capitale la frase di Gonzalo de Quesada, stretto collaboratore ed esecutore del  testamento letterario di José Martí: «Non c’è stato un cinese cubano disertore. Non c’è stato un cinese cubano traditore».

Questa immigrazione ha contribuito a forgiare la nazionalità cubana e a ridurre la distanza geografica che ci separa. Eredi di queste tradizioni, nelle nostre lotte più recenti, tre discendenti diretti di cinesi hanno raggiunto il grado di generale delle gloriose Forze Armate Rivoluzionarie.

I nostri due popoli hanno conosciuto attraverso queste esperienze storiche la tragedia e l’oltraggio di un Paese invaso, occupato da truppe straniere e sottoposto a leggi inique ed emendamenti onerosi. Alla stessa stregua abbiamo affrontato un blocco, le aggressioni di ogni tipo, i tentativi d’isolamento, la sovversione e una patologica diffamazione mediatica.

A Cuba e in Cina sono germogliate rivoluzioni autoctone nel XX secolo nate dalle ardue lotte per l’indipendenza e la liberazione nazionale contro forze superiori appoggiate dagli Stati Uniti. Sono state realizzate importanti imprese militari che hanno contribuito a dimostrare che il potere dell’impero e dei suoi lacchè non è senza limiti.

Solo dieci anni separano i trionfi rivoluzionari dei due paesi, che in questo 2019 hanno compiuto i loro 60° e 70° anniversari. Nel  2020 commemoreremo 60 anni di Rivoluzione Cubana, che adottò la decisione storica e sovrana di rompere le relazioni con Taiwán e stabilirle con la Repubblica Popolare della Cina, divenendo così il primo paese dell’emisfero  occidentale a riconoscere il Governo della nuova Cina come unico rappresentante legittimo.

Il presidente Mao Zedong, in quel lontano 7 maggio del 1960, apprezzò molto il fatto che un piccolo paese come Cuba avesse osato realizzare una Rivoluzione così vicino agli Stati Uniti, e nello stesso tempo considerò necessario approfondire la sua esperienza, data l’importanza della Rivoluzione Cubana a livello mondiale.

L’unica e indivisibile Cina non fu riconosciuta come membro delle Nazioni Unite e del Consiglio d Sicurezza se non 22 anni dopo la proclamazione della Repubblica Popolare, con l’appoggio fondamentale dei paesi in via di sviluppo, compresa Cuba.

Dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica e del campo socialista, Cuba e Cina hanno affrontato con fermezza innumerevoli avversari e hanno preservato il cammino socialista partendo dalle realtà specifiche di ogni paese.

Questo accattivante paese asiatico è stato uno dei migliori amici di Cuba durante quel duro periodo in cui nessuno credeva che la Rivoluzione cubana sarebbe sopravvissuta.

L’allora presidente Jiang Zemin fu l’unico Capo di Stato che ci onorò con la sua visita nel 1993 , fatto che non scorderemo mai. Rinnoviamo il nostro fermo e assoluto appoggio al principio di «una sola Cina», così come la condanna dell’ingerenza nei temi di politica interna, dei tentativi di danneggiare l’integrità territoriale e la sovranità.

Come la Cina, Cuba condanna l’egemonismo, l’unilateralismo, i blocchi, il protezionismo, le politiche di forza, le doppie morali nella lotta contro il terrorismo e l’imposizione di un modello unico nel mondo, e difende i principi del  Diritto Internazionale e il ruolo delle Nazioni Unite.

Apprezziamo infine il valore della sovranità, l’indipendenza, l’unità, i principi e la dignità conquistati al costo di molte vite umane preziose e di enormi sacrifici.

Distinti invitati:

Il Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri  Miguel Díaz-Canel Bermúdez, meno di un anno fa fece una positiva visita alla Repubblica Popolare della Cina. Desideriamo ricordare gli importanti consensi ottenuti durante i suoi indimenticabili incontri con il compagno Xi Jinping e i principali dirigenti cinesi.

Dopo circa 60 anni di relazioni diplomatiche ininterrotte, i legami tra i nostri due paesi sono diventati un esempio tra le nazioni socialiste della cooperazione sud-sud e delle relazioni tra un grande e un piccolo paese sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco.

Come espressione della fiducia politica reciproca e della maturità che caratterizzano i nostri legami bilaterali, abbiamo scambiato esperienze sulla costruzione del socialismo. I due processi si complementano con le loro proprie forze.

Permettemi, prima di concludere, di ringraziare a nome del popolo, del Partito e del Governo cubani, per la decisione di concedere al Generale dell’Esercito Raúl Castro Ruz, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba, la Medaglia dell’Amicizia, il più alto onore che la Cina concede agli amici di altre nazioni per il loro contributo e l’appoggio alla modernizzazione socialista, agli scambi e alla cooperazione tra questa nazione  e altri paesi. Apprezziamo questo nuovo gesto di fraternità e di riconoscimento al ruolo della direzione storica della Rivoluzione Cubana, in particolare del compagno Raúl, nella promozione dei vincoli bilaterali.

Il Generale dell’Esercito ha mantenuto un'ottima relazione con la Cina, nazione per la quale ha sempre nutrito una speciale ammirazione e rispetto, e ha concesso nello stesso tempo un’alta priorità alle relazioni bilaterali. Ha visitato questo grande paese nel 1997, nel 2005 e nel 2012, occasioni nelle quali ha potuto dialogare con i massimi dirigenti sulle esperienze nella costruzione del socialismo e sui temi di interesse comune dell’agenda internazionale. È un onore per Cuba che sia stata scelta la data della commemorazione del 70º anniversario per consegnargli un così alto riconoscimento.

I due Paesi  continuano uniti nell’adesione al socialismo per costruire un futuro migliore. Le presenti e future generazioni di cubani e cinesi sapranno conservare la preziosa eredità della nostra amicizia. Che viva la profonda amicizia tra Cuba e la Cina!

Molte grazie!

Salvador Valdés Mesa

Versione stenografata del Consiglio di Stato.

Granma, 1 ottobre 2019

 

 


 


Ecuador: il Pichincha osserva

Il Pichincha osserva. C’è sangue nelle strade di Quito. Vittime sono civili e poliziotti. Ancora una volta, la causa è il neoliberismo.

Lì, al centro del mondo, un vulcano si è trasformato in un patrimonio per gli ecuadoriani: “el guagua Pichincha”, o semplicemente Pichincha, la cui storia raccoglie una leggenda popolare sulla rivalità tra due guerrieri delle Ande, i vulcani Cotopaxi e Chimborazo, che lottarono per anni con eruzioni costanti per conquistare la bella Tungurahua.

Dalla lotta di secoli uscì vincitore il guerriero Chimborazo, che ebbe l’amore della principessa. Dalla loro unione nacque il Guagua Pichincha (bambino in Quinchua). Secondo i nativi, questa sarebbe la spiegazione per cui dopo centinaia di anni di tranquillità i due vulcani iniziarono le eruzioni nello stesso momento.

Dalle alture vicine a Quito, la capitale ecuadoriana, il Pichincha sembra custodire una Nazione che, durante gli ultimi decenni, è stata scossa da altri movimenti che hanno riaperto ferite che si pensavano risanate negli anni di governo della Revolucion Ciudadana di Rafael Correa, ma che oggi occupano nuovamente l’agenda neoliberale come una malattia mortale che si espande nella Regione.

Una popolazione stanca di promesse neoliberali ha invaso le strade chiedendo che si ponga fine alle cosiddette riforme realizzate dal presidente Lenín Moreno che stanno gettando il Paese nella penuria e nell'insicurezza sociale.

Dopo le azioni della polizia e gli scontri che hanno lasciato sulle strade tanti feriti e portato in prigione tanti cittadini, il presidente ha dichiarato che non negozierà, né farà marcia indietro con le misure di sussidio al prezzo del combustibile, il motivo che ha scatenato le manifestazioni.

Il messaggio di Moreno ha seguito una sceneggiatura senza copione, a dispetto del momento critico. Ha sostenuto di lottare contro la corruzione e gli altri problemi sociali dell'"epoca" che ha ereditato. Se l'è presa nientemeno con gli anni di governo di Rafael Correa, dimenticando che lui era il vice presidente, quando gli ecuadoriani beneficiarono di un grande programma sociale, quando Correa volle recuperare la dignità del paese, l'unione della Regione, il sostegno delle istituzioni progressiste ed etiche per difendere i popoli, e rivendicò con tutte le sue forze la sovranità della nazione delle Ande.

Moreno, nelle recenti dichiarazioni si è fatto passare come un oppositore di quell'epoca. Così ha ceduto alle riforme invocate dall'FMI, al quale ha sollecitato un credito di 4.209 milioni di dollari.

Sono stati dimenticati, grazie all’attuale Presidente, gli anni in cui si denunciò a livello internazionale la compagnia petrolifera statunitense Chevron per lo spargimento di 80.000 tonnellate di residui petroliferi nella zona del Lago Agrio, nella regione dell’Amazonia ecuadoriana. L’inquinamento coprì circa 500.000 ettari. La Giustizia ecuadoriana ha stabilito nel 2011 che la Chevron debba pagare 500 milioni di dollari agli abitanti della regione contaminata, ma la compagnia statunitense negò il risarcimento e il governo di Rafael Correa ricorse al Tribunale Arbitrale dell’Aia che però, come si poteva prevedere, non sanzionò la  Chevron.

All'ufficializzazione della sentenza, l’ex presidente scrisse su Twitter: «È chiaro che questi traditori si sono già messi d’accordo con l'impresa corrotta e corruttrice» e ancora: «È evidente che la Chevron è colpevole e che ha distrutto la nostra foresta. Solo un ordine mondiale immorale e un Governo traditore possono lasciarla impunita».

La disgrazia è che questo accada con un governo che si pensava avrebbe dato continuità alla grande opera intrapresa nei dieci anni di Rivoluzione Cittadina. Una volta raggiunto il vertice del comando, non si è atteso un giorno solo per diffamare Correa, per perseguitarlo, per arrestarlo, com’è avvenuto in Brasile con Lula, oltre a togliere dall’ambasciata ecuadoriana di Londra e consegnare alle autorità di quel paese Julian Assange, giornalista australiano naturalizzato ecuadoriano, fondatore di WikiLeaks.

Uscire da Unasur, rinunciare all’ALBA, tra le altre, sono azioni che identificano l’attuale Governo dell’Ecuador. Intanto, il Vulcano Pichincha continua a osservare la sofferenza del popolo ecuadoriano, portato a una tappa di regresso politico e sociale quando si pensava che le ferite fossero sanate, e invece sanguinano ancora.

Elson Concepción Pérez e GM per Granma Internacional, 6 ottobre 2019

 


 


 


Cile: la «democrazia» che reprime

Il bilancio non potrebbe essere peggiore: morti e feriti e più di 1500 arrestati per effetto della furia neoliberale che sta presentando scenari simili in Brasile, Argentina e Ecuador.

Lunedì 21 è passato nel segno delle strade delle città riempite dai manifestanti, con i carabinieri che, come ai tempi della dittatura, lanciavano gas lacrimogeni e sparavano pallottole di gomma contro i pacifici manifestanti.

Il presidente Sebastián Piñera ha definito i cittadini “una banda di criminali” e anche se ha ceduto sulla questione del prezzo dei biglietti della Metropolitana, non ha detto una sola parola in merito alle altre misure neoliberali applicate a svantaggio della popolazione più umile e degli studenti.

Piñera, presidente di un paese del Sudamerica in convulsione in seguito alle sue scelte politiche a detrimento delle fasce più deboli della popolazione, evidentemente non conosce il proverbio popolare secondo cui «quando vedi bruciare la barba del tuo vicino, devi mettere a bagno la tua». Altrimenti, come si spiega che solo due giorni prima era stato indotto dall’intensità delle proteste a invocare lo stato d’emergenza e a dichiarare in un’intervista a Radio Cooperativa che il Cile  era «una vera oasi nel mezzo di un’America Latina in agitazione».

La disperazione popolare mostra un Cile che non ha niente di simile a un’oasi, ma che la sua attuale situazione mostra invece uno stretto legame con l’incubo della dittatura militare di Augusto Pinochet, le cui fondamenta non sono state evidentemente ancora divelte da nessuno dei «governi democratici» a quella successivi.

Queste ultime proteste sono state innescate dall’aumento fissato dal Governo cileno del prezzo dei biglietti della Metropolitana a 1.17 dollari l’uno, tra i più cari della Regione. Una marea popolare colpita da queste misure ha invaso una delle fermate della Metropolitana e alcuni centri commerciali mentre i carabinieri accorrevano per reprimere. L'imposizione del coprifuoco non ha potuto impedire la continuazione delle mobilitazioni popolari.

È giunta l’ora per la cosiddetta «oasi» cilena di Sebastián Piñera, di smascherare il suo vero volto: un panorama in tutto simile a quello di altri paesi vicini i cui governanti sono veleggiano nella più volgare politica neoliberale.

Non è casuale che questi governi – Cile, Brasile e Argentina – facciano parte del cosiddetto Gruppo di Lima, appendice della OSA, istituzione senza alcun prestigio che non ha mai espresso una sola parola di condanna di fronte a situazioni tanto evidenti di violazioni dei diritti umani.

A questo proposito, nemmeno la signora Michelle Bachellet, ex presidente cilena e attuale responsabile del Comitato dei Diritti Umani della ONU, ha pronunciato una parola sulla sua doppia condizione di cilena e in difesa - si suppone - dei diritti umani, quando è cominciata l’aggressione brutale dei carabinieri contro il popolo, ma anzi: lunedì 21 ha fatto una dichiarazione richiamando alla tranquillità e ponendo sullo piano chi protesta e chi reprime.

Elson Concepción Pérez e GM per Granma Intrenacional 21 ottobre 2019

 


 

 

Cuba denuncia al MNOAL i tentativi statunitensi per destabilizzare la regione

Il cancelliere cubano Bruno Rodríguez Parrilla, nell'incontro ministeriale che ha preceduto il XVIII Vertice del Mnoal svoltosi a Baku, capitale dell'Azerbaigian, ha denunciato l’instabilità fomentata dagli Stati Uniti in diverse regioni del pianeta e soprattutto contro i paesi latino americani.

Parlando ai  rappresentanti di decine di paesi di vari continenti, Rodríguez Parrilla ha portato esempi di azioni politiche e ingerenze di Washington che danneggiano le nazioni che fanno parte del Movimento. Ha ricordato il riconoscimento di Gerusalemme da parte della Casa Bianca come capitale d’Israele e del Golán siriano occupato come parte del territorio israeliano, il ritiro degli Stati Uniti dal Piano d’Azione Integrale del programma nucleare iraniano e la minaccia d’intervento militare contro Theran, "esempi di una lunga serie di azioni arbitrarie che dobbiamo affrontare" ha detto aggiungendo poi l’imposizione di sanzioni alla Repubblica Popolare Democratica della Corea.

Washington non abbandona il suo impegno d’intervenire nei temi interni dei paesi dell’America Latina e dei Caraibi, dichiarando pubblicamente la vigenza della  Dottrina Monroe.

Rodríguez Parrilla ha sottolineato che l’attivazione del Trattato Interamericano d’Assistenza Reciproca contro il Venezuela viola i precetti della proclamazione dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, adottata nel 2º Vertice della Celac a L’Avana nel gennaio del 2014. Nel  suo intervento ha riaffermato l’appoggio «al governo legittimo presieduto da Nicolás Maduro».

Il ministro delle Relazioni Estere ha fatto i suoi auguri al presidente Evo Morales per i risultati elettorali ed ha allertato su quello che ha definito «una campagna di mistificazioni, destabilizzazione e violenza che vede protagonisti vari settori dell’opposizione istigata dagli Stati Uniti».

Infine, ha ringraziato per il consueto appoggio del Mnoal e dei suoi membri alla richiesta  cubana di porre fine al blocco degli Stati Uniti, che ha definito "il maggior ostacolo allo sviluppo dell’Isola".

Il ministro cubano ha sottolineato che l’amministrazione del presidente Donald Trump inasprisce l’assedio imposto al suo piccolo vicino del sud e lo rende sempre più extraterritoriale, in violazione della sovranità di Stati terzi, del Diritto Internazionale e dei diritti umani dei cubani.

GM per Granma Intrenacional, 23 ottobre 2019   

 

 


 


Allerta in Bolivia: piani di colpo di Stato

Il piano è in marcia. La destra boliviana, dalla provincia di Santa Cruz, pretende di proclamare presidente il suo candidato Carlos Mesa ignorando i risultati delle votazioni di domenica 20 che hanno dato la vittoria a Evo Morales. Si tratta di un chiaro tentativo di colpo di Stato sostenuto da alcuni governi della regione e dagli Stati Uniti.

Di fonte a questa situazione, Evo ha fatto un richiamo «Ai miei compagni e al popolo boliviano, alle sorelle e ai fratelli: organizziamoci, prepariamoci a difendere la democrazia», ha riportato Prensa Latina.

L’opposizione intanto ha invocato uno sciopero a partire dalla provincia di Santa Cruz e ha detto che non riconoscerà il Governo costituzionale di Morales, e metterà al suo posto quello che è stato definito «un nuovo presidente costituzionale».

La presidente del Tribunale Supremo Elettorale, María Eugenia Choque, ha assicurato e garantito la trasparenza del processo elettorale contro le denunce di frode del candidato Carlos Mesa e dei settori che lo assecondano.

La trasparenza delle votazioni è stata ribadita anche dal cancelliere cubano, Bruno Rodríguez Parrilla, nel suo intervento nella Riunione Ministeriale preparatoria del XVIII Vertice del Mnoal: «Ci congratuliamo con il popolo e il Governo della Bolivia per la trasparenza del processo elettorale. Esprimiamo le nostre felicitazioni al presidente Evo

Morales per i risultati ottenuti  che confermano il decisivo appoggio popolare al suo Governo». Poi ha denunciato che si sta formando una campagna di ingerenza, destabilizzazione e violenza che vede protagonisti i settori dell’opposizione, istigati dagli Stati Uniti, che minaccia la pace e la sicurezza cittadina in Bolivia.

Elson Concepción Pérez e GM per Granma Internacional, 24 ottobre 2019