Il ripristino dell’ordine a Hong Kong

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4 settembre 2019

 

La Governatrice di Hong Kong Carrie Lam annuncerà il ritiro della legge sull’estradizione, uno dei motivi scatenanti dell’ondata di proteste seguite con attenzione dai media internazionali. È ancora presto per trarre un bilancio degli eventi che si sono susseguiti nelle ultime settimane nell’isola, e soprattutto per comprendere le potenziali ricadute di questa decisione, non soltanto in merito ai rapporti fra la Repubblica Popolare Cinese e l’ex colonia britannica… Proponiamo un articolo tradotto dal Global Times, una breve e inconsueta (per chi è abituato ad ascoltare solo una campana) analisi della situazione, e dei suoi possibili sviluppi.

 

 

Hong Kong in questi giorni, due punti di vista: da un lato un giovane ‘nostalgico’ del periodo coloniale, dall’altro abitanti dell’isola che protestano contro i disordini

La violenza scoppiata a Hong Kong in quella che era iniziata come una protesta pacifica contro un disegno di legge di estradizione ha colto di sorpresa il mondo. I rivoltosi che rompono le vetrine dei negozi e attaccano la polizia con bombe Molotov e altre armi di fortuna sono inaccettabili in qualsiasi società rispettosa della legge. Tuttavia, i media internazionali si sono schierati immediatamente con i manifestanti violenti [definiti più volte come semplici ‘ragazzi’ da molte testate giornalistiche nazionali, NdT], puntando il dito contro la polizia che è intervenuta impiegando al minimo le proprie forze per reprimere i rivoltosi.


Dopo la grande manifestazione pacifica del 17 agosto scorso, cui hanno partecipato molti di coloro che, sebbene scontenti delle condizioni di Hong Kong, si oppongono anche al clima di illegalità che ha caratterizzato gli ultimi due mesi, sembrerebbe esserci la possibilità di un dialogo.

Ci sono molti aspetti da considerare. Le dimensioni delle manifestazioni hanno indicato che vi è un grande malcontento tra i cittadini di Hong Kong, che va oltre la legge sull’estradizione.

Le ragioni di questo malcontento sono legate all’aumento dei prezzi degli immobili, alla mancanza di mobilità sociale per le giovani generazioni di Hong Kong, al sovraffollamento – tutti problemi ereditati, presenti già prima del passaggio dell’isola dal Regno Unito alla Repubblica Popolare Cinese, ma ancora irrisolti. 

Hong Kong è stata una colonia britannica per lungo tempo e culturalmente l'influenza britannica è ancora diffusa. Mentre coloro hanno vissuto l’esperienza coloniale sono ben consapevoli delle "libertà" di cui potevano godere e che sono oggi così tanto propagandate, alcuni giovani che invece non avevano sperimentato tale realtà, hanno sviluppato una visione piuttosto nostalgica. 

Gli agenti politici occidentali, scontenti del nuovo ruolo che la Cina sta giocando nel mondo, vedono Hong Kong come un "fianco debole" della Repubblica Popolare Cinese. A causa della sua apertura si sono create le possibilità per tentare di costruire un consenso anti-cinese, specialmente tra i giovani, e poiché Hong Kong era un paradiso per molti dissidenti della Cina continentale durante il periodo britannico, molti hanno ancora la possibilità di operare liberamente in città.


E poi ci sono i "soliti sospetti" come il National Endowment for Democracy (NED) sponsorizzato dal governo degli Stati Uniti e il cui obiettivo principale consiste nella creazione di una cosiddetta "agenda per i diritti umani". Il NED ha svolto un ruolo significativo nei precedenti tentativi di "rivoluzioni colorate" in altri paesi e regioni, ed è attivo a Hong Kong. 

Tutto ciò accade in un contesto internazionale in cui alcune élite politiche occidentali sono impegnate a creare una "strategia della tensione" verso una Cina in crescita, alla ricerca di quei fianchi scoperti che potrebbero causare problemi al Paese. Nessuno di loro ha condannato la violenza, ma ha continuamente perseguitato la polizia di Hong Kong. Tutto ciò ha ovviamente incoraggiato i manifestanti. I media occidentali mainstream hanno più o meno seguito la linea, dipingendo la situazione in termini di proteste legittime seguite da oppressione poliziesca. 

Quindi, dove si va? È necessario avviare un dialogo sulle questioni di fondo, coinvolgendo figure di spicco del mondo degli affari, della società, dell'istruzione e della cultura di Hong Kong, compresi i dimostranti. 

A differenza dei giovani sulla terraferma, che hanno una buona conoscenza della storia del loro paese, molti giovani di Hong Kong non sanno nemmeno quando è stata fondata la Repubblica Popolare Cinese. Ovviamente, c'è molto da fare al riguardo. 

"Un paese, due sistemi" è il concetto che dovrà rimanere al centro delle trattative politiche, in quanto a Hong Kong non vi sono le basi culturali per qualsiasi altra opzione. Gli scambi accademici tra Hong Kong e la terraferma sarebbero certamente utili per favorire una migliore comprensione del sistema politico cinese. Sarebbe anche utile per avviare una più ampia discussione a Hong Kong su alcuni dei principali progetti di sviluppo cinesi come la Nuova Via della Seta, e loro possibili ricadute sullo sviluppo dell’isola. 

Soprattutto, le autorità di Hong Kong devono esaminare più da vicino le operazioni delle ONG occidentali. Hong Kong dovrebbe rimanere aperta, ma se vengono condotte attività sovversive, esse rappresentano una minaccia per la stabilità della città, da scongiurare. Dati i disordini studenteschi altamente coordinati, ci dovrebbe essere un'indagine su chi e cosa c'era dietro i loro sforzi organizzati. 

4 settembre

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2019/09/04/hong-kong-verso-ritiro-legge-pro-cina_a1ea571f-8ad7-4281-9592-e7c8ce86f30a.html

 

Fonte: Global Times (4/9/2019), tradotto e riadattato dalla Redazione del CIVG