L’Iran affronta l’ennesima provocazione USA

21 giugno 2019

 

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Dopo l’incidente nel Golfo di Oman, sempre più evidente trattasi di una provocazione, l’Iran si trova sotto un attacco concentrico: mediatico, politico, diplomatico, economico, sul nucleare e militare. Sta cercando su ognuno di questi fronti di rispondere colpo su colpo, senza farsi attirare in pericolose derive, che avrebbero conseguenze a catena sul Medioriente per poi allargarsi e coinvolgere uno scenario globale. Perché, come sempre nello scenario vi è Israele, quindi un eventuale confronto militare sarebbe su un terreno nucleare.

 

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Il Segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale dell’Iran, Ali Shamkhani  si è recato in Russia il 18-20 giugno per partecipare alla decima riunione internazionale dei più alti funzionari per i problemi della sicurezza a Ufa,  su invito del suo omologo russo, Nikolai Patrushev.
Presenti delegazioni  di un centinaio di nazioni del mondo.
Il Forum è regolarmente organizzato dal Consiglio di sicurezza russo in Russia ogni anno. Per Shamkani una rilevante occasione per  portare la posizione e la documentazione dell’Iran sugli eventi della petroliera nel Golfo di Oman, direttamente ai rappresentanti internazionali-

Il Presidente iraniano Roahni ha dichiarato che:"…Oggi ci troviamo in un confronto con gli USA in cui non c'è nessuno nel mondo onesto che non loda l'Iran, perché è stato fino ad oggi leale rispetto alla sua firma dell'intesa sul nucleare, e chi oggi è contro di noi è la parte che ha tradito i patti e gli accordi internazionali…". Ha anche detto che: “ l'Iran non vuole entrare in guerra con nessun Paese…", anche nel tentativo di rasserenare gli animi dopo il suo ultimatum lanciato nei giorni scorsi sul superamento della soglia per l'arricchimento dell'uranio, prevista dall'intesa sul nucleare, con la minaccia che Teheran si ritirerà dal trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari se i Paesi europei non riusciranno a salvare l'accordo sul programma nucleare iraniano, da cui gli Stati Uniti sono usciti. Oltre ad un ulteriore avvertimento, circa la possibilità da parte dell'Iran se dovesse essere costretto a deciderlo, che potrebbe apertamente e completamente ostacolare le esportazioni di petrolio dal Golfo Persico, e per farlo non avrebbe bisogno di alcun inganno o segretezza.

Anche il primo ministro giapponese Abe, non accetta la versione USA circa gli avvenimenti del Golfo di Oman. Il Giappone ha ufficialmente chiesto agli Usa prove concrete a sostegno delle accuse contro Teheran per l'attacco alle due petroliere nel Golfo di Oman, sul quale Tokyo non si e' ancora pronunciato.  Il governo di Shinzo Abe, reduce di una visita ufficiale a Teheran, continua a rimanere non convinto della versione statunitense, ritenendo che le spiegazioni degli Stati Uniti non abbiano aiutato "ad andare oltre le speculazioni", hanno rivelato fonti governative citate dall'agenzia di stampa Kyodo.

Di fronte a questa situazione di altissima tensione, gli USA invece di cercare soluzioni e spazi di dialogo e confronto, attua l’ennesima provocazione annuncia l’invio immediato di altri 1000 soldati nell’area mediorientale, in risposta a cio' che e' stata definita come "la crescente minaccia nella regione". “…Ho autorizzato ulteriori 1.000 soldati per scopo difensivo, per affrontare le minacce in Medio Oriente, su richiesta del Central Command…”, ha affermato il segretario alla Difesa pro tempore americano Patrick Shanahan.

 

 

Fonti: Tasmine agency, Almanar, ParsToday, Kyodo

A cura di Enrico Vigna, CIVG, 21 giugno 2019