Il dominio della politica di forza. Testimonianza.

 

                             

L'accordo tecnico-militare è una delle testimonianze più significative del dominio della politica di forza nelle relazioni, che non portarono mai nulla di buono né alla Serbia né all'Europa, né al mondo intero. La Serbia fu la prima vittima di una strategia di dominio e interventismo che, dopo il 1999 e il 2000, assunse un carattere globale.

L'aggressione della NATO del 1999, fin dall’inizio, non ha portato i risultati sperati dai pianificatori di Washington, Londra e Bruxelles, in quanto la S.R.J. (Difesa della Serbia) ha dimostrato di essere molto più forte e più dura di quanto da essi auspicato.

Parallelamente, all'interno dell'Alleanza ci sono stati conflitti, perché i generali americani non prendevano molto in considerazione le opinioni dei loro colleghi degli eserciti alleati europei sulla gestione delle operazioni, sulla scelta degli obiettivi e non solo.

Sul piano mediatico, l'Occidente stava vivendo fallimenti a causa delle bugie e delle pianificazioni come, ad esempio, il "Piano ferro di cavallo".

In queste condizioni, per la NATO e i governi degli stati membri era sempre più difficile mantenere il sostegno dell’opinione pubblica. Le proteste si moltiplicavano non solo nei paesi amici, specialmente in Russia e Cina, ma anche in tutto l'emisfero occidentale.

La Jugoslavia, attraverso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, chiese un'azione di condanna della violazione della Carta delle Nazioni Unite; chiese altresì che venisse dato l’ordine di cessare l’aggressione. Inoltre cercò di far condannare l’aggressione e gli aggressori, e fermare la devastazione, le sofferenze delle persone, l’avvelenamento e la distruzione dell’ambiente, agendo in centri internazionali, come Ginevra (ONU), Vienna (OSCE), Parigi (UNESCO), L'Aia (Corte di giustizia), Nairobi (UNEP).

La nostra diplomazia in tutto il mondo ha insistito sulla condanna degli attacchi illegali, mettendo in evidenza, in particolare, il pericolo di creare un precedente che metterebbe in discussione l'intero sistema di sicurezza, per decenni pazientemente costruito sull’eredità della seconda guerra mondiale. Tutto ciò non ha avuto un impatto diretto sul processo decisionale nei forum internazionali, ma ha anche creato insoddisfazione e resistenza a livello internazionale, specialmente nell’opinione pubblica dei principali stati membri della NATO. Né i politici né i comandanti della NATO potevano ignorare tutto questo.

 

La targa "Perché" nel parco Tasmajdan posata in memoria dei 16 lavoratori RTS uccisi nel bombardamento NATO nel 1999 (Foto di Tanjug)

 

Nel processo di creazione di questo pacchetto di pace, tutte le principali potenze del mondo moderno sono state coinvolte direttamente, tra cui Russia e Cina, tutti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU, tutti gli Stati membri del G8, l'Unione europea e la NATO.

In queste condizioni, da e attraverso la Russia, fin dall'inizio dell'aggressione, ci sono state iniziative finalizzate a trovare il modo di porre fine alla guerra.

La notizia dell’inizio dell'aggressione contro la Serbia (SRJ), ha sorpreso e irritato l'amministrazione di Bill Clinton, che era abituato ad un alto livello di cooperazione di Mosca, determinando l’inversione di rotta dell’aereo del primo ministro Yevgeny Primakov sopra l'Atlantico, con conseguente annullamento della sua visita a Washington e dei colloqui programmati con il vice presidente Al Gore.

In seguito, questo episodio porterà Al Gore e Clinton a chiedere a Jeltsin di nominare Viktor Chernomyrdin come suo inviato personale e mediatore nei negoziati con Slobodan Milosevic, escludendo totalmente Primakov, logico interlocutore.

In particolare, Milosevic e Primakov si conoscevano molto bene, si rispettavano a vicenda dato che, per un certo numero di anni, avevano condotto colloqui diretti, sia in merito alle questioni delle relazioni bilaterali, sia per la risoluzione della questione del Kosovo e Metohija.

Inoltre, durante le prime settimane dell'aggressione della NATO, Primakov, per conto della Russia, aveva mantenuto regolari contatti con i primi ministri di Germania (Gerhard Schroeder), Francia (Lionel Jospin), Gran Bretagna (Tony Blair), Italia (Massimo d'Alema), così come con i rappresentanti dell'amministrazione statunitense.

Primakov era quindi lo statista russo più informato su tutto ciò che era significativo sulla questione del Kosovo e Metohija.

Ma questo non servì a nulla. Gli americani non volevano Primakov ma Chernomyrdin, e Jeltsin ci teneva all'opinione degli americani.

Chernomyrdin, da un lato, teneva colloqui con i rappresentanti dell’amministrazione degli Stati Uniti; soprattutto con il Vice Presidente Al Gore e il Vice Segretario di Stato Strobe Talbott, con Martti Ahtisaari, che aveva lo status di SG delle Nazioni Unite e l'Unione europea, e con i leader dei principali paesi occidentali, e dall’altra parte, con il presidente Slobodan Milosevic.

Durante l'aggressione, Chernomyrdin ha visitato Belgrado quattro volte e ha tenuto colloqui con Milosevic, con la partecipazione di Milan Milutinovic, il presidente della Serbia, Nikola Sainovic, vice primo ministro, Zivadin Jovanovic, il Ministro degli Esteri e altri.

Dopo diversi round di negoziati e la mediazione, il 2 giugno 1999, Marty Ahtisaari e Viktor Chernomyrdin arrivarono ​​a Belgrado e diedero a Slobodan Milosevic il testo del documento sulla fine della guerra.

Durante i colloqui a Palazzo Bianco di Belgrado, la parte jugoslava cercò di apportare alcune modifiche al documento, al fine di garantire un maggiore rispetto degli interessi della Serbia e della Jugoslavia, ma senza risultati.

In risposta alla mia domanda posta a Chernomyrdin sul perché il testo prevedesse l'implementazione del cap. 7 e non del cap. 6 della Carta delle Nazioni Unite, come concordato nei precedenti cicli di colloqui, Martti Ahtisaari, posando teatralmente il braccio sopra la spalla di Chernomyrdin disse: "Perché lo abbiamo deciso io e mio fratello Chernomyrdin".

Il giorno seguente, il 3 giugno 1999, il documento fu accettato dall'Assemblea nazionale della Serbia e Ahtisaari e Chernomyrdin lasciarono Belgrado. Il bombardamento venne ripreso.

Kosovo e Metohija non devono essere considerati come persi perché persi non sono.

Il negoziato che viene offerto nel cosiddetto capitolo 35 intrapreso con l’UE, le pressioni e il ricatto, confermano che Kosovo e Metohija continuano ad appartenere alla Serbia.

La realtà sostenuta dai commissari di Bruxelles, Washington, Londra e Berlino è che la Serbia è limitata nella sua posizione negoziale.

Il giorno successivo, il 4 giugno, sulla base del documento di Ahtisaari-Chernomyrdin, sul confine jugoslavo-macedone iniziarono i negoziati per il raggiungimento dell'accordo tecnico-militare. Questi negoziati durarono sei giorni, dal 4 al 9 giugno 1999. Furono tenuti in condizioni di continuo bombardamento del paese e, secondo la testimonianza della nostra delegazione, furono estremamente difficili. A causa di atteggiamenti contraddittori, i negoziati venivano frequentemente interrotti per permettere ad entrambe le delegazioni di effettuare le consultazioni.

In uno di questi momenti, la nostra delegazione ha consegnato alla controparte un foglio con il seguente contenuto:

1. La parte Jugoslava dichiara che, ai sensi del paragrafo 2 e 10 del documento di Ahtisaari-Chernomyrdin, è pronta per iniziare il ritiro delle forze dal Kosovo e Metohija in conformità con il piano, che è stato concordato in una riunione di rappresentanti militari il 5 giugno del 1999, tra le delegazioni guidate rispettivamente dai generali Blagoje Kovačević e Mike Jackson. L'inizio del ritiro in conformità con il documento di Ahtisaari-Chernomyrdin implica la sospensione del bombardamento.
2. Tutte le altre questioni relative alla risoluzione della crisi, secondo il piano M. Ахтисари - В. Chernomyrdin, sono di competenza del Consiglio di sicurezza dell'ONU.

Anche questo dettaglio illustra non solo il corso dei negoziati e il rapporto di rispetto tra le parti negoziali, ma la posizione iniziale forte e chiara della parte jugoslavo-serba.

Inoltre, i problemi tecnici e tutte le altre questioni legate alla soluzione politica della crisi, in accordo con il documento di Ahtisaari e Chernomyrdin, devono essere di competenza esclusiva del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e non possono essere oggetto di negoziati con i rappresentanti della NATO, cioè, della KFOR.

Una tale posizione di principio e la necessità della sua affermazione coerente, a tutt’oggi, non ha perso d’importanza.

Al contrario, questo principio negoziato, concordato, accettato e difeso durante l’aggressione militare non può essere dimenticato o occultato in tempo di pace e di "offerte", non importa quanto grandi siano le pressioni e le insidie ​​attuali.

L'accordo tecnico-militare, noto come Accordo di Kumanovo, è stato firmato, a nome della parte jugoslavo-serba, dal generale VJ Svetozar Marjanovic e dal generale-tenente della polizia della Serbia Obrad Stevanovic e, per conto della KFOR, dal generale britannico Mike Jackson.

Durante i negoziati, Slobodan Milosevic ha condotto una lunga conversazione telefonica con Ahtisaari.

In tale circostanza, mi sono trovato vicino a Milosevic e ricordo che, durante quella conversazione, ho insistito sul fatto che l'Accordo tecnico-militare non può snaturare il documento del 3 giugno e che la KFOR, con il mandato delle Nazioni Unite, deve essere il garante di pari sicurezza per tutti i cittadini in Kosovo e Metohija.

Immediatamente dopo la firma dell'Accordo tecnico militare a Kumanovo, il 9 giugno 1999, in serata, tutte le ambasciate, le missioni e i consolati della SRJ ricevettero informazioni e istruzioni urgenti, con i seguenti elementi:

- l'accordo tecnico-militare rappresenta la concretizzazione di una parte del documento di Ahtisaari-Chernomyrdin del 3 giugno 1999. Prevede un graduale ritiro delle nostre forze militari e di sicurezza, con il dispiegamento sincronizzato delle forze delle Nazioni Unite (KFOR).

Si è cercato di non creare situazioni di vuoto di sicurezza eventualmente utilizzabili dai terroristi per mettere in pericolo i cittadini in KiM (Kosovo i Metohija). Il testo è privo di contenuto politico che la parte avversa ha cercato di imporre.

- la leadership e il governo della FSRJ sono rimasti coerenti con gli obiettivi della difesa del paese contro l'aggressione e una soluzione politica pacifica in KiM (Kosovo i Metohija).

- da una situazione di aggressione e distruzione da parte della NATO, la questione è stata trasferita all'ONU su una serie di diritti e principi. L'ONU si assume grandi responsabilità, ha l'opportunità, dopo tre mesi di sospensione e blocco completi, di recuperare parte del prestigio e della fiducia perduti.

- l'ONU ha la responsabilità speciale di garantire la sicurezza di tutti i cittadini del KiM (Kosovo i Metohija), di eliminare il terrorismo e l'organizzazione terrorista UCK, di disilludere le possibilità di realizzare idee e progetti separatisti, di creare le condizioni per il processo politico e i negoziati sull'autonomia, sulla base del rispetto dell'uguaglianza di tutti i cittadini e le comunità nazionali, sovranità e l'integrità territoriale della Serbia e della SRJ.

- la forza e l'efficienza della nostra difesa, l'unità delle forze difensive, del popolo e della leadership hanno sbalordito il mondo. Il più grande macchinario militare della storia che ha intrapreso una "operazione chirurgica" e "blickrig" non è riuscito a conquistare il paese pronto a difendersi. La nostra nazione è un vincitore morale.

- Il mondo è diventato consapevole dei pericoli posti dalla strategia della NATO come poliziotto mondiale.

- Il tempo mostrerà molteplici effetti devastanti dell'aggressione della NATO contro un Paese sovrano europeo, con la grave violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale in generale, con l'imposizione della forza al di sopra della legge.

- La NATO, e le forze dietro di essa, non hanno nulla di cui vantarsi, hanno perpetrato inganni, distruzione e massacri di civili, hanno usato in modo criminale missili all'uranio impoverito e causato la conseguente catastrofe umanitaria in nome della "protezione dei diritti umani".

- Invece di "preservare la loro faccia" con "operazione lampo", hanno svelato a tutto il mondo di aver violato l'ordine giuridico mondiale, di essere i portatori dell'egemonia e fonte di destabilizzazione globale.

- Il nostro governo rispetterà coerentemente gli obblighi assunti. Ci aspettiamo lo stesso da tutti gli altri. Soprattutto per rispettare la sovranità e l'integrità territoriale della Serbia e della SRJ. Siamo aperti alla cooperazione con altri paesi e organizzazioni internazionali, nel rispetto dell'uguaglianza.

- Esigiamo e lotteremo per: a) determinare la responsabilità di chi ha dato l’ordine e chi ha eseguito l’aggressione come crimine contro la pace e l'umanità; b) avere un risarcimento per danni di guerra a economia, infrastrutture, servizi pubblici, città, villaggi e tutto il resto; c) l'abolizione di tutte le sanzioni e la restituzione dei diritti di associazione sospesi nelle organizzazioni internazionali.

- L'ordine è: la sospensione istantanea delle aggressioni, con il ritiro dal KiM in 11 giorni.

- È in corso la discussione sulla risoluzione SB (consiglio di Sicurezza ONU). Non abbiamo partecipato alla stesura della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Diverse disposizioni sono per noi sfavorevoli, riflettendo gli sforzi dell'aggressore per giustificare e legittimare l'aggressione e i crimini. Riflette il rapporto globale delle forze, comprese le debolezze della Russia.

Tuttavia, il documento, di fatto, testimonia l'aggressione, la distruzione e il gran numero di vittime umane; la Provincia KiM, è presa dalle mani della NATO e posta sotto l'autorità del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; si apre quindi la possibilità di una migliore protezione degli interessi legittimi del paese; il rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale del paese è confermato; si va verso il processo politico per la risoluzione dello status della Provincia come autonoma e con autogoverno, all'interno della Serbia, con la garanzia dell'uguaglianza di tutte le comunità nazionali; si condanna il terrorismo e si stabilisce l'obbligo di disarmare l'organizzazione terrorista UCK; è previsto il ritorno dei contingenti del nostro esercito e della polizia; si sta aprendo la possibilità di ricostruzione, sia nel KiM che in tutta SRJ e nella regione.

- La menzione degli "Accordi di Rambouillet" nel documento del 3 giugno e nella bozza di risoluzione SB è solo una delle dimostrazioni degli sforzi degli Stati Uniti e di altri per dimostrare che essi hanno, apparentemente, il diritto di presentare una tesi sulla continuità dei loro tentativi di "pace" e di giustificare l'aggressione. Ciò, tuttavia, si applica solo ai principi di autogoverno e autonomia, che non sono stati contestati da noi, ma non sui documenti nel loro insieme, specialmente sui capitoli II, V e VII. Rambouillet è stato un tentativo di fornire un alibi per l'attuazione del piano per l'aggressione armata.

 

Cosa dire oggi, 20 anni dopo?

In primo luogo, l'Accordo tecnico-militare è una delle testimonianze più significative del dominio della politica di forza nelle relazioni, che non portarono mai nulla di buono né alla Serbia né all'Europa, né al mondo intero. La Serbia fu la prima vittima di una strategia di dominio e interventismo che, dopo il 1999 e il 2000, assunse un carattere globale.

L'aggressione della NATO del 1999, fin dall’inizio, non ha portato i risultati sperati dai pianificatori di Washington, Londra e Bruxelles, in quanto la S.R.J. (Difesa della Serbia) ha dimostrato di essere molto più forte e più dura di quanto da essi auspicato.

Nel frattempo, gli abitanti di molti paesi, sulla propria pelle, hanno sperimentato il vero significato di un intervento "umanitario", "diritto alla protezione" e "democratizzazione" attraverso "rivoluzioni colorate". Era il piramidale, gerarchico, ordine mondiale che, avendo avuto il suo periodo di massimo splendore, gradualmente, come il sedimentare del terreno dopo l'eruzione vulcanica, volge al termine.

Sono in corso cambiamenti più profondi e completi dell'ordine mondiale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

La costruzione un nuovo ordine mondiale multipolare, basato sui principi di uguaglianza, sull’interesse reciproco e su un maggior ruolo del diritto internazionale, sta inesorabilmente scuotendo la strada, aprendo lo spazio per la democratizzazione delle relazioni internazionali. La resistenza dei centri di potere occidentali e gli sforzi per preservare, a tutti i costi, i privilegi e le vecchie relazioni superate, sono la fonte di grandi pericoli. Il riconoscimento di nuove realtà e l'accettazione della collaborazione come base delle relazioni tra grandi e piccoli sono l'unica via per la pace, la salvezza e il progresso della civiltà.

In secondo luogo, l'Accordo tecnico-militare è parte integrante del pacchetto di pace le cui parti essenziali risultano essere il Documento Milosevic-Ahtisaari-Chernomyrdin, del 3 giugno, e la Risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1244 del 10 giugno 1999.

Questi tre documenti, nei contenuti e nella forma, rappresentano un’unità nel suo complesso e nessuno di essi può essere giudicato isolato dagli altri.

Oltre alla Costituzione, per la Serbia, questi documenti sono gli unici parametri affidabili e stabili per l'orientamento e il funzionamento nelle condizioni di grandi sfide, profondi cambiamenti e confusione. Questi documenti, forse, non sono sufficienti, ma l’uscita della Serbia in uno spazio completamente aperto e non demarcato, in cui i poteri forti di una parte del mondo non vedono e non riconoscono niente e nessuno, tranne i loro interessi egoistici, equivarrebbe al gioco d'azzardo. La saggezza e il coraggio nel difendere i diritti e gli interessi acquisiti attraverso la lotta e i grandi sacrifici delle generazioni precedenti escludono qualsiasi unilateralismo, occasionale sottovalutazione del carattere nazionale, della storia o della spiritualità. Dobbiamo essere consapevoli che la glorificazione delle donazioni, degli investimenti e dei benefattori di quei paesi e leader, le cui politiche negli anni '90 hanno inflitto danni enormi al popolo serbo – sua spaccatura, satanizzazione, sanzioni, bombe e armi radioattive - non è in linea con la preoccupazione di preservare l'identità nazionale, la dignità e una vita migliore.

In terzo luogo, questo pacchetto di pace è parte integrante del sistema di diritto pubblico internazionale, per cui ha il carattere giuridico vincolante in generale. Carattere imperativo della risoluzione SB UN 1244 rende questo pacchetto di pace un segmento con più grande potere legale nella gerarchia degli atti giuridici e, pertanto, non può essere cambiato, annullato o ridotto, con un qualsiasi nuovo atto giuridico o politico, a meno di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dello stesso valore.

Va ricordato che nel processo di creazione di questo pacchetto di pace furono direttamente coinvolte tutte le principali potenze del mondo moderno, tra cui Russia e Cina, tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, tutti i membri del G-8, l'Unione Europea e la NATO. Pertanto, questo pacchetto di pace rappresenta un compromesso tra vari interessi, ma anche l'obbligo di tutti gli attori della comunità mondiale che tutto ciò che è stato concordato e firmato sarà anche rispettato, e non solo la volontà o il diritto di una parte ristretta della comunità mondiale.

Nella sua genesi, contenuto e gerarchia legale, il pacchetto di pace del giugno 1999 è parte integrante del sistema di sicurezza europea e mondiale. Pertanto, la presenza di tentativi di ignorare, aggirare o denigrare tali documenti, non sarebbe possibile senza minacciare seriamente il sistema stesso, e senza nominare attesi e possibili effetti boomerang.

In quarto luogo, la Serbia, che in buona fede ha rispettato e osservato tutti gli obblighi di tutti i documenti del pacchetto di pace, tra cui quelli derivanti dall'accordo tecnico-militare, ha il diritto e l'obbligo morale di continuare a cercare di far rispettare anche agli altri gli obblighi accettati, e non ancora eseguiti, e in conformità con questi documenti.

Inoltre e soprattutto, ha il dovere:

- di rispettare le garanzie date per la sovranità e l'integrità territoriale della Serbia con il Kosovo e Metohija, avente l'autonomia più ampia, come parte integrante (nell'Accordo, tra le altre cose, c’è scritto che la KFOR avrebbe "provveduto a fornire adeguato controllo dei confini della SRJ” verso l'Albania e FYRM, art. 2, punto “h");

- i suoi confini internazionalmente riconosciuti;

- di accettare i negoziati sul ritorno delle unità militari e di polizia nella provincia;

- di garantire le condizioni per il ritorno libero, sicuro e dignitoso di circa 250.000 espulsi tra serbi e altri non albanesi;

- di garantire la sicurezza a tutti i cittadini della provincia, compresi i serbi;

- di garantire l'inviolabilità della proprietà privata di serbi, Serbia e SPC.

Se le altre parti ostacolano, non vogliono o non accettano tali impegni ed obblighi, questo non dovrebbe essere visto come aggravante per la posizione della Serbia o come l’obbligo di fare passi indietro, ma deve essere visto come comportamento assolutamente inaccettabile.

In questo caso, la Serbia dovrebbe considerare altre opzioni legali, politiche e diplomatiche disponibili.

In quinto luogo, i documenti relativi al pacchetto di pace, compreso l'accordo tecnico-militare, non erano particolarmente favorevoli per la Serbia.

Tuttavia, la guerra e le altre condizioni hanno reso più difficile dare seguito al contenuto di questi documenti, che proteggevano gli interessi importanti della Serbia, e soprattutto la sovranità e l'integrità territoriale del paese.

È vero che l'Occidente usa ancora oggi i metodi di minacce, ricatti e inganni. Tuttavia, è difficile essere d'accordo sul fatto che oggi ci sono ragioni giustificate per abbandonare o negare i diritti e gli interessi riconosciuti alla Serbia sotto le bombe della NATO del 1999. Oggi, anche l'Occidente richiama sempre più la necessità di rispettare le relazioni internazionali basate sulla legalità. La velocità e la profondità del cambiamento nelle relazioni globali contribuiranno al fatto che L’Occidente richiami sempre più di frequente il rispetto del diritto internazionale nel prossimo periodo.

Il cancelliere tedesco Angela Merkel non ha detto mercoledì scorso nel Bundestag che il G-7 è stato "definito da membri che rispettano le leggi internazionali" ("Politika", 7 giugno 2018)!

Sesto: in difesa del diritto della Serbia al Kosovo e Metohija, la sua Costituzione, la Carta delle Nazioni Unite, il Documento finale dell'OSCE e il diritto internazionale sono gli argomenti e i supporti più importanti. Il Pacchetto di pace del 1999, in particolare la risoluzione SB UN 1244, ha un significato insostituibile e duraturo che deve essere affermato in ogni momento, senza cedere né ai desideri, né alle aspettative o alle varie pressioni, da qualunque parte, per rimuovere e portare quei documenti in secondo piano o nell’ombra. Questi documenti non devono in alcun modo essere subordinati ai nuovi "documenti giuridicamente vincolanti".

Kosovo e Metohija non devono essere considerati come persi perché persi non sono.

Il negoziato che viene offerto nel cosiddetto capitolo 35 del negoziato con EU, le pressioni e il ricatto confermano che Kosovo e Metohija continuano ad appartenere alla Serbia. Questa è la realtà ripetuta dai commissari di Bruxelles, Washington, Londra e Berlino. Per la Serbia, la realtà è molto più ampia e complessa. Invece di dichiarazioni disfattiste che rafforzano inconsciamente la posizione e l'intransigenza di Pristina, sono necessari maggiori sforzi e creatività per esplorare le direzioni per rafforzare la posizione negoziale della Serbia. Abbiamo abbastanza conoscenze ed esperienza per capire che l'appartenenza all'UE è utilizzata come mezzo per estorcere le continue concessioni della Serbia, che l'UE non è quella che era e che il suo ruolo e la sua influenza stanno rapidamente diminuendo. Pertanto, non abbiamo il diritto di fare affidamento su alcun tipo di sue garanzie e promesse. Questo potrebbe portarci in situazione dove Serbia consegna tutto e non ottiene nulla.

 

Zivadin Jovanovic,  Presidente del Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali

12 giugno 2018    -  Traduzione di Jovanka A. per Forum Belgrado Italia/CIVG