Cucchi, l'omertà dei medici italiani. Il Tribunale trova un perito solo in Germania

12 luglio 2018

Il clinico medico tedesco proverà a spiegare il calvario di Stefano Cucchi, morto di fame e sete per cui dovranno fornire dettagliate spiegazioni cinque dottori dell'ospedale Pertini

 

Ilaria con la foto della morte del fratello Stefano Cucchi

Finalmente è stato individuato un clinico medico tedesco di grande esperienza che proverà a spiegare il calvario di Stefano Cucchi, il 31enne geometra deceduto il 22 ottobre del 2009 all'ospedale Sandro Pertini sei giorni dopo essere stato arrestato per droga dai carabinieri. Lo ha deciso la seconda corte d'assise d'appello di Roma nell'ambito della parziale rinnovazione del terzo processo di secondo grado (dopo due annullamenti delle sentenze di assoluzione da parte della Cassazione) a carico dei cinque medici (Aldo Fierro, il primario, e poi Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo) che ebbero in cura il ragazzo.
Quanto alle cause del decesso, è stata già la stessa Suprema Corte a indicare che Cucchi è morto di fame e di sete. Il presidente Tommaso Picazio che, prima di individuare il nome giusto per l'accertamento peritale, ha dovuto incassare "molti cortesi rifiuti" di specialisti che non se la sono sentita di ricevere l'incarico, ha così aggiornato il processo al 29 ottobre prossimo.

 


 

Cucchi, il carabiniere testimone conferma: il ragazzo fu massacrato in caserma

15 maggio 2018

Riccardo Casamassima in Aula ribadisce quanto dichiarato e che ha portato sul banco degli imputati cinque militari dell'Arma, per reati che vanno dall'omicidio preteritenzionale al falso, alla calunnia

 

 

Stefano Cucchi

 

" E'successo un casino, i ragazzi hanno massacrato di botte un arrestato. Me lo disse una mattina dell'ottobre del 2009, senza fare il nome degli autori, un preoccupatissimo maresciallo Roberto Mandolini (da poco alla guida della stazione Appia, ndr), portandosi la mano sulla fronte e precipitandosi a parlare con il comandante Enrico Mastronardi della stazione di Tor Vergata". E' questo il racconto confermato davanti alla prima corte d'assise di Roma di Riccardo Casamassima, il carabiniere che con le sue dichiarazioni ha consentito alla Procura di approfondire l'indagine bis sulla morte di Stefano Cucchi. Una testimonianza che ha permesso di portare sul banco degli imputati cinque militari dell'Arma, per reati che vanno dall'omicidio preteritenzionale al falso, alla calunnia. In servizio, all'epoca dei fatti, alla stazione di Tor Vergata e attualmente all'ottavo reggimento, Casamassima ha ribadito quanto già dichiarato al pm Giovanni Musarò e al Procuratore Giuseppe Pignatone nell'estate del 2015. "Al colloquio era presente Maria Rosati, anche lei all'Arma, poi diventata la mia compagna: mi rivelò che Mandolini e Mastronardi stavano cercando di scaricare le responsabilità dei carabinieri sulla polizia penitenziaria".

La decisione di Casamassima di raccontare questo episodio arrivò qualche anno dopo la morte di Cucchi, nel 2015, "perché pensavo che Mandolini (oggi presente in aula, ndr) volesse fare lui stesso qualcosa. Avevo paura di ritorsioni - ha aggiunto Casamassima - dopo la mia testimonianza hanno cominciato a fare pressioni pesanti nei miei confronti. Ho avuto anche problemi perché ho rilasciato interviste non autorizzate; si stava cercando di screditarmi, e io dovevo far capire che tutto quello che dicevano non era vero". Il carabiniere ha aggiunto poi: "Il figlio del maresciallo Mastronardi, anche lui carabiniere, mettendosi le mani sulla fronte mi raccontò che nella notte dell'arresto vide personalmente Cucchi e lo vide ridotto male a causa del pestaggio subito. Disse che lui non aveva mai visto una persona combinata così".
"Tanti, troppi anni fa vidi il maresciallo Roberto Mandolini in occasione del primo processo per la morte di mio fratello Stefano, il processo sbagliato. E lui raccontò che la sera dell'arresto di Stefano era stata piacevole e che Stefano era stato simpatico. Oggi mi trovo ad ascoltare tutta un'altra storia, dopo che per anni io e la mia famiglia abbiamo rincorso verità". Così Ilaria Cucchi in una pausa del processo bisdopo la deposizione del teste chiave, il carabiniere Riccardo Casamassima. "Io ritengo Mandolini - ha aggiunto Ilaria - il principale responsabile morale di questi anni di attesa della verità. Sono provata, ho la pelle d'oca, ma finalmente ho la speranza che emerga quella verità che noi sapevano, anche se lui diceva che era stata una serata piacevole. E' inaccettabile che qualcuno abbia fin dall'inizio cercato di coprire quanto accaduto".

 

Da globalist