SILK ROAD NOTIZIE – GENNAIO 2018

Partnership – La base del successo della Belt and Road Initiative

 

 

4 dicembre 2017

Nell’ambito delle iniziative di cooperazione fra Cina ed Europa, Francoforte ha recentemente ospitato un forum dei rappresentanti delle agenzie di stampa, media e associazioni di think tank, segnando così il lancio formale della Belt and Road Exchange of Economic and Financial Information Partnership (BREFIP). Il forum si è tenuto per iniziativa dell’Agenzia Cinese per l’Informazione Economica (Chinese Agency for Economic Information, CEIS), un’affiliazione dell’agenzia di stampa Xinhua, e oltre ai cinesi ai lavori hanno preso parte anche i rappresentanti delle maggiori agenzie stampa, media e think tank di Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Serbia, Polonia, Spagna, Belgio e Grecia. La Serbia è stata rappresentata da Živadin Jovanović, Presidente del Silk Road Connectivity Research Center (COREC) e da Nenad Babić, Direttore Esecutivo di Tanjug. Il Forum è stato aperto da Wang Shinqing, Console cinese a Francoforte.

 

Obiettivo della Partnership è potenziare lo scambio di informazioni rilevanti per l’implementazione della Belt and Road Initiative, di migliorare la disponibilità di informazioni ai potenziali partecipanti, di sviluppare comuni progetti di ricerca e consultazione. Come primo oratore della sessione dedicata alle prospettive della collaborazione fra Cina ed Europa nell’ambito della Belt and Road Initiative, Jovanović ha evidenziato come nel corso degli ultimi cinque anni enormi risultati siano stati ottenuti grazie alla proposta China +16 CEEC (Central and Eastern European Countries), sia in termini di infrastrutture in grado di connettere i popoli, che in termini di sviluppo diretto delle vie di comunicazione fra di essi, avvicinandoli e migliorandone la comprensione reciproca. Tale cooperazione ha un solido fondamento ed eccellenti prospettive, giacché rispetta le priorità nazionali dei singoli partner, la loro eguaglianza e i loro benefici comuni.

 

 

La proposta China +16 CEEC è parte integrale del complessivo progetto di cooperazione fra Cina ed Europa che connette l’Eurasia dal Pacifico all’Atlantico. Essa fornisce un sostanziale contributo all’abbattimento delle differenze nello sviluppo economico e negli standard di vita che attualmente sussistono fra l’Europa occidentale e le regioni meno sviluppate dell’Europa centrale, orientale e sud-orientale. L’impatto di tali differenze è testimoniato dal fatto che circa 25 milioni di cittadini provenienti da queste aree contribuiscono alla migrazione interna all’Unione Europea, diretta verso i paesi dell’Europa occidentale.

I risultati che i paesi dell’Europa centrale, orientale e sud-orientale ottengono congiuntamente aderendo alla proposta China +16 CEEC costituiscono senza dubbio il principale stimolo al raggiungimento dell’equilibrio socio-economico, oltre che rappresentare un fattore di rafforzamento, e non di indebolimento, del processo di integrazione europea. Allo stesso tempo, l’iniziativa rappresenta un ponte in grado di congiungere Europa e Asia, non una minaccia alla coesione europea. Jovanović ha ribadito il notevole contributo della Serbia al raggiungimento dei risultati della proposta China +16 CEEC, sottolineando come il paese, per la prima volta nella sua storia recente, abbia tratto dalla propria posizione geografica grandi benefici in termini di crescita economica, progresso e infrastrutture transfrontaliere. Jovanović ha illustrato risultati concreti, dalla presenza della Iron & Steel a Smederevo alla costruzione del ponte “Mihailo Pupin” sul Danubio, dall’impianto energetico Kostolac B al Corridoio 11 e alla tratta ferroviaria ad alta velocità Belgrado-Budapest. Jovanović  ha sottolineato come la vera cooperazione al cuore dell’impressionante progetto della Nuova Via della Seta sia quella fra crescita economica globale e mantenimento di pace e stabilità. Ha infine ribadito che la collaborazione all’adeguamento delle infrastrutture transfrontaliere, così come in campo energetico, culturale e nello scambio di informazioni, costituisca il pilastro per il successo della Belt and Road Initiative e della proposta China +16 CEEC.

Belgrado, 2 dicembre 2017

Silk Road Connectivity Research Center

Fonte: Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali



 

Italia-Cina, un treno da non perdere

 

Italia e Cina sono ora collegate da una linea ferroviaria diretta per il trasporto merci. In futuro le merci viaggeranno sempre più per via multimodale. Perché il nostro paese ne benefici va superata la frammentazione e la competizione tra diversi poli.

 

 

Di Alessia Amighini (lavoce.info)

6 dicembre 2017

Da Mortara a Chengdu

 

È partito il 28 novembre scorso dal terminal intermodale di Mortara (Timo) il primo treno merci diretto Italia-Cina. Lo aspettano con trepidazione a Chengdu – capoluogo del Sichuan – in un giorno non ben precisato intorno a metà dicembre. È il terzo collegamento diretto con la Cina dall’Europa, dopo quelli da Germania e Belgio, e dovrebbe diventare una delle rotte terrestri più importanti nell’iniziativa promossa nel 2014 dal presidente Xi con il nome di Belt and Road, comunemente tradotta come Nuove vie della Seta.

Quali sono le prospettive e gli scenari per l’Italia nel progetto? Molti più di quanto non si pensi e molto oltre il ruolo di singoli porti che hanno monopolizzato i titoli della stampa. Non ne hanno dubbi i cinesi del Changjiu Group – gruppo cinese quotato a Shanghai dal 2016, con oltre 20 miliardi di fatturato, attraverso Changjiu Logistics, unico fornitore indipendente di servizi logistici per il mercato automobilistico tra i primi sei in Cina e prima società di logistica cinese quotata in borsa – che hanno firmato nel giugno scorso il progetto Mortara-Chengdu.

All’incrocio del Corridoio mediterraneo e del Corridoio Reno-Alpi della rete Ten-T, il polo logistico integrato di Mortara è connesso agli attraversamenti alpini internazionali (Modane, Sempione-Lötschberg, Luino-Gottardo, al sistema portuale ligure e all’Area Metropolitana di Milano) ed è l’unica infrastruttura in Lombardia che combina la presenza di un terminal ferroviario alla logistica. Il tempo di percorrenza tra Mortara e Chengdu si aggira tra i 17 e i 19 giorni da tabella di marcia, salvo ritardi agli sdoganamenti, nettamente meno dei 45 giorni che servono sulla rotta marittima, da sempre la più battuta per gli scambi tra Europa e Cina, ma anche la meno efficiente: la rotta Rotterdam-Shanghai serve male i territori dell’entroterra europeo e cinese dove sono localizzate molte produzioni manifatturiere con filiere tra loro integrate. Mortara e Chengdu sono invece, e non a caso, due centri nevralgici in territori densi di produzione manifatturiera: la Lombardia e tutto il Nord Italia e la nuova area di Tianfu all’interno della Chengdu Hi-tech Industrial Development Zone, che è una delle prime hi-tech zone inaugurate in Cina, nel 1991 (con settori quali biomedicina, macchinari di precisione, It, aerospaziale, automotive, agroindustria e soprattutto, servizi moderni e programmazione software).

 

Meglio la nave o la ferrovia?

 

Non è ancora chiaro quanto del traffico merci tra Europa e Cina si sposterà da mare a terra ed è presumibile che gran parte continuerà a viaggiare via nave (oggi oltre il 90 per cento del valore scambiato).

Per capire le potenzialità delle rotte terrestri bisogna considerare che le convenienze relative tra le diverse modalità di trasporto non dipendono in modo preponderante dal valore della merce per unità di peso, ma, tra gli altri fattori, dalle caratteristiche delle catene distributive e dai luoghi di produzione e carico del paese di provenienza. Per esempio, alcuni comparti del pronto moda che hanno necessità di rispettare tempi stretti e rigorosi di consegna non possono affidarsi a modalità di trasporto economiche ma dai tempi lunghi. Anche le località specifiche di arrivo o partenza in Cina influenzano le convenienze della ferrovia rispetto al mare. La Cina è un paese con un’estensione enorme, 5250 chilometri da est a ovest e 5500 chilometri da nord a sud, ragion per cui solo alcune tratte delle province più interne e occidentali del paese (guarda caso quelle – Chengdu e Chongqing – da cui partono i convogli merci che da qualche anno raggiungono diverse città d’Europa) presentano una convenienza su rotaia rispetto alla nave (come emerge anche da verifiche quantitative di Edwin van Hassel dell’Università di Anversa).

Quello che è certo è che il trasporto merci in futuro sarà sempre più multimodale, per cui è di fondamentale importanza snellire le procedure e gli adempimenti burocratici, superare la frammentazione territoriale e la competizione tra diversi poli che caratterizza l’Italia e sostenere e attuare politiche di promozione di tutte le modalità di trasporto delle merci, in ottica integrata. Avrebbe tra l’altro il vantaggio di ridimensionare il trasporto merci su ruota che – in Italia più che altrove – crea congestione, inquinamento e aumento del grado di incidentalità stradale. Prevale invece ancora una prospettiva – e una logica – locale e parziale nella riflessione e nelle proposte sul ruolo che il nostro paese avrà nelle future vie della seta.

 


 

Lo Sri Lanka cede il suo porto strategico alla Cina come parte della Belt and Road Initiative

Fonte: Russia Today

12 dicembre 2017

 

 

Il governo dello Sri Lanka ha ufficialmente ceduto alla Cina il porto meridionale di Hambantota con un contratto di affitto di 99 anni. Il porto, costato 1,5 miliardi di dollari, è stato inaugurato sette anni fa e ha subito notevoli perdite a causa dell'assenza di attività commerciali. Nell'ambito dell'operazione da 1,2 miliardi conclusa a luglio, la China Merchants Port Holding deterrà una partecipazione del 70% nella joint venture con lo Sri Lanka Ports Authority, gestita direttamente dallo stato. Il piano iniziale per dare all'azienda cinese una quota dell'80percento ha scatenato le proteste dei sindacati e dei gruppi di opposizione, costringendo le parti a ridisegnare l'accordo.

Un membro del parlamento dello Sri Lanka e figlio dell'ex presidente, Namal Rajapaska, ha twittato che il governo ad interim «è interessato solamente a trarre profitto dalla cessione dei beni nazionali. Quante altre cessioni seguiranno?».

Il ministro delle finanze Samaraweera ha detto invece che lo Sri Lanka «ha ricevuto 292milioni di dollari come prima tranche della joint venture per il porto di Hambantota. Questo è solo il primo passo verso la valorizzazione commerciale del porto dopo sette lunghi anni». Secondo le autorità, l'azienda cinese avrebbe investito altri 600 milioni di dollari per rendere operativo il porto di Hambantota, e il denaro dell'affare sarebbe stato utilizzato per il rimborso del debito.

Il primo ministro dello Sri Lanka, Ranil Wickremesing, ha dichiarato: «Con questo accordo abbiamo iniziato a rimborsare i prestiti. Hambantota diventerà presto uno maggiori porti dell'Oceano Indiano». Ha poi aggiunto: «questa diventerà una zona economicamente importante e l'industrializzazione porterà sviluppo in tuta l'area e promuoverà il turismo».

Il porto di Hambantota, che si trova vicino alla principale rotta di spedizione dall'Asia all'Europa, è strategicamente vitale per Pechino in quanto potrebbe svolgere un ruolo significativo nella Belt and Road initiative.

 


 

Il confine sino-kazako mina le ambizioni della Via della Seta

Ritardi, alti costi, ostilità reciproca ostacolano la piattaforma chiave del progetto Belt and Road

 

 

Di Emily Feng e Henry Foy (Financial Times)

21 dicembre 2017

Alte montagne e pianure d’oro circondano la nascente città di Khorgos, uno dei principali hub nel trasporto via terra pianificato per la Nuova Via della Seta cinese.

Nonostante le centinaia di milioni di dollari di investimento, la maggior parte dei commercianti presenti qui, al confine con il Kazakistan, tra le zone più lontane dall’oceano che vi sono al mondo, ancora devono far affidamento su rotte marittime per ricevere beni di importazione.

“Preferisco che la mia merce impieghi un tempo dieci volte superiore per arrivare a Khorgos, ma almeno sono sicuro che arriva in tempo”, afferma Jia Xiubin, che importa merendine europee attraverso il porto cinese di Qingdao e Tianjin, che distano circa 4000 km. I commercianti dicono che la zona di libero commercio di Khorgos è segnata da ritardi cronici, alti costi e limiti su cosa sia consentito importare.

Con gli investimenti che vanno dai porti del Pakistan e dello Sri Lanka, fino alle ferrovie dell’alta velocità dell’Africa orientale, ai gasdotti che attraversano l’Asia, l’iniziativa della Cina nominata Belt and Road, è, coi suoi 900 miliardi di dollari, l’investimento più grande mai condotto e lanciato da un singolo paese.

I problemi, tuttavia, non riguardano soltanto le difficoltà logistiche nel trasportare beni attraverso l’Asia Centrale fino all’Europa, ma anche il terreno scivoloso su cui le ambizioni cinesi di sviluppare capacità di influenza globale e rinforzare la crescita economica in patria procedono.

Khorgos è una piattaforma cruciale nella rete di trasporti che collega la Cina all’Europa. Entro il 2020, ospiterà il più grande “porto secco” al mondo, dove 4 milioni di tonnellate di beni, ogni anno sono immagazzinati e trasferiti coi treni cinesi e kazaki, che viaggiano su differenti livelli di tensione.

Tuttavia, è uno dei confini cinesi più lenti da attraversare. Le merci viaggiano ad una velocità media di 10,6 kilometri orari per entrare in Kazakistan, mentre è almeno doppia la velocità delle merci in senso opposto, come calcolato dall’Organizzazione Economica per la Cooperazione dell’Asia Centrale (Carec).

“Le procedure doganali nel lato cinese, sono molto veloci. Portare merci attraverso il Kazakistan può essere davvero imprevedibile e i costi sono raddoppiati così come le tariffe doganali”, sostiene Alim, cinese di etnia uigura, commerciante in dolciumi.

Molti beni sono lasciati nei magazzini, a volte per giorni interi, in attesa dell’autorizzazione delle autorità doganali da ambo i lati del confine. I costi derivanti dai treni scarichi rimangono tra i più alti tra tutti i corridoi commerciali monitorati dalla Carec, ponendo Khorgos tra le più costose dogane dell’Asia centrale.

I problemi non sono limitati a Khorgos, che si trova nella regione cinese di Xinjiang che confina con tre nazioni dell’Asia centrale.

L’apertura della zona di libero commercio prevista per quest’anno nella capitale della regione Urumqi, è stata ritardata “perché il governo locale non è stato capace di decidere sulle operazioni logistiche e sulle tariffe doganali coi partner”, come afferma un funzionario locale, che ha chiesto l’anonimato poiché non è autorizzato a discutere della materia.

Jonathan Hillman, membro del Centro per gli studi strategici e internazionali di Washington, dice: “Procedure doganali più efficienti, potrebbero essere una soluzione più efficace che costruire nuove strade”.

Le autorità kazake negano che i carichi provenienti dalla Cina, passino in Kazakistan più lentamente rispetto agli altri paesi, e il Governo di Astana rimane ottimista sugli accordi bilaterali. Il commercio tra i due paesi è centuplicato in 5 anni fino al 2016 e probabilmente raddoppierà quest’anno con 200000 container all’anno, secondo i dati del ministero degli esteri kazako. Le autorità kazake sostengono che il 70% del traffico commerciale esistente fra Cina ed Europa, transita attraverso il Kazakistan.

“Il Governo del Kazakistan vuole assicurare che continuerà a sviluppare il suo ruolo di piattaforma chiave in Eurasia, giocando un ruolo fondamentale nel rendere possibile il commercio fra est ed ovest”, sostiene Roman Vassilenko, ministro degli esteri.

Tuttavia le sensazioni positive non sono universalmente condivise in Cina, dove i critici credono che i kazaki vogliano uno sconto sull’importazione delle merci cinesi.

Lo sviluppo cinese a Khorgos è il più grande in assoluto in tutto il Kazakistan, dove solo 25 progetti su 63 hanno degli investitori, secondo Ravil Budukov, ex addetto stampa della zona. “La Cina ha provveduto a tutti i finanziamenti”, per le autostrade e le vie ad alta velocità Kazake, dice un funzionario commerciale cinese a Xinjiang, “il tutto senza chiedere nulla in cambio”.

Mentre i leader kazaki hanno accolto gli investimenti cinesi, gli analisti sostengono che il paese rimane molto diffidente circa le motivazioni di Pechino.

“L’allargamento della presenza cinese in Asia Centrale, rinforza i sentimenti anti cinesi”, sostiene Daniyar Kosnazarov, dell’Università di Narxoz ad Almaty, la più grande città kazaka. “I sentimenti nazionalisti e l’entusiasmo per gli investimenti cinesi coesistono difficilmente, ma il ghiaccio diviene sempre più sottile”.

Nell’aprile dello scorso anno, in migliaia hanno preso parte alle manifestazioni che hanno avuto luogo a seguito delle modifiche legislative che permettevano ai cinesi di comprare in blocco immobili di valore. “C’è molta paura, fra i kazaki, che il paese possa essere controllato dai Cinesi” dice Dmitriy Frolovskiy, analista dell’Asia. “Occorre fronteggiare la seconda economia più grande al mondo e uno dei più forti eserciti, che potrebbe conquistare il Kazakistan in pochi giorni”.

Il Kazakistan gravita tradizionalmente attorno alla Russia, a sua volta timoroso dell’influenza sempre maggiore che la Cina esercita in Asia centrale, tramiti patrocini politici ed economici. Una profonda eredità culturale Russa rimane nella repubblica ex sovietica, i kazaki che vivono al confine usano il russo piuttosto che il cinese come lingua franca per il commercio.

“Ognuno bada ai propri interessi”, afferma Su Gang dell’Associazione Logistica dello Xinjiang Uighur, che monitora i commerci nella regione. “Questo è quello che chiamiamo protezionismo”

Questo ragionamento si estende anche la zona di libero commercio di Khorgos.

Il Kazakistan, come membro dell’Unione Economica Euro Asiatica, limita le importazioni a 50 kg o all’equivalente di 1500 euro di valore di beni non dichiarati a persona al mese. La Cina, preoccupata che le importazioni a buon mercato dal Kazakistan possano danneggiare la produzione locale, ha proibito alla maggior parte dei prodotti agricoli di fare l’ingresso attraverso la zona free tax.

Questo limita tutto tranne il commercio di piccola scala a Khorgos, dove commercianti mercanteggiano in calzini, lenzuola e cibo in scatola in negozi scarsamente illuminati.

Questo scenario è molto diverso da quello che si immaginavano molti commercianti quando hanno aperto un negozio, ci dice Xiang Wu, un commerciante tessile: “Non conta il lavoro duro, c’è una barriera invisibile che impedisce di guadagnare denaro”.

La cultura della tangente minaccia il sogno della Silk Road

Una volta era un piccolo villaggio di montagna circondato dalle tende dei mandriani, Tashkurgan è cresciuta rapidamente nel decennio scorso come canale commerciale tra Cina e Pakistan.

La posizione di questa località cinese ha permesso lo sviluppo di un nuovo business: fare la cresta sulle tariffe doganali che vi passano, mettendo alla luce la corruzione che ostacola il piano cinese di aprire corridoi commerciali in Asia centrale ed Europa.

“Bisogna conoscere qualcuno per ottenere speciali tariffe doganali. All’ufficio doganale vi lavorano persone provenienti da Tashkurgan e Kashgar”, una città vicina, dice Abdullah, un uomo d’affari Tagiko nativo di Tashkurgan.

Il Carec, ente commerciale locale, avverte che i pagamenti “non ufficiali” rimangono una spina nel fianco alla costruzione di nuovi corridoi commerciali in Asia Centrale.

“Non c’è un listino prezzi delle tariffe doganali. Un giorno può costare il 5% del valore della merce contenuta nel container, un altro il 20%, dice Wassim Abbas, portavoce dei sentimenti di dozzine di commerciarti pakistani, che conducono affari di import-export nella regione.

Anche i commercianti a Khorgos, altro punto di transito lungo la nuova via della seta, si lamentano che devono pagare tangenti.

“Il Kazakistan è come la Cina degli anni ‘80. Non c’è la forza del diritto, la forza che prevale sul diritto”, dice un commerciante cinese di Khorgos. “I soldi sono l’unica cosa che conta da queste parti”.

Le autorità doganali kazake affermano in un comunicato che “i casi di tangenti sono isolati e non sistematici”.

 


 

L’Ucraina punta sulla modernizzazione delle infrastrutture per potenziare il suo ruolo nella costruzione della Nuova Via della Seta

Fonte: New China

23 dicembre 2017

 

 

Un convoglio di camion proveniente dalla Russia trasporta aiuti umanitari lungo una strada in direzione del confine ucraino, dopo aver lasciato Kamensk-Shakhtinsky, nella regione di Rostov, il 17 agosto 2014.

Kiev, 22 dicembre – Il Primo Ministro ucraino Volodymyr Groysman sostiene che la modernizzazione delle infrastrutture contribuirà a rafforzare il ruolo dell’Ucraina nella costruzione della Nuova Via della Seta.

 “La modernizzazione delle infrastrutture rafforzerà la posizione dell’Ucraina come paese chiave nella Nuova Via della Seta”, ha sostenuto Groysman in occasione della conferenza stampa annuale.

L’Ucraina coopera con la Cina e altri paesi allo sviluppo congiunto della Belt and Road Initiative – ha affermato Groysman, aggiungendo poi che la modernizzazione di strade, ferrovie e porti è il punto di partenza affinché l’Ucraina diventi un polo logistico della Nuova Via della Seta.

Cina e Ucraina hanno firmato un piano di azione per lo sviluppo congiunto della Nuova Via della Seta terrestre e marittima all’inizio di dicembre a Kiev, nel corso della Commissione Intergovernativa sulla cooperazione bilaterale.

Quest’anno, il governo ucraino ha intrapreso un’importante processo di ristrutturazione delle infrastrutture del paese, dando priorità ai progetti riguardanti la modernizzazione di strade, porti e aeroporti.

Il Primo Ministro ucraino ha inoltre affermato che dal prossimo anno, il governo ucraino pianifica di concentrarsi sulla modernizzazione della rete ferroviaria.

 


 

Le città portuali lungo la Nuova Via della Seta

 

 

Fonte: Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali

25 dicembre 2017

BELGRADO (20 dicembre 2017) – Živadin Jovanović, Presidente del Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali, ha preso parte alla conferenza sulla cooperazione fra le città portuali per l’implementazione della Nuova Via della Seta, tenutasi dal 5 al 9 dicembre 2017 presso la città di Tiankin, nella Cina nordorientale. All’incontro hanno partecipato centinaia di rappresentanti di 37 paesi dell’Asia, Europa, Americhe, Africa e Australia. Fra i presenti, va segnalata la partecipazione dell’ex primo ministro greco Andreas Papandreou, il francese Dominique de Villepin, l’italiano Massimo D’Alema, oltre ad altre eminenti personalità.

La conferenza ha lanciato l’Associazione delle Città Portuali della Nuova Via della Seta, il cui obiettivo consisterà nel coordinare e rafforzare il ruolo delle metropoli marittime e dei porti dislocati lungo le principali vie d’acqua coinvolte nel tracciato. Nei loro interventi, molti dei partecipanti cinesi e stranieri hanno enfatizzato il ruolo fondamentale svolto dalla Serbia nell’implementazione della Belt and Road Initiative come progetto di sviluppo globale e multidimensionale. In particolare, i rappresentanti cinesi hanno insistito sull’importanza di inaugurare la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Belgrado-Budapest, che contribuirà a rendere più efficaci le operazioni di scambio fra Europa e Cina attraverso il Porto del Pireo in Grecia.

Živadin Jovanović ha ribadito che 23 documenti sulla mutua cooperazione, inclusa una dichiarazione sullo sviluppo di un’estesa collaborazione strategica fra Serbia e Cina, furono firmati durante la visita di stato del Presidente cinese Xi Jinping in Serbia nel 2016. Jovanović ha proseguito evidenziando l’importante ruolo della Serbia nel processo di integrazione economico-culturale fra Cina, Asia ed Europa, rafforzato sia a livello bilaterale che nell’ambito dell’iniziativa China +16 CEEC.

 

 

Stando a quanto affermato da Jovanović, i progetti che coinvolgono Cina e Serbia ammontano attualmente a 6 miliardi di dollari, e il volume degli investimenti e i progetti di cooperazione economica e culturale fra i due stati aumentano rapidamente. Jovanović ha inoltre accennato all’importanza della tratta navigabile del Danubio, un percorso strategico per il traffico europeo esteso su 588 km attraverso la Serbia, che connette il Mediterraneo con il Mare del Nord e il Baltico attraverso la rete dei canali dei fiumi Danubio, Reno e Meno.

In rifermento alle prospettive di futura cooperazione nell’implementazione della Nuova Via della Seta, Jovanović ha sottolineato l’importanza di sviluppare due parchi industriali, entrambi localizzati lungo le sponde del Danubio. Uno presso Smederevo, città in cui la corporation cinese “Hesteel” è attualmente proprietaria della Iron & Steel Factory e dà lavoro a 5200 persone; l’altro si trova nelle immediate vicinanze del Ponte “Mihajlo Pupin”, commissionato e costruito da compagnie cinesi nel 2014, sulla strada di ingresso per Belgrado. Jovanović ha ricordato che la Serbia ospita la sede dell’Associazione per le Infrastrutture e il Trasporto, nell’ambito dell’iniziativa China +16 CEEC, e ha proposto di valutare ulteriormente le possibilità per la Cina di partecipare alla modernizzazione della tratta del Danubio (in termini di sicurezza, logistica, depurazione, infrastrutture di accesso), e ai tre progetti di sviluppo multidimensionale che coinvolgono i fiumi Danubio, Morava e Vardar. Živadin Jovanović si è concentrato sull’importanza del coordinamento della nuova Associazione delle Città Portuali, iniziata a Tianjin, con il già avviato Progetto di Cooperazione dei Porti Marittimi dei Tre Mari (Mar Adriatico, Mar Nero e Mar Baltico), che è stato proposto nel 2016 al summit China +16 tenutosi a Riga (Lettonia) e che attualmente ha sede a Varsavia.

Assieme ai rappresentanti della città di Tianjin (15 milioni di abitanti), Jovanović ha inoltre valutato la possibilità di un gemellaggio con Belgrado o Novi Sad, entrambe importanti città portuali lungo il Danubio.

 


 

La crescita della Cina dà prosperità all'Eurasia

 

 

Fonte: Xinhua

26 dicembre 2017

La Cina e i paesi eurasiatici hanno rafforzato la cooperazione in diversi campi nel 2017, aprendo opportunità di sviluppo economico in tutta la regione.

All'inizio del mese, il progetto Yamal sul gas naturale liquefatto (LNG) nell'Artico, lanciato da Cina e Russia, ha iniziato a operare. Il presidente russo Vladimir Putin ha premuto il pulsante per iniziare il riempimento della prima cisterna di gas.

 

L’impianto siberiano di Yamal

 

Si stima che il progetto avrà tre linee produttive per il 2019 con una capacità totale di 16,5 milioni di tonnellate di gas ogni anno. La distribuzione russa nel mercato globale del gas naturale liquido incrementerà dal 4 all'8% circa.

Le imprese cinesi hanno investito pesantemente nel progetto Yamal e azioneranno 14 delle totali 15 cisterne di gas.

Il mega-progetto segna una pietra miliare nella cooperazione tra Cina e Russia sotto l'iniziativa "Belt and Road" proposta dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013.

L'iniziativa comprende la "Silk Road Economic Belt" e la "21st Century Maritime Silk Road", e aiuta a costruire infrastrutture per il commercio che connettano l'Asia con  l'Europa e l'Africa sulle antiche rotte della Via della Seta e oltre.

Il gas di Yamal sarà trasportato in Asia nell'estate attraverso un'efficiente rotta navale nell'Artico attraverso la costa nord della Russia, che Cina e Russia vogliono rendere una sorta di "Via della Seta del ghiaccio".

Il commercio e gli investimenti rimangono solidi nel 2017. Gli investimenti cinesi in Russia sono cresciuti del 34,1% nei primi tre quarti dell'anno, secondo il Ministero del Commercio cinese.

La guida russa Maria Rubtsova è diventata popolare tra i cittadini cinesi durante lo shopping compulsivo del "Single'sDay" dell'11 Novembre di quest'anno, dopo che un'immagine in cui consegnava pacchi a cavallo è diventata virale su internet.

Il gigante dell'e-commerce cinese Alibaba ha dichiarato che circa 22 milioni di russi, un sesto dell'intera popolazione, usa la sua piattaforma AliExpress per fare acquisti online.

Il giorno successivo a quello in cui Xi ha inviato un rapporto al 19esimo Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese (CPC) in Ottobre, Putin ha dichiarato che stava seguendo molto da vicino l'evento.

"Abbiamo grandi piani di cooperazione con la Cina nelle aree dello spazio, dell'high-tech e dell'energia. Queste sono le basi per lo sviluppo futuro delle relazioni tra Russia e Cina." ha detto Putin, chiamando la Cina "maggior motore dell'economia globale".

Ai margini dell'"Asia-Pacific Economic Cooperation Economic Leader's Meeting" in Vietnam a Novembre, Xi disse a Putin in un incontro che il loro sforzo ad alto livello nel guidare una crescita a lungo termine dei rapporti tra Cina e Russia sta raggiungendo ottimi risultati.

 

Putin ha dichiarato che la Russia è pronta a migliorare la cooperazione con la Cina negli affari regionali e internazionali, mettere in pratica una più stretta comunicazione e coordinazione con strutture multilaterali e spingere verso la creazione di un trattato di libero scambio nell'Asia e nel Pacifico.

Da quando Xi ha proposto la costruzione della "Silk Road Economic Belt" in Kazakhstan nel Settembre 2013, i paesi eurasiatici hanno mostrato grande interesse nella cooperazione con la Cina in cerca di opportunità di sviluppo per le industrie locali e miglioramento dei collegamenti infrastrutturali.

Questo Maggio, i presidenti di Russia, Bielorussia, Kazakhstan, Kyrgyzstan e Uzbekistan hanno partecipato al "Belt and Road Forum of International Cooperation" a Pechino e hanno firmato insieme con altri leader mondiali un comunicato globale che supporta la cooperazione globale e regionale.

Con il Kazakhstan che attualmente serve da centro di connessione tra Asia e Europa, le merci possono transitare facilmente tra le coste pacifiche e atlantiche attraverso il paese senza sbocchi sul mare. La Cina e il Kazakhstan stanno implementando cinquantuno progetti di cooperazione dal valore di più di 26 miliardi di dollari americani.

Una fabbrica di cemento in Tajikistan finanziata dalla Cina è stata il primo centro produttivo concreto del paese. Il parco industriale "Great Stone" di Minskha attratto più di due miliardi di dollari in investimenti cinesi in Bielorussia.

Produttori di elettronica come Huawei, Xiaomi e Haier, insieme con altri brand cinesi, hanno una solida base industriale nei paesi eurasiatici. L'Istituto Confucio ha diffuso entusiasmo per la lingua e la cultura cinese in tutta la regione.

Nell'anno passato, l'antica Via della Seta ha fornito prova della sua forza come fonte di prosperità e cooperazione tra la Cina e i suoi partner Eurasiatici, e ancora di più ci si aspetta dal 2018.



 

I partiti di governo giapponesi cooperano alla realizzazione della Silk Road cinese

Fonte: Asian Review

26 dicembre 2017

 

 
Toshihiro Nikai, Segretario General del Partito Liberal Democratico giapponese

 

FUZHOU, Cina – La coalizione di governo giapponese concorda con il Partito Comunista Cinese circa la necessità di valutare specifici settori di intervento comune nell’ambito dell’ambiziosa iniziativa proposta dal Presidente Xi Jinping: la creazione di una rete di tratte commerciali lungo la Nuova Via della Seta.

Al termine di un meeting di due giorni tenutosi nella città costiera di Fuzhou (Cina sudorientale), Toshihiro Nikai, segretario generale del Partito Liberal Democratico (PLD), ha ammesso di essere stato “contagiato” dall’entusiasmo cinese per l’iniziativa.

 “Vogliamo soddisfare le aspettative”, ha detto in conferenza stampa Nikai, il numero 2 del principale partito di governo giapponese. Nikai spera inoltre che si realizzino visite reciproche fra il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe e Xi nel corso del 2018, giacché le relazioni fra i due paesi sono andate si sono costantemente intensificate a partire da questo autunno.

Oltre a discutere dell’OBOR, entrambi i partiti di governo dei due paesi si sono detti favorevoli a condurre ulteriori sforzi per la risoluzione pacifica della questione nordcoreana.

Yoshihisa Inoue, segretario genereale del Komeito (partito minore nella coalizione a guida LDP) anch’egli presente al meeting nella capitale della provincia di Fujian, ha evidenziato il miglioramento dei legami fra Tokyo e Pechino, ribadendo che è necessario produrre risultati che possano apportare benefici ai cittadini di entrambi i paesi.

Fra Giappone e Cina, meeting di questo tipo iniziarono nel 2006, con l’obiettivo di migliorare la comprensione delle rispettive politiche. Si è stabilito che l’ottavo meeting si terrà il prossimo anno in Giappone.